mercoledì 20 novembre 2024

Fiori sopra l'inferno

Si può provare un colpo di fulmine nei confronti di un libro? Per me la risposta è sì, e mi è appena successo con il primo volume di una serie di gialli, "Fiori sopra l'inferno" di Ilaria Tuti, pubblicato da Longanesi.

La protagonista è il commissario Teresa Battaglia, donna per cui è impossibile non provare empatia: in lotta con i traumi e le cicatrici di un passato di cui ci è rivelato ancora poco, ma anche con la malattia, eppure determinata, coraggiosa e tenace, e al tempo stesso capace di umanità ed empatia.

Due doti fondamentali nella risoluzione di questo caso, dove è difficile separare nettamente le vittime e i carnefici, mentre nel paesino montano di Travenì si ritrovano corpi mutilati in modo violento, ed affiorano le tracce di uno scomodo passato.

[Il colpevole infatti è soprattutto una vittima, degli esperimenti eugenetici di deprivazione affettiva dei quali era stato oggetto da neonato. Dopo anni di isolamento nei boschi, a vegliare i resti di un bambino eliminato dallo scienziato che è il vero carnefice della storia e vive sotto falsa identità come medico del luogo, Andreas si trasforma in una sorta di giustiziere. Sceso a valle per via dei lavori di un nuovo impianto sciistico, ascolta gli sfoghi di quattro bambini di Travenì, vittime della violenza degli adulti (Matthias delle botte del padre, Oliver delle angherie del bidello, Lucia della freddezza della madre e Diego di quella del padre) e ne diventa il vendicatore.]

In questa storia si affrontano molti argomenti delicati: la violenza domestica e gli abusi sui minori, gli esperimenti di eugenetica di derivazione nazista sulla selezione dei maschi Alpha, le conseguenze estreme della solitudine, ma anche la potenza salvifica dell'amicizia.

La scrittura è ricca di descrizioni ambientali e naturalistiche, con dialoghi sempre credibili, personaggi secondari ben dosati e non ingombranti, e paragrafi che ho trovato davvero poetici.

"Fiori sopra l'inferno" ha un inizio travolgente, inquietante e coinvolgente dal primo momento; si è rivelato per me un romanzo impossibile da posare prima di averlo terminato, e lo consiglio caldamente a tutti gli amanti del genere. Ho già provveduto a recuperare i volumi successivi della serie, e anche la trasposizione di questo, disponibile su RaiPlay!

Conoscete questi romanzi?

Qual è l'ultima serie di libri che avete cominciato?

L'interprete

Dopo aver letto "La zona d'interesse" di Martin Amis, "L'interprete" di Annette Hess, pubblicato da Neri Pozza, è il secondo romanzo che leggo che offre sul Nazismo e sul lager una prospettiva insolita, esterna.

Qui la protagonista è Eva, una giovane donna che lavora come interprete dal polacco, e nel 1963 a Francoforte viene assunta dal tribunale che si occupa del processo ad Auschwitz. La giovane donna, che fino ad allora ha trascorso un'esistenza tranquilla e indisturbata tra la trattoria di famiglia e il suo promesso sposo, si trova allora a scontrarsi con un orrore di cui nessuno osa mai parlare ad alta voce, anzi che spesso chi la circonda è disposto a negare dichiarandolo impossibile. 

"L'interprete" è un romanzo sulla responsabilità del popolo tedesco: di chi non ha avuto scelta, forse, ma si è schierato dalla parte dei colpevoli, autoassolvendosi in nome di quell'obbligo. È un romanzo sulle colpe mai elaborate né ammesse, che emergono poco alla volta mentre chi se ne è macchiato porta avanti indisturbato la propria vita. Lo vediamo in Eva, a cui riaffiorano alla mente ricordi d'infanzia che individuano i suoi genitori proprio come lavoratori e abitanti di quella "zona d'interesse" di cui Amis ha scritto, che non si sono macchiati le mani col sangue dei prigionieri ma hanno contribuito a far funzionare l'ingranaggio della macchina di sterminio di Auschwitz.

In questo senso "L'interprete" è un romanzo molto interessante e ben scritto, che sa essere appassionante svelando un elemento alla volta. Ha tuttavia anche dei difetti che mi hanno un po' raffreddata nel mio entusiasmo: il personaggio della sorella Annegrett, per nulla necessario nella sua sindrome di Munchausen per procura con cui mette a rischio la vita dei neonati di cui si occupa in ospedale come infermiera; l'elemento romance della relazione tra Eva e Jurgen, che appiattisce un po' il punto di vista della protagonista; alcune decisioni nella trama, come l'uscita di scena frettolosa di David prima della conclusione del processo e la notte d'amore, per nulla necessaria, tra lui ed Eva in Polonia. 

Nel complesso quindi ho trovato "L'interprete" un testo non impeccabile, ma in ogni caso stimolante e molto capace nel mostrare la normalità assoluta delle famiglie tedesche che, nel silenzio e nell'omertà generale, avevano fatto la loro parte nello sterminio nazista. 

Qual è l'ultimo romanzo di letteratura tedesca che avete letto?

Il canto del profeta

Vincitore del Booker Prize del 2023, "Il canto del profeta" di Paul Lynch, pubblicato da 66thand2nd, prende dichiaratamente ispirazione dagli orrori della guerra civile siriana, ma ambienta la sua distopia nell'Irlanda contemporanea.

La protagonista è Eilish, madre di quattro figli, il cui marito Larry insegnante e sindacalista viene arrestato nel corso di una manifestazione contro il regime antidemocratico che sta prendendo il potere, e sparisce senza lasciare traccia. Mentre non si rassegna a non averne più notizie, seguiamo Eilish alle prese con il dilagare della dittatura, che vuole arruolare e il figlio Mark ad appena diciassette anni (mentre il ragazzo sceglierà di unirsi alla resistenza [e nemmeno di lui si saprà più nulla]) e il tentativo di sopravvivere con Bailey, Molly e Ben alla fame, all'inflazione, alla guerriglia e ai bombardamenti.

In questo momento storico, di bombe sulla Palestina e non soltanto, la distopia di Lynch richiama terribilmente la realtà: la straziante domanda su quando sia il momento di lasciare le proprie case per salvarsi la vita, le file per procacciarsi acqua potabile, l'indisponibilità di ospedali perché sono stati usati come bersagli, i rotoli di banconote per i trafficanti che consentono di passare la frontiera, i propri cari di cui non si hanno più notizie da un momento all'altro.

La scrittura è impeccabile, in un crescendo di angoscia e disperazione, con dialoghi serrati e non separati dalla punteggiatura; è un testo crudo, drammatico, che trabocca di scene vivide e personaggi al loro punto di rottura [una madre che porta il figlio ragazzino in ospedale, credendo che sarà curato, dichiarandolo più adulto pur di farlo operare in una struttura non pediatrica, e lo ritrova nel sacco dell'obitorio con addosso segni di tortura], che hanno paura e non hanno più scelta.

"Il canto del profeta" si legge d'un fiato, e intanto si soffre, e intanto si riflette: perché è un'opera di fantasia, ma è fin troppo facile e frequente che invece diventi realtà.

Qual è l'ultimo vincitore del Booker Prize che avete recuperato?

giovedì 7 novembre 2024

Sangue giusto

"Sangue giusto" di Francesca Melandri, pubblicato da Rizzoli, è un titolo che mi aspettavo sarebbe stato nelle mie corde, ma ha superato di gran lunga le mie aspettative.

Con il pretesto di un nipote che si manifesta improvvisamente a Roma dall’Etiopia, rivendicando l’appartenenza alla famiglia benestante che non ha mai saputo nulla del concepimento di quel bambino nella colonia italiana, si sviluppa quella che è in realtà una storia familiare e al tempo stesso del nostro paese dall’inizio del novecento fino all’epoca del governo Berlusconi, dalla Grande guerra, all’Africa orientale italiana, ai centri di identificazione e di espulsione.

È un romanzo ambizioso, che mescola i piani temporali e dove si fatica ad identificare un vero protagonista, ma senza dubbio il personaggio di spicco è Attilio Profeti, il patriarca, quello che di figli ne ha concepiti cinque da tre donne diverse, riconoscendone quattro soltanto e intravedendo il maggiore una volta sola nella vita, poco dopo averlo liberato di prigione in un'Etiopia tutt’altro che democratica.

Francesca Melandri racconta gli orrori del colonialismo italiano, l’iprite gettata come arma chimica sulla popolazione inerme, le leggi razziali che sancivano nero su bianco la superiorità della razza italiana e rendevano illegali il meticciato e tutti coloro che i coloni italiani avevano lasciato dietro di loro, concepiti con poco più che bambine.

Costruisce Attilio molto bene, il matrimonio asettico dei suoi genitori, il padre capostazione, il fratello maggiore sempre perdente nei confronti di sua madre che invece lo idealizzava,  rendendolo così l’uomo sicuro di sé che è rimasto per tutta la vita, incurante dei cuori spezzati attorno a lui.

Meno spazio invece viene concesso a quel nipote africano che è l’espediente per iniziare il racconto, il perno attorno al quale la storia ruota ma di per sé non viene caratterizzato né approfondito -non mi sarebbe dispiaciuto se gli fosse stata dedicata qualche pagina in più.

"Sangue giusto" è un romanzo ricchissimo di documentazione storica, che si occupa di una pagina del nostro passato che non compare sui libri di storia e arriva a narrare un decennio così vicino a noi che ne ho riconosciuto ogni avvenimento, dalla nipote di Mubarak all’accoglienza di Gheddafi circondato da un vero e proprio harem.

È un testo interessante e originale, i cui contenuti non si incontrano di frequente tra le pubblicazioni nostrane e immagino ancora meno tra quelle straniere. Se siete interessati ad approfondire il periodo coloniale italiano e le sue violenze troppo spesso taciute è una lettura che senza dubbio vi consiglio, io l’ho molto apprezzata nella sua ricchezza di elementi e di personaggi e mi ha lasciata anche con la necessità di approfondire ancora meglio il tema fondamentale che tratta -e questo per me è sempre un grande pregio- e il resto della produzione di Melandri.

Avete mai letto questa autrice italiana? 

Patrimonio

Il mio primo incontro consapevole con Philip Roth è avvenuto grazie al gruppo di lettura #gliambasciatorideilibri ed è stato "Patrimonio - Una storia vera", pubblicato da Einaudi editore. 

Specifico "incontro consapevole" perché molti anni fa, all'inizio dell'università, avevo letto "L'animale morente" senza saperne nulla, e oggi ne ricordo ben poco; avevo poi iniziato "Pastorale americana", ma non ero riuscita ad andare avanti.

Oggi dunque incontro Roth con un testo forse poco rappresentativo, breve e autobiografico, dedicato alla malattia e alla perdita del proprio padre anziano, che porta con sé inevitabilmente un carico di ricordi dell'infanzia e della vita adulta dell'autore, e soprattutto il riconoscimento di quella figura genitoriale così solida che comincia ad andare in pezzi.

Roth si interroga sul patrimonio, come dice il titolo, o per meglio dire sull'eredità che il padre potrà trasmettergli, avendo lui rinunciato a quella finanziaria. Lo fa accompagnando il padre in un percorso doloroso e difficile per entrambi, nell'accettazione di ciò a cui rassegnarsi è impossibile, ma che gli consente anche di percepire la ricchezza che gli resterà, ben maggiore di quella materiale.

"Patrimonio" è un testo intimo e personale, che toccherà inevitabilmente corde molto delicate per chi ha familiarità con i temi che contiene; è un libro toccante, che mi ha anche lasciato una grande curiosità di approfondire le opere letterarie dello scrittore che qui compare soprattutto come uomo e come figlio, ed in futuro ho intenzione di recuperare altri suoi libri.

Quali opere di Roth mi consigliate di leggere?

mercoledì 30 ottobre 2024

Cronache dalla polvere

 "Cronache dalla polvere" di Zoya Barontini, pubblicato da Bompiani, è un titolo interessante e originale di cui purtroppo non sento mai parlare, e dunque eccoci a dedicargli un po' di spazio.

Zoya Barontini è il nome sotto il quale ha deciso di pubblicare un collettivo composto da tredici tra autrici e autori che si sono riuniti a comporre questo romanzo a mosaico che racconta il colonialismo italiano in Etiopia e le indicibili atrocità commesse nei confronti della popolazione, in particolare nel 1937 in seguito all'attentato al viceré Rodolfo Graziani che portò al massacro di Debra Libanos. 

Il volume si apre con una cronologia della colonizzazione dell'Etiopia, si chiude con un glossario, con una bibliografia e un'appendice in cui gli autori si presentano e raccontano il 1937 vissuto dalle proprie famiglie, per come è stato loro raccontato. 

Il testo riesce ad essere organico nonostante tante siano state le penne all'opera: tra un racconto e l'altro compaiono personaggi che riconosciamo dalle narrazioni precedenti, trovano spazio soldati italiani tra chi è incerto, chi è pentito, chi invece è ben convinto della propria superiorità, e poi gli etiopi, gli arbegnuoc della lotta partigiana, i bambini vittime della violenza e al tempo stesso coraggiosi e indomiti. Sono storie di lotta, storie di roghi e di massacri, di sogni premonitori e soprattutto storie di fantasmi: perché i cuori più puri parlano con gli spiriti dei morti, che hanno ancora molto da raccontare.

Com'è inevitabile nelle raccolte di racconti, qualcuno mi ha emozionata più di altri: primo tra tutti "Gli spettri di Biscutti Fabrica" di Davide Morosinotto, poi "Camion" di Davide Orecchio e "Creature di vetro" di Nicoletta Vallorani, che chiude magnificamente il cerchio delle storie. Menzione d'onore anche per le illustrazioni di Alberto Merlin, che accompagnano il testo ed introducono ognuno dei brani. 

Insomma ho letto un romanzo originale e ricco di suggestioni, leggende e personaggi ben tratteggiati, che ha il pregio di raccontare una pagina scomoda della storia italiana che tende ad essere fin troppo trascurata. Mi ha colpita molto, e credo meriti molta più notorietà!

Avete mai letto un testo sul colonialismo italiano?

martedì 29 ottobre 2024

La sposa del mare

"La sposa del mare" di Amity Gaige, pubblicato da NN Editore, è un titolo di cui sentivo il richiamo da tempo e quando mi sono finalmente deciso a recuperarlo mi sono trovata davanti ad un romanzo a dir poco sorprendente, composto come se fosse una cronaca, ma stratificato, che unisce e alterna le diverse voci narranti.

Ha per protagonista la famiglia Parlow: Michael, Juliet e i loro figli bambini Sybil e George. Il matrimonio di Michael e Juliet è in crisi, lei ha interrotto un dottorato in poesia dedicato ad Anne Sexton ed è ancora tormentata dalla violenza che ha subito in tenerissima età. Un giorno Michael decide di stravolgere la loro vita partendo per un viaggio di almeno un anno in barca a vela, un’esperienza che li allontanerà da un mondo del quale non condivide più i valori e che si spera tornerà ad unire la loro famiglia.

Già dall’inizio del romanzo capiamo che qualcosa non è andato come previsto e percepiamo un'atmosfera tesa, quasi da genere thriller [Scopriamo che Juliet è rimasta vedova alla sua porta bussa più di una volta la polizia, cercando notizie di un uomo che suo marito aveva incontrato mesi prima e dal quale si era sentito decisamente oppresso].

Questo effetto si ottiene perché non vi è solo la narrazione in prima persona di Juliet nel presente, che rivela un segreto alla volta, ma vi si mescola il diario di bordo di Michael a testimoniare le avventure della famiglia sulla barca, il loro rapporto sempre più stretto con il mare e anche la voce della piccola Sybil, sia durante il viaggio sia una volta ritornata negli Stati Uniti alle prese con l'ambientarsi di nuovo in un contesto così diverso.

L’autrice costruisce un romanzo complesso, che spiazza il lettore nell’essere così dettagliato e realistico,  al punto che si fatica a credere che si tratti di una storia inventata, e vi inserisce passaggi così carichi di emozioni che mi hanno portata sorprendentemente sul punto delle lacrime.

Questa è una storia di viaggi per mare, di decisioni che cambiano la vita e di sfortuna, quella sfortuna su cui non si ha controllo, che devasta un destino che avrebbe potuto riservare grandi gioie e altre avventure da vivere insieme, e che lascia protagonisti e lettori desiderosi di nascondersi dentro un armadio a muro, girandosi tra le mani le pagine di un diario e chiedendosi come sia stato possibile che tutto andasse in pezzi in questo modo. 

È un romanzo che farà provare grande empatia a coloro che hanno vissuto una perdita e che fa riflettere sulle crisi di coppia e sull’incomunicabilità che porta ad allontanarsi, perché non si trovano le parole e non perché siano mancando i sentimenti. 

Mi aspettavo una storia di avventura, di intrattenimento: mi sono trovata davanti ad un testo di rara profondità, dalla pianificazione impeccabile e dalla grande varietà stilistica. Mi è piaciuto moltissimo e non posso che consigliarvelo.

Avete mai letto un romanzo ambientato su una barca?