giovedì 28 giugno 2018

Sotto il velo

Se state cercando una lettura che vi impegni all'incirca un quarto d'ora, magari mentre girovagate tra gli scaffali di una libreria o di una biblioteca in attesa di un appuntamento per cui siete in anticipo, ho per voi un consiglio che riesce a non essere superficiale nonostante la sua brevità.



Titolo: Sotto il velo
Autrice: Takoua Ben Mohamed
Anno della prima edizione: 2016
Casa editrice: Becco Giallo
Pagine: 112





LA STORIA

Una vera e propria storia, intesa nel senso classico che include un inizio, uno svolgimento ed una conclusione di una vicenda, in quest'opera non la troverete. Essa è infatti composta da vignette umoristiche che raccontano la quotidianità di una ragazza con l'hijab in Italia: dalle fashion blogger musulmane su YouTube alle quali non riesce a copiare lo stile, agli spilli che le rovinano il tessuto del velo ed il mascara con cui lo macchia truccandosi dopo averlo indossato, l'autrice affronta anche il tema dell'identità delle seconde generazioni e le domande scomode di chi la considera una donna oppressa, non padrona delle proprie scelte.

COSA NE PENSO

L'autrice è una ragazza italo-tunisina oggi neanche trentenne che ha fondato da giovanissima il "Fumetto intercultura". Definita "tunisina" quando in Italia, "italiana" quando in Tunisia, si scontra con le problematiche proprie delle seconde generazioni di immigrati e con la diffidenza che il suo abbigliamento suscita nel prossimo, avendo scelto di indossare l'hijab. 
Qui Takoua Ben Mohamed ha realizzato una sorta di striscia a fumetti, in cui in realtà le pagine sono occupate da tavole in quattro riquadri organizzate in "capitoli" brevissimi, di un paio di pagine al massimo, semplici e divertenti
Devo ammettere di non aver apprezzato particolarmente i disegni: troppo stilizzati per i miei gusti, nonostante riescano ad essere sempre allegri e colorati.
L'arma vincente di quest'opera è sicuramente l'ironia: essa diventa la chiave per mostrare somiglianze e non differenze, per aprire la strada al dialogo con ragazze di tutte le fedi religiose, accomunate dalla quotidianità fatta di studio, moda, carriera ed amicizie. Come l'autrice stessa dichiara in una vignetta in chiusura al libro, lei non crede che esistano due culture che non hanno niente in comune: e in tempi di ostilità ed intolleranza, questo fumetto è un'ottima scelta per ricordarci che non siamo poi così diversi quando impariamo a conoscerci meglio. 

lunedì 25 giugno 2018

La breve favolosa vita di Oscar Wao

L'autore di questo romanzo è stato recentemente al centro dell'attenzione della cronaca per una serie di scandali per nulla legati alla sua produzione letteraria: dopo aver rivelato infatti di aver subito violenza sessuale quando era solo un bambino (qui potete leggere il suo toccante racconto autobiografico sul New Yorker, in lingua originale) è stato infatti accusato di molestie da diverse donne.
Di per sé questo non sarebbe positivo; tuttavia mi ha rammentato quanto il suo unico romanzo, vincitore del Premio Pulitzer 2008, mi avesse incuriosita qualche tempo fa, ed ho colto così l'occasione per recuperarlo.




Titolo: La breve favolosa vita di Oscar Wao
Autore: Junot Diaz
Anno della prima edizione: 2007
Titolo originale: The Brief Wondrous Life of Oscar Wao
Casa editrice: Mondadori
Traduttrice: Silvia Pareschi
Pagine: 349



LA STORIA


La famiglia de Leòn è perseguitata dal fukù da generazioni: una maledizione che li segue ovunque vadano, condannandoli ad un destino di avversità. Oscar de Leòn crede fermamente a questo elemento del folkore dominicano, ed è forse questa la ragione per cui non riesce ad opporvisi in maniera ferma ed anzi percepisce la propria vita come segnata.

Ogni famiglia di Santo Domingo ha una storia di fukù. Ho uno zio con dodici figlie, nel Cibao, convinto di non poter generare maschi per via della maledizione di una vecchia amante. Fukù. Ho una tìa convinta di non poter essere mai più felice per aver riso al funerale di una rivale. Fukù. Il mio abuelo paterno è convinto che la diaspora dominicana sia la vendetta di Trujillo contro il popolo che lo ha tradito. Fukù. Se non credete in queste superstizioni, va bene lo stesso. Anzi, non solo bene: benissimo. Perché anche se voi non credete nel fukù, il fukù crede in voi. 

Oscar infatti è un ragazzo di origine dominicana che vive in New Jersey insieme alla sorella Lola, ragazza dal carattere molto più forte del suo, ed alla madre, donna implacabile. Oscar è quello che potremmo definire un outsider: appassionato di romanzi fantasy, di fantascienza e di videogiochi, sogna di diventare il Tolkien dominicano; non ha un aspetto attraente ed ha parecchi chili di troppo. Le coetanee non sono affatto attratte da lui, e questo lo impensierisce parecchio, perché le ragazze sono il suo pensiero fisso.
Alla storia di Oscar si intrecciano quella della madre, Hypatia Belicita, e della donna che l'ha cresciuta ed è per Oscar e Lola come una nonna, La Inca. Quest'ultima non è mai emigrata dalla Repubblica Dominicana, ed i nipoti si recano occasionalmente a trovarla; Oscar riceve da lei molto affetto, cosa che non si può dire avvenga con la loro madre.
Adesso che sono madre a mia volta, mi rendo conto che non poteva comportarsi diversamente. Era fatta così. Come si dice: platano maduro no se vuelve verde. Fino all'ultimo si rifiutò di dimostrarmi anche solo un briciolo d'amore. Non pianse mai per me o per se stessa, ma solo per Oscar.



COSA NE PENSO

Siamo davanti ad un romanzo familiare in piena regola, che tuttavia è anche un romanzo di formazione (seguiamo infatti la crescita di Oscar dall'infanzia sino all'ultimo giorno della sua vita). Una volta letto l'aggettivo "breve" nel titolo, sulla longevità di Oscar non possiamo farci illusioni; tuttavia un elemento sorpresa nel libro sono riuscita a trovarlo comunque. Infatti, nonostante quell'aggettivo "favolosa" contenuto anch'esso nel titolo, mi sono aspettata per numerose pagine una vita piuttosto piatta per il protagonista; una volta però che Oscar avrà scoperto in sé il coraggio di prendere decisioni, la suggestione del titolo verrà pienamente rispettata.
Un aspetto originale ed interessante di questo romanzo è il corposo apparato di note a pié di pagina che arricchiscono la storia di Oscar e della sua famiglia con moltissime informazioni sulla storia della Repubblica Dominicana e la dittatura di Trujillo, ripercorrendo decenni della vita politica di un Paese del quale non avevo mai letto nulla.
Anche la struttura del testo è piuttosto originale: alterna infatti momenti di un passato più lontano a quelli di uno più recente, tutti comunque narrati a posteriori. Inoltre vi è un'alternanza dei punti di vista, anche se i narratori sono sempre interni: in alcuni capitoli è Lola a raccontare parte della storia, in altri invece è Yunior (l'unico ragazzo che Oscar abbia considerato un vero e proprio amico, ed anche ex fidanzato di Lola) ad evocare il passato della famiglia de Leòn e a descriverci la difficile post adolescenza di Oscar.
Sul personaggio di Yunior ci sarebbe bisogno di fare una riflessione a parte: egli è infatti una sorta di alter-ego dell'autore, ed è un personaggio ricorrente anche nelle raccolte di racconti che Diaz ha pubblicato oltre a questo romanzo. Specialmente nei racconti Yunior, che anche qui ha un grande successo con le donne e non riesce ad essere loro fedele, è accusato di misoginia (qui un interessante articolo in proposito, in inglese); questo aspetto non è però evidente nel romanzo, poiché essendo Oscar il centro della narrazione Yunior riveste più che altro il ruolo dell'osservatore -e lui stesso si definisce tale. Mi interesserebbe poter mettere a confronto le diverse sfaccettature del personaggio, ma ovviamente sarò in grado di farlo soltanto approfondendo la produzione di Diaz. 

Ora mi pare opportuno riservare un po' di spazio anche a ciò che non mi ha convinta ne "La breve favolosa vita di Oscar Wao". Non tutti i capitoli infatti sono a mio parere ugualmente appassionanti: ho di gran lunga preferito quelli dove Oscar è l'indiscusso protagonista, forse per via della curiosità riguardo cosa gli avrebbe riservato il futuro; degno di nota però è anche quello dedicato all'infanzia di sua madre.
Un altro limite che ho incontrato nella lettura è legato all'enorme quantità di termini in spagnolo presenti nel romanzo, dei quali solo una minima parte tradotti nel glossario alla fine del libro: non conoscendo lo spagnolo, ho trovato specialmente i dialoghi spesso difficili da comprendere completamente.
Tutto considerato, ho apprezzato la lettura dell'unico romanzo di Junot Diaz, che mi sento di consigliare a tutti gli amanti dei romanzi familiari, soprattutto se interessati alla storia dell'America Latina. Mi piacerebbe affrontare la lettura dei racconti per via del filo conduttore che pare esserci tra le diverse opere; tuttavia non essendo una grande amante di questo genere letterario, non è un progetto che ho intenzione di portare a termine nel prossimo futuro.

giovedì 21 giugno 2018

5 letture per l'estate... +2!

Quando sento pronunciare la parola "vacanze", la mia mente ritorna all'istante al mese di giugno nella mia infanzia, quando la fine della scuola preannunciava le settimane da trascorrere al mare, circondata da secchiello e formine prima, dalle copie di Topolino ed una pila di libri poi.
Oggi vorrei trasportarvi tutti di nuovo in quello stato d'animo di spensieratezza ed attesa, a riscoprire quel misto di pace e di noia, profumato di crema solare e salsedine; per questo vi consiglio innanzitutto i due libri che ancora oggi significano per me proprio "vacanze estive", ed al solo nominarli mi fanno venire voglia di rileggerli -e non è detto che io non lo faccia nei prossimi mesi!

Per primo, "Re Mida ha le orecchie d'asino", capolavoro per l'infanzia dalla scrittrice che più mi ha formato da bambina: Bianca Pitzorno. In questo romanzo ambientato negli anni Cinquanta, la protagonista Làlage trascorre le vacanze estive su un'isoletta nel Mediterraneo con l'amica Irene, che sull'isola vive tutto l'anno, e la cugina Tilda, già adolescente e pronta ad innamorarsi. Una storia di crescita, di cambiamenti, di scoperte e di incontro con l'altro che può piacere anche molto dopo l'età dei suoi personaggi.






Per secondo, "Vacanze all'isola dei gabbiani", della famosissima autrice Astrid Lindgren (per intenderci, la mamma di Pippi Calzelunghe). Questo romanzo che risale agli anni Sessanta ci racconta l'estate della famiglia Melkerson, che trascorre le vacanze su una remota isoletta svedese sulla quale i quattro figli si aspettano di annoiarsi a morte, ed invece dovranno ricredersi... Un romanzo ricco di sentimenti e di avventura, che dopo mezzo secolo non ha ancora perso la propria attualità. 


Terminati i consigli per ritornare tutti un po' bambini, eccoci arrivati al momento delle cinque letture da grandi per l'estate, che ho scelto tra quelle che ho letto nell'ultimo anno e di cui ho già scritto su questo blog perché sono secondo me le più adatte alla stagione più calda.

La prima è "Le ragazze", esordio della scrittrice statunitense Emma Cline. Un romanzo che ci parla delle estati Californiane, di gruppi di ragazzi che seguono un leader carismatico come la Famiglia seguì Charles Manson, ma anche dell'essere donne e di libertà. Vi ho parlato nel dettaglio del romanzo e del perché mi è piaciuto qui.
La seconda lettura estiva che vi consiglio è "Joyland" di Stephen King, autore del quale vi parlo molto spesso perché come ormai avrete capito raramente mi delude. Questo romanzo piuttosto recente comincia proprio d'estate, quando il protagonista, Devin, accetta un lavoro estivo al parco divertimenti di Joyland. Questa esperienza gli cambierà la vita molto più di quanto avrebbe potuto immaginare, e ricorderà al lettore le estati della giovinezza in cui un lavoretto con cui pagare le vacanze ci faceva sentire cresciuti, indipendenti e con il mondo in mano. Trovate la recensione qui.
Terzo e quarto consiglio sono due libri molto (forse fin troppo) simili, scritti da due autori italiani; vi consiglio più che altro il primo, anche se so che anche l'altro ha riscosso molto successo. Entrambi ci raccontano l'estate del Meridione italiano, caldo e assolato, vissuto nelle campagne brulle dove l'afa affatica anche il respiro. I protagonisti sono entrambi bambini, con la loro naturale innocenza, che si trovano loro malgrado ad essere testimoni di un avvenimento che sconvolgerà la loro infanzia ed il piccolo universo che li circonda. Mi riferisco a "Io non ho paura" di Niccolò Ammaniti, che ho riletto di recente, apprezzato parecchio e del quale ho scritto qui, e dell'ultimo romanzo di Giuseppe Catozzella, "E tu splendi", sul quale invece ho espresso qui le mie perplessità. Ve li consiglio in coppia nel caso voleste darvi l'opportunità di metterli a confronto e notarne somiglianze e differenze. 



Per ultimo, vi propongo un viaggio al Cairo in compagnia della scrittrice e giornalista Yasmine El Rashidi, che nel suo romanzo "Cronaca di un'ultima estate" ci racconta oltre agli assolati paesaggi della capitale egiziana sul Nilo che scorre anche decenni di storia dell'Egitto, e può essere una lettura interessante ma un po' più impegnativa per chi si annoia sotto l'ombrellone. Ne ho scritto più nel dettaglio qui.



Vi auguro di trascorrere delle felici vacanze all'insegna del riposo e del divertimento, in compagnia come sempre di letture che le rendano ancora migliori!






lunedì 18 giugno 2018

Perché dico NO ai "consigli per gli acquisti"

Ciclicamente durante l'anno ci sono periodi in cui le case editrici applicano sconti al proprio catalogo -occasione senz'altro ghiotta per i frequentatori delle librerie, ed anche online su blog e canali YouTube si moltiplicano i contenuti di coloro che consigliano ai propri lettori o ascoltatori quali titoli acquistare.
Perché allora i consigli per gli acquisti non trovano spazio anche su questo blog?
Ho scelto di dedicare a questa domanda un post dal tono leggermente polemico, ma dall'intento più che altro esplicativo, fermo restando che ognuno è liberissimo di pubblicare sui propri spazi virtuali i contenuti che preferisce.


Joifish - Bookworm

Nonostante io ami leggere libri, ma anche leggere di libri o guardare video di consigli di lettura, e consigliare ad altri libri da leggere è naturalmente anche lo scopo di questo blog e della mia pagina Facebook, ci sono diverse ragioni per le quali non amo questo tipo di contenuti legati a sconti particolari.
Innanzitutto, credo che un blog, una pagina o un canale YouTube che parlano di libri non siano cartelloni pubblicitari. Ogni casa editrice ha i propri social media con i quali condivide le proprie iniziative promozionali, e il ruolo di social media manager è una professione -retribuita. Dal momento che coloro che scelgono liberamente di parlare della propria passione per la lettura lo fanno a titolo gratuito, trattandosi di un hobby, non vedo perché dovrebbero occuparsi del fare pubblicità ad una casa editrice o ad un'altra -qui potremmo aprire un lungo dibattito sulle collaborazioni e sul ricevere libri da parte delle stesse case editrici per poi recensirli, ma magari ci sarà l'occasione in un altro momento.

La ragione principale però per cui non sono interessata a consigliare l'acquisto di libri scontati nei diversi periodi dell'anno è che non serve acquistare libri per essere lettori, e anche se desideriamo possedere copie cartacee di ciò che leggiamo non è necessario spendere molti soldi per comprarli. Mi spiego meglio: come ripeto spesso nei post in cui recensisco le mie letture, io credo fermamente nell'importanza delle biblioteche pubbliche. In biblioteca chiunque ha la possibilità di prendere in prestito testi indipendentemente dal loro prezzo di copertina, e dunque indipendentemente dalla propria situazione finanziaria; la lettura è di tutti, la lettura è per tutti, e per questo incentivare l'acquisto di romanzi talvolta piuttosto costosi mi sembrerebbe offensivo verso coloro che non possono permetterselo.
Si potrebbe obiettare che non tutti hanno una biblioteca fornita vicino casa, ed io essendo bolognese sono molto fortunata vivendo in una città ricchissima di biblioteche comunali e di quartiere; ricordo tuttavia l'esistenza del prestito digitale (qui trovate maggiori informazioni) che permette l'accesso ad ebook che restano disponibili per la lettura per un paio di settimane e possono essere un'ottima soluzione per chi voglia usufruire dei prestiti direttamente da casa.
Ci tengo comunque a specificare che io acquisto parecchi libri, questo è vero; tuttavia compro quasi esclusivamente nelle librerie dell'usato, privilegiando quelle di modeste dimensioni (per intenderci, preferisco scovare tesori nel negozio dell'usato vicino casa piuttosto che acquistare da Libraccio) dove non ho bisogno di investire un patrimonio per portarmi a casa titoli che mi attraggono. Talvolta mi lascio tentare anche dalle iniziative che scopro in edicola, che di solito sono piuttosto vantaggiose dal punto di vista del prezzo, e qualora proprio non possa aspettare ad acquistare una novità editoriale allora mi rivolgo alle librerie indipendenti della mia città, rifiutandomi di acquistare su Amazon o nelle grandi catene. 



Da ultimo, credo anche che i consigli per gli acquisti diventino molto spesso ripetitivi -anche se questo vale per molti contenuti che si trovano online nei canali o sui blog di chi sceglie di parlare delle proprie letture. Se ripenso ai primi mesi delle mie recensioni, mi accorgo di aver avuto io stessa la tentazione di leggere soprattutto opere molto chiacchierate all'epoca. Con il passare dei mesi però ho prestato attenzione al dedicare il mio tempo ad opere che potessero interessarmi e soddisfarmi indipendentemente da quanto fossero sulla bocca di tutti -questo non significa, mi pare ovvio, che io escluda a priori le novità editoriali qualora desideri leggerle.
In questo periodo in cui molti creatori di contenuti suggeriscono cosa acquistare da questo o quel catalogo, spesso mi ritrovo a leggere o ad ascoltare consigli molto simili. Questo mi pare davvero un peccato, dal momento che esistono davvero tanti, tantissimi libri più di quelli che avremo mai il tempo di leggere nella vita, e saremmo più onesti con noi stessi scegliendo di dedicarci ai nostri reali interessi piuttosto che alimentando la pubblicità attorno ai soliti titoli noti del momento.

Indipendentemente però da come vi procuriate i vostri libri da leggere... auguro a tutti voi una buona estate, ricca di letture da fare a casa, sotto l'ombrellone o dove preferite! 

giovedì 14 giugno 2018

Salvare le ossa

La casa editrice NN ha portato in Italia le opere dello scrittore americano Kent Haruf, del quale mi sono perdutamente innamorata con la lettura di Canto della pianura (del quale ho parlato qui). Quando sui social di NN editore sono comparsi i primi brani estratti da un libro prossimo alla pubblicazione ho sperato che mi facesse scoprire un romanzo altrettanto memorabile, e sono stata ansiosa di leggere questa novità.



Titolo: Salvare le ossa
Autrice: Jesmyn Ward
Anno della prima edizione: 2011
Titolo originale: Salvage the Bones
Casa editrice: NN editore
Traduttrice: Monica Pareschi
Pagine: 313



LA STORIA

A Bois Savage, località del Mississippi abitata in prevalenza da afroamericani, vive Esch. La ragazza ha quattordici anni, è orfana di madre e ha tre fratelli: Randall, Skeetah e Junior. Skeetah ha una passione per i cani ed in particolare per la sua amatissima pitbull, China, che addestra a combattere contro altri cani. Il padre di Esch lavora poco, beve troppo, presta poca attenzione ai propri figli a cui economicamente non è in grado di offrire neanche il necessario. Il suo pensiero fisso è l'uragano Katrina, che sta per colpire il Mississippi; il suo pensiero fisso sono le scorte d'acqua e di cibo da accumulare per prepararsi alla catastrofe, ma i figli non lo prendono sul serio.
Esch, l'indiscussa protagonista, si riconosce nella Medea della mitologia greca; è l'unica donna in un mondo di maschi, in un mondo dove lo spazio per la tenerezza è ridotto a zero, dove sin da una giovanissima età è abituata a concedersi agli amici dei fratelli maggiori solo perché glielo chiedono. Un giorno però nello stesso gruppo di ragazzi le si avvicina Manny, e da allora Esch ha spazio nel suo cuore e nel suo corpo soltanto per lui; finché non si accorge di essere rimasta incinta.

Quando Medea si innamora di Giasone, mi sento stringere la gola. Me la vedo, Medea. Vuole aiutare Giasone, e gli porta di nascosto unguenti che lo rendono invincibile, sassi che racchiudono segreti. Medea pratica la magia, sarebbe capace di piegare il naturale al sovrannaturale. Ma a dispetto di tutti i suoi poteri, è Giasone a piegare lei come un giovane pino sferzato dal vento: la piega in due. Io la conosco.

Un'immagine della devastazione dopo l'uragano Katrina (2005)

COSA NE PENSO

Prima di tutto sento di dovervi avvertire: "Salvare le ossa" è un libro per stomaci forti, più forti del mio. La mia sensibilità infatti fatica a leggere di sofferenze vissute da animali di qualsiasi genere, mentre la scrittura di Jesmyn Ward non ci protegge da nulla: cuccioli morti, cani azzannati da altri cani, una povertà estrema che non risparmia animali né uomini, un modo schietto e coraggioso di mettere il lettore davanti ad una realtà che ad Esch e ai suoi fratelli non fa sconti.
Ho faticato specialmente all'inizio di questa lettura, che mi annodava lo stomaco, che mi toglieva il fiato; i personaggi che popolano il romanzo sono talmente vividi da farci dimenticare che sono figure inventate dall'autrice, specialmente Skeetah, il cui amore per China è così viscerale da far male in ogni pagina in cui qualcosa va storto. Nonostante China sia un pitbull dai cui combattimenti Skeetah cerca infatti di guadagnare un po' di soldi, è anche l'essere vivente che il ragazzo sente più vicino, al quale si sente più legato ed anche più simile.
Esch poi ha suscitato in me una tenerezza tale da desiderare di poterla abbracciare, quattordicenne in un corpo già di donna, in cui cresce un altro essere vivente che non rivela a nessuno, ma in cui soprattutto è radicato un amore profondo per il ragazzo sbagliato, Manny, che non la guarda nemmeno negli occhi quando entra dentro di lei, che ha un'altra ragazza da portare in giro come la propria fidanzata e che non prova alcun sentimento per Esch, ma di lei si approfitta soltanto.

Non gli lascerò vedere niente finché nessuno di noi avrà più scelta, e allora nessuno potrà fingere di non vedere, nessuno potrà ignorare, e forse ciò che vedremo ci tramuterà in pietra.

Bois Sauvage è una zona tragicamente povera, Esch e i suoi fratelli vivono in una casa fatiscente e poco robusta, circondata dalle rovine di altri edifici (un pollaio semidistrutto, un canile fatto di assi tenute insieme alla meglio, la casa dei nonni poco distante sempre più malmessa). Mangiano wurstel in scatola, Top Ramen crudi dalle confezioni, si medicano le ferite con le stesse garze che Skeetah usa per fasciare China; questi ragazzi vagano senza una meta, condividono le giornate con amici più o meno presenti (l'unico degno di nota è Big Henry, che pare il più stabile del gruppo, l'unico davvero disposto ad offrire un aiuto), lasciano che il tempo trascorra -e nel frattempo, l'uragano Katrina si fa sempre più vicino.

Passiamo davanti a quella che era la scuola elementare, alla palestra in cui qualche giorno fa Randall si è giocato la possibilità di andare al campo estivo di basket, dove forse l'allenatore di qualche college avrebbe compreso il suo talento, avrebbe compreso chi è Randall, dove Manny ha capito chi ero e mi ha ripudiata, dove Skeetah si è battuto per me, e non c'è altro che un enorme mucchio di legna e metallo mutilati, e all'improvviso c'è una spaccatura enorme tra prima e adesso, e mi chiedo dov'è andato a finire il mondo in cui è successo tutto questo, perché noi non viviamo più in quel mondo.

Raccontando dodici giorni in dodici capitoli, Jesmyn Ward ci racconta un universo, ci racconta la disperazione e la speranza, ci racconta il dolore e l'innocenza. Questo romanzo è feroce, morde come un pitbull che combatte, straziando la carne del lettore; la narrazione in prima persona (è di Esch il punto di vista) è convincente e lo stile dell'autrice è tagliente, evocativo, leggiamo immagini che immediatamente si concretizzano davanti ai nostri occhi.
"Salvare le ossa" è un romanzo di rara potenza, che mi ha fatta soffrire e mi ha emozionata, commossa, colpita; lo consiglio a tutti coloro che cerchino un romanzo in grado di sconvolgere ed andare in profondità, un romanzo che non dimenticherete facilmente.



lunedì 11 giugno 2018

Le notti di Salem

Come scrivevo pochi giorni fa nel post-contenitore destinato ad accogliere i link alle recensioni delle opere di Stephen King, questo autore mi accompagna dall'adolescenza ed ancora è la mia soluzione nei momenti in cui non sono molto ispirata dalle tonnellate di libri ancora da leggere che mi circondano.



Titolo: Le notti di Salem
Autore: Stephen King
Anno della prima edizione: 1975
Titolo originale: Salem's Lot
Casa editrice: Bompiani
Traduttore: Carlo Brera
Pagine: 441



LA STORIA

Uno scrittore, Ben Mears, fa ritorno alla cittadina del Maine dove ha trascorso alcuni anni della sua infanzia: Jerusalem's Lot, un luogo di modeste dimensioni famoso però per fatti insoliti, primi tra tutti le sparizioni inspiegabili dei suoi abitanti. Qui incontra Susan, lettrice dei suoi romanzi, e tra i due scatta immediatamente la scintilla dell'attrazione.
In cima ad una collina di Jerusalem's Lot si trova casa Marsten, abbandonata da tempo. Al ritorno di Ben, la casa sembra riprendere vita grazie ai nuovi acquirenti, personaggi piuttosto misteriosi, e contemporaneamente sempre più fatti drammatici si verificano nel paesino: dalla scomparsa di un ragazzino alla morte di numerosi abitanti in circostanze non del tutto chiare. Sono Ben e Matt, insegnante di una certa età, gli unici a mettere insieme gli indizi fino ad arrivare ad una spiegazione, per quanto improbabile possa sembrare...


Un'immagine dalla miniserie
"Gli ultimi giorni di Salem" (1979)

COSA NE PENSO

Un aspetto che non ho apprezzato di questo libro è il titolo che gli si è dato con la traduzione: "Le notti di Salem" non è affatto azzeccato. Gioca infatti con l'abbreviazione del nome della località in cui la storia è ambientata, Jerusalem, in "Salem". Dell'abbreviazione è fatto largo uso anche nel romanzo, tuttavia così si rimanda il lettore ai processi alle streghe, insomma ad un'ambientazione pur sempre horror ma non pertinente.
Non me la sento di criticare molto altro.
Consiglio a chi, come me, ha la lettura di "Dracula" di Bram Stoker piuttosto fresca di tenere conto del fatto che le vicende che ruotano attorno a casa Marsten sono una riscrittura del classico in versione contemporanea, e che questo potrebbe comportare il non rimanere granché sorpresi da come si sviluppano i fatti. 
Oltre al riconoscervi l'opera di Stoker, vi è ne "Le notti di Salem" anche un riferimento diretto all'opera di Shirley Jackson, in particolare al suo romanzo "La casa nella collina", a cui lo scrittore protagonista, Ben Mears, si ispira per il romanzo che ha intenzione di scrivere a Jerusalem's Lot. Anche in una successiva opera di King, "L'incendiaria", l'autore farà riferimento a che Shirley Jackson, alla quale infatti il romanzo sarà dedicato; ho scoperto di recente questa scrittrice, leggendo "Abbiamo sempre vissuto nel castello" (di cui ho scritto qui), e le atmosfere di cui è creatrice sono di certo simili a quelle che ritroviamo nella produzione di King.

"Le notti di Salem" è il secondo romanzo pubblicato da King, preceduto solo dal molto più breve Carrie; leggendolo oggi però vi scopriamo temi che verranno ripresi in opere successive dell'autore, primo tra tutti la ciclicità del male che fa ritorno a Jerusalem's Lot come capiterà a Derry in quello che ad oggi continuo a considerare il suo capolavoro: It
La stessa località di Jerusalem's Lot ricomparirà nella raccolta di racconti "A volte ritornano", e lo stesso farà Padre Callahan nella saga della Torre Nera. 
King come sempre costruisce un universo popolato di personaggi credibili, a partire dallo scrittore protagonista fino al giovanissimo Mark che mostra già il talento dell'autore nel caratterizzare al meglio bambini e preadolescenti. Mark infatti è un'unione perfetta tra il coraggio e i timori dell'infanzia, anche nei momenti di maggiore difficoltà trova nella propria innocenza le risorse per far fronte ad una situazione davanti alla quale anche gli adulti più esperti vacillano. 
In conclusione, Le notti di Salem non è diventato uno dei miei libri preferiti scritti da Stephen King, ma è servito a distrarmi e mi ha offerto come sempre una lettura scorrevole ed appassionante

giovedì 7 giugno 2018

Speciale Stephen King

Stephen King è un autore con cui sono cresciuta: frequentavo le medie inferiori quando acquistai, quasi per caso, "Il miglio verde" in un autogrill, attratta da Tom Hanks sulla copertina. Erano gli anni in cui collezionavo Dylan Dog e gli incubi e l'orrore erano il mio pane quotidiano, le mie letture preferite, i miei compagni di giochi in quella fine d'infanzia
Anni dopo, al primo anno di scuola superiore, quella che era la mia persona preferita (ed in un angolino del mio cuore lo è rimasta) mi regalò la sera della Vigilia di Natale la sua copia di "It", consumata ed ingiallita dal tempo. Quel voluminoso romanzo cambiò le mie vacanze, rendendomi insonne dalla curiosità, e consacrò un amore che sarebbe durato nel tempo.

Da allora ho letto diversi titoli della sua produzione, rimanendone quasi sempre soddisfatta. Lo scorso anno, complice l'uscita della prima parte della nuova trasposizione cinematografica, ho anche osato rileggere "It" quattordici anni dopo quella Vigilia di Natale; molte cose, ho scoperto, erano cambiate, ma non il fatto che quel libro fosse ancora capace di segnarmi profondamente. Tra tutte le letture del 2017, nonostante non fosse una novità, è rientrato nella mia personale classifica dei dieci migliori libri letti nell'arco dei dodici mesi (il post dedicato lo trovate qui).
Oggi altri mesi sono trascorsi, riordinando la libreria ho ripreso in mano le mie copie dei romanzo del Re dell'Orrore ed ho provato spesso il desiderio di rileggerle, di approfondire ad anni di distanza un autore che mi ha formata come lettrice e come persona e che, ne sono sicura, mi riserva ancora moltissime sorprese. 




Ecco il perché di questo post atipico, più personale, dove lascio spazio al mio progetto di leggere più opere di Stephen King senza stabilire tempistiche, senza pormi obblighi né vincoli di alcun tipo (non amo costringermi nelle letture, preferisco lasciarmi ispirare dal momento e scegliere in base alla giornata a quale libro dedicarmi una volta terminato il precedente). 
Qui insomma do il via ad un elenco che aggiornerò man mano, dove archivierò le recensioni dedicate ai libri di King che leggerò d'ora in poi e saranno presenti sul blog. 

Ad oggi, i titoli su cui potete scoprire qualcosa di più sono:

lunedì 4 giugno 2018

Sulla pelle

Dopo una lettura lenta e pesante come "Erano solo ragazzi in cammino" (di cui ho scritto qui), avevo bisogno di un romanzo scorrevole che riuscisse ad appassionarmi e distrarmi dalla routine quotidiana. Cosa c'è di più adatto dei thriller quando vogliamo riposare la mente? Per l'occasione ho scelto il romanzo d'esordio di un'autrice molto nota, della quale questa non è però l'opera più conosciuta ed anzi, è addirittura difficile da reperire.




Titolo: Sulla pelle
Autrice: Gillyan Flinn
Anno della prima edizione: 2006
Titolo originale: Sharp Objects
Traduttrice: Barbara Murgia
Casa editrice: Piemme
Pagine: 316




LA STORIA


Camille Preaker è una giornalista in una testata di modeste dimensioni con sede a Chicago. Da molti anni si è allontanata dalla sua città natale, Wind Gap in Missouri, ma quando nella cittadina si verificano due casi di rapimento di bambine che vengono poi ritrovate morte il suo capo la incarica di scrivere un articolo su tali crimini.
A malincuore Camille fa ritorno a Wind Gap, alla casa di famiglia che è ancora in grado di opprimerla come quando era adolescente, con il suo carico di risentimenti e di ricordi -ad esempio la morte della sua sorellina, ed il difficilissimo rapporto con l'anaffettiva madre Adora. Camille, con i suoi traumi difficili da elaborare, intreccia la propria vita a quella della sorella Amma che quasi non conosce, e finisce invischiata in scoperte scomode che avrebbe preferito di certo non fare. 


Immagine dal web



COSA NE PENSO


"Sulla pelle" è un thriller atipico. Il punto di vista della protagonista è quello di una giornalista e non di un'investigatrice, innanzitutto, ma soprattutto è quello di una donna segnata quasi quanto le vittime dei crimini sui quali cerca di scoprire la verità. Il titolo del romanzo fa infatti riferimento alla pratica di autolesionismo di Camille, che per anni ha inciso la propria pelle, non tuttavia per procurarsi dolore fine a se stesso, bensì scrivendosi addosso parole per lei significative al punto da sentirne ancora bruciare le cicatrici nei momenti di maggiore stress.
I personaggi femminili in questo libro sono tutt'altro che teneri, tutt'altro che innocenti anche quando è di ragazze giovanissime che si parla. L'aspetto in comune delle due giovani vittime infatti è proprio una vena di cattiveria che le contraddistingueva, che le spingeva all'aggressività verso gli altri; tutti i personaggi femminili non escono granché bene dalle pagine, nessuna di loro è un personaggio davvero positivo, dalle più giovani come le bambine uccise sino alle più adulte come Adora e le sue amiche. Ognuna ha i propri traumi, i propri drammi mai superati che anche nella maturità la legano a dinamiche di potere proprie dell'adolescenza; Camille stessa è ben lontana dal raggiungere la stabilità emotiva, ed ancora di più lo è la sorella Amma:
Quella ragazzina mi piaceva ogni istante di più. Una piccola bambina intelligente e completamente marcia dentro. Suonava familiare. "So un miliardo di cose che non dovrei sapere". 

Gli uomini in questo romanzo fanno unicamente da sfondo, da personaggi di contorno: il marito di Adora, tra un superalcolico e l'altro, incapace di contraddire la moglie e di vedere lei e la figlia per quello che sono realmente; Richard, l'investigatore, infatuato di Camille ma non al punto da vincerne le resistenze; John, fratello della seconda vittima, schiacciato dal lutto e dai sospetti, ad un passo dalla resa.
Circola molto alcol in questo libro, circolano anche droghe più e meno pesanti per le mani di personaggi più e meno giovani; Wind Gap è un paese di provincia colmo di meschinità, di gelosie, di gerarchie mai cambiate dai tempi in cui la protagonista frequentava le scuole superiori. L'ambientazione della storia è malsana e fa perfettamente da sfondo alla vicenda. 
Non posso affermare che questo thriller psicologico sia davvero sorprendente nella sua conclusione: già dalla metà del libro a mio parere si ha un'idea piuttosto chiara di chi possa essere il colpevole, anche se qualche colpo di scena comunque trova il suo spazio. Tuttavia siamo davanti ad un'opera d'esordio davvero ben scritta, che racconta i rapporti umani con ferocia e senza pietà alcuna, e tratteggia personaggi sgradevoli che riescono comunque a tenere incollati alle pagine -seppure non incredibilmente originali, come la protagonista, che ricalca il mito dell'investigatore alcolizzato e tormentato dal proprio passato.
La ritengo un'ottima opera prima di un'autrice che ha raggiunto la fama per romanzi successivi, primo tra tutti Gone Girl (del quale ho visto il film che mi ha convinta moltissimo, forse una tra le mie visioni preferite di qualche anno fa), che ho intenzione di avvicinare in futuro. Forse dunque questa non è la migliore tra le sue creazioni; io mi sento di consigliarla comunque a chi abbia voglia di una lettura scorrevole ed avvincente, poco incline ai sentimentalismi