giovedì 28 dicembre 2017

Best of 2017

Dicembre sta finendo ed è giunto il momento di tirare le somme delle letture di quest'anno: un anno soddisfacente, costellato di libri appassionanti che mi hanno emozionata, oltre a letture piuttosto insignificanti delle quali ho comunque deciso di lasciare traccia su questo blog sperando di poter evitare una delusione a qualcun altro.
Ho deciso di stilare una classifica dei miei dieci romanzi preferiti del 2017, a partire da quello che ho amato di più in assoluto. Per otto di loro potrete leggere la mia opinione cliccando sul link; non è disponibile per l'unica rilettura menzionata dell'anno, It, perché scriverne si sta rivelando molto impegnativo e richiederà quindi altro tempo prima di comparire qui, né per Dieci piccoli indiani che ho appena terminato e di cui scriverò all'inizio del 2018.
Ma andiamo al sodo:
 


Il primo gradino del podio lo conquista senza ombra di dubbio "Ognuno muore solo" di Hans Fallada. Due coniugi nella Germania nazista si oppongono al regime di Hilter come possono: scrivendo cartoline dove ne denunciano l'ingiustizia. Questo romanzo del 1947 è ancora avvincente e significativo, e ci insegna in tempo di pace l'importanza della libertà, sopra ogni cosa. Qui la recensione.
 


 




Un sorprendente secondo posto ad "Open" del tennista Andre Agassi, un'autobiografia che parla sì di sport, ma allo stesso tempo di rinascita, di avversità e di come superarle. Non annoia mai, e non è necessario essere amanti del tennis per apprezzarlo -anche perché Agassi stesso ha con esso un rapporto tutt'altro che idilliaco. Qui la recensione.
 

 




Terzo si classifica "Voci" dell'egiziano Sulayman Fayyad, che ci parla dello scontro tra civiltà quando un personaggio suo connazionale si reca nel paesino dov'è nato insieme alla moglie francese. Un breve e sconvolgente romanzo a più voci che sul finale lascia davvero senza fiato. Qui la recensione.



 
Il quarto posto lo riservo alla rilettura dell'anno: "It" di Stephen King. Dopo tredici anni dalla prima volta, è stato un tuffo nel passato, un confronto con quella che ero da adolescente quando vivevo di fumetti horror, canzoni di De André e porte sbattute. I sette del Club dei Perdenti erano ancora miei amici, ma mi hanno scavato dentro in un modo diverso da tredici anni fa: non ho ancora trovato le parole per descriverlo nella maniera giusta, perciò la recensione non c'è ancora.
 




Quinto titolo dell'anno "Il cerchio" di Dave Eggers: una distopia dove al posto del Grande Fratello di Orwell c'è Il Cerchio, una società che concepisce la privacy come un reato, dove la condivisione dei propri dati è il modo migliore di prendersi cura degli altri. Restano ineguagliabili 1984 e Winston Smith, ma Mae Holland ed il suo ex fidanzato disposto a tutto pur di conservare la propria invisibilità mi sono piaciuti molto. Qui la recensione.
 





Un'altra distopia in classifica, di cui quest'anno si è parlato in abbondanza: "Il racconto dell'ancella" di Margaret Atwood. Una riflessione sulla dittatura e la femminilità, e soprattutto sull'importanza delle conquiste ottenute dalle donne delle generazioni precedenti, che hanno lottato per i diritti che oggi diamo per scontati. Questo romanzo crudo ed inquietante mi ha davvero colpita. Qui la recensione.
 




Settimo posto dedicato a "Molto forte, incredibilmente vicino" di Jonathan Safran Foer, un romanzo sulla paternità e sulle guerre: contiene infatti due grandi tragedie storiche, il bombardamento di Dresda nella Seconda Guerra Mondiale e l'attentato alle Torri Gemelle del 2001. Questo libro descrive amori intensi e profondi, talvolta incapaci di stare insieme; mi ha regalato personaggi che non dimenticherò di certo facilmente. Qui la recensione.





Terzultimo gradino della top ten se lo aggiudica "Il pastore d'Islanda" di Gunnar Gunnarsson, di cui ho scritto molto recentemente trattandosi di una vera e propria storia natalizia. Classico della poco conosciuta letteratura islandese, è una sorta di fiaba in cui i protagonisti sono un pastore, un cane ed un montone che ogni anno durante l'avvento si mettono in cammino per svolgere la propria missione tra la neve. Uno di quei libri che fa bene all'anima. Qui la recensione.
 




Nono in classifica "Dieci piccoli indiani" di Agatha Christie, autrice che da molto  tempo vorrei conoscere meglio e che per la prima volta mi soddisfa completamente. Questo è senza dubbio uno dei suoi romanzi più famosi: un giallo ambientato su un'isola dove dieci personaggi lì invitati per un breve soggiorno restano ad uno ad uno vittime di un misterioso assassino... che deve per forza essere uno di loro.


 


Al decimo posto si posiziona "Due mogli: 2 agosto 1980" di Maria Pia Ammirati, che ci racconta la strage della stazione di Bologna in un romanzo a più voci (una di esse corrisponde ad una vera superstite della tragedia, Marina Gamberini). Mosaico di personaggi riuscitissimo, oltre all'importanza di mantenere viva la memoria del fatto storico questo libro ha anche il pregio di raccontarci l'Italia tra gli anni Settanta ed Ottanta in modo molto vivido. Qui la recensione.



E per quest'anno... Direi che è tutto! Ci rivediamo nel 2018, con un post dedicato ai buoni propositi di lettura!

domenica 24 dicembre 2017

Rumori di galoppo lontano

Uno dei libri preferiti della mia infanzia è sottile, illustrato in bianco e nero, sul retro della copertina il prezzo è stampato in lire. Non ricordo le circostanze in cui l'ho ricevuto, né cosa ho provato la prima volta che l'ho letto; so che da allora lo rileggo quasi ogni anno, che ogni volta è capace di commuovermi ed emozionarmi, e che è senza dubbio uno dei titoli a cui tengo di più sugli scaffali della mia libreria.
 


Titolo: Rumori di galoppo lontano
Autrice: Magdalen Nabb
Anno della prima edizione: 1992
Titolo originale: The Enchanted Horse
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 101



 
Il pomeriggio della Vigilia di Natale, Irina ed i suoi genitori si recano in città dalla fattoria dove abitano per svolgere alcune commissioni. Alla bambina è stato promesso un regalo; mentre si avvia verso il negozio di giocattoli si imbatte però nella vetrina di un rigattiere e lì scorge quello che scambia per un cavallo a dondolo e non può trattenersi. L'animale è in trappola sotto una catasta di mobili, le sembra triste e solo come si sente lei stessa; così si precipita nel negozio e qui il rigattiere, un anziano non vedente, vede nell'anima pura e malinconica di Irina la persona perfetta a cui affidare Bella.
Bella però non è affatto un cavallo a dondolo; una volta messa al riparo nel granaio, Irina si dedica a lei con amore e dedizione, scoprendone il pelo vero sotto la sporcizia, la sua criniera dorata come la sabbia. Le procura acqua fresca, fieno profumato, cura i segni di frustate che le scopre sul dorso, la ripara dal freddo con una coperta; finché una notte, affacciandosi alla finestra, Irina vede un magnifico cavallo che trotta nella neve e sembra aspettare soltanto lei.
Da allora, durante la notte Bella non è più il cavallo giocattolo che giaceva dimenticato nel negozio del rigattiere: è uno splendido cavallo vero, che si lascia cavalcare da Bella nei campi innevati. Le loro avventure regalano ad Irina una gioia che non aveva mai provato, interrotta però dal momento in cui si accorge di quanto il richiamo degli zoccoli dei cavalli selvaggi sia potente per Bella, che desidera la libertà: finché in una notte drammatica per Irina, Bella rincorre quel rumore, e la abbandona. Ma non tutto è perduto, e trascorsi molti mesi di solitudine, sarà Bella a sorprendere Irina con un "regalo" davvero inaspettato...

Illustrazione di Julek Heller
Questo libro, purtroppo, è fuori catalogo ed anche online sembra davvero difficile da reperire in lingua italiana: è un vero peccato, perché è una storia adatta a lettori di tutte le età. Si tratta di una storia che ci racconta l'amore per un essere vivente, ma anche quanto l'amore ed il possesso siano due elementi lontani e distinti; una storia che ci parla di fiducia, quella di Bella nei confronti di Irina, e del destino che ci fa incontrare nei posti più impensati, anche sotto a mucchi di cianfrusaglie nella vetrina di un rigattiere.
Ho riletto moltissime volte questo libro, da bambina e da adulta, ed ogni volta mi commuove e ha qualcosa da dirmi: il nostro modo di amare cambia nel tempo, ma non dobbiamo mai dimenticarci del potere che ha nel salvare noi e qualcun altro, delle magie che sa fare quando è puro e sincero come quello di Irina. Irina cresce, in questo libro, come sono cresciuta io dalla prima volta che l'ho incontrata; eppure dentro di me c'è ancora la bambina che sognava il rumore di zoccoli e temeva che quella piccola Bella avrebbe seguito il branco dei cavalli selvaggi, e il cui cuore si scaldava capendo che sarebbe invece ritornata a casa.

Si tratta di un libro magnifico, ed è il mio regalo di Natale per voi. Leggetelo, ovunque lo troviate, che siano biblioteche o mercatini dell'usato: non fatevelo sfuggire!

 

giovedì 21 dicembre 2017

L'uomo di neve

Un'atmosfera invernale ci avvolge e ci trasporta in questo thriller di Nesbo in una Norvegia fredda ed innevata, dove i crimini abbondano. Avevo alte aspettative nei confronti di questo romanzo, dal quale è stato anche tratto un film che non ho ancora visto; devo dire che non mi ha colpita quanto avrei sperato, e basandomi sulle critiche che si trovano online mi pare un po' sopravvalutato.
 
 
 
Titolo: L'uomo di neve
Autore: Jo Nesbo
Anno della prima edizione: 2010
Titolo originale: Snømannen
Casa editrice: Piemme
Pagine: 529
 
 
 
 
Il protagonista di questa storia è il detective norvegese Harry Hole, qui alla sua settima avventura: ha problemi di alcolismo, un carattere istintivo e coraggioso, una ex che ama ancora molto ed un intenso rapporto con Oleg, il figlio adolescente di lei.
All'inizio del romanzo, Harry riceve una lettera da parte di uno sconosciuto dove gli viene annunciato che si verificheranno dei decessi ad opera del misterioso Uomo di Neve, ed in effetti è proprio ciò che accade. Madri di famiglia cominciano a scomparire dopo che davanti alle loro abitazioni vengono avvistati pupazzi di neve. Di alcune di loro vengono ritrovati i corpi, di alcune soltanto parte di essi e gli omicidi presentano diverse somiglianze con crimini avvenuti anni prima.
 
Un'immagine dal film L'uomo di neve
di T. Alfredson (2017)
L'indagine di Hole è ricca di colpi di scena, diverse sono le ipotesi sul possibile colpevole - la rivelazione dell'identità di quest'ultimo è stata decisamente inaspettata per me, ma bisogna tener conto del fatto che io non riesco mai ad indovinarlo in anticipo...
Siamo davanti ad un thriller che ruota attorno alle infedeltà coniugali, ai test del DNA ed al significato della parola "famiglia", che ha davvero poco a che fare con il patrimonio genetico.
Questo aspetto è senza dubbio molto interessante, ma il romanzo presenta diversi limiti: innanzitutto la caratterizzazione dei personaggi secondari (Oleg, la madre Rakel, la collega di Harry Hole Katrine...) è piuttosto piatta, escono ed entrano dalla scena in maniera non proprio convincente e non sono riuscita a provare veri sentimenti nei loro confronti. L'unico ad essere a tutto tondo è Harry, e questo è un vero peccato. Inoltre il ritmo non mi è parso ugualmente incalzante nel corso dell'intera lettura, che ha iniziato ad appassionarmi davvero solo dalla metà in poi.
Nel complesso non lo ritengo uno dei thriller migliori che abbia mai letto, né uno che ricorderò particolarmente a lungo; nonostante ciò ha un protagonista molto convincente del quale mi piacerebbe leggere altre avventure in futuro (magari questa volta in ordine di pubblicazione, perché mi è parso necessario per cogliere alcuni particolari anche in questa storia).

lunedì 11 dicembre 2017

Let it snow

Ogni tanto una lettura leggera e distensiva è quello che ci vuole, meglio ancora se già in atmosfera natalizia in questo periodo dell’anno in cui si accendono le luci nelle strade delle città e nelle bancarelle dei mercatini fanno la loro comparsa i primi Babbo Natale e carillon.
 



Titolo: Let it Snow
Autori: Maureen Johnson, John Green e Lauren Myracle
Anno della prima edizione: 2015
Casa editrice: Rizzoli
Pagine: 373



 
È la Vigilia di Natale a Gracetown, North Carolina, e nulla sembra andare per il verso giusto ai protagonisti di questi tre racconti. Nel primo, scritto da Maureen Johnson, i genitori di Julie (il cui vero nome è Jubilee) vengono arrestati nella rissa per accaparrarsi un nuovo pezzo per il loro villaggio natalizio, ed affinché non resti sola proprio a Natale la spediscono i Florida dai nonni, separandola dal suo perfetto fidanzato Noah. Tuttavia il treno su cui la ragazza viaggia resta intrappolato nella neve e per sfuggire ad un’orda di cheerleaders Jubilee decide di scendere in mezzo al nulla. Approda in una Waffle House, che sarà al centro anche dei successivi racconti, dove incontra Stuart, pronto ad accoglierla per il Natale e a farle riconsiderare diversi aspetti della sua vita…
 
Nel frattempo alla Waffle House, ci racconta John Green nel successivo racconto (un John Green piuttosto divertente e sorprendente per me, che avevo letto di suo soltanto il drammatico Colpa delle stelle), il tranquillo lavoro di Keun viene interrotto dall’ingresso dell’orda di cheerleaders che aveva messo in fuga Jubilee e che avranno un effetto opposto sui suoi amici Tobin e JP. I due, ricevuta la chiamata di Keun che li invita a raggiungerlo (nonostante le strade siano sepolte dalla neve), abbandonano la tranquilla visione di un film di James Bond e coinvolgono anche la loro amica, Angie detta il Duca, in una rocambolesca gita in direzione della Waffle House. La loro notte di Natale, fatta di piedi ghiacciati e crocchette, non ha da offrire loro i tradizionali regali… Ma il Duca e Tobin hanno una reciproca, romantica sorpresa da farsi (non si può dire che sorprenda il lettore, che la sospetta già dalle prime righe del racconto).
 
Nella Waffle House, oltre alle cheerleader, a Keun e ai suoi colleghi c’è anche Jeb: un ragazzo dall’aria infelice che pensa ad una coetanea dai biondi capelli. È il suo il punto di vista che ci narra in prima persona il terzo racconto, in cui Addie ci descrive i propri strazianti sensi di colpa nella giornata di Natale: non ha saputo comprendere il modo di amare di Jeb, così diverso da quello che si sarebbe aspettata, ed ha finito col rovinare tutto ad un’insignificante festa. Il tema centrale del racconto di Lauren Myracle che conclude questo romanzo (ed incrocia la neonata felicità di Stuart e Jubilee) è il riconoscimento dei propri errori -e non dimentichiamoci un adorabile maialino di nome Gabriel che attende di essere adottato…

 
Il target a cui questi racconti si rivolgono è senza dubbio quello adolescenziale: si parla di primi amori, di scuola superiore, dei ragazzi più o meno popolari. Non si tratta di quei casi fortunati in cui, pur avendo in mente lettori giovani, il prodotto finale è ugualmente godibile per i più adulti: in questo caso i protagonisti non ci coinvolgono granché, non riusciamo ad immedesimarci nei loro drammi amorosi e nelle emozioni che provano.
Gli adulti, le famiglie, sono di fatto eliminate dal contesto: chi in prigione, chi bloccato altrove a causa della neve, non ci sono genitori nel mondo dei nostri protagonisti (ad eccezione della madre di Stuart, donna invadente e piuttosto sgradevole). Il sogno forse della maggior parte dei ragazzi? A mio parere è un quadro incompleto della situazione, specialmente considerando i giorni di festa in cui le storie si svolgono.
Tra i tre racconti ho preferito il primo, quello che a mio parere incarna maggiormente l’atmosfera natalizia che speravo di trovare in questo libro. Nel complesso non ne consiglierei la lettura, anche se mi ha strappato diversi sorrisi non sono stati sufficienti a dimenticare la prevalente sensazione di noia.

lunedì 4 dicembre 2017

Wonder

Wonder è un romanzo per ragazzi, o perlomeno è pubblicato indirizzandosi ad un target di lettori giovani: ha illustrazioni che introducono i capitoli, una copertina accattivante dal colore acceso, frasi che sembrano perfette per essere copiate sui diari di scuola. Ha anche protagonisti adolescenti nei quali un lettore tra gli undici e i tredici anni può senza difficoltà immedesimarsi. È una lettura, tuttavia, che fa riflettere ed intenerire anche lettori decisamente più adulti.
 



Titolo: Wonder
Autrice: R. J. Palacio
Anno della prima edizione: 2013
Casa editrice: Giunti
Pagine: 288
 




Wonder è un libro sulla gentilezza, e sulla scuola.
È questo prima di essere la storia di un ragazzino, August Pullman, contro cui la lotteria genetica pare essersi crudelmente accanita provocandogli una malformazione facciale gravissima ed impressionante, causata dalla sindrome di Treacher Collins. A undici anni August, detto Auggie, per la prima volta mette piede in una scuola per frequentare la prima media: ed è il caso di dirlo, mette piede proprio nella scuola giusta.

Il preside della Beecher Prep è infatti il signor Kiap, uomo lungimirante ed empatico, che vede molto ed altrettanto capisce. Il signor Kiap sa che i ragazzi non accetteranno facilmente August, sa che verrà preso in giro, che faticherà ad inserirsi; tuttavia fa del proprio meglio perché possa sentirsi a proprio agio e gli presenta per questo tre coetanei (Julian, Jake e Charlotte) in modo che lo facciano sentire meno smarrito.
I piani non vanno naturalmente sempre come vorremmo, e nonostante Jake si riveli proprio l’amico che Auggie vorrebbe incontrare anche il loro rapporto non sarà privo di sorprese, non tutte piacevoli.  Mentre Charlotte appare sostanzialmente piuttosto anonima e marginale, a Julian tocca il ruolo del “cattivo”, più che mai necessario in un libro per ragazzi come questo. Non c’è ostacolo però che Auggie non superi, ed il suo senso dell’umorismo e la sua intelligenza colpiscono abbastanza i suoi coetanei, dapprima diffidenti se non ostili, da renderlo uno di loro al punto di essere pronti a difenderlo nelle situazioni davvero pericolose per lui -molto più delle prese in giro a cui, purtroppo, ha fatto l’abitudine.


 
 
La scuola ed il signor Kiap, così come il professor Browne ed i suoi precetti per ispirare i suoi allievi (mi hanno ricordato i compiti sui valori assegnati Anastasia Krupnik, una delle mie amiche di carta dell’infanzia uscita dalla penna di Lois Lowry in Anastasia, quanti dubbi!), hanno un ruolo determinante in questo libro. Ci ricordano che la scuola ha un grande potere sulla vita dei bambini, degli adolescenti: forse si tende a sottovalutarlo, ma in presenza di figure competenti come il preside ed il professore che ci propone R. J. Palacio c’è davvero accoglienza, si costruisce davvero un porto sicuro anche per i ragazzi che sarebbero altrimenti messi da parte, derisi, umiliati. Resta viva in me la speranza che scuole così (magari addirittura pubbliche, come la Beecher Prep purtroppo non è) possano esistere anche nella realtà e far trovare la propria dimensione a tanti studenti che condividono con August una qualche peculiarità.

Un altro elemento che R. J. Palacio costruisce alla perfezione è la famiglia. I genitori di Auggie sono amorevoli, presenti, orgogliosissimi del figlio; sono i genitori ideali per lui. Questo quadretto sarebbe a dir poco utopistico se non fosse per Olivia, detta Via, la sorella di Auggie: di qualche anno più grande è lei a vivere la condizione del fratello in modo conflittuale. Da un lato gli vuole un gran bene ed è abituata a proteggerlo da tutti coloro che vogliono ferirlo; dall’altra parte però fatica a ritargliarsi una propria dimensione nell’ambito familiare, sentendosi spesso trascurata e costretta ad arrangiarsi da sé dal momento che August ha bisogno di moltissime attenzioni. Via stessa è un’adolescente, e vive la sua età con le sfide che essa rappresenta; vorrebbe essere una ragazza normale, senza quello strano fratello al seguito che fa tanto parlare di sé, eppure non tollera di frequentare chiunque non si relazioni a lui in modo positivo.
 
Dopo lo strepitoso successo di Wonder (che è stato anche trasposto in un film), R. J. Palacio ha pubblicato altre tre storie che danno voce a tre dei personaggi della storia: Julian, Christopher e Charlotte. Mi incuriosiscono molto, perché inaspettatamente non sono i co-protagonisti (come Jake o Via) o personaggi sempre presenti accanto ad August nel primo romanzo, ma il “cattivo” della storia -che ha ben poco risalto nella seconda metà di Wonder- e due elementi piuttosto marginali… Che quindi potrebbero riservare piacevoli sorprese.

sabato 2 dicembre 2017

Il pastore d'Islanda

L’Islanda è una terra lontana, fredda, dove buio e luce si alternano in cicli molto diversi da quelli ai quali siamo abituati. È una terra sconosciuta per me, e magica nelle pagine di Gunnarsson, che mi ha trasportato in un’atmosfera innevata e fatata e ha dato probabilmente inizio ad una nuova tradizione del periodo natalizio.
 
 
 
 
Titolo: Il pastore d'Islanda
Autore: Gunnar Gunnarsson
Anno della prima edizione: 1937
Titolo originale: Advent
Casa editrice: Iperborea
Pagine: 160
 
 
 
 
La prima domenica d’avvento, da quando aveva ventisette anni, l’islandese Benedikt si mette in cammino nelle terre coperte di neve e va alla ricerca delle pecore che hanno smarrito il proprio gregge per riportarle a casa. Il viaggio che ci viene raccontato in questo piccolo capolavoro è il ventisettesimo, e non è di certo il più fortunato della vita di Benedikt.
I suoi fidi compagni sono un montone ed un cane, Roccia e Leo; il primo è serio ed affidabile quanto il secondo allegro ed entusiasta. Per Benedikt sono molto più di due animali: sono i suoi amici, i suoi compari d’avventura, per i quali si preoccupa e dei quali si fida ciecamente, dei quali ha bisogno per compiere la propria impresa.
Potremmo dire che Roccia e Leo aiutino Benedikt molto più di quanto non facciano gli uomini: non appena intrapreso il suo viaggio infatti Benedikt viene affiancato da uomini intenzionati a sfruttare la sua abilità per recuperare i propri capi di bestiame smarriti, che si approfittano oltre che di lui anche delle sue scarse provviste. Questo, insieme alle tempeste di neve che lo sorprendono ripetutamente e non accennano a smettere, mette davvero a rischio la missione di Benedikt: se non fosse per un ragazzo, suo omonimo, pronto a dargli una mano e a creare un legame con lui regalando alla nostra storia un lieto fine.



Questo romanzo è pura poesia. In un attimo siamo trasportati in un’altra dimensione, in un vortice di fiocchi di neve, in cui ci si rifugia sotto terra e ci si fa luce con una candela. Con Benedikt sentiamo il vento freddo arrossarci il viso, i piedi affondare nel manto bianco che ricopre il mondo, il silenzio che ci circonda interrotto dal crocchiare degli scarponi e dall’abbaiare di Leo. Proviamo con lui la sensazione di sicurezza data da un riparo scavato nella neve, lo smarrimento nelle tempeste e la solitudine che rasserena e insieme, talvolta, spaventa.
Siamo al cospetto di un vero e proprio classico della letteratura nordica, scritto in origine in lingua danese (Gunnarsson studiò in Danimarca, del cui regno negli anni Trenta l’Islanda faceva parte) e divenuto famoso nella sua edizione in lingua tedesca. Una sorta di “Canto di Natale” ambientato nella neve, in una terra lontana e senza fantasmi: con un protagonista integerrimo, molto diverso da Scrooge.
Personalmente lo ritengo senza ombra di dubbio uno tra i romanzi letti quest’anno che ho preferito, e ve lo consiglio caldamente!