giovedì 29 novembre 2018

La lotteria

Questa non è la prima opera di Shirley Jackson che ho l'occasione di leggere: ho infatti scelto di iniziare da uno dei suoi romanzi più famosi, "Abbiamo sempre vissuto nel castello", che ho apprezzato moltissimo e vi ho anche consigliato nel post "5 letture per Halloween".
Il mio secondo incontro con l'autrice è stata poi questa raccolta di racconti.
 

Titolo: La lotteria
Autrice: Shirley Jackson
Anno della prima edizione: 1949
Titolo originale: The Lottery
Casa editrice: Adelphi
Traduttore: Franco Salvatorelli
Pagine: 82
 



I quattro racconti raccolti in questo brevissimo volume sono stati originariamente pubblicati dall'autrice tra i 1944 e il 1949, ma ancora oggi risultano credibili ed attuali alla lettura.
Il primo in particolare, che alla raccolta di racconti dà il titolo, riesce ad inquietare i lettori ancora oggi come sconvolse settanta anni fa i lettori del New Yorker -che credettero fosse un articolo di cronaca, e non un'opera di finzione. Ne "La lotteria" infatti si descrive un realistico paesino di circa 300 abitanti in cui la partecipazione alla locale lotteria non è facoltativa, e si conclude in modo davvero inaspettato…
"Ho saputo" disse Mr Adams al Vecchio Warner accanto a lui "che nel villaggio su a nord parlano di lasciar perdere la lotteria". Il Vecchio Warner sbuffò. "Pazzi scatenati" disse. "Se stai a sentire i giovani, non gli va bene niente. Manca poco che vorranno tornare a vivere nelle caverne, nessuno più che lavora, e prova a vivere così per un po'. Una volta c'era un detto, 'Lotteria di giugno, spighe rosse in pugno'. In men che non si dica mangeremmo tutti erba bollita e ghiande. Una lotteria c'è stata sempre" soggiunse stizzito.
The Lottery - Illustrazione di Jesus Walle
Altrettanto riuscito è a mio parere il secondo racconto della raccolta, "Lo sposo" -il cui titolo originale, "The Daemon Lover", fa riferimento ad una ballata scozzese con protagonista il Diavolo. Qui una donna di trentaquattro anni, non più considerata giovane all'epoca, si fa prendere dall'ansia e dalla disperazione quando, il giorno fissato per le nozze, non vi è traccia del suo promesso sposo. Al lettore Shirley Jackson lascia un ampio margine di interpretazione su quanto accada nel racconto: coloro che la donna incontra avranno davvero visto l'uomo come le dicono? Lui le avrà mentito consapevolmente, o tutto è frutto dell'immaginazione di lei?
Il terzo ed il quarto racconto sono meno angoscianti per i lettori. Nel terzo, "Colloquio", il tema della follia (già accennato ne "Lo sposo") ritorna in maniera più prepotente nel dialogo tra una donna ed un medico, al quale lei racconta le bizzarre farneticazioni del proprio marito.
Nell'ultimo, "Il fantoccio", due rispettabili amiche cenano in un ristorante ed assistono allo spettacolo di un ventriloquo, al termine del quale l'attore ubriaco litiga con l'appariscente fidanzata -ma lascia che sia il fantoccio ad esprimere i suoi pensieri più meschini.
"Per favore, smettila" disse la ragazza. "Sì, non fare tanto chiasso" disse l'uomo al fantoccio. "Bevo solo più questo cicchetto. Lei non se la prende". "Il cameriere non ti porterà nessun cicchetto" disse la ragazza, irritata. "Gli hanno detto di no. Qui da bere non te ne danno, con la figura che stai facendo". "Sto andando benissimo" disse l'uomo. "Sono io a fare chiasso" disse il fantoccio. "È ora che qualcuno ti dica che ti andrà male, tesoro, a far sempre la guastafeste. Un uomo alla fine si scoccia".
Rispetto al romanzo "Abbiamo sempre vissuto nel castello", i racconti di Shirley Jackson mi hanno colpita di meno e non sono riusciti a trasmettermi la stessa cupa atmosfera di mistero, la stessa inquietudine. Ve li consiglio se siete appassionati della scrittrice americana, ma se non avete ancora letto nulla di suo non credo siano una buona scelta!

lunedì 26 novembre 2018

Il ragazzo di Aleppo che ha dipinto la guerra

Il Sirente è una casa editrice molto interessante, che nella sua collana "Altriarabi migrante" pubblica le opere di autori europei immigrati di seconda generazione. Avevo già letto ed apprezzato il romanzo grafico di Jerome Ruillier "Se ti chiami Mohamed", un'imperdibile prospettiva sull'immigrazione algerina in Francia, e da allora ho desiderato procurarmi altri titoli della casa editrice -che purtroppo è difficile reperire nel sistema bibliotecario della mia zona. Finalmente sono riuscita a leggerne uno… ma purtroppo non ha soddisfatto le mie (alte) aspettative.
 
 
 
Titolo: Il ragazzo di Aleppo che ha dipinto la guerra
Autrice: Sumia Sukkar
Anno della prima edizione: 2013
Titolo originale: The Boy from Aleppo Who Painted the War
Casa editrice: Il Sirente
Traduttrice: Barbara Benini
Pagine: 274
 
 
 
LA STORIA
 
Adam è un ragazzo di quattordici anni che vive ad Aleppo con suo padre, sua sorella Yasmine e i suoi tre fratelli maggiori, gemelli, Isa, Khaled e Tareq. Adam non è un ragazzo comune: ha infatti la sindrome di Asperger, che gli fa detestare il contatto fisico con le altre persone; ha inoltre un modo tutto suo di percepire le emozioni degli altri, che vede contornati da un'aura di diverso colore in base a ciò che stanno provando in quel momento. Adam è anche un talentuoso pittore, che con i propri colori nell'intimità della sua stanza dipinge ciò che lo circonda; e quando ad Aleppo cominciano a cadere le bombe, i suoi dipinti divengono ritratti della guerra civile siriana che devasta il Paese e, a poco a poco, anche la sua famiglia.
 
Aleppo - Immagine dal web
 
COSA NE PENSO
 
Le premesse di questo romanzo mi parevano molto promettenti. Si tratta infatti dell'esordio di un'autrice siriana e algerina cresciuta in Inghilterra, che ha deciso di raccontare da un punto di vista piuttosto insolito il dramma della guerra in Siria.
È tuttavia difficile non tenere in considerazione i difetti che questo romanzo presenta. Per prima cosa, il linguaggio estremamente semplice e caratterizzato da periodi brevissimi si adatta alla prospettiva del quattordicenne Adam e  (le cui riflessioni ricordano spesso quelle del protagonista de "Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte" di Mark Haddon, anch'egli affetto dalla sindrome di Asperger).
Sto guardando i miei familiari che crollano uno per volta. Non avrei mai pensato che questo giorno sarebbe arrivato. Credevo di essere io quello che avrebbe sempre avuto bisogno di aiuto, ma ora che sono al loro posto, non so come gestire queste cose.
Quando però l'autrice decide di cambiare punto di vista, dando voce alla sorella maggiore Yasmine -che si trova a vivere situazioni di enorme difficoltà: la prigionia, le torture, lo stupro, ma descrive il tutto con frequenti omissioni- la differenza tra i due protagonisti è quasi impercettibile, lo stile resta pressoché invariato. Adam e Yasmine però, per maturità ed esperienze, non potrebbero essere più diversi: dalla morte della loro madre infatti è Yasmine ad essersi assunta le responsabilità della gestione familiare, ed uno stile così semplicistico non le si addice affatto.
Anche gli eventi si susseguono in modo piuttosto confuso: innanzitutto Adam dipinge scene di guerra ben prima che la guerra cominci, e questo aspetto non viene mai motivato. In secondo luogo, oltre al rapimento di Yasmine anche ai tre fratelli gemelli è riservato un destino tutt'altro che roseo, ma mentre si segue lo sviluppo della trama fino ad un certo punto, nella concitazione degli ultimi capitoli non è ben chiaro cosa capiti ai superstiti -come se l'autrice avesse avuto fretta di eliminarli dal racconto.
Ad un lettore oggi potrà sembrare strano anche che la meta del difficile viaggio della famiglia di Adam sia Damasco -città che come sappiamo è stata duramente colpita dalla guerra e dai bombardamenti: va tenuto presente però che Aleppo sin dal 2012 è stata il centro dei combattimenti tra le forze governative e l'esercito libero, ed al tempo della scrittura del romanzo è probabile che Damasco sembrasse ancora un luogo sicuro.
 
Nel complesso quindi ho trovato con mio grande dispiacere "Il ragazzo di Aleppo che ha dipinto la guerra" una lettura decisamente evitabile, che non vi consiglio. L'unico pregio che mi trovo a riconoscere è la capacità dell'autrice di descrivere con semplicità, attraverso gli occhi di Adam, le tragedie di un conflitto armato ed al tempo stesso i rari ma significativi momenti di serenità che le persone colpite sanno trovarvi per sopravvivere.
Urlo: "sta piovendo!" Lo faccio una volta e sento che tutti aprono. Non credo stessero dormendo nemmeno loro. Corriamo fuori e raccogliamo l'acqua nei palmi delle mani per bere. […] Lasciamo che i secchi si riempiano e giochiamo sotto la pioggia. Sento che altre persone stanno uscendo dalle loro case e ridono. Questo è il momento più felice della mia vita. Riesco a vedere le farfalle che giocano insieme a noi. Sembra di vivere di nuovo una vita normale.
 

giovedì 15 novembre 2018

Lamb

Ho affrontato la lettura del romanzo d'esordio di Bonnie Nazdam senza seguire l'ordine cronologico delle sue pubblicazioni. Sono stata infatti profondamente colpita dal suo secondo romanzo, Lions (del quale vi ho già parlato qui) e da quel momento ho deciso di recuperare il resto della produzione letteraria dell'autrice…



Titolo: Lamb
Autrice: Bonnie Nadzam
Anno della prima edizione: 2011
Casa editrice: Clichy
Traduttore: Leonardo Taiuti
Pagine: 240




LA STORIA

Piuttosto disturbante è la vicenda al centro di questo romanzo: Daniel Lamb, cinquantacinquenne divorziato che ha di recente perso il padre, incontra per caso Tommie, una ragazzina di appena undici anni. Tra i due nasce un rapporto ambiguo ed intenso, nel quale l'uomo le compra regali, le fa provare nuove esperienze e le mostra il mondo attorno a lei, fino a che i due partono insieme per un viaggio attraverso gli Stati Uniti senza metterne al corrente nessuno…
 
Ross Partridge e Oona Laurence nel film "Lamb"
di Ross Partridge (2015)
 COSA NE PENSO

Tra il romanzo d'esordio di Bonnie Nadzam e "Lions" ci sono alcune somiglianze: in Lamb infatti vi è già una grande capacità descrittiva, specialmente per quanto riguarda gli elementi naturali; vi è già inoltre la fascinazione per i luoghi remoti, che sembrano popolati da fantasmi -aspetto che verrà sviluppato nella costruzione della cittadina di Lions.
"Quando diventerai madre potrai raccontare ai tuoi figli la storia di quando hai attraversato Cheyenne, una città fantasma fatta di legno marcio e vento, una tana di volpi presa in ostaggio da adolescenti solitari, e penseranno che sei anziana e saggia […]".
Rispetto a Lions però Lamb è molto più dialogico -meno silenzioso. Ha anche un ritmo più incalzante e appassionante, forse perché il lettore prova allo stesso tempo ripugnanza e curiosità nel corso della lettura.
La caratterizzazione dei due protagonisti è ottima: Tommie è una ragazzina quasi abbandonata a se stessa, derisa dalle coetanee, poco abituata a ricevere attenzioni dalla madre e dal patrigno;
Era una ragazzina trascurata. Quelle che a scuola prendono tutte C. Non era carina, né atletica, né intelligente. Era solo una ragazzina magrolina che ancora non era sviluppata, e cercava disperatamente di stare al passo con le amiche. Rapida a farsene di nuove. Sciocca. Forse quel giorno aveva imparato qualcosa. Forse le aveva fatto un favore. Che importava? A quelle come lei.
Daniel invece è divorziato, ma non ha mai spesso di pensare alla propria ex moglie. Ha anche una sorta di fidanzata che trascura troppo spesso, ma che tiene comunque legata a sé con promesse che non ha intenzione di mantenere.
"Se non mi senti stasera, o per un paio di giorni, sappi che ti sto pensando, okay? Sto facendo quello che devo fare perché possiamo avere un paio di giorni tutti per noi." "Dovremmo andare sulle dune del lago Michigan, prima che diventi troppo freddo." "Secchiello di pollo fritto?" "Bottiglia di champagne". "Bene. Scegline una. E aspettami."
Daniel è, in sostanza, un manipolatore. Lo è con la giovane amante, ma lo è ancora di più nei confronti di Tommie che è ancora una bambina, innocente come la sua età lo permette. Tommie è però alle soglie dell'adolescenza, ed allora desidera mostrarsi già grande, più sicura di quanto non sia in realtà; Tommie spesso vorrebbe tornare a casa, ma non sa resistere alle lusinghe di Daniel (che da lei si fa in verità chiamare Gary) e finisce ogni volta per cedere.
Il rapporto tra i due è estremamente disturbante, e questo è il vero punto di forza del romanzo. Si è disgustati all'idea che un uomo di mezza età manipoli un'undicenne, la sua persuasione è nauseante, ripugnante, eppure è impossibile abbandonare a metà la lettura di questo romanzo, incuriositi a tal punto su come andrà a finire l'inquietante viaggio dei due.
Ho trovato Lamb un'ottima prova d'esordio, coraggiosa per i temi che tratta e capace di non degenerare in passaggi scabrosi (che sono stati la ragione per cui non ho apprezzato il romanzo d'esordio di un altro autore americano, Mio assoluto amore); al tempo stesso però ritengo che Lions sia un'opera più articolata e più profonda, ricca di un maggior numero di personaggi e di un'ambientazione caratterizzata alla perfezione. Per questo se dovessi consigliarvi uno solo tra questi due romanzi, sarebbe il secondo!

lunedì 12 novembre 2018

Famiglie ombra

Che io mi sia innamorata della casa editrice Racconti Edizioni non è più un mistero, e che mi stia procurando grazie al sistema bibliotecario quante più delle loro pubblicazioni possibile nemmeno. Ho già letto ed apprezzato molto "Dal tuo terrazzo si vede casa mia", mentre Margaret Atwood con "Fantasie di stupro" mi ha lasciata spesso perplessa. Questa però, a tutt'oggi, è decisamente la lettura che mi ha soddisfatta di più.

 
 
 Titolo: Famiglie ombra
Autrice: Mia Alvar
Anno della prima edizione: 2015
Titolo originale: In the Country
Casa editrice: Racconti edizioni
Traduttrice: Gioia Guerzoni
Pagine: 453

 
 
Mia Alvar è un'autrice filippina che è crescita in Bahrein ed oggi risiede negli Stati Uniti. Tutte e tre le appartenenze culturali e territoriali si riversano in questa raccolta di racconti, che della scrittrice è l'opera d'esordio -assolutamente degna di nota.
Le ambientazioni dei racconti in "Famiglie ombra" infatti si suddividono proprio tra Filippine, Bahrein, Arabia Saudita e Stati Uniti. I protagonisti sono sempre filippini, emigrati quando non in patria, rappresentati nella loro eterogeneità: ricchi o in difficoltà economica, sani oppure malati o disabili, impegnati in svariati mestieri dalla domestica sino al politico.
Nelle Filippine sono ambientati cinque dei nove racconti: in "Kontrabida" il protagonista è un figlio emigrato a New York che ritorna a Manila al capezzale del padre in fin di vita, ne "La leggenda della dama bianca" una modella newyorkese che ha di recente perso l'amica di origini filippine a recarsi a Manila alla ricerca di un lavoro o di una direzione che ha smarrito. Sempre vissuto nelle Filippine hanno invece i protagonisti di "La vergine di Monte Ramon" (un ragazzino disabile che scopre l'amicizia incontrando Annelise, coraggiosa coetanea che vive nelle baraccopoli), di "Un contratto all'estero" (una giovane studentessa che rende il proprio fratello, expat lavoratore in Arabia Saudita, il protagonista dei propri racconti) e "Milagros" -il più lungo dei racconti, dove la protagonista, moglie di un giornalista scomodo per il regime di Marcos, è costretta a pagare le conseguenze delle scelte fatte dal marito.
Ma Milagros non aveva mai voluto lasciare Manila. Fin da ragazzina voleva vivere in quella città, anche se era squattrinata. Con la stessa caparbietà aveva affrontato con successo la matematica al liceo e la chimica all’università: pensava che avrebbe potuto fare breccia su Manila, che se ci avesse lavorato abbastanza, la città l’avrebbe premiata. (dal racconto "Milagros")
Le Filippine e la loro storia sono il cardine attorno al quale ruotano i racconti di Mia Alvar: vi troviamo la legge marziale, l'omicidio di Aquino, le rivolte e le contestazioni dei risultati elettorali. Vi troviamo la resistenza di chi resta, la passione per la politica di cui si nutrono i personaggi; e vi troviamo, soprattutto, Corazon Aquino, magistralmente narrata ne "La vecchia ragazza".
Pensa che la maratona è come il matrimonio: il percorso lungo, i momenti belli e quelli brutti, le prove di resistenza e di fiducia, il territorio inesplorato, l’umiltà necessaria a orientarsi. Perfino affrontarlo a occhi bene aperti, (e chi di tutte le donne che conosce, è più pragmatica della vecchia ragazza?) non garantiva nulla, solo ferite imprevedibili, buche e ostacoli e ore buie che nessuna persona sana di mente avrebbe scelto volontariamente. (dal racconto "La vecchia ragazza")
 
L'emigrazione e le sue conseguenze sono l'altro tema centrale, narrate con maestria nei racconti di Mia Alvar, in un modo ricco di sfaccettature che ho trovato uno dei punti di forza della raccolta. Due sono le destinazioni verso le quali gli emigrati filippini si spostano: gli Stati Uniti e i ricchi paesi del golfo arabo. In particolare a New York sono emigrati il protagonista di "Kontrabida" che esercita la professione di farmacista clinico ed Esmeralda, protagonista del racconto omonimo, che invece si occupa di pulizie negli uffici del World Trade Center -ed in essi scopre l'amore.
John ti aveva guardata come faceva Doris quando ti chiedeva se non eri stanca di aiutare tutte quelle persone. Non ti sembra insopportabile tenere tutto il peso del mondo sulle spalle, Esmeralda? Avevi scrollato la testa. “Non avere nessuno che conta su di te è peggio, penso.” Certo, a volte era pesante. Ma ogni settimana, di domenica, andavi a casa, all’unica Casa e all’unico Padre che non erano mai troppo lontani. Ogni giorno il Suo Libro ti ricordava -un capitolo dopo l’altro, un versetto dopo l’altro- la gioia di serviere, di portare il fardello degli altri. Quei fardelli non erano più pesanti di una corona di spine, no? E nemmeno di una croce. (dal racconto “Esmeralda”)
 
In Bahrein è emigrata Sally, protagonista del racconto "La donna dei miracoli", che è un'educatrice per bambini con bisogni speciali e una cosiddetta "moglie del petrolio", che vive quindi in condizioni di agiatezza. Sempre in Bahrein troviamo i protagonisti del racconto che dà il titolo alla raccolta, "Famiglie ombra": una comunità di famiglie filippine espatriate che si impegna a soddisfare i datori di lavoro arabi e che cresce insieme i propri figli, organizza matrimoni e viene sconvolta dall'arrivo di Baby, connazionale anticonformista. È in questo racconto che scopriamo l'accezione con cui in questo testo è utilizzata la parola "ombra": è una famiglia ombra infatti quella che un emigrato forma all'estero, parallelamente a quella lasciata nella propria patria, finendo così per intrecciare legami nuovi e segreti -ed i segreti sono un altro tema molto importante nella raccolta di racconti, a partire dai due in apertura, "Kontrabida" e "La donna dei miracoli".
Eravamo arrivati sulla loro isola come il padre itinerante nella favola della bella e la bestia, le nostre case perfettamente arredate da qualche invisibile proprietario. Si sarebbe rivelato un principe o un mostro? Decidemmo in fretta di comportarci bene piuttosto che scoprirlo. Nei loro negozi e in strada, portavamo gonne che arrivavano almeno al ginocchio, maniche almeno fino al gomito e scollature che sarebbero piaciute alle suore. Vivevamo come contadini ai piedi di un vulcano, timorosi di offendere gli dei che governavano i nostri raccolti e la nostra ricchezza. (dal racconto  “Famiglie ombra”)
In Arabia Saudita invece è emigrato Andoy, l'amato fratello della protagonista del racconto "Un contratto all'estero": sembra avere trovato là la terra promessa, un generoso stipendio ed un incarico soddisfacente, ma il suo amore per le donne gli metterà i bastoni tra le ruote. Confesso che, complice la caratterizzazione di Andoy attraverso i racconti che la sorella scrive scoprendo il proprio talento e il proprio amore per la parola scritta, "Un contratto all'estero" è stato uno dei due racconti che mi hanno colpita di più.
La fortuna di mio fratello non era sufficiente per un buon racconto. Dov’era il conflitto? Il pericolo? In una storia ci devono essere dei guai altrimenti è una semplice descrizione, scrisse il mio professore al margine di una prova, sottolineando due volte “guai”. […]Ci provai. Scrissi cosa poteva succedere al mio chaffeur se dei vandali rigavano una Bentley, o rubavano lo stereo mentre era sotto la sua sorveglianza. O se per sbaglio i suoi amici rovinavano la vernice dorata o macchiavano la pelle di anaconda dei sedili versando un po’ di quel siddique che compravano al mercato nero. Situazioni imbarazzanti, ma che mi diedero un po’ di fiducia nella mia immaginazione. Cominciai a capire che Andoy poteva continuare ad avere fortuna nella vita mentre io vivacizzavo i miei racconti con sciagure inventate. Smisi di cercare pericoli nascosti nelle sue lettere e nelle cassette che mandava a casa.
Così quando i guai ebbero inizio, non me ne accorsi. (dal racconto  “Un contratto all’estero”)
 Uno dei due, scrivevo, perché l'altro racconto che mi ha colpita dritta al cuore è stato "Esmeralda": in questa storia come in tutte le altre la solitudine ha un ruolo prepotente, di primo piano, ma vi è anche un sentimento potente e profondo al quale la protagonista non può opporsi, nonostante diverse siano le sue ragioni per farlo.
Prima di John -ed è una cosa terribile da dire; non l’avresti mai detto, ma… - le vite degli americani con i soldi non ti parevano molto interessanti. Anche quelli che avevano delle difficoltà, le loro difficoltà non sembravano poi così terribili. Chiedevi: “Come stai?” e loro sospiravano, e si agitavano raccontandoti una storia lacrimevole; quanto sgobbavano, chi li criticava, tutte le cose che avrebbero voluto e non erano ancora riusciti a ottenere. Prova la fame. Prova a perdere la casa, diceva una voce dentro di te, una voce che ovviamente non ti sarebbe mai uscita di bocca.  Ma i guai di John, quelli ti avevano toccato. (dal racconto "Esmeralda")
Mia Alvar scava in profondità, scrive di sentimenti in modo appassionante, costruisce personaggi caratterizzati in modo preciso nonostante la brevità delle sue storie. Inoltre -e soprattutto- con i suoi racconti ha il grande potere di decostruire gli stereotipi che all'estero si hanno della comunità filippina -silenziosa, remissiva, quasi invisibile- presentando identità forti, personalità decise, donne indipendenti e coraggiose.
Ho trovato questa pubblicazione coinvolgente dalla prima all'ultima pagina, dal primo al nono racconto: raro che in una raccolta si rimanga soddisfatti da tutto ciò che si è letto, personalmente non mi era mai capitato fino a questo fortunatissimo incontro -che quindi non posso fare altro che consigliarvi di tutto cuore.  
 

lunedì 5 novembre 2018

Rovine

Quella di cui ho intenzione di parlarvi oggi è un'opera che di certo saprà attirare il vostro sguardo, se la incontrerete sugli scaffali di una libreria o di una biblioteca. È esattamente quanto è capitato a me, che non ho potuto evitare di prenderla in prestito, e non ho affatto commesso un errore!





Titolo: Rovine
Autore: Peter Kuper
Anno della prima edizione: 2015
Titolo originale: Ruins
Casa editrice: Tunuè
Traduttore: Vanni Santoni
Pagine: 330







LA STORIA


Samantha e George sono una coppia di coniugi statunitensi che decidono di prendersi un anno sabbatico e recarsi a Oaxaca, in Messico; il loro matrimonio è in crisi e nel periodo da trascorrere all'estero Samantha spera di portare a termine la scrittura di un romanzo, mentre George, entomologo e pittore, di ritrovare la propria vena artistica perduta.
Una volta arrivati, è evidente che la loro storia d'amore continui ad attraversare un momento di difficoltà: mentre Samantha, che si porta dietro dolori del passato, desidera ardentemente un figlio George non è affatto attratto dall'idea di diventare padre. Oltre alle questioni personali però Samantha e George si trovano nel mezzo di conflitti politici che dilaniano il Messico e spingono la popolazione a diverse rivolte, represse nel sangue, delle quali saranno testimoni.


COSA NE PENSO


L'aspetto che più mi ha colpita del romanzo grafico di Kuper è quello visivo: "Rovine" infatti è un volume corposo, rilegato, coloratissimo e ricco di dettagli
Kuper intreccia la storia del Messico e delle sue antiche civiltà, sterminate dai colonizzatori europei, ai ricordi di Samantha -ed al passato riserva eleganti pagine nelle sfumature del grigio- e dedica poi vivide, brillanti tavole in tutti i colori possibili al presente: le rivolte e le migrazioni dei cittadini messicani, la crisi matrimoniale di George e Samantha con i loro tentativi di risoluzione, il culto dei morti del Paese vissuto sia dal punto di vista collettivo sia dalla loro domestica Angelina, i personaggi fondamentali della cultura messicana come Frida Kahlo e Diego Rivera.
Non me la sento di dire che la caratterizzazione dei protagonisti sia perfettamente riuscita a Kuper: molti sono i non detti, e i due coniugi sempre concentrati su se stessi invece che sul partner difficilmente ispirano grande empatia nel lettore. 
I colori e i dettagliatissimi disegni sono invece il punto forte di quest'opera, che è un piacere per gli occhi; addirittura i fumetti che contengono le parole dei personaggi sono tinti diversamente -il verde è riservato ai personaggi messicani o agli interventi in lingua spagnola, mentre Samantha si esprime in balloons tondeggianti dallo sfondo azzurro e George in forme squadrate (come è squadrato lui stesso!) dallo sfondo bianco.
Un altro elemento interessante della graphic novel è visibile sin dalla copertina e dalle prime pagine, e si tratta della farfalla monarca, dalle ali nere e arancioni: questa specie infatti intraprende un viaggio di moltissimi chilometri per recarsi in una foresta del Messico dove si potrà riprodurre, ed il suo percorso accompagna pagina dopo pagina quello di Samantha e George che, seppure in modo diverso, ritrovano se stessi ad Oaxaca. 


In conclusione, dal punto di vista dei suoi contenuti ho trovato "Rovine" non sempre convincente: i temi che tocca sono davvero molti e finisce per non trattarli approfonditamente come avrebbero meritato.
Tuttavia ve ne consiglio la lettura perché è davvero un'opera ricca e piacevole dal punto di vista grafico, che vi farà immergere nella realtà messicana (Kuper ha davvero vissuto a Oaxaca, ed è bravissimo nel rappresentarla) facendovi viaggiare con la mente… e desiderare di preparare subito la valigia per visitare di persona i luoghi che state osservando tra le pagine.