lunedì 30 ottobre 2017

Il figlio del cimitero

Di Neil Gaiman lessi, qualche anno fa, il romanzo intitolato “Coraline”: una storia pensata per un pubblico giovane, con una protagonista che si ribella alla noia che pervade il suo nucleo familiare e al di là di una porta trova due “altri” genitori, identici ai suoi non fosse per i bottoni al posto degli occhi, in superficie amorevoli ma sotto sotto creature del male.
 



Titolo: Il figlio del cimitero
Autore: Neil Gaiman
Anno della prima edizione: 2008
Titolo originale: The Graveyard Book
Casa editrice: Salani
Pagine: 344



 
Anche ne “Il figlio del cimitero”, altro romanzo per ragazzi con tutte le caratteristiche per essere definito una storia nera, il giovane protagonista fa la conoscenza di una famiglia tutt’altro che tradizionale: infatti il piccolo, di appena un anno, perde i genitori biologici uccisi da un feroce assassino, e si trova ad essere adottato da una famiglia di fantasmi residenti -ovviamente- al cimitero. “Nobody” è il nome che i fantasmi scelgono per lui: una grande famiglia capace di amare e di insegnargli a leggere, a scrivere, ma anche a svanire, infestare e compiere altri atti straordinari grazie alla cittadinanza del cimitero che gli viene concessa.
Bod cresce, e la sua infanzia al cimitero è piacevole come la maggior parte delle infanzie: ha molti amici tra i fantasmi, un mentore apposta per lui (Silas, misterioso e composto, ma dal grande cuore) e vive numerose avventure. Tuttavia con l’arrivo dell’adolescenza Nobody prova una sempre crescente curiosità nei confronti del mondo esterno, al punto di iniziare a frequentare la scuola dei vivi. Al di là del desiderio di scoperta di Bod, la realtà è che la sua crescita porta con sé un’inevitabile conseguenza: il tempo di Nobody all’interno del cimitero si sta esaurendo, e con la maturità arriva per lui il momento di essere ufficialmente vivo, di andare nel mondo e cambiarlo, realizzando le infinite potenzialità che la sua condizione di essere umano vivente comporta.

Illustrazione di Ron Howard
Non si tratta di un libro semplice da riassumere, perché numerose sono le avventure che Bod vive nel corso di questo romanzo di formazione: dai legami che forma con le anime che abitano nel cimitero, alla lotta contro colui (o per meglio dire coloro) che lo vogliono morto dopo aver sterminato la sua famiglia biologica e le sue incursioni nel mondo dei vivi che lo circonda pur facendolo sentire un estraneo. Ogni capitolo infatti distanzia il precedente di due anni, narrandoci così la crescita di Bod nel corso del tempo.
Gaiman popola un intero universo di fantasmi a cui dedica non molte righe, ma nonostante ciò li caratterizza in modo vivido e puntuale: la strega a cui non è data nemmeno una lapide, Silas con i numerosi misteri sul passato in cui sarebbe stato malvagio, la coraggiosa signorina Lupescu (tutrice supplente, e licantropo), la volubile Liza, i dolci genitori Owens… Nobody ha tra loro la propria dimensione, il proprio piccolo mondo di bambino; è accolto e protetto, cresciuto ed istruito (seppure con nozioni non sempre aggiornate, ma con una narrazione storica ricca e decisamente personalizzata!).

Non nego che sia una storia nera, con elementi gotici e soprannaturali, talvolta anche piuttosto macabri; tuttavia l’aspetto che mi ha colpita maggiormente è il percorso di Bod verso l’adolescenza e la maturità, che comportano per lui l’uscita nel mondo reale, il distacco dalla sua confort zone, l’inizio di nuove avventure: certo in chiave metaforica, perché nessuno di noi ha dovuto lasciare un cimitero per diventare grande, ma non si tratta in fondo del percorso vissuto da ognuno di noi?

giovedì 26 ottobre 2017

L'approdo

Nei miei propositi di lettrice, mi sono prefissata di dedicarmi più spesso alle graphic novel ed ai libri illustrati, che mi piacciono molto ma sono più difficili da reperire. In questo percorso sono stata estremamente fortunata ad incontrare "L'approdo", perché ho scoperto  un'opera splendida per gli occhi e per la mente.
 



Titolo: L'approdo
Autore: Shaun Tan
Anno della prima edizione:
Titolo originale: The Arrival
Casa editrice: Elliot
Pagine: 128



 
Sin dalle prime, poetiche illustrazioni ci rendiamo conto di essere davanti ad un libro che ci racconta una migrazione: un protagonista maschile infatti saluta, non senza sofferenza, la propria compagna e la propria bambina per imbarcarsi in un viaggio verso l'ignoto. In un paese straniero del quale non comprende la lingua, né le usanze né addirittura le creature che lo popolano (in forme animali fantasiose e spesso dolcissime), l'uomo affronta le difficoltà del trovare un impiego, un posto dove dormire e la propria dimensione nonostante l'incomunicabilità e le minacce di natura imprecisata che incombono su di lui.

 
Non ci sono parole a guidarci nella lettura di questo libro, ma non se ne sente affatto la mancanza: le splendide illustrazioni sono più che sufficienti a comunicare ciò che l'autore desidera trasmettere al lettore, e gli lasciano anche un piacevole spazio di interpretazione nel quale dare il proprio senso a ciò che osserva. Un esempio a riguardo è quello delle figure di ombre che paiono enormi serpenti: potrebbero essere mostri in carne ed ossa, oppure minacce incombenti di qualsiasi tipo (politiche, personali o molto altro).

Diverse sono le fonti alle quali Shaun Taun si è ispirato, in parte autobiografiche. Figlio di un emigrato cinese e cresciuto a Perth, in Australia, un luogo che ritiene privo di una precisa identità culturale, ha riflettuto a lungo sull'esistenza (o sull'inesistenza) dell'identità degli abitanti dell'Australia e sulla propria. Anche le esperienze di diversi amici hanno arricchito la sua opera, così come le sue esperienze di viaggiatore.
Tra le altre fonti vi sono le memorie degli immigrati dalla Cina all'Australia, ma anche delle migrazioni del primo Novecento verso gli Stati Uniti (in particolare le fotografie degli arrivi ad Ellis Island, New York).

Si tratta della prima graphic novel senza parole con la quale sono entrata in contatto, e mi è piaciuta moltissimo.

La muta difficoltà del protagonista ci accompagna pagina dopo pagina, insieme a fantasiose creature spesso tenere e divertenti, in una storia di migrazione commovente ed emozionante. La delicatezza dell'autore raggiunge poi il culmine nelle scene in cui raffigura la vita familiare dell'uomo: la dolorosa separazione dalla moglie e dalla figlia, la loro fotografia che si rigira tra le mani quando la nostalgia lo assale, la gioia dipinta sul suo volto al ricevere le loro lettere ed infine il momento del ricongiungimento, il più agognato nel percorso di ogni uomo che sia partito per restare.
 
Mi pare proprio il caso di dire che le immagini, qui, parlano più di migliaia di parole: aprite gli occhi ed il cuore, e lasciatevi raccontare questa Storia. 
 

lunedì 23 ottobre 2017

Le bambine dimenticate

Sara Blaedel è un’autrice danese che si inserisce nel filone dei giallisti scandinavi tanto di moda negli ultimi anni. Si tratta di una scrittrice piuttosto prolifica, che viene tradotta in italiano per Fazi Editore, dalla quale però sono stati pubblicati soltanto due romanzi. Il primo è “Mai più libera”, che in lingua originale sarebbe il quarto volume di una serie di thriller che hanno per protagonista la detective Louise Rick.
 



Titolo: Le bambine dimenticate
Autrice: Sara Blaedel
Anno della prima edizione: 2011
Titolo originale: De glemte piger
Casa editrice: Fazi
Pagine: 286



 
“Le bambine dimenticate” sarebbe invece, in danese, il settimo volume. Trattandosi tuttavia del secondo tradotto in italiano, siamo certamente all’oscuro di molti dettagli che riguardano questa investigatrice: la incontriamo con un ingombrante passato (un fidanzato morto suicida, un certo distacco dal paese dove è cresciuta dovuto proprio alle dicerie legate a quella tragedia), single, con un figlio adottivo adolescente appassionato di musica ed un anziano vicino con cui ha creato una famiglia atipica ma amorevole.
Accanto a lei c’è Camille, amica giornalista, che in questo romanzo incontra qualche difficoltà ad organizzare il proprio matrimonio con il ricco fidanzato. Oltre a questi personaggi, un ruolo importante lo ricopre Eik, che affianca Louise nelle indagini: veste sempre di nero, beve troppo e sarebbe facile sottovalutarlo, se non fosse davvero in gamba nello svolgere il proprio mestiere!
 
Il caso a cui Louise ed Eik si dedicano in questo romanzo comincia con il ritrovamento, in un bosco, del cadavere di una ragazza: metà del suo viso è sfigurato da una cicatrice da ustione, ma nonostante questa particolarità nessuno sembra riconoscerla. Nello stesso periodo in quei boschi si verificano altri delitti: una donna scompare mentre fa jogging, un’altra viene violentata nella sua stessa casa.
Diverse ricerche portano Louise ed Eik a scoprire l’identità della vittima: si tratta di Lise, una donna che nessuno cerca perché non c’è più nessuno a crederla in vita. Le ultime informazioni su di lei risalgono infatti a decenni prima, e si tratta di un certificato di morte datato 1980, realizzato nella struttura psichiatrica dove la ragazza era rinchiusa a causa del suo ritardo mentale. Ciò che è più strano però è che nello stesso giorno dello stesso anno risulta deceduta anche Mette, gemella di Lise, affetta da un ancor più grave ritardo mentale e rinchiusa nella stessa struttura. A quell’epoca le famiglie erano spesso incoraggiate a “dimenticare” questi figli scomodi, che per di più soffrivano al distacco successivo alle visite in struttura dei loro familiari che dovevano andarsene; proprio per questo il padre di Lise e di Mette, vedovo dalla loro nascita, si era rifatto una vita e non aveva messo in dubbio che le sue figlie fossero decedute e fossero state poi sepolte in una fossa comune, senza che lui presenziasse al funerale. Una volta scoperto però che la vittima del bosco è Lise, è impossibile per lui non sperare che anche Mette sia sopravvissuta nel 1980 e sia ancora, viva, da qualche parte.
 
Un'immagine dal film "The Orphanage"
di J. A. Beyrona (2007)

L’indagine di Louise ed Eik ruota attorno alla struttura psichiatrica Eliselund, che nasconde antichi, raccapriccianti segreti, ed alla comunità che vive nelle Corti nel bosco, colpita in modi diversi dai delitti del presente e del passato.
Per quanto il caso decolli piuttosto lentamente, dalla metà in poi la curiosità del lettore prende il sopravvento. La conclusione per me è stata inaspettata (ma io non capisco quasi mai i colpevoli in anticipo, perciò non sono un buon termine di paragone!), forse un po’ frettolosa per quanto riguarda la vicenda personale di Louise ed i segreti relativi al passato suo e del fidanzato defunto, comunque il romanzo nel complesso mi è piaciuto ed anche la protagonista è una di quelle di cui mi viene voglia di seguire le avventure.

Spero che la Fazi si occuperà di tradurre anche gli altri titoli della serie, magari dal principio!

giovedì 19 ottobre 2017

Io prima di te

Per molto tempo, aggirandomi tra gli scaffali delle biblioteche e delle librerie, questo libro mi è capitato davanti ed ho scelto volutamente di lasciarlo dov'era. Da un breve accenno online infatti avevo dedotto che sarebbe stata una lettura triste, con una storia d'amore finita male; non sapevo nulla di più, ma mi sembrava sufficiente.
Poi, come a volte capita, è arrivato il suo momento: la curiosità era aumentata, e ho pensato di non aver motivo di resistere, nonostante sapessi già come sarebbe andata a finire...
 



Titolo: Io prima di te
Autrice: Jojo Moyes
Anno della prima edizione: 2012
Titolo originale: Me before you
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 391
 



Louisa Clark è una ragazza inglese di ventisette anni, la cui vita si svolge in un paesino di piccole dimensioni. Di famiglia modesta, che risente della crisi per via del licenziamento del padre, dopo il diploma ha trovato lavoro come barista; tuttavia, proprio a causa della crisi economica, il gestore del bar è costretto a cessare l'attività e così Louisa si trova d'un tratto disoccupata. Il centro per l'impiego le propone allora il ruolo di assistente familiare presso una famiglia benestante del luogo, e Louisa si presenta al colloquio del tutto impreparata, ma nonostante ciò ottiene il posto. Con sua grande sorpresa scopre che colui del quale si occuperà non è un uomo anziano, come si sarebbe aspettata, bensì un giovane di trentacinque anni, Will, tetraplegico a causa di un incidente.
 
In un libro autobiografico del quale vi ho parlato qui (Mi hai cambiato la vita, di Abdel Sellou), il protagonista trovava un modo per ricominciare a vivere nonostante le proprie condizioni fisiche. Un altro famoso tetraplegico letterario è il detective Lincoln Rhyme, dalla penna di Jeffery Deaver, che nonostante la propria lesione al midollo prosegue come può la propria attività in polizia.
Non è questo il caso di Will, che invece non si è affatto rassegnato alla propria situazione, abituato alla vita avventurosa che conduceva prima: la sua intenzione infatti è quella di mettere fine alle proprie sofferenze, nonostante le emozioni positive che Louisa riesce a suscitare in lui dopo un iniziale momento di diffidenza.
Louisa infatti si dedica a Will con tutte le sue energie, e con passione; progetta attività ricreative che possano fargli di nuovo desiderare di svegliarsi al mattino, scende a compromessi con i disturbi che lo affliggono, lascia che Will si fidi di lei ed a sua volta si apre grazie a lui a nuove prospettive. Inutile dire che tra i due scocca in breve la scintilla dell'innamoramento...

Sam Claflin ed Emilia Clark in una scena del film
"Io prima di te", di T. Sharrock (2016)

Louisa è un personaggio tenero, creativo e un po' impacciato. Non sa imporsi, e così ha finito per essere sottovalutata dalla sua intera famiglia, che in sostanza non ha difficoltà a farsi mantenere da lei ma porta in palmo di mano Treena, sua sorella, considerata il genio di casa nonostante sia rimasta incinta senza averlo affatto pianificato. Louisa è prigioniera di molte paure, in particolare di un trauma del proprio passato che non ha elaborato e le ha tolto il coraggio di fare esperienze al di fuori del suo piccolo mondo; vive nel ripostiglio di casa, senza nemmeno una finestra, consegna ai genitori i propri risparmi ed il suo fidanzato (lo stesso da sette anni) ha interessi del tutto diversi dai suoi.
 
Quando incontra Will, il suo mondo cambia. Anche se il personaggio di Will finisce a parer mio per essere spesso supponente, nel suo continuo dare consigli a Louisa su come dovrebbe vivere, dove dovrebbe andare, cosa dovrebbe leggere o guardare (insopportabile l'abitudine di chiederle di commentare le notizie del giorno...), le loro due solitudini risultano in qualche modo complementari e il sarcasmo di Will è per Louisa lo stimolo di cui aveva bisogno.
L'amore tra i due nasce lentamente, da un abito rosso ad un concerto, da un paio di calze a righe gialle e nere in un pacchetto regalo; l'eccentrico gusto in fatto di abbigliamento di Louisa ci accompagna pagina dopo pagina, rendendola più concreta. Si tratta di un amore composto da piccole cose: pomeriggi al sole, gite poco distanti, musica classica e film francesi con i sottotitoli. Potrebbero ispirare grande tenerezza, ed in effetti lo fanno; tuttavia non è mai sceso il nodo che sentivo in gola al pensiero del timer, ticchettante, a scalare il tempo rimasto a Louisa e Will.

Questo è senza dubbio un romanzo che fa piangere. Nonostante me lo aspettassi sin dall'inizio non sono riuscita a trattenermi dal versare calde lacrime sull'ultima parte della lettura, davanti al dolore di Louisa, così forte, così ben descritto.
Non è però soltanto un commovente romanzo d'amore, ma anche un libro che affronta un argomento delicato e controverso come il suicidio assistito praticato nelle cliniche svizzere. Oltre che con il proprio dolore Louisa dovrà confrontarsi anche con i pregiudizi delle persone disposte a difendere il "diritto alla vita" in qualunque circostanza (dimenticando forse il diritto alla scelta...), tra cui la sua stessa madre.

Emilia Clark e Sam Claflin in una scena del film
"Io prima di te", di T. Sharrock (2016)

Da questo popolarissimo libro è stato anche tratto un film, con l'altrettanto (se non di più) famosa attrice che gli amanti di Game of Thrones riconosceranno subito come Daenerys, la madre dei draghi -qui nelle vesti di un personaggio decisamente più umile. Ho deciso di vederlo appena terminata la lettura e l'ho apprezzato: gli attori sono convincenti, la colonna sonora adattissima, la trasposizione fedele.
La sceneggiatura (della stessa Jojo Moyes) è stata alleggerita di qualche elemento, come l'evento traumatico capitato a Louisa ed anche alcuni dei più seccanti atteggiamenti di Will, ed anche il finale è reso in maniera meno straziante; la sostanza tuttavia resta inalterata e soddisferà i lettori.

Vi è inoltre un seguito alle avventure di Louisa, "Dopo di te", che vi racconterò a breve! Nel 2018 inoltre è prevista l'uscita in inglese del terzo romanzo della serie, che di certo leggerò quando sarà disponibile.

giovedì 12 ottobre 2017

Il racconto dell'ancella

Qualche tempo fa ho letto "Solo per sempre tua" di Louise O'Neill. Mi aveva spiazzata, talmente tanto da non riuscire a dire se mi fosse piaciuto o meno: un mondo distopico nel quale il ruolo femminile fosse così degradato e irregimentato mi aveva turbata. L'avevo trovato, nella mia ignoranza, un libro estremamente originale (ve ne ho di recente parlato qui). Poi ho scoperto l'esistenza del romanzo di cui scrivo oggi, e ho capito che la O'Neill ha decisamente attinto alla farina del sacco di qualcun'altra.




Titolo: Il racconto dell'ancella
Autrice: Margaret Atwood
Anno della prima edizione: 1985
Titolo originale: The Handmaid's Tale
Casa editrice: Ponte alle Grazie
Pagine: 400



La protagonista di questo romanzo distopico e profondamente disturbante, coraggioso e impressionante è Difred. Nel mondo di Difred, in Nord America, le donne sono state obbligate a rinunciare alla propria identità: dapprima licenziate dai posti di lavoro, poi private della propria famiglia (svanita senza che ne sappiano più nulla).
Le guerre, le armi chimiche e le radiazioni che devastano il mondo da decenni hanno portato alla sterilità della maggior parte degli abitanti di quelli che dovevano essere in passato gli Stati Uniti e sono, all'epoca di Difred, la Repubblica di Galaad. Le donne sono state assegnate a nuovi ruoli, spogliate di tutto ciò che le aveva caratterizzate: le poche ancora fertili sono le Ancelle, come Difred. Vestono completamente di rosso, ed il loro compito è quello di concepire figli per le Mogli (sterili) di uomini abbienti.
Si ritiene che ci si debba mostrare rispetto, a causa della natura del nostro servizio.

Difred ricorda bene la sua vita precedente l'avvento della teocrazia: la sua relazione con Luke, la sua bambina. Si chiede dove si trovino, ma al tempo stesso deve concentrare ogni sua energia nella sopravvivenza, nonostante la sua vita presente non abbia per lei più alcun valore; non sono rari, infatti, gli episodi di ancelle che si sono tolte la vita. Anche per questo sono costantemente sorvegliate dalle Marte e dagli Occhi, le prime addette ai lavori domestici e i secondi spie presenti ovunque.
Si ammalano molto, queste Mogli di Comandanti. Aggiunge interesse alla loro vita. Noi invece, Ancelle e Marte, cerchiamo di non ammalarci. Le Marte non vogliono essere costrette a ritirarsi, perché non sanno dove andrebbero a finire. Non si vedono più tante vecchie in giro. E per noi, qualsiasi vera malattia, spossatezza, debolezza, perdita di peso o di appetito, una caduta di capelli, uno scompenso delle ghiandole, significherebbe la fine.


Difred vive a casa del Comandante, ed il suo nome denota proprio l'appartenenza a quest'ultimo, la sua trasformazione da donna a semplice proprietà. I rapporti tra il Comandante e Difred dovrebbero limitarsi al semplice atto sessuale (da consumarsi in presenza della Moglie di lui), eppure egli cerca con Difred un'ulteriore intimità, fatta di partite a Scarabeo, crema idratante e riviste conservate da un passato che nel giro di pochi anni è divenuto remoto. Nonostante Difred non desideri affatto questi incontri, vi si presta, non avendo nei fatti alcuna alternativa ed essendo terrorizzata dalle punizioni (e le pubbliche esecuzioni) che spettano ai disobbedienti nella teocrazia.
L'unica fuga dall'opprimente realtà sono gli incontri, anch'essi naturalmente clandestini, con il guardiano del Comandante, Nick: rapporti sessuali nel corso dei quali Difred si sente per un attimo di nuovo donna, di nuovo proprietaria di se stessa, senza un padrone o un dittatore sopra di sé.


La storia di Difred, ci racconta l'epilogo, viene raccontata da audiocassette sulle quali lei stessa l'ha registrata. L'ultimo episodio è ambientato nella casa del Comandante, alla quale arriva un furgone che Difred teme essere carico di Occhi pronti a punirla per le sue disobbedienze; invece appartiene ad un movimento di resistenza alla Repubblica di Galaad, della quale Nick fa parte, che ha il compito di farla scappare.

Nonostante questo "lieto fine", che ci preannuncia anche come il regime stesso sia destinato al fallimento, non è sollievo la sensazione che pervade alla fine di questo romanzo -attualissimo, dallo stile estremamente scorrevole e preciso, ricco di descrizioni senza mai diventare prolisso.
L'angoscia che Difred vive quotidianamente entra sottopelle pagina dopo pagina; la sua paura delle punizioni, la sua costante diffidenza, l'impossibilità di confidarsi con qualcuno per il timore che possa tradirla. I sogni che la perseguitano di notte, le domande sul destino che ha atteso Luke e la sua bambina -ed anche le speranze, probabilmente vane, che le accompagnano- sono così realistici che mi sembrava di averli vissuti io stessa la notte.
Erano pronti, ci aspettavano. Il momento del tradimento è il peggiore, il momento in cui sai senza alcun dubbio che sei stato tradito, che qualche altro essere umano ti ha augurato un male così grande. Era come trovarsi in un ascensore che si è staccato dall'alto. Si precipita, e non si sa quando, con un urto, si toccherà il fondo.

Si tratta di un romanzo profondo e doloroso, soprattutto per una donna: le violenze fisiche e psicologiche subite da Difred, la privazione della propria identità, la gabbia di regole e di divieti che la riducono ad essere un oggetto, una merce, preziosa solo in virtù del proprio utero, della propria fertilità.
Impossibile non pensare alle attuali condizioni di donne vittime della tratta non per la prostituzione, ma per il concepimento di bambini da destinare ad un mercato nero di adozioni: ben diversa, naturalmente, dalla pratica di grande generosità di chi offre il proprio utero "in affitto" per aiutare un'altra coppia a concepire.


Ho sofferto per Difred; ho creduto, o meglio ho voluto credere, alle sue flebili speranze che il suo amato Luke fosse ancora vivo, da qualche parte. Ho riflettuto, inoltre, sull'attualità del femminismo e sull'importanza delle lotte delle donne venute prima di noi: la stessa protagonista aveva sottovalutato la militanza materna nelle rivendicazioni degli anni '60, per comprenderne l'importanza solo quando dei diritti delle donne non era rimasto più nulla. Questo tema, che mi è molto caro (ne ho scritto di recente a proposito del breve saggio di Chimamanda Ngozi Adichie "Dovremmo essere tutti femministi", qui), è centrale nel romanzo della Atwood, e ci ricorda come nessuna conquista deve essere data per scontata, perché fa parte della nostra identità e del nostro essere donne, con la nostra libertà, della quale Difred e le sue compagne di sventura sono state private.
Tutte quelle donne che lavoravano... difficile immaginarle adesso, ma ce n'erano migliaia, milioni. Era ritenuta una cosa normale. Adesso è come ricordarsi di quando ancora esistevano i soldi di carta. Mia madre ne conservava un po', incollati nel suo album di ritagli insieme a delle vecchie fotografie.

Vi consiglio di cuore anche la serie TV tratta da questo romanzo. Nonostante temessi che mi avrebbe in qualche modo rovinato l'esperienza di lettura, l'ha invece arricchita: la prima stagione infatti è la trasposizione del romanzo "Il racconto dell'ancella", con l'aggiunta di alcuni personaggi approfonditi in parallelo a June, mentre le due stagioni successive portano avanti la storia in modo coerente! Assolutamente consigliata.

lunedì 9 ottobre 2017

A spasso con Bob

Ci sono storie che fanno bene all'anima. Storie che ci raccontano di seconde occasioni, di rinascite e di incontri che ci salvano la vita. Questa è una di quelle storie, e vi dirò di più: è anche una storia vera.
 
 
 
 
Titolo: A spasso con Bob
Autore: James Bowen
Anno della prima edizione: 2013
Titolo originale: A Street Cat Named Bob
Casa editrice: Sperling & Kupfer
Pagine: 238
 
 
 
 
James ha un'infanzia scomoda ed un'adolescenza inquieta, sballottato com'è dalla madre tra l'Inghilterra e l'Australia, impossibilitato a sentirsi a casa nell'uno o nell'altro luogo per via delle permanenze troppo brevi. Una volta cresciuto, arrabbiato col mondo e perennemente insoddisfatto, si rifugia nella musica che suona per le strade ma soprattutto nella droga, nell'eroina che gli annebbia la mente, che gli fa perdere il controllo e lo fa vagare per la città di Londra, dove si riduce a vivere per strada, trascinandosi da una dose all'altra.
 
Gli anni passano e le sue condizioni peggiorano. James è un ragazzo in gamba, per quanto disperato; cerca di rimettersi in carreggiata, fa del suonare agli angoli delle vie e agli ingressi delle metropolitane il proprio mestiere, entra in un programma di disintossicazione e gli viene assegnato un alloggio nell'edilizia popolare che è decisamente migliore del dormire all'addiaccio o nei dormitori della città. Nonostante tutto, per quanto ci provi, a James continua a mancare una motivazione sufficiente ad impegnarsi, una ragione che lo spinga davvero a restare pulito.
Un giorno però, quando ritorna a casa, trova sul portone un gatto rosso, giovane e malconcio, con una brutta infezione e diverse ferite. James ha sempre amato gli animali, e non può ignorare la sofferenza della creatura, così si occupa della sua guarigione pur avendo in mente di restituirlo ad un possibile padrone oppure alla sua libertà quando si sentirà meglio.
 
I piani di Bob, questo il nome che James sceglie per il gatto, sono però del tutto diversi. Quando James cerca di rimetterlo in libertà, gli fa chiaramente capire di avere altri progetti: inizia infatti a seguirlo dappertutto, autobus compresi, e a dormire ai piedi del suo letto ogni notte, per niente intenzionato ad allontanarsi da lui. Dopo un'iniziale resistenza, James si arrende all'evidenza dei fatti e comincia ad interpretare l'incontro con Bob come un segno inviato dal destino per cambiare vita: il legame tra i due infatti si instaura immediatamente e Bob accompagna James anche sui luoghi di lavoro, dove attira l'attenzione molto più del suo umano.
 
Bob e James Bowen
James Bowen è stato davvero un senzatetto ed un artista di strada per le vie di Londra; sono stati i video girati dai turisti e poi pubblicati in rete a rendere popolare questa bizzarra coppia. Sì, anche Bob esiste veramente, ed è un adorabile gattone rosso insolitamente mansueto, che si presta oggi a talk show e firmacopie con una grazia innata (su questa pagina Facebook potete seguire le loro avventure), e che nell'incontro con James ha probabilmente trovato la propria anima gemella umana.
 
Questo romanzo è una lettura semplice e godibile, particolarmente consigliata agli amanti degli animali e dei gatti in particolare, che potranno comprendere meglio la profondità del legame tra Bob e James e quanto un esserino dotato di baffi, quattro zampi e una coda possa cambiare la vita di una persona, dandole un motivo per alzarsi la mattina.

Inoltre si tratta di un romanzo sul potere delle seconde opportunità: su come sia possibile ricominciare, anche quando si sono perse le speranze. E certo, se si ha un amico al fianco, un amico come Bob, l'impresa è senz'altro più semplice: e questo può farci riflettere sul potere salvifico degli animali che ci vivono accanto.
 
Dalla storia di Bob e di James è stato anche tratto un film, ricco di musica e strade di Londra e dalla trama un po' più movimentata rispetto a quella del romanzo (spuntano infatti un amico tossico ed una ragazza di cui James si innamora, i rapporti familiari sono più approfonditi...). Per quanto non proprio una trasposizione fedele dell'autobiografia, l'ho trovato molto piacevole!
Di "A spasso con Bob" è stato pubblicato anche un seguito, intitolato "Il mondo secondo Bob", che sono appena riuscita a procurarmi e leggerò prossimamente.

martedì 3 ottobre 2017

Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico

Questa dolcissima storia di Luis Sepúlveda si ispira a fatti reali: suo figlio Max adottò veramente un gattino che chiamò Mix nella città di Monaco di Baviera, ed è proprio lui il Mix di questo romanzo breve.
 
 
 
Titolo: Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico
Autore: Luis Sepúlveda
Anno della prima edizione: 2012
Titolo originale: Historia de Mix, de Max y de Mex
Casa editrice: Guanda
Pagine: 86
 
 
 
 
 
Mix è il gatto di Max, un gatto dallo speciale profilo greco, e Max è l'umano di Mix, anche se come ci ricorda l'autore sin dalla prima pagina "come ci insegna la vita non è giusto che una persona sia padrona di un'altra persona o di un animale, quindi diciamo che Max e Mix, o Mix e Max, si vogliono bene". Grandi amici sin dal primo incontro, tra una coccola ed un croccantino, i due crescono insieme e si trasferiscono, loro due soli, in un appartamento con accesso al tetto del palazzo. Mentre Max frequenta l'università e cerca un lavoro, Mix vive avventure sui tetti e in giro per l'appartamento; tuttavia il tempo per lui passa più velocemente che per il suo amico umano, e purtroppo sui suoi occhi gialli scende la nebbia della cecità.
 
 
 
Ciò che non vede non gli impedisce però di godersi comunque la sua esistenza domestica, anche grazie alle attenzioni di Max nei suoi confronti, che se possibile aumentano ancora davanti alla difficoltà dell'amico felino: ogni oggetto della casa infatti mantiene il suo posto preciso, dove ritorna non appena spostata, per evitare che Mix possa urtarla inavvertitamente.
La vita riserva a Mix però ancora una sorpresa: in una pigra giornata d'autunno, una piccola creatura dall'odore di carta gli si avvicina mentre dorme, ed il suo istinto di felino permette a Mix di acchiapparla subito: si tratta di un topolino messicano fuggito da un appartamento vicino, che si è rifugiato nella libreria di Max e va ghiotto di cereali.
Mix non è un cacciatore, non lo è mai stato: è invece un gatto dolce e curioso, pronto ad accogliere un topolino senza nome e chiamarlo Mex, a far cadere per lui scatole di cereali dagli scaffali e a vivere con lui nuove avventure grazie agli occhietti vispi del topolino.

 
 
 
 

Questa dolcissima storia ci racconta due amicizie, una del tutto animale tra Mix e Mex (frutto della fantasia dell'autore) ed una che coinvolge un umano, Max, ispirata come dicevamo a fatti reali. Entrambe sono ricche di gesti affettuosi, di piccole attenzioni e di rispetto reciproco: possiamo prenderle entrambe ad esempio, ad ogni età.
Si tratta senza dubbio di un libro adatto ai più piccoli, visti il linguaggio semplice ed i protagonisti animali che ricordano una favola, impreziosito dalle illustrazioni di Simona Mulazzani; tuttavia anche i lettori adulti lo apprezzeranno per la sua purezza d'animo e la sua tenerezza, e di certo ancor di più se sono amanti dei gatti come lo sono io!
 

Luis Sepulveda è un prolifico e popolarissimo autore cileno, naturalizzato francese. È autore di diverse fiabe con protagonisti animali, tra cui la più famosa è certamente "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare", che insieme a questo romanzo breve e ad un terzo ("Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza") sono stati raccolti da Guanda nella "Trilogia dell'amicizia" in virtù del tema protagonista di tutte e tre. Chissà se nei prossimi mesi troverò una lumaca per amica, oltre ai miei cari felini!

 
 

lunedì 2 ottobre 2017

Mare al mattino

Il Mediterraneo ha due sponde: da una si fugge, sull'altra si approda -quando si ha fortuna. Non sempre la direzione delle migrazioni è stata quella che oggi riempie i telegiornali, e queste vite di madri e di figli ce lo ricordano: non si nasce sempre sulla sponda su cui finiremo i nostri giorni, ed il destino è impossibile da prevedere.
 
 
 
 
Titolo: Mare al mattino
Autrice: Margaret Mazzantini
Anno della prima edizione: 2011
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 127
 
 
 
 
 
Farid viaggia con Jamila su una carretta del mare; uno di quei gommoni, in fuga dalla Siria bombardata, dove cercano di salvarsi la vita. Mentre il sole li strina, mentre la fame li insegue, mentre l'acqua finisce insieme al carburante, e nel deserto si lasciano dietro scie di cadaveri sotto la sabbia.
Farid è minuscolo, stretto a Jamila, sempre più piccolo nella traversata: ci ricorda, Farid, che potremmo essere noi Jamila, in fuga con i nostri bambini che ci muoiono addosso nel Mediterraneo, che non è così lontano dalle nostre case sicure e accoglienti.
 
 
E poi c'è Vito, che si affaccia su quel mare, ma non ha il coraggio di scendere alla spiaggia dove arrivano cadaveri quanti onde. Vito è figlio di Angelina, che è cresciuta araba: figlia di emigrati italiani in Libia, costretti a lasciare la terra africana negli anni '60 dopo il colpo di stato di Gheddafi. Figlia di italiani che italiani non si sono mai sentiti, anche lei si è portata dentro il deserto, l'emigrazione, le radici strappate: pagine di storia che abbiamo rimosso, appena accennate sui libri di scuola, forse per dimenticare che non siamo stati (e tutt'ora non siamo) così diversi da tutte le vite rischiate ogni giorno tra le onde del mare, troppe volte perdute sulle rive del nostro Paese.
 
Margaret Mazzantini o la ami o la odi: il suo stile ricco di descrizioni, di periodi lunghi, di personaggi femminili protagonisti. Io generalmente la apprezzo, faccio un'eccezione solo per "Non ti muovere" che mi disturba molto (ai motivi dedicherò magari un altro post, per non andare fuori tema). Questo è il suo romanzo che fino ad oggi ho preferito, memorabile e travolgente nella sua brevità.