giovedì 24 gennaio 2019

Macaroni!

Di immigrazione ed emigrazione si parla molto, nei libri e nelle notizie: si parla di giovani laureati italiani che fuggono all'estero, di uomini donne e bambini in fuga dalla miseria e dai conflitti armati che sbarcano sulle nostre coste. Raramente ricordiamo però il secolo scorso, nel corso del quale i nostri antenati emigravano come manodopera non qualificata ed erano costretti ad adattarsi ai più umili e pericolosi mestieri negli altri Paesi d'Europa.
 
 
 
Titolo: Macaroni!
Autori: Thomas Campi e Vincent Zabus
Anno della prima edizione: 2016
Casa editrice: Coconino Press
Traduttrice: Emanuelle Caillat
Pagine: 143
 
 
 
 
LA STORIA
 
"Macaroni!" fornisce una prospettiva interessante sull’emigrazione degli italiani in Belgio attraverso l’incontro tra un nipote ragazzino e un nonno, anziano e provato dalle dolorose esperienze della vita. Il ragazzino viene lasciato a casa del nonno in un periodo di vacanza a causa del momento difficile che sta attraversando il matrimonio dei suoi genitori; non ne è per nulla felice, il nonno è scorbutico e non ha nemmeno la TV, ma in fondo è proprio quando ci si aspetta il peggio che le situazioni ci sorprendono in maniera positiva. 
 
 
 
COSA NE PENSO
 
È un uomo spezzato questo nonno, dalle miniere di carbone del Belgio dove pur di ottenere un risarcimento per curare il figlio malato si è tagliato un pollice, dalle menzogne che gli sono state raccontate, dal matrimonio che lo ha mai reso felice. È un uomo che sa cos’è la fame, e si affeziona ai propri maiali (che chiama tutti Mussolini) ma poi li macella e ne mangia le carni; è un uomo rude, di poche parole, poco incline ai gesti d’affetto e al parlare di sé. È un personaggio grandioso questo nonno, una ragione sufficiente per leggere quest’opera.
Non si tratta di un personaggio di fantasia, bensì è ispirato ad un uomo realmente esistito, di nome Ottavio Rossetto. Era nato nel 1915 a San Giovanni Ilarione, ed era il padre di un’amica del fumettista, Vincent Zabus. Era un uomo “inacidito, tormentato da un senso di fallimento per una vita sconvolta dagli imprevisti della storia, e dominato dalla rabbia”.
Quest’opera ha avuto diverse versioni prima di arrivare a quella definitiva, diversi sono i volti che ha avuto Ottavio nei disegni di Thomas Campi: la versione definitiva però è una vera gioia per gli occhi, oltre ad essere emozionante per il cuore.
Nelle tinte del rosso mattone, del terra di siena e dell’ocra, che danno una sensazione di calore e di accoglienza, Thomas Campi disegna la scoperta di un nonno e gli costruisce attorno un’aura di malinconia, nella quale appaiono spesso, sfumati in grigio e marrone, i fantasmi che ancora lo tormentano.

Quella che Vincent Zabus ci racconta è una storia dolceamara, che ci rammenta una parte importante del passato dei nostri antenati (quell’emigrazione da manodopera non qualificata che li costringeva a svolgere le mansioni più umili e pericolose, come oggi capita ad altri al posto loro) e mette in luce l’importanza della memoria familiare: quando i nostri antenati vengono a mancare, muoiono con loro troppi ricordi che non ci siamo dati la pena di scoprire e tramandare.
Ho amato questa graphic novel come pochissime altre, l’ho trovata commovente e formativa, adatta anche ad un pubblico di lettori giovani per toccare con loro un tema poco trattato sui libri di scuola. Per questo motivo la consiglio a tutti!

lunedì 21 gennaio 2019

Resto qui

Non leggo particolarmente spesso autori e autrici di nazionalità italiana, e così facendo a volte rischio di perdermi letture che varrebbe davvero la pena di fare, come questa -che ha fatto parte della cinquina del Premio Strega 2018, ma non è stato il vincitore.
 



Titolo: Resto qui
Autore: Marco Balzano
Anno della prima edizione: 2018
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 192
 



LA STORIA
 
Trina scrive una lunga lettera alla figlia, che non incontra da decine di anni: quando ai tempi del fascismo la ragazzina preferì lasciare il Sudtirolo per trasferirsi in Austria con gli zii. Trina e suo marito Erich invece non hanno mai lasciato Curon, nonostante i fascisti abbiano provato a privarli della loro cultura -impedendo a Trina di svolgere la sua professione di maestra e sostituendola con insegnanti madrelingua italiani-, abbiano costretto Erich ad arruolarsi e poi, dopo l'armistizio, a nascondersi sulle montagne per evitare di combattere di nuovo. Trina ed Erich sono rimasti a Curon, hanno resistito, nonostante la minaccia della costruzione della diga sempre incombente sulla loro valle, pronta a sommergere i loro masi, i loro campi, i loro animali, facendo perdere loro ogni cosa.
 


COSA NE PENSO

La voce narrante di Balzano, autore che leggo per la prima volta, è estremamente convincente nel dare corpo ai pensieri di una donna non più giovane come la protagonista, che narra in prima persona la propria storia passata sotto forma di lettera alla figlia. Trina ricorda i giorni della sua gioventù, ricorda il marito, uomo integro e testardo, i giorni di paura e di coraggio sulle montagne a sfuggire alla morte; ricorda il pensiero della figlia, che non li ha mai abbandonati seppure in modo diverso.
A vederlo sempre solo, sempre su quello sgabello, non mi sentivo sola neanch’io. Non può essere un modo di amarsi pure questo? Restare a guardarlo di nascosto, senza per forza mettere su il solito teatrino di matrimonio e figli?
In questo romanzo, che coinvolge e talvolta commuove, che fa ad ogni pagina parteggiare per la sua protagonista, c'è la storia della Val Venosta: del campanile che svetta dal lago di Resia e rappresenta una storia che si conosce assai poco quando si visita il luogo durante le vacanze, e si scatta una foto ricordo senza domandarsi che cosa abbia comportato la sommersione di quel campanile.
Nel giro di pochi anni il campanile che svetta sull’acqua morta è diventato un’attrazione turistica. I villeggianti ci passano all’inizio stupiti e dopo poco distratti. Si scattano le foto con il campanile della chiesa alle spalle e fanno tutti lo stesso sorriso deficiente. Come se sotto l’acqua non ci fossero le radici dei vecchi larici, le fondamenta delle nostre case, la piazza dove ci radunavamo. Come se la storia non fosse esistita.
Il libro di Balzano fa riflettere sui concetti di cultura e di appartenenza; la popolazione del Sudtirolo, prima del Ventennio, non si pone domande: parla tedesco, professa la religione cristiana. Impossibile per loro sentirsi poi italiani d'un tratto, mediante un'imposizione prima di tutto linguistica, che li allontana dai posti di lavoro e li rimpiazza con sostituti ritenuti più adatti. Più facile forse sentirsi austriaci, proprio per via della lingua; ma il trasferimento in Austria vorrebbe dire lasciare il proprio universo e c'è chi, come Trina, invece resta.
Mussolini ha fatto ribattezzare strade, ruscelli, montagne… sono andati a molestare anche i morti, quegli assassini, cambiando le scritte sulle lapidi. Hanno italianizzato i nostri nomi, sostituito le insegne dei negozi. Ci hanno proibito di indossare i nostri vestiti. Da un giorno all’altro in classe ci siamo ritrovati insegnanti veneti, lombardi, siciliani. Loro non ci capivano, noi non capivamo loro.
Mi voltavo e guardavo il paese, piccolo su in alto, e mi invadevano gli stessi sentimenti di Erich: che era mia quella terra, che nessuno mi poteva cacciare, che non potevo rimanere inerte a guardare. E sentivo che i fascisti erano bastardi perché volevano annegarci, ci avevano trascinato in guerra e avevano portato via Barbara. E i nazisti erano bastardi uguale perché ci avevano messi gli uni contro gli altri e volevano i nostri uomini solo per farne carne da cannone. 
Quella di Erich e Trina è una scelta, non certo dettata dalla convenienza. Balzano caratterizza i (pochi) personaggi che animano la lunga lettera di Trina in maniera impeccabile, talmente vivida da farli percepire al lettore come persone reali, attraverso le loro decisioni e i loro sentimenti. Li descrive immersi in un contesto che prende vita nelle parole di Trina, diviene tridimensionale, addirittura percettibile attraverso i sensi: percepiamo l'odore delle stalle e delle bestie, il freddo delle notti d'inverno, sentiamo il silenzio delle montagne.
Ho apprezzato molto la scrittura di Balzano e la storia che ha scelto di raccontare in "Resto qui"; sento di aver imparato qualcosa da questo libro, che ha anche avuto l'indubbia capacità di emozionarmi e intrattenermi senza risultare mai noioso né didascalico. Insomma il primo romanzo italiano di questo 2019 è stata un vero successo!

mercoledì 16 gennaio 2019

Salvezza

Di recente, 49 persone sono rimaste in ostaggio dei governi europei sulla nave Sea Watch, in alto mare, in balia delle onde e delle condizioni meteorologiche, mentre il vicepremier italiano (uno dei due) sbraitava divieti e l’Europa intera se ne lavava le mani.
Certo, la guerra alle ONG ha inasprito la situazione degli sbarchi sulle coste italiane, ma solo di propaganda si tratta: da anni il Mediterraneo è un cimitero, da anni affondano gommoni e vite tra le sue acque. 
Titolo: Salvezza
Autori: Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso
Anno della prima edizione: 2018
Casa editrice: Feltrinelli Comics
Pagine: 128
LA STORIA
Dei salvataggi e delle morti vogliono raccontare il giornalista Marco Rizzo e il disegnatore Lelio Bonaccorso in “Salvezza”, un reportage a fumetti della loro esperienza (compiuta nel novembre 2017) a bordo della nave Aquarius.
Su di essa hanno incontrato vite disposte a tutto pur di sfuggire alle torture delle carceri libiche, alla leva obbligatoria a tempo indeterminato in Eritrea, alla guerra civile siriana e così via: ognuno alla ricerca della libertà, di un’opportunità di una vita migliore, seppure a carissimo prezzo.
La permanenza sulla nave è emotivamente un’ardua prova per i due autori, che si scontrano con la paura umana, con i gommoni che oltre ai vivi trasportano cadaveri, con donne e uomini sopravvissuti a stupri, torture e privazioni di ogni sorta; al punto da portarli a domandarsi:


“Sinceramente non lo so se questo è giornalismo. Non pensavo che saremmo stati così coinvolti. Ma quando ti chiedono aiuto in questa situazione, che cosa puoi fare? Mica si può restare a guardare.”

COSA NE PENSO
Il fumetto di Lelio e Bonaccorso ha innumerevoli pregi.
Innanzitutto l’aspetto grafico: sulle tavole sfumate nei toni freddi del nero, del blu e del grigio spicca l’arancione riservato ad alcuni dettagli - un arancione carico di significato, essendo proprio il colore dei giubbotti di salvataggio, della “Salvezza”.
Oltre alle tavole che illustrano le operazioni di salvataggio, la vita a bordo dell’Aquarius e le interviste realizzate con i migranti, ci sono anche tavole dedicate a mappe, dati e grafici che aiutino il lettore ad inquadrare meglio il fenomeno di cui si parla, oltre ad alcune note sulla situazione in Libia -che rendono evidente come non si possa ritenere la Libia un interlocutore possibile quando si parla di vite da salvare. La voce che accompagna queste tavole dalla funzione esplicativa è quella di un pettirosso -un grazioso volatile che spesso sale sulle navi di migranti nei porti libici, ma finisce per perdere la vita nelle traversate: come troppo spesso capita anche alle persone.
Questi sono tempi di ignoranza, di pregiudizio e di sospetto; sono tempi in cui il sentito dire, il luogo comune troppo spesso prende il posto della corretta informazione e pare sufficiente alle persone. La lettura è un antidoto, la lettura è uno strumento di lotta e di resistenza: esercitiamola, a partire da questo fumetto, per essere cittadini più consapevoli e persone migliori
Qui un'interessante intervista agli autori.

lunedì 14 gennaio 2019

Khalil

Dopo i fatti di Strasburgo lo scorso dicembre, l'allarme terrorismo si è riacceso: non lo sentivamo più così pressante, non ci spaventavano più le metropolitane, i mercatini di Natale, eppure eccoci di nuovo. Sul tema lo scrittore algerino che scrive sotto lo pseudonimo di Yasmina Khadra ha pubblicato proprio nel 2018 un romanzo interessante, che oggi vi propongo.
 


Titolo: Khalil
Autore: Yasmina Khadra
Anno della prima edizione: 2018
Casa editrice: Sellerio
Traduttrice: Marina Di Leo
Pagine: 247
 



LA STORIA
 
Nello stesso condominio di Molenbeek, periferia di Bruxelles, crescono Driss, Khalil e Rayan. Hanno origini marocchine e famiglie differenti, la madre di Rayan fa di tutto per offrire al figlio le opportunità migliori mentre i genitori degli altri sono disinteressati all'istruzione ed apparentemente ai figli stessi. L'educazione, si sa, ha il suo peso: e così mentre Rayan è uno scolaro brillante che trova facilmente lavoro una volta terminati gli studi, Driss e Khalil abbandonano la scuola e cercano un punto di riferimento nella moschea locale, dove vengono indottrinati da un imam al punto di vedere nel martirio l'unico senso possibile per le proprie esistenze.
Chi racconta la storia è infatti Khalil: con Driss è andato a Parigi, allo Stade de France, a compiere un attentato suicida; ma qualcosa è andato storto, e la sua cintura non è esplosa.

 
 COSA NE PENSO
 
Yasmina Khadra scava dentro il suo protagonista, che racconta in prima persona la propria vita dall'infanzia alla giovane età nella quale già si sente pronto a morire -non avendo trovato qualcosa che abbia davvero significato per lui sulla Terra. L'analisi psicologica è profonda e convincente, pagina dopo pagina ci sembra davvero di imparare a conoscere Khalil, che è un personaggio ben costruito -quanto lo è Rayan, mentre Driss ha decisamente meno spazio nel romanzo.
Rayan non poteva capire. Lui non aveva bisogno di quelle cose. Sua madre le compensava tutte. Aveva vegliato su ogni suo passo, covato ogni suo sogno, standogli sempre al fianco, ma guardando lontano. Quando ancora Rayan si reggeva appena sulle gambe, lei lo vedeva già scalare i gradini di una brillante carriera, ricoperto di titoli, con autista e segretaria a disposizione. […] Pe me era diverso. Io tiravo a fatica la carretta e ridevo forte per darlo a vedere. Non ce l'avevo con nessuno. La vita è fatta così: c'è gente agiata e gente disagiata, gente che taglia tutti i traguardi e cavalli azzoppati.
Le dinamiche dell'indottrinamento e della modalità con cui adolescenti smarriti si avvicinano all'ambiente del terrorismo è assai ben spiegata, in questo il romanzo assume quasi i tratti di un saggio, di un articolo che sappia illustrare il delicato fenomeno. È facile per l'imam ed i suoi seguaci convincere Driss e Khalil della necessità delle loro azioni, dopo averli fatti sentire per la prima volta nella loro vita davvero parte di qualcosa, di una sorta di nuova famiglia nella quale sentirsi amati ed accettati.
Chi aveva detto che potevo fare a meno dei miei fratelli? Fesserie. Avevo tentato di convincermi che ero in grado di vivere senza di loro, ma era bastato che Lyès riapparisse perché le cose si mettessero a posto. I miei dubbi, le mie paure, le mie frustrazioni si volatilizzarono. Il cuore mi batteva talmente forte da farmi male. Non ero più un relitto alla deriva: avevo ritrovato la rotta, ero nel mio elemento.
Difficile poi per un adolescente avere dubbi sulla purezza dei propri ideali. L'adolescenza è infatti per definizione l'età delle grandi passioni, dell'entusiasmo che nulla sembra scalfire; non ha dubbi Khalil, almeno finché qualcosa nel piano non va come previsto e tutto ciò che si era immaginato cambia all'improvviso.
Ho apprezzato moltissimo questo romanzo, che ho trovato molto ben costruito e capace di parlare con un linguaggio semplice e diretto, dal punto di vista interno di un giovane di seconda generazione che si è sentito belga da bambino ma nell'Europa non si riconosce più, di un tema delicato e sul quale è molto semplice ricadere negli stereotipi e nelle generalizzazioni.
"Tu non sarai mai un belga a tutti gli effetti", mi aveva avvertito Lyès. "Non avrai mai una macchina con autista. E se, per miracolo, dovesse capitarti d'indossare giacca e cravatta, lo sguardo degli altri ti ricorderà da dove vieni. Qualunque cosa tu faccia, qualunque successo tu ottenga, in un laboratorio di ricerca o su un campo di calcio, ti basterà dare una testata a un vigliacco per rotolare giù dalla tua nuvola di idolo e tornare a essere uno sporco arabo. È sempre stato così. E sempre così sarà".
L'unica critica che mi sento di fare riguarda l'evento che innesca in Khalil un cambiamento sostanziale: d'accordo, il fenomeno negli attentati nel romanzo si rivela tutt'altro che raro, ma considerate le due città diverse dove hanno luogo è davvero plausibile che due delle vittime siano in qualche modo legate al nostro protagonista? Per quanto il secondo decesso sia funzionale alla trama, basandomi sul calcolo delle probabilità mi è parsa una scelta un po' forzata.
Ciò non toglie che vi consigli la lettura di Khalil, che sarà di certo in grado di suscitare in voi riflessioni e pensieri su un argomento che in fondo ci riguarda tutti da vicino.

giovedì 10 gennaio 2019

Buoni propositi 2019

Il 2018 è stato un anno molto positivo dal punto di vista delle letture: ho evitato più spesso dell’anno precedente di farmi attrarre dal titolo in cima alle classifiche, di quello presente in tutte le foto di Instagram o negli espositori delle librerie. Naturalmente non sempre ci sono riuscita, e la pubblicità più o meno occulta ha avuto ancora una notevole influenza su di me; ho cercato però di selezionare con più attenzione i titoli ai quali dedicare il mio tempo.
Ho letto titoli che mi sono piaciuti molto, nel 2018 -in proposito ho già pubblicato il post dedicato alle migliori letture di narrativa dell’anno, e quello dedicato ai migliori romanzi illustrati. Spero che il 2019 mi porti letture ancora migliori, e come lo scorso anno ho deciso di impegnarmi a rispettare alcuni buoni propositi per fare sì che un anno di letture soddisfacenti si spalanchi davanti a me.


Innanzitutto nel 2019 voglio riscoprire. I miei scaffali straripano di libri non ancora letti, acquistati in seguito a desideri improvvisi, folgoranti innamoramenti nei negozi dell’usato, irresistibili offerte online. I libri non ancora letti mi circondano eppure troppo spesso lascio che si ricoprano di polvere per anni; sono assolutamente convinta che ogni libro abbia il suo momento giusto, ma ho intenzione di impegnarmi affinché i momenti giusti arrivino un po’ prima di quanto non sia avvenuto fino ad oggi.
 
Già nei buoni propositi per il 2018 avevo inserito rileggere. Questa intenzione resta valida, perché nel tempo cambio come lettrice, e trovo nei libri significati che non mi si erano rivelati alla primo incontro con loro. In più rileggere le storie che più ho amato mi fa sentire confortata e mi dà una grande serenità, perciò voglio mantenerla come una buona abitudine, specialmente nei momenti più stressanti.
 
Il mio terzo proposito per il 2019 è vincere la paura dei libri lunghissimi. Ci sono infatti romanzi voluminosi, come “Il petalo cremisi e il bianco”, "L'ombra dello scorpione", “I miserabili”, “Le mille e una notte” che da anni vorrei avere il coraggio di iniziare a leggere, eppure quel gigantesco numero di pagine ogni volta mi fa desistere, mi intimorisce al punto da far ricadere la mia scelta su un altro titolo più sottile.
 
Infine ho intenzione di avvicinarmi un po’ di più al mondo della letteratura italiana contemporanea, che spesso tendo a snobbare per pregiudizio ma che credo abbia diverse opere interessanti da regalarmi se la mia mente sarà sufficientemente aperta.
 
Naturalmente anche quest’anno terrò traccia delle mie letture su questo blog e sulla pagina Facebook, e spero vogliate trascorrere i prossimi dodici mesi in mia compagnia, facendo con me collezione di storie!

giovedì 3 gennaio 2019

I migliori romanzi grafici del 2018

Come mi proponevo all'inizio dell'anno, nel 2018 ho letto molti romanzi grafici in più rispetto ai dodici mesi precedenti. Ho avuto qualche difficoltà nell'orientarmi a scegliere, ricadendo spesso così sui titoli più conosciuti del momento; in ogni caso, seppure procedendo per tentativi, diverse scoperte mi hanno piacevolmente sorpresa ed emozionata.
 
Il preferito dell'anno è senza ombra di dubbio "Il mio Salinger" di Valentina Grande e Eva Rossetti: oltre ad essere meravigliosamente illustrato, trasportando il lettore nelle scene rappresentate (in particolare a New York), ha avuto il magnifico potere di riportare alla luce dentro di me l'amore per J.D. Salinger -autore che avevo divorato nell'adolescenza ma da allora non trovavo il coraggio di riscoprire.
Per gli estimatori di Salinger, è imperdibile; per tutti gli altri, farà nascere in voi un grande amore. Non potete non leggerlo -se non vi ho ancora convinti, potete approfondire qui.
 
 
 
Un altro capolavoro che ho letto e ammirato è stato "Blankets" di Craig Thompson: un romanzo di formazione che affronta molteplici temi ma nel quale è anche inevitabile, ogni tanto, riconoscersi. Si tratta di una lettura avvolgente, caratterizzata da un'ambientazione invernale e dal tratto dell'autore che è ricco e inconfondibile; qui ne ho scritto più nel dettaglio, intanto non fatevelo scappare.
 
 
 
 
 
Un'altra opera dedicata ad uno scrittore è "Una stella tranquilla" di Pietro Scarnera, che ripercorre la vita del celebre autore Primo Levi senza focalizzarsi soltanto sulla sua esperienza di sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti, ma affrontandone l'aspetto della creatività e della scrittura. Anche in questo caso, come per "Il mio Salinger", ha fatto nascere in me il desiderio di approfondire e riscoprire lo scrittore protagonista del romanzo a fumetti  per questo ve lo consigliavo già qui.
 
 
Quarto preferito dell'anno "Sputa tre volte" di Davide Reviati, un'opera che unisce la storia delle popolazioni rom e sinti alle piccole realtà di provincia in un grande racconto di formazione a tre protagonisti. Ho apprezzato il fatto di poter imparare da questo testo, oltre ad aver trovato particolarmente affine ai miei gusti il tratto in bianco e nero dell'autore. Trovate una recensione più esaustiva qui.
 
 
 
L'ultimo romanzo grafico che vi consiglio è graficamente molto diverso dai precedenti: ha colori vivaci, lontani dai bianchi e neri che contraddistinguono tutte le altre opere citate tranne "Il mio Salinger", dove i toni nelle tavole non sono però mai accesi. Si tratta di "Haytham: crescere in Siria" di Nicolas Hénin e Kyungeun Park, ed anche questo è un racconto di formazione, che racconta la Siria prima della guerra civile e l'emigrazione di una famiglia quando ancora era possibile in modo quasi sicuro. I volti dei personaggi sono rappresentati in modo così dettagliato da sembrare quasi fotografie, aspetto che ho apprezzato davvero molto; in più si tratta di una storia vera, che qui avevo già recensito.
 
Insomma anche per quanto riguarda i romanzi grafici quest'anno è stato ricco di soddisfazioni, e non posso che augurarmi che il 2019 possa esserlo altrettanto!