lunedì 17 giugno 2019

A modo nostro

Non so quasi nulla di letteratura cinese; finora mi è capitato di leggere solamente un paio di romanzi e nessuno dei due ha lasciato in me ricordi particolarmente vividi. Ci sono però autori che ho intenzione di leggere prima o poi, e trame a cui non so resistere -l'ultimo è proprio il caso del romanzo di cui sto per scrivere.



Titolo: A modo nostro
Autore: Chen He
Anno della prima edizione: 2011
Titolo originale: Hong bai hei
Casa editrice: Sellerio
Traduttore: Paolo Magagnin
Pagine: 345



LA STORIA

Il protagonista di questo romanzo è Xie Qing, un uomo cinese della zona di Wenzhou. Xie Qing è separato da anni quando riceve dalla Francia una telefonata che lo avverte del decesso della sua ex moglie, Yang Hong, in circostanze a dir poco incomprensibili. L’uomo decide allora di recarsi a Parigi per scoprire la verità sulla morte della donna, e dall’arrivo nella capitale francese hanno inizio una serie di avventure in terra europea che coinvolgono Xie Qing in ogni sorta di affari non sempre leciti e che si intrecciano ai ricordi del misterioso passato di Yang Hong, del quale il marito non aveva mai saputo nulla.
Qualche giorno prima delle nozze Xie Qing sognò Dio: stava facendo un gioco di prestigio, aveva messo due persone completamente diverse dentro una casa che sembrava una scatola magica per ricoprirla teatralmente con un telo rosso. Poi aveva riso di nascosto.
Non passò molto tempo prima che Dio sentisse risuonare da quella scatola gli strilli e le grida delle sue creature.

COSA NE PENSO  

Chen He è un autore cinese emigrato in Albania all’età di quarant’anni. Qui è stato vittima di rapimento a scopo di estorsione, e successivamente si è trasferito in Canada dove ora vive e lavora.
È evidente leggendo questi brevi cenni biografici quanto alcuni elementi contenuti in “A modo nostro” abbiano avuto origine dalle esperienze personali dell’autore: mi riferisco alla parentesi albanese vissuta dal protagonista, nel corso della quale si trova coinvolto nei traffici dell’immigrazione clandestina ed a sua volta in un rapimento -parte del romanzo che, devo dire, non mi ha entusiasmata.
Molto più riusciti sono i capitoli dedicati alla giovinezza di Xie Qing e di Yang Hong, così come alla ricerca che la donna (figlia di un ufficiale morto suicida) compie per scoprire di più sulla morte inspiegabile di suo padre, figura alla quale è rimasta profondamente legata e a cui non ha mai smesso di pensare.
La suite aveva una grande porta-finestra che guardava sull’oceano, mentre la fresca brezza marina scuoteva leggermente la tenda. A dispetto della stanchezza provava ancora un’eccitazione che le impedì di prendere sonno. Così, dopo la doccia, rimase seduta di fronte al mare avvolto nell’oscurità, lasciando che il vento le asciugasse i capelli ancora umidi. In quel momento, in lontananza, scorse un faro che si illuminava. Non poté fare a meno di ripensare all’isola di Gushan, nel Mar Cinese Orientale, a quel faro che le era sembrato così familiare. Ebbe quasi l’impressione di scorgere il padre. “Papà”, disse a se stessa. Era in ogni luogo, pensò, a mostrarle la strada, a illuminarla con la sua luce.
Il personaggio di Yang Hong è caratterizzato benissimo attraverso flashback che ricostruiscono la vita della donna dalla giovinezza in Cina sino al trasferimento in Francia, dove troverà la morte -di cui siamo a conoscenza sin dall'inizio del romanzo. Per questa donna che incontra per caso l'amore, ma non la fortuna, è impossibile evitare di provare empatia; mi sono affezionata a lei nel corso delle pagine e senza dubbio è il personaggio che ho preferito.
“È quasi un anno che se n’è andato. Avrei davvero tanta voglia di vederlo”.
“A dire il vero anche lui ha una gran voglia di vedere te e il bambino. La colpa è tutta di quel suo suocero odioso, nemmeno fosse la Regina Madre dell’Ovest che con i suoi poteri soprannaturali ha tracciato in mezzo a voi la Via Lattea, separandovi come il Mandriano e la Tessitrice”.
Il Mandriano e la Tessitrice si riuniscono soltanto una volta l’anno, nel giorno di Qixi, la festa degli innamorati della tradizione cinese. E così, finalmente, anche per Yang Hong arrivò l’occasione di incontrare nuovamente Jiang Xiaojun.
Chen He fornisce un punto di vista raro da trovare in letteratura, quella dell’immigrato in Europa dalla Cina. Molti sono infatti i cinesi in Europa, ma raramente si conosce da vicino il loro pensiero sul contesto in cui si trovano a vivere; nel romanzo di Chen He incontriamo un protagonista stupito dalle vetrine dei quartieri a luci rosse di Parigi, disgustato dall’odore del formaggio albanese, che velocemente si inserisce in una rete imprenditoriale di connazionali tutt’altro che legale e compie un'ascesa dalle sue origini umili ad un grande successo.
“Ma ora sei a Parigi”, disse Wenchun.
“E a cosa mi serve?”, protestò Xie Qing voltandosi verso di lui.
“Non saprei. Dipende se saprai cogliere l’occasione”.
Un altro personaggio interessante è Qiumei, benefattrice di Xie Qing al suo arrivo in Francia e durante le sue peripezie europee; il suo destino però non è lo stesso riservato al protagonista, e fornisce un altro punto di vista su come il governo cinese non smetta mai di influire sulle vite dei suoi cittadini, anche dopo decenni di emigrazione -prospettiva rappresentata anche dalle vicissitudini dell'innamorato di Yang Hong. 

Lo stile di Chen He sa essere molto descrittivo, evocativo di paesaggi del suo paese d’origine; è Yang Hong ad esserne immersa nei flashback rurali o immersi nella natura disseminati nel romanzo, mentre le metropoli in cui si trova catapultato Xie Qing sono decisamente più frenetiche.
"A modo nostro" rappresenta un collage di personaggi di origine cinese che affrontano situazioni molto diverse tra loro una volta allontanatisi dalla propria patria, e lo fa con un ritmo non sempre incalzante. Nonostante questo si tratta di un romanzo che ho apprezzato molto, che ho sentito piuttosto lontano dalla narrativa alla quale sono abituata e proprio per questo mi ha interessata profondamente. Ne consiglio la lettura a chiunque sia alla ricerca di un romanzo ben scritto e ben costruito, che procede lentamente aggiungendo un dettaglio dopo l'altro e componendo alla fine un mosaico davvero riuscito.

martedì 11 giugno 2019

Cielo di sabbia

Quante volte ho già scritto che gli espositori della biblioteca sono per me dispensatori di tesori che altrimenti dubito potrei scoprire in altro modo? Immagino che questa sia l'ennesima, ma non posso trattenermi!



Titolo: Cielo di sabbia
Autrice: Sudabeh Mohafez
Anno della prima edizione: 2004
Titolo originale: Wuestenhimmel Sternenland
Casa editrice: Keller editore
Traduttrice: Anna Ruchat
Pagine: 112



I racconti contenuti in questa raccolta dell'autrice iraniana (emigrata giovanissima in Germania) sono stati scritti originariamente in tedesco. La duplice appartenenza della scrittrice si riflette nelle ambientazioni delle sue storie, che si dividono tra l'Iran e la Germania, dando voce a personaggi immigrati in entrambi i paesi.
Della mia Berlino non parlavamo mai, a Mira non interessava, e io potevo capirlo, perché la mia Berlino era qualcosa di vago. Una cosa che non si riusciva mai a vedere bene, che si sottraeva continuamente agli sguardi, che rimaneva nebulosa. Era simile a me: poco socievole, un po' persa, bruttina, contraddittoria e piena di cicatrici.
Illustrazione di Detlef Surrey
Sono racconti di diversa lunghezza; in particolare "Davanti al trono di Allah" che apre la raccolta è piuttosto lungo ed è anche uno dei più efficaci e coinvolgenti. Esso racconta l'Iran negli anni '70 e dà voce ad una donna iraniana di umile estrazione, che nella propria povertà possiede molto più di quanto abbiano i ricchi immigrati tedeschi ai quali pulisce la casa. Il coraggio di questa donna che corre enormi rischi per proteggere un bambino innocente mi ha sinceramente spezzato il cuore.
Nahid ha smesso da tempo di intromettersi nelle faccende dei suoi due figli più grandi. Hanno quindici e sedici anni, sono adulti. A volte si portano via del cibo, a volte un po' di soldi. A volte stanno via per qualche giorno. Nahid non ha la forza di preoccuparsi anche per loro. Quando il cibo c'è, ognuno ne riceve una parte. Quando non ce n'è ognuno riceve la sua parte di fame. È una cosa che vale per i grandi come per i piccoli, per le donne delle pulizie come per i rivoluzionari. 
Gli uomini in questi racconti sono quasi sempre violenti, viscidi e molto lontani dal punto di riferimento che dovrebbero essere all'interno dei nuclei familiari. La descrizione dei rapporti tra padri e figli che l'autrice fa all'interno de "L'unica prospettiva valida" è così disturbante da avermi nauseata.
C'è spazio per molti traumi, per l'abbandono e per le sofferenze in questi racconti; c'è però anche spazio per la rinascita, per la speranza, per l'autentico amore delle protagoniste -donne forti, coraggiose nel loro fiero silenzio- per il mondo che le circonda.
Là, dove le meravigliose montagne sono così vicine che manca il respiro a guardarle, dove se ne sente a tal punto la forza che Nahid vorrebbe inchinarsi ogni volta di fronte a loro, buttarsi a terra e baciare la terra sulla quale il mattino presto gettano la loro sontuosa ombra. Se Allah avesse un trono, pensa tutte le volte, sono certa che il suo trono sarebbero queste montagne.
Keller è una casa editrice che ho già apprezzato in passato per un romanzo breve dall'accattivante titolo "L'ultimo amore di Baba Dunja", della scrittrice tedesca di origini russe Alina Bronsky; ora anche questa raccolta di racconti è un'opera che mi sento assolutamente di consigliarvi!

lunedì 3 giugno 2019

Scheletrina Cicciabomba

Di disturbi alimentari si può parlare in molti modi. Su questo blog ha già trovato spazio il mio parere sul libro autobiografico "Giorni senza fame" dell'autrice francese Delphine De Vigan, che vi ha raccolto la sua esperienza di malata di anoressia.
Di recente, mentre andavo alla ricerca dei libri di un'autrice che amo particolarmente e che ancora non avevo letto, ho scoperto un testo indirizzato all'infanzia che si occupa proprio di questo tema spinoso.



Titolo: Scheletrina Cicciabomba
Autrice: Simona Vinci
Illustratrice: Raffaella Ligi
Anno della prima edizione: 2012
Casa editrice: Salani
Pagine: 96




Questo albo illustrato racconta due storie, una per ciascun lato: racconta la storia di una bimba che tutti chiamano Cicciabomba per via del suo sovrappeso, e che ama tutti i tipi di cibo, al punto di procurarseli di nascosto quando gli adulti cercano di sottrarglieli. Dall'altro lato del libro incontriamo un'altra bimba della stessa età, soprannominata Scheletrina a causa della sua magrezza: lei invece non sopporta alcun cibo, e per farle finire un pasto gli adulti ricorrono a suppliche e minacce.


Sebbene i presupposti delle storie di Scheletrina e di Cicciabomba siano differenti, entrambe rappresentano la stessa bambina -molto sola- di nome Olivia e la radice delle prese in giro a cui sono sottoposte è sempre la stessa: un rapporto poco sano con l'alimentazione, con le diverse conseguenze a cui può portare. 
La stessa è anche la soluzione al problema: la costruzione di una familiarità con gli ingredienti, la sperimentazione in cucina e la condivisione dei pasti e della loro preparazione come momenti felici. Olivia impara ad amare il cibo in questo albo illustrato, e impara ad amare e rispettare se stessa e il proprio corpo


SImona Vinci sa parlare ai bambini presi in giro dai compagni di scuola per il loro peso, ma sa parlare anche a tutti gli adulti che lo sono stati e ne portano le cicatrici. A questi ultimi fornisce senza dubbio un testo utile per affrontare l'argomento, che sia dalla prospettiva di genitori o da quella di educatori, rispettando la sensibilità dei più piccoli e parlando loro in modo credibile e convincente. 
Ve ne consiglio la lettura se siete alla ricerca di una lettura sull'argomento dei disturbi alimentari, che possa esservi anche di ispirazione. Se state invece cercando un libro che vi racconti una storia, che evochi atmosfere come Simona Vinci sa fare nella sua produzione per adulti... in questo caso vi suggerisco di rivolgervi altrove!