domenica 30 aprile 2017

Jacob

Difficile che un thriller venga abbandonato a metà, ma altrettanto difficile è trovarne uno la cui lettura sappia davvero sorprenderci e lasciarci senza fiato.
Purtroppo "Jacob" non è uno di questi.
 
 
 
 
Titolo: Jacob
Autore: Simon Beckett
Anno della prima edizione: 1998
Casa editrice: Bompiani
Pagine: 475
 
 
 
 
 
Il nome che dà il titolo a questo romanzo appartiene ad un bambino di soli sei anni, affetto da un disturbo dello spettro autistico. Jacob vive con sua madre, Sarah, e con Ben Murray, il compagno di lei, che è un fotografo. Un giorno, all'improvviso, Sarah muore; mentre Ben decide cosa fare degli effetti personali di lei, trova in una scatola dei ritagli di giornale in cui si parla del rapimento di un neonato, nato proprio lo stesso giorno in cui è nato Jacob. Perché li ha conservati?, si chiede Ben, e cos'hanno a che fare con Jacob?
 
Con Jacob hanno molto, moltissimo a che fare: quel neonato rapito era proprio lui, e ancora dubbioso sul cosa fare nei confronti dei genitori biologici del piccolo Ben si imbatte nell'unico superstite di loro, John Kale, il padre naturale di Jacob: un reduce di guerra, fisicamente invalido e mentalmente a dir poco instabile, irascibile ed ossessionato dai rottami di automobile. John rivuole il suo bambino, ed è disposto a tutto per riaverlo, incurante di quale sia il meglio per Jacob. Una volta compresa però la pericolosità dell'uomo, anche Ben si rende conto del proprio amore per il piccolo e tra i due uomini inizia una contesa fatta di minacce ed un'escalation di violenza.
 
 
 
Perché non mi è piaciuto? Perché smette di essere avvincente molto prima della metà, e la storia poi si trascina. Perché eccede nel finale avventuroso, mentre il resto della trama è piuttosto piatto, tra una sbronza di Ben ed un servizio fotografico mancato. Jacob è a dir poco marginale, ed il disturbo dello spettro autistico sembra più che altro un pretesto per renderlo un personaggio muto, incapace di esprimere il proprio attaccamento per Ben, e quindi completamente in balìa delle scelte che lui o il suo collerico padre biologico prendono per lui.
 
Simon Beckett è un autore inglese piuttosto famoso per una serie di thriller che ha per protagonista un antropologo forense di nome David Hunter (ad oggi ne sono stati pubblicati quattro). "Jacob" è invece un'opera precedente, come lo stesso Beckett spiega in una nota introduttiva al romanzo, puntualizzando inoltre che si tratta di uno scritto molto differente; devo dire che tuttavia non ha fatto nascere in me il desiderio di scoprire i suoi libri più recenti.

domenica 23 aprile 2017

Voci

Per la seconda tappa del viaggio in Egitto, ho scelto un libro pubblicato da tempo che vale la pena di essere riletto da chi già lo conosce e scoperto da chi invece non se lo è mai trovato tra le mani. "Voci" è un romanzo brevissimo, che vi colpirà come un fulmine di un temporale estivo, violento ed improvviso.
 
 
 
 
Titolo: Voci
Autore: Sulayman Fayyad
Anno della prima edizione: 1972
Casa editrice: Sellerio
Pagine: 140
 
 
 
 
Al centro di questa storia c'è un piccolo villaggio egiziano di nome al-Darawish (in arabo questa parola significa "la gente semplice"), che si trova ad una certa distanza dalle grandi città. Da questo luogo proviene Hamid, che però molti anni prima è emigrato in Francia; a Parigi è divenuto un uomo di successo, ed ha sposato Simone, una donna francese che gli ha dato due figli.
Un giorno ad al-Darawish arriva una lettera, proprio da parte di Hakim, che annuncia la propria visita imminente al villaggio in compagnia della moglie.
 
E' proprio Simone a sconvolgere gli abitanti di al-Darawish, e sono le loro voci, quelle del titolo, che si alternano capitolo dopo capitolo per raccontarci la permanenza della donna in Egitto. Ascoltiamo la voce del sindaco, quella dell'uomo incaricato di farle da interprete in assenza di Hakim, quella del cognato e quella della moglie di lui, della suocera ed infine del commissario.
 
Sì, il commissario. Perché la presenza di Simone è una bomba ad orologeria, in un piccolo villaggio dove le voci corrono, dove le donne guardano Simone con sospetto e gli uomini con un misto di disappunto e di attrazione. I suoi costumi sembrano così estranei, così osceni talvolta -i suoi abiti con la schiena scoperta, gli alcolici che beve al caffè.
Ma in fondo c'è da chiedersi: è Simone, la bomba, oppure sono proprio le voci? Perché in realtà ciò che serpeggia è una malevola invidia, un rancoroso senso di inferiorità che si tramuta in un orgoglio malato (ché queste europee, mica saranno meglio delle nostre donne!), un senso comune ancorato a detti come "mogli e buoi dei paesi tuoi" che è convinto che la scelta di Hakim sia stata un errore.
 
Sono le voci a condurre lentamente alla sorprendente conclusione, giorno dopo giorno, banchetto dopo banchetto -ai quali le donne del paese non presenziano, ma di cui di certo discutono dietro l'angolo. Inutile dirvi che svelarvi il finale vi rovinerebbe la lettura, in proposito dirò soltanto che non me lo aspettavo affatto e sono rimasta senza parole, a fissare la pagina e a pensare che questo brevissimo romanzo sia una vera perla che ho scoperto ora con immenso piacere.

venerdì 21 aprile 2017

Fame

La prima tappa del nostro viaggio in Egitto ha l'odore del pane appena sfornato e del sudore. Ci racconta un Egitto rurale, semplice e povero, pervaso di una profonda serenità anche davanti alle situazioni avverse.
 
 
 
 
Titolo: Fame
Autore: Muhammad Al-Busati
Anno della prima edizione: 2014
Casa editrice: Edizioni E/O
Pagine: 125
 
 
 
 
 
E' il ritratto di una famiglia in un piccolo villaggio egiziano senza nome, dove la fame del titolo non è un'esperienza rara.
Zaghlul, il padre, è un uomo integerrimo dalla straordinaria forza fisica ed è sposato con Sakina, donna paziente, fiera e coraggiosa. Hanno due figli appena ragazzini, costantemente affamati del pane che a volte la loro madre cucina, altre volte è costretta invece a farsi prestare. Non manca mai di saldare i suoi debiti, Sakina, ma non riscuote invece i crediti presso le vicine, per rispetto più che per orgoglio.
Zaghlul, da parte sua, è più che disposto ad adattarsi ad ogni tipo di lavoro, ma al tempo stesso non tollera alcuna offesa ai propri principi morali e così troppo spesso lascia i suoi precari impieghi, lasciando il peso delle responsabilità sulle sole spalle di Sakina.
 
Anche Zaghlul conosce bene la fame, ma nel suo caso non si tratta di solo desiderio di cibo: quando ascolta i discorsi degli universitari nei caffè, in lui germoglia una vera fame di conoscenza verso profondi argomenti di politica o di religione. Tuttavia chi coglie soltanto la sua lacera galabeya lo respinge, senza cogliere la profondità delle sue riflessioni -come nel caso dell'imam del villaggio.
 
 
 
Al-Busati ci racconta una famiglia umile ed ignorante, ma al tempo stesso piena di risorse e di dignità, capace di un amore solido e di cavarsela sempre in qualche modo.
Non ci sono grandi avvenimenti in questo romanzo, ma un'analisi puntuale di una piccola storia, più di una volta in grado di strapparci un sorriso sincero anche nelle condizioni avverse in cui la famiglia di Sakina e Zaghlul si trova a vivere.
 
Questo romanzo non è molto conosciuto, almeno in base al social network di lettori che frequento quotidianamente, ed alla sua limitata disponibilità nelle biblioteche della mia città. Penso che invece valga la pena dargli un'occhiata e conoscere punti di vista propri di una letteratura in Italia ancora poco apprezzata, perché si tratta di un romanzo piacevole e delicato.

mercoledì 19 aprile 2017

Allah superstar

Ero curiosa di leggere questo breve romanzo da molto tempo, e appena preso in prestito dalla biblioteca l'ho terminato nel giro di qualche ora, ma devo dire che purtroppo mi ha delusa e non poco.
 
 
 
Titolo: Allah Superstar
Autore: Yassir Benmiloud
Anno della prima edizione: 2004
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 138
 
 
 
 
 
Kamel Hassan ha diciannove anni e vive nelle banlieu parigine. E' nato in Algeria, da madre francese e padre algerino emigrato in Francia pochi anni dopo l'arrivo di Kamel, figlio unico e ben presto rimasto orfano di madre.
Il sogno di Kamel è diventare famoso, e decide di farlo intraprendendo una carriera da attore comico che fa ironia sugli argomenti che più lo riguardano: la condizione delle seconde generazioni in Francia, l'islamofobia dopo l'11 settembre 2001, l'Islam ed il fondamentalismo islamico, il terrorismo.
Irriverente e perfino blasfemo, le battute di Kamel non risparmiano nulla e nessuno e gli fanno guadagnare una fatwa che lo condanna ad essere ucciso per aver offeso la propria religione con il suo spettacolo -che naturalmente raggiunge così una popolarità di gran lunga maggiore.
 
Un'immagine dal film "L'Odio"
di M. Kassovitz, 1995
 
Così riassunto, sembrerebbe un concentrato di umorismo e graffiante ironia, perché allora lo definisco una delusione?
Innanzitutto perché è scritto sotto forma di un lunghissimo monologo, dove è Kamel a riportare ogni conversazione filtrandola con le sue battute -e lasciatemi dire che mai fu più vero il proverbio secondo cui il troppo stroppia. Kamel-Benmiloud cerca incessantemente di strappare una risata al lettore, e sebbene questo all'inizio accada piuttosto di frequente nel giro di qualche decina di pagine non se ne può francamente più.
Un altro aspetto che non ho apprezzato deriva dal fatto che sia un romanzo immerso in una certa cultura popolare dei primi anni duemila francesi, e trabocca di riferimenti a personaggi della comicità e della televisione dei quali io personalmente non so nulla.
 
Salverei comunque qualcosa, in "Allah Superstar": alcune delle battute di Kamel sulle difficoltà di un giovane arabo in Europa, il conflitto interiore tra i precetti religiosi e i costumi sociali.
Infine salverei anche la paginetta che sul finale riesce a sorprenderci dopo il lunghissimo stream of consciousness delle precedenti 130: una conclusione, per così dire... col botto!

sabato 15 aprile 2017

Le ragazze

Il mito della California, anzi il California dreaming dentro il grande sogno americano; dalla corsa all'oro negli anni della Guerra Civile fino agli anni '60 con le utopie hippy, le proteste all'università di Berkeley contro la guerra in Vietnam, ed ancora oggi le immagini di spiagge dorate, palme e grattacieli trasmesse dai film e dalle serie TV.
 
 
 
 
Titolo: Le ragazze
Autrice: Emma Cline
Anno della prima edizione: 2016
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 334
 
 
 
 
 
Nel romanzo "Le ragazze" trova spazio la California del 1969, delle comuni e della ribellione, degli adolescenti che scappavano di casa e rifiutavano le regole dei genitori e della società patriarcale. E' questa la California dove cresce Evie, figlia di genitori separati, di una madre fragile e insicura e di un padre assente, con una fidanzata molto più giovane che sembra già stanca di lui.
Evie ha quattordici anni nel 1969, è stanca della sua routine, della sua piccola vita. A settembre andrà a studiare in un collegio, ma davanti a sé ha mesi di vuota noia da colmare. Un giorno, in un parco, rimane ammaliata da alcune ragazze che sembrano completamente diverse da lei: trasandate, sprezzanti del pericolo, trasudano sicurezza e ad Evie paiono l'emblema della libertà. Suzanne, tra tutte, è quella che più la conquista e della quale desidera ossessivamente l'approvazione e le attenzioni.
 
E' Suzanne a farla entrare nel suo mondo, nel mondo delle ragazze, uno sperduto ranch dove un gruppo di giovani e di bambini hanno fondato una comune basata sulla libertà dei costumi e capitanata da Russel, una sorta di carismatico guru che predica l'amore e la fratellanza -e non disdegna l'avere rapporti inappropriati con delle ragazze appena adolescenti. Una volta ammessa in questo circolo esclusivo, così lontano da tutto ciò che ha conosciuto fino a quel momento, Evie si lascia circondare dalla trascuratezza dell'ambiente, dalla promiscuità, dalla noncuranza dei suoi abitanti; una parte di lei nota gli aspetti negativi, ne è turbata, ma immediatamente soffoca i propri pensieri critici.
I mesi passano, ed assistiamo pagina dopo pagina ad un'escalation di degrado e di frustrazioni: al ranch c'è sempre meno da mangiare, Russel non attrae più adepti dal resto del Paese e non riesce ad ottenere un agognato contratto discografico. In lui non germogliano più l'amore, la pace e la fraternità, bensì un cieco risentimento, un furibondo desiderio di vendetta che saranno le ragazze, i suoi emissari, a procacciargli.
 
 
 
Sono passati molti anni quando facciamo infatti la conoscenza di Evie nel presente. Attorno a lei aleggia ancora un alone di mistero legato ai giorni lontani del 1969, quando le ragazze per mano di Russel avevano compiuto efferati omicidi nella villa di un produttore discografico, fatti di cui ancora la cronaca ha memoria.
Il fulcro di questo romanzo è un rapporto al femminile, quello tra Evie e Suzanne. A volte pare unilaterale, quando Suzanne è completamente assorbita da Russel, dal suo ruolo nel branco. Evie idolatra Suzanne, la ammira incondizionatamente, tuttavia qualche volta non soffre a stare lontana da lei e dalla cornice malsana che la circonda. Suzanne, che pare spesso tenerla a distanza, forse sceglie però di regalare ad Evie l'innocenza, la libertà, la possibilità di rifarsi una vita: la sera della strage Evie non c'era, ma non si può dire che sia stata una sua decisione, quella di farsi lasciare in mezzo al nulla da Suzanne che la obbligò a scendere dall'auto.
 
Emma Cline è una giovanissima autrice californiana e questa è la sua prima opera. Perché leggerla? Personalmente ho apprezzato  più di tutto, anche più del crescendo di tensione della storia, il modo realistico e tagliente in cui l'autrice ci racconta le ragazze, quelle del 1969 ma anche quelle di oggi nel personaggio di Sasha, adolescente alla ricerca disperata di conferme e di affetto -com'era Evie alla sua età, e come forse siamo state tutte.

martedì 11 aprile 2017

Voci del verbo andare

Leggere di una città dove hai vissuto tocca sempre profonde del cuore, ed è con emozione che ho aperto "Voci del verbo andare"; fino all'ultima pagina non mi ha mai delusa.
 
 
 
 
Titolo: Voci del verbo andare
Autrice: Jenny Erpenbeck
Anno della prima edizione: 2015
Casa editrice: Sellerio
Pagine: 347
 
 
 
 
 
Sul fondo di un lago berlinese giace un cadavere che non è stato ripescato. Sulle sue rive Richard, Professore di Filosofia emerito, cerca di adattarsi alla sua nuova condizione di pensionato. Più al centro della capitale tedesca c'è un gruppo di uomini dalla pelle nera che ha iniziato uno sciopero della fame davanti al Rotes Rathaus. Hanno un cartello con su scritto: "We become visible".
Reduce della sua carriera accademica e legato alla propria forma mentis, Richard decide di colmare la propria ignoranza riguardo il fenomeno dei richiedenti asilo improvvisano una ricerca, basata sul metodo delle storie di vita.
Quando da Oranienplatz gli uomini vengono trasferiti in una casa di riposo dismessa, Richard inizia a far loro visita regolarmente, a conoscere le diverse esperienze che li hanno condotti fino a Berlino dal Niger, dal Ghana, dal Burkina Faso, dalla Libia. Richard crea relazioni, grazie alla capacità che scopre in sé stesso di farsi coinvolgere: insegna a Osarobo a suonare il piano, acquista un terreno in Ghana per la famiglia di Karon. Di ognuno di quegli uomini ascolta le vite, i dolori, i ricordi.



La comprensione di Richard verso il loro spaesamento viene dal profondo di lui, dal suo passato di tedesco bambino durante la Seconda Guerra Mondiale che si proteggeva dai bombardamenti nei rifugi antiaerei, e davanti agli sgomberi dei profughi gli tornano in mente le deportazioni nei lager.
Richard non ha dimenticato neanche il Dopoguerra, e poi gli anni del Muro, la Germania divisa ed il 1990, quando da cittadino dell'Est era diventato semplicemente tedesco ed aveva provato nei viaggi in Occidente lo smarrimento che ora vede negli occhi dei profughi.

Il potere dell'immedesimazione e quello dell'empatia guidano le azioni di Richard, che smaschera con la conoscenza le falsità diffuse dai media (per citarne una sola: non vorrebbero lavorare quegli uomini, a detta di molti; ma è lo stesso Stato a non consentirlo) ed i pregiudizi di alcuni amici che frequenta dai tempi della DDR ed ora non comprendono più le sue scelte. Tra tutte, quella di rianimare la sua casa da tempo vuota ospitando una parte di quegli uomini sopravvissuti, quando le loro richieste di asilo non vengono accolte ed è Richard ad offrire loro un alloggio alternativo dove riprogettare un futuro.



"Voci del verbo andare" è un romanzo ricco ed intenso, un'opera dal linguaggio impeccabile, intriso di cultura classica: alla mitologia ed alla filosofia attinge Richard e vi trova nuovi nomi che rispecchino le storie di vita alle spalle dei profughi, il loro coraggio, le loro sofferenze e personalità.
In quarta di copertina è citato il quotidiano tedesco Die Welt, che racconta questo gioiellino letterario come un'utopia poetica (e lo è, senza ombra di dubbio) e come un antidoto alla "Sottomissione" di Houellebecq. Certamente è di romanzi come "Voci del verbo andare" che la letteratura ha bisogno, per far porre domande e far nascere il desiderio di conoscenza come rimedio all'ignoranza, ai pregiudizi, ai muri.
Di allarmismi ed islamofobia già ne abbiamo abbastanza.

sabato 8 aprile 2017

Happy birthday, turco!

Oggi ho scelto di parlare di un libro forse non molto conosciuto, che però sarà apprezzato dagli amanti del genere hard-boiled e più in generale dei polizieschi dove all'investigatore è riservato un ruolo di primo piano. Si tratta della prima di una serie di indagini -una delle mie manie è affrontare le serie di libri, anche quando ogni volume è autoconclusivo, sempre in ordine cronologico!



Titolo: Happy birthday, turco!
Autore: Jakob Arjouni
Anno della prima edizione: 1985
Casa editrice: Marcos y Marcos
Pagine: 220






Kemal Kayankaya ha origini turche, ma è rimasto orfano in tenera età ed è stato cresciuto da una famiglia tedesca a Francoforte. E' un solitario, ha avventure occasionali, beve molti alcolici e fuma molte sigarette; nonostante sia cresciuto da cittadino tedesco, si sente comunque profondamente turco.
Negli anni '80 ottiene una licenza da detective privato e questa è sua la prima indagine. Facciamo la sua conoscenza il giorno del suo compleanno, quando viene contattato da una donna turca e si trova così ad investigare sulla morte del marito di lei, Ahmed Hamul, che era invischiato nello spaccio di eroina in città. Attorno al consumo di droga ruota il caso, che affronta anche i temi dei Gastarbeiter (i cosiddetti "lavoratori ospiti" a cui veniva consentito l'ingresso in Germania) e della corruzione della polizia.

Il cast del film "Happy birthday, Türke!"
di Dorris Dörrie, 1992


Impossibile raccontare di più della trama senza rovinare la lettura del romanzo, che è il primo dello scrittore tedesco Jakob Arjouni.
Arjouni scriveva sotto pseudonimo e all'epoca di questa pubblicazione aveva appena vent'anni. "Happy birthday, turco!" fu definito il primo etno-thriller per via delle origini del suo protagonista, Kemal Kayankaya, per il quale è impossibile non provare istintiva simpatia. Le avventure di questo originale investigatore sono cinque, tutte molto amate dai lettori (delle successive parleremo in futuro!); purtroppo Arjouni è deceduto prematuramente nel 2013 e pertanto anche la storia di Kemal è stata troppo presto interrotta.

mercoledì 5 aprile 2017

Berlin - I fuochi di Tegel

Parlando di Anna, di Niccolò Ammaniti, avevamo già introdotto il tema dei mondi dove solo i ragazzi sono sopravvissuti a una catastrofe e devono imparare a cavarsela da soli. In questo filone si inserisce la serie di romanzi "Berlin", ed oggi cominciamo con il primo volume.

In un passato alternativo, un virus ha ucciso tutti gli adulti della città di Berlino nel 1976. Il muro divide ancora Est e Ovest, ed i superstiti, tutti sotto i sedici anni, sono divisi nei quartieri in gruppi impegnati a sopravvivere.
 
 
 
 
Titolo: Berlin - I fuochi di Tegel
Autori: Fabio Geda e Marco Magnone
Anno della prima edizione: 2015
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 201
 
 
 
 
 
Cinque sono i luoghi di Berlino dove la storia è ambientata: Tegel, il Reichstag, l'Havel, lo Zoo e Gropiusstadt. I ragazzi che vivono in ciascuna zona hanno caratteristiche che li accomunano: mentre le ragazze dell’Havel e il gruppo misto di Gropiusstadt credono ai principi di collaborazione e solidarietà, i ragazzi di Tegel sono inclini invece alla violenza, a macabre Feste della Morte dove qualcuno perde sempre la vita in cruente prove di forza.
 
E' verso Tegel che le ragazze dell'Havel ed il gruppo di Gropiusstadt si mettono in marcia, per quanto spaventati: devono infatti riprendersi il piccolo Theo, rapito dall'isola nel fiume Havel e sottratto alle ragazze che se ne prendevano cura. Salvare lui è lo scopo dell'avventura che li obbligherà a confrontarsi con durissime prove e con le proprie paure.
 
Immagine dal sito dedicato alla saga
 
In questo romanzo corale spiccano alcuni dei protagonisti, quelli meglio caratterizzati, con un ruolo più influente sulle vicende degli altri. Ognuno di loro affronta alla giornata la situazione in cui si trova a vivere, ma allo stesso tempo ricorda attraverso dei flashback la vita di prima, quella nella quale avevano ancora delle famiglie che si occupavano di loro e potevano così essere soltanto ragazzi.
 
Molti sono i punti lasciati in sospeso dagli autori, molti gli interrogativi rimasti senza risposte: da cosa ha avuto origine il virus letale? Perché i tanto attesi aiuti provenienti da fuori città non sono mai arrivati?
"I fuochi di Tegel" però è solo il primo volume di una saga che gli autori hanno intenzione di sviluppare in più volumi. Al momento sugli scaffali delle librerie è appena approdato il quarto, e prossimamente parleremo degli altri già letti, che arricchiscono libro dopo libro quest'articolato universo.
Molto interessante è anche il sito web che regala approfondimenti sui personaggi, una sorta di rassegna stampa dell'epoca ed anche la possibilità di scaricare materiali da usare nelle classi e di caricare i propri contributi, in modo da rendere la saga di Berlin un ambiente interattivo, un vero mondo nel quale immergersi, e non soltanto una serie di libri da leggere.

sabato 1 aprile 2017

Una notte ho sognato che parlavi

In un post di qualche giorno fa, Jonathan Safran Foer ci raccontava due paternità opposte nel suo romanzo "Molto forte, incredibilmente vicino". Oggi è Gianluca Nicoletti, un giornalista e un papà, a raccontarci una storia: in questo caso però si tratta della sua.
 
 
 
 
Titolo: Una notte ho sognato che parlavi
Autore: Gianluca Nicoletti
Anno della prima edizione: 2013
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 192
 
 
 
 
 
Gianluca ha due figli, Filippo e Tommaso. Quando è stato scritto questo libro avevano sedici e quattordici anni, un'età in cui i figli acquistano -e rivendicano- solitamente una maggiore indipendenza dai propri genitori.
Nel caso di Gianluca e di  Tommy invece il loro legame negli anni è diventato sempre più stretto, come un bozzolo in cui sentirsi addirittura intrappolati: Tommy è infatti un ragazzo autistico, e con questa misteriosa condizione è suo padre Gianluca che si misura più di tutti, in un ruolo che lui stesso definisce, oltre che di padre, di badante.
 
Tommaso e Gianluca Nicoletti

Non aspettatevi un romanzo tenero, un romanzo che idealizzi l'autismo o i ragazzi con qualche disabilità. La storia del mondo secondo Tommy che ci racconta Gianluca è reale, analizza il modo in cui Tommy considera (o non considera) le persone o le situazioni che lo circondano, la sua capacità di dimostrare affetto al proprio padre ma anche la sua incapacità di comunicare i propri stati d'animo in maniera tradizionale. 
Tommy non è un ragazzo dai talenti geniali come talvolta capita nelle molteplici manifestazioni dei disturbi dello spettro autistico, a quattordici anni Tommy è un bambino in un corpo gigante, e suo padre è colui che sa prendersene cura meglio di chiunque altro, contenendone gli accessi d'ira e comprendendone i più piccoli gesti.
 
Neanche la paternità è idealizzata in questo libro. Gianluca ci racconta di non aver mai desiderato dei figli, e di non aver mai vissuto in modo particolarmente intenso il proprio ruolo di padre fino a che non gli è per così dire toccato in sorte. Il suo destino gli ha messo tra le braccia Tommy, che più cresce e più ha bisogno della sua presenza, contrariamente alla norma. Proprio questa è la preoccupazione principale di suo padre, che aspira a realizzare un progetto che garantisca una certa autonomia e soprattutto la serenità al figlio e ad altre persone autistiche una volta raggiunta l'età adulta.
 
Stasera andrà in onda su Sky un documentario che Gianluca Nicoletti ha realizzato insieme a suo figlio, intitolato "Tommy e gli altri", per trattare il tema dell'autismo adulto -dopo i 18 anni la responsabilità ricade interamente sulla famiglia ed il sostegno dello Stato da minimo si fa inesistente. Qui trovate la programmazione completa sui canali Sky, mentre sul canale TV8 il documentario sarà visibile domenica 2 aprile alle ore 23:00.