lunedì 30 settembre 2019

Metà di un sole giallo

Chimamanda Ngozi Adichie è un'autrice che ha già fatto la comparsa su questo blog per due delle sue opere: la trascrizione del suo famoso discorso per una conferenza TED, "Dovremmo essere tutti femministi", e per il suo romanzo d'esordio, "L'ibisco viola". Avendo apprezzato molto la sua prima pubblicazione di narrativa, ho deciso di procedere in ordine cronologico con la lettura e così è arrivato il momento di quello che è forse il suo romanzo più noto.



Titolo: Metà di un sole giallo
Autrice: Chimamanda Ngozi Adichie
Anno della prima edizione: 2006
Titolo originale: Half of a Yellow Sun
Casa editrice: Einaudi
Traduttrice: Susanna Basso
Pagine: 456



LA STORIA

"Metà di un sole giallo" è un romanzo corale, che ruota attorno alle vite di due gemelle molto diverse tra loro: l'idealista Olanna e la più pratica e tagliente Kainene. Con loro conosciamo la famiglia d'origine, privilegiata famiglia nigeriana di etnia igbo, e i compagni che le due donne scelgono per la vita: l'accademico Odenigbo che ammalia Olanna con la sua sete di rivoluzione, e l'inglese Richard innamorato dell'arte africana che sceglie quella di Kainene come sua patria d'elezione.
Le vite dei protagonisti si sviluppano nel corso degli anni Sessanta del Novecento, e l'ambientazione nigeriana del romanzo fa sì che la guerra civile e la lotta per l'indipendenza del Biafra diventino sfondo ed argomento della vicenda narrata.


COSA NE PENSO

La repubblica del Biafra, nata dalla secessione dalla Nigeria, ha resistito per circa due anni e mezzo tra il 1967 e il 1970. Fu l'evento scatenante della guerra civile nigeriana, nel corso della quale il governo della Nigeria intraprese una repressione nei confronti dei secessionisti biafrani (principalmente di etnia igbo) usando come arma, oltre ai bombardamenti e ai conflitti armati, la fame -attraverso un blocco aereo, terrestre e navale.
Di questo avvenimento storico, confesso, sapevo poco o nulla. Associavo il termine "Biafra" alle carestie, ai bambini scheletrici dalle pance gonfie come palloni da spiaggia; della breve storia di questo stato non avrei saputo raccontare nulla. Uno dei maggiori pregi del romanzo della Adichie, dunque, è la sua capacità di raccontare in modo mai didascalico una pagina di storia crudele, durissima e dimenticata, almeno in Europa. 
[...] portano ignami e plantani e frutta per i soldati. Sto parlando di gente che non ha da mangiare per sé. – Ma non è un’estorsione. È la causa. – Sì, certo, la causa –. Kainene scosse la testa ma aveva l’aria divertita. – Oggi Madu mi ha detto che l’esercito è completamente disarmato.
In "Metà di un sole giallo" (immagine che fa riferimento proprio alla bandiera del Biafra) leggiamo la battaglia per l’indipendenza del popolo biafrano, raccontata con grande potenza del suo scivolare verso il declino trascinando con sé un milione di vite umane morte per fame e per malattia, oltre che per la guerra e i bombardamenti. Conosciamo dunque attraverso i personaggi di questo libro la lotta per l’indipendenza di un paese, l'orgoglio con cui il suo popolo si impegna sperando in un futuro migliore, in un futuro libero ed indipendente dalla Nigeria che tuttavia insieme alle altre potenze mondiali non ha nessuna intenzione di lasciarlo impunito.
Seppure i personaggi in primo piano sono le gemelle Olanna e Kainene, i loro compagni Odenigbo e Richard, i loro parenti e gli amici che visitano le loro case, chi ricopre il ruolo più importante è in realtà Ugwu, un ragazzo molto giovane che sin dalla prima pagina del romanzo vediamo assumere il ruolo di domestico e che quindi osserva dall’interno ma sempre con un certo distacco ciò che accade ai veri e propri protagonisti del libro, fino a diventare protagonista lui stesso. Ugwu è un ragazzo dei villaggi, nato in estrema povertà -ben diversa dagli agi a cui Kainene e Olanna sono abituate, nonostante dovranno rinunciarvi nel corso del conflitto, che assiste con meraviglia agli eventi, e che vediamo maturare pagina dopo pagina fino ad imparare e trasmettere al lettore il valore della memoria storica.  
– Sono più belli, – disse Olanna, e si rese conto di non saper spiegare in che senso i fiori freschi fossero migliori di quelli finti. Più tardi, quando li ritrovò dentro l’armadietto di cucina, non si meravigliò. Li aveva conservati Ugwu, come faceva con gli scatoloni vecchi dello zucchero, i tappi di sughero e perfino le bucce di igname. Dipendeva dall’aver avuto sempre molto poco, lo sapeva, quell’incapacità di liberarsi delle cose, a partire da quelle inutili.
Degno di nota è anche l’andamento non lineare della trama suddivisa in quattro parti che raccontano gli anni Sessanta della Nigeria, ma non lo fanno in ordine cronologico. si inizia infatti dall'inizio del decennio, per poi passare alla fine di esso e ritornare nella terza parte al principio. In questo modo l’interesse del lettore aumenta esponenzialmente poiché la storia rimane in sospeso per poi venire ripresa; ci si trova dunque a dover mettere insieme le tessere di una sorta di puzzle, trovandosi ancora più coinvolti nei risvolti delle vicende narrate.
"Metà di un sole giallo" è un romanzo carico di emozioni, una storia familiare attraverso la quale la capacissima autrice racconta la storia di una nazione. Le donne protagoniste sono coraggiose, indipendenti, donne indomabili: modelli di ispirazione e di coraggio, molto più degli uomini che le circondano, spesso vittime della disillusione, pronti a scoraggiarsi, a commettere atti dei quali si pentiranno amaramente. 
Non avevano davvero niente in comune, lei e quella maestra elementare poco più che analfabeta di Eziowelle, che credeva nelle visioni. Eppure Mrs Muokelu le era sempre parsa una di famiglia. Non c’entrava il fatto che Mrs Muokelu le acconciasse i capelli o che andasse con lei agli incontri del Servizio di volontariato femminile, o che le insegnasse come conservare le verdure; era piuttosto il senso di temerarietà che emanava dalla sua persona, una mancanza assoluta di paura che le ricordava Kainene.
"Metà di un sole giallo" è anche un romanzo sull'identità: l'identità dei popoli igbo, di quelli hausa, l'identità nigeriana e biafrana; l'identità è per natura un concetto flessibile, estremamente personale; colpisce il fatto che sia Richard, un uomo bianco, emigrato dall'Inghilterra, uno dei primi a parlare di "noi" quando l'argomento della discussione è lo stato del Biafra. 
Lei sta ancora scrivendo il suo libro, signore? – No. – «Il mondo taceva mentre noi morivamo». È un bel titolo. – Sì, è vero. Viene da una frase che ha detto una volta il colonnello Madu –. Richard fece una pausa. – In realtà, la guerra non è una storia che debba raccontare io. Ugwu annuì. Non aveva mai pensato che lo fosse.
Molti sono gli spunti di riflessione che questo romanzo offre ai lettori; di certo è la dimostrazione del grande talento della sua autrice, e per me è stata una conferma. 
Si può imparare molto da questo romanzo, e lo si fa mentre si legge d'amore, di tradimento, di passioni, lo si fa mentre ci si emoziona e ci si immedesima nelle sue tenaci protagoniste. "Metà di un sole giallo" è un romanzo che ho amato molto, e non posso fare altro che consigliarvelo.
Non lo sopporto più. Non sopporto che mi si avvicini. – Bene, – disse Kainene. – Bene? – Sì, bene. Il modo acritico in cui lo hai amato per tanto tempo era di una pigrizia e di una cecità inaccettabili. Non hai mai nemmeno voluto ammettere che è brutto, – disse Kainene. La sua bocca si atteggiò prima al sorriso, poi alla risata, e Olanna non poté fare a meno di seguirla, perché non era quello che avrebbe voluto sentirsi dire, eppure sentirlo l’aveva fatta stare meglio.

lunedì 23 settembre 2019

Dopo l'onda

D'estate a volte si ha voglia di letture leggere, poco impegnative, di quelle che scorrono pagina dopo pagina senza richiedere grande concentrazione. Mi sono fatta tentare da una novità del catalogo E/O che prometteva di rispondere ai requisiti...



Titolo: Dopo l'onda
Autrice: Sandrine Collette
Anno della prima edizione: 2018
Titolo originale: Juste après la vague
Casa editrice: E/O
Traduttore: Alberto Bracci Testasecca
Pagine: 288



LA STORIA

In una località e in un epoca non precisate, una famiglia composta da un padre, Pata, una madre, Madie, e i loro nove figli viene colpita da un'inondazione che continua a peggiorare, al punto di sommergere a poco a poco tutte le abitazioni della zona. 
La famiglia possiede una barca, che non è tuttavia abbastanza grande per tutti; così una notte, di nascosto, Pata e Madie scappano per mare con i tre figli più piccoli e i tre figli più grandi, lasciando a malincuore Perrine, Louis e Noè a vedersela con il livello dell'acqua che sale sempre di più attorno alla loro casa...

Illustrazione di Cameron Lewis, "Open Water"
 COSA NE PENSO

Autrice francese molto apprezzata, Sandrine Collette di certo ha scritto un romanzo appassionante: "Dopo l'onda" è un racconto avventuroso, ambientato nel giro di poco più di un mese d'estate. 
I punti di vista si alternano: nella metà dei capitoli infatti osserviamo la situazione dalla prospettiva di Pata e Madie, dei loro sei figli prescelti che sono saliti sulla barca quella notte d'agosto; negli altri invece seguiamo le disavventure di Perrine, Louis e Noè, i tre figli imperfetti, quelli lasciati indietro a cercare in se stessi risorse molto difficili da trovare.
Nel mezzo c’era stata una stonatura. Louie aveva una gamba storta, Perrine un occhio cieco e Noè, a otto anni, era alto come un bambino di cinque. I due più grandi, Liam e Matteo, erano belli e forti, e le quattro sorelline minori non avevano il minimo difetto. Loro tre, invece... Tre errori. Forse non c’erano spiegazioni. Era capitato a loro e basta.
"Dopo l'onda" è un romanzo che si legge in fretta, passando da un mostro marino a un assassino in fuga su una barca a motore che ha esaurito la benzina; è un racconto che lascia col fiato sospeso, parteggiando per tre bambini alla deriva e per due vecchiette che hanno perso tutto, ma non si arrendono. 
Facce stanche, visi sporchi, capelli biondi o bruni aggrovigliati e sudici, vestiti e pelle che odorano di melma e di bagnato, sembrano un’armata di poveracci. Trasalisce: esattamente il tipo di persone che nessuno ha voglia di veder sbarcare a casa propria. E mentre cenano in silenzio cullati dal mare, rivolti verso la terra che con la sera diventa gradualmente grigia, Pata si chiede come sarà il futuro, se esisterà, se qualcuno darà loro un’opportunità, perché i figli non gli dicano un giorno che tutto sommato sarebbe stato meglio morire affogati sull’isola.
Se siete alla ricerca di un libro per l'estate, che vi appassioni e che sia ricco di colpi di scena, "Dopo l'onda" potrebbe fare al caso vostro. Personalmente l'ho trovata una lettura piacevole, ma con il difetto di non avermi trasmesso grandi emozioni anche nei suoi passi più drammatici; credo per questo che finirò per dimenticare abbastanza presto il suo contenuto, e anche lo stile dell'autrice non mi ha particolarmente colpita.

lunedì 16 settembre 2019

La figlia del dottor Baudoin

La letteratura per ragazzi è un campo nel quale non mi addentro spesso, ma qualche eccezione è necessaria: ad esempio quando si tratta di un romanzo dell'autrice francese Marie-Aude Murail, famosa per il tatto con il quale riesce ad affrontare argomenti importanti -come la disabilità, le famiglie atipiche, l'omosessualità. 



Titolo: La figlia del dottor Baudoin
Autrice: Marie-Aude Murail
Anno della prima edizione: 2006
Titolo originale:La fille du docteur Baudoin
Casa editrice: Camelozampa
Traduttrice: Sara Saorin
Pagine: 207



LA STORIA

Violaine ha diciassette anni e frequenta l'ultimo anno di liceo scientifico a Parigi. Suo padre è un medico, non troppo dedito alla propria professione e molto interessato al denaro; condivide lo studio con un medico più giovane e appassionato, il dottor Chasseloup, amante dei gatti e che sana le ferite dell'anima prima di quelle del corpo.
Violaine è giovane, attraente e un po' insicura; dopo un rapporto con Dominique, al quale ha ceduto per togliersi di dosso l'etichetta di "repressa", scopre di essere incinta e l'unica possibilità per quel bambino non voluto le sembra essere un'interruzione di gravidanza.
Ok, la signora Rambuteau era una donna orribile e il dottor Baudoin era un cinico. OK. Ma il suo gatto aveva sette vite. E anche lui. Quella sera, prima di andare a dormire, il dottor Chasseloup considerò che la figlia del dottor Baudoin aveva un nome. Si chiamava Violaine, che era un nome delizioso.
COSA NE PENSO

Il tema dell'aborto è spinoso, quando poi lo si aggiunge a quello delle gravidanze precoci appare evidente che l'autrice cammini su un tappeto di uova nel proporre al pubblico questo romanzo. Proprio per questo, pur avendo già apprezzato la delicatezza di Marie-Aude Murail in "Oh, boy!" e in "Mio fratello Simple", sono rimasta sorpresa dal modo senza peli sulla lingua in cui ci viene narrata l'esperienza della giovane protagonista.
Non c'è un briciolo di retorica nell'affrontare l'argomento dell'interruzione volontaria di gravidanza, le cui tappe ci vengono illustrate una dopo l'altra, senza trascurare le paure di Violaine ma senza criminalizzare il suo gesto, pur sottolineando l'importanza della contraccezione.
"Nel corso della vita, a tutte le ragazze capita un giorno di innamorarsi, quasi tutte si mettono in coppia o si sposano, la maggior parte di loro ha dei bambini e una donna su due fa una IVG. Ecco, è qualcosa che capita a una donna su due".
Con un linguaggio semplice e diretto Marie-Aude Murail parla agli adolescenti senza l'intento di terrorizzarli o fare loro la morale; affronta i fatti della vita, gli incidenti di percorso come qualcosa che può capitare senza che questo debba pregiudicare il futuro. Non è infatti soltanto l'aborto di Violaine l'argomento di questo libro, dove trovano spazio anche l'amore, la solidarietà tra fratelli, l'amicizia, ma soprattutto le seconde occasioni nelle quali si cela la felicità. 
"Ho cercato Dominique in mezzo alla folla" proseguì Paul-Louis, la cui voce si rafforzava a mano a mano che riviveva la scena. "Gli ho detto: -Mia sorella non è un argomento di conversazione- e gli ho tirato un pugno sul muso. Ma poi mi sono sbilanciato e sono caduto all'indietro su una sedia". Non era pentito di nulla. Anzi, con la stessa gioiosa ferocia di suo padre, aggiunse: "Gli ho fatto sputare sangue. Ma per davvero". "Perfetto" disse Jean con lo stesso tono.
Marie-Aude Murail è un'autrice coraggiosa e che non ha paura di fare ciò che tutti i libri per ragazzi (e non solo) dovrebbero fare: affrontare la realtà in tutte le sue sfaccettature senza dare giudizi morali e senza fornire facili risposte, lasciando che siano i lettori a trovare quelle giuste per sé. Se siete alla ricerca di un libro da proporre dai quindici anni in su, questo potrebbe essere un'ottima scelta!

lunedì 9 settembre 2019

Carnaio

Non leggo di proposito i titoli candidati ai premi letterari: non compilo liste con i finalisti e non mi propongo di leggerli prima della premiazione. È innegabile tuttavia che alcune trame risultino particolarmente attraenti, e che tali libri si rivelino poi ottime letture: è stato per me il caso di "Resto qui" di Balzano, finalista al Premio Strega 2018, e di "Dal tuo terrazzo si vede casa mia", raccolta di racconti di Elvis Malaj entrata in dozzina lo stesso anno.
Ora finalista al premio Campiello 2019, sono stata attratta da "Carnaio" di Giulio Cavalli, e appena disponibile in biblioteca me lo sono portato a casa.




Titolo: Carnaio
Autore: Giulio Cavalli
Anno della prima edizione: 2018
Casa editrice: Fandango
Pagine: 218




LA STORIA

Nella cittadina sul mare di DF, che vive principalmente di pesca, dalle onde arriva una sorpresa poco piacevole: cadaveri cominciano a riempire spiagge e strade, dapprima pochi per volta, poi a ondate di migliaia. Sono corpi altri, tutti corpi di uomini, dalle pelli scure, tutti della stessa corporatura, pressocché indistinguibili.
Qualcuno ipotizzò che fossero schiavi, selezionati tutti di identica corporatura per essere venduti in blocco, e non si sa mai abbastanza del grado di inciviltà di certi paesi che stanno a sud del mare e forse il carico era andato perduto, buttato al largo per salvare lo scafo, l'equipaggio, i carcerieri.
La comunità di DF è dapprima disgustata, sconvolta, poi opta per la chiusura a tutto il resto del mondo e per una soluzione che appare impensabile: trarre un guadagno da quelli, da quei corpi portati dal mare.


COSA NE PENSO

Ispirato da una conversazione con un pescatore di Lampedusa che gli ha raccontato di come nelle reti gettate restino impigliati i cadaveri di migranti morti in mare, Cavalli porta all'estremo queste storie vere creando un incubo che ha tutte le carte in regola per sembrare realistico, nonostante i suoi sviluppi.
Noi non ci occupiamo delle persone che forse sono stati, non mi interessa, non ci interessa, non abbiamo il tempo e le risorse per impegnarci: ci occupiamo di quell'ammasso di carne, pelle, tendini, ossa, nervi e liquidi che hanno anche la forma di persona. Noi guardiamo la luna mentre gli altri vorrebbero indicarci il dito.
Dopo una prima parte narrata in terza persona, che descrive il fenomeno, nella seconda si avvicendano le testimonianze dei residenti che esprimono in prima persona la loro opinione su quanto accade a DF. Il linguaggio non è affatto lontano a quello della politica a cui siamo abituati, e ben pochi personaggi sembrano aver conservato un briciolo di umanità nonostante dall'esterno di DF provengano critiche a gran voce. 
Sia chiaro, parlo a titolo personale, scrivetelo bene che questa non è mica un'intervista ufficiale, io sono una cittadina che esprime le proprie opinioni, una di quelli che ha studiato all'università della vita e non ho la pretesa di sapere il giusto o lo sbagliato su tutto, però so bene cosa è giusto per me e cosa è sbagliato per me, rivendico il diritto di farmi la mia idea senza ascoltare tutti questi professoroni che di mestiere ci manipolano il cervello. 
La soluzione più semplice è l'isolamento dell'intera città, il mettere fine alla dipendenza da uno stato che deruba -e anche qui è impossibile non cogliere i riferimenti a certi partiti oggi sulla cresta dell'onda che l'autore dissemina tra le pagine.
È una resilienza negativa quella di Cavalli, come lui stesso ha dichiarato in un'intervista a Radio 3: la capacità di adattamento dell'essere umano che si abitua a qualunque orrore, smettendo di considerarlo tale. Non importa quanti corpi si infrangano contro la barriera in plexiglass, invece di disgustare può diventare uno spettacolo.
Quando arrivano le onde, dico quando le onde ci portano i morti, si alza la marea, i vecchi si portano la seggiola per gustarsi lo spettacolo che ci sbatte contro, i giovani accendono il falò e ballano al ritmo delle teste contro il plexiglas, i papà portano i figli per mano, tutti questi morti una volta ci entravano in giardino, dicono i padri ai figli: l'ho fatta io, penso.
Per non scendere poi nei dettagli di quanto i corpi di quelli diventino a DF una fonte di reddito -alcuni brevi capitoli della seconda parte non sono adatti a lettori troppo impressionabili... 
"Carnaio" è un romanzo coraggioso: ci si aspetta un romanzo sulle migrazioni contemporanee leggendo la seconda di copertina, e ci si ritrova per le mani un libro che attinge alla realtà trasformandola con le parole e portandola alle estreme conseguenze. Cavalli sa dare voce alla meschinità dei singoli, ai rari casi di ribellione davanti alle atrocità (che in un regime dittatoriale come quello in cui si trasforma DF sono ovviamente repressi). Gli altri, quelli, i corpi portati dal mare, restano muti: non sappiamo nulla di chi fossero prima di invadere DF -perché sì, qui di invasione si tratta- e non ottengono rispetto o riconoscimento neanche nella morte, anzi ci si ciba di loro, li si sfrutta per creare abbigliamento, arredi, come oggetti li si considera e li si riutilizza.
"Carnaio" è una storia disturbante, un incubo ad occhi aperti e una discesa nell'abisso dell'indifferenza umana; "Carnaio" è una storia di fantasia, certo, ma è impossibile non cogliere i riferimenti alla quotidianità che ogni giorno incontriamo nelle notizie e scegliamo di ignorare.
Lo stile di Cavalli è scorrevole, trascinante come la piena delle onde che trasportano i corpi fino a DF; i periodi sono spesso lunghi, ricchi di virgole, riproducono il discorso diretto in una sorta di flusso di coscienza molto efficace.
"Carnaio" concorre per il Premio Campiello: pur non potendo fare confronti con gli altri concorrenti, trovo che si tratti di un romanzo originale e meritevole, se non di un riconoscimento, di certo di maggiore attenzione.