venerdì 22 dicembre 2023

David Copperfield

Non leggo spesso classici, anche se ce ne sono moltissimi che mi incuriosiscono e che, prima o poi, mi piacerebbe recuperare. Quest'inverno è venuto il momento di "David Copperfield" di Charles Dickens, complice la recente pubblicazione in italiano del romanzo "Demon Copperhead", vincitore del Pulitzer 2023, che vi è ispirato e che mi è stato regalato per Natale.

Voluminoso romanzo di formazione, racconta dalla nascita sotto infausti presagi di David fino alla sua maturità di scrittore, marito e padre. David sarà nell'infanzia orfano dapprima di padre, poi anche di madre; sarà mandato in collegio e poi in fabbrica da un crudele patrigno, e sarà salvato da una bizzarra zia. Sempre circondato da personaggi pittoreschi, perché qui le figure secondarie restano impresse quanto quelle di primo piano (l'amorevole governante Peggoty a cui leggere il Libro dei Coccodrilli, mister Dick ossessionato dalla testa di re Carlo I ma anche sincero e buono di cuore, la zia Betsy stessa, impegnata nello scacciare gli asini), David vivrà momenti di grande difficoltà, ma anche un percorso di crescita e di crescente successo.

Sembra quasi una fiaba questa storia, con David in balia del destino, di quei fantasmi la cui visione gli è stata predetta sin dalla nascita. Al tempo stesso c'è l'Inghilterra vittoriana con le sue ipocrisie e la sua avidità, come negli antagonisti Murdstone e Heep, e i riflessi autobiografici della professione e del lavoro in tenera età a cui Dickens fu costretto dai debiti paterni, elemento che anche qui ricorre in Micawber. 

"David Copperfield" è un romanzo pieno di personaggi, di avvenimenti, di cattivi che trovano la propria punizione e di onesti che vengono ricompensati; è un romanzo di opposti, di descrizioni minuziose, in cui ci si sente trasportati per le buie strade di Londra o nella campagna inglese, nella casa-nave del signor Peggotty che non si arrende all'idea di aver perso Emily (e con la sua perseveranza la trova davvero), nel bush australiano dove reinventarsi. 

Se David a volte pecca di ingenuità, non proprio una cima nell'interpretare ciò che gli accade intorno, è anche vero che gli si vuol bene dalla prima pagina, e che il rasserenante lieto fine che concede Dickens ai suoi eroi è esattamente ciò che desideravo trovare alla fine di queste oltre novecento pagine!

Qual è il vostro Dickens preferito?

mercoledì 20 dicembre 2023

N.P.

Dopo un anno e mezzo di per sua stessa dichiarazione grandi difficoltà e fragilità, Banana Yoshimoto pubblica nel 1990 "N.P.", portato in Italia due anni dopo da Feltrinelli editore con la traduzione di Giorgio Amitrano.

Vi riprende i temi che abbiamo incontrato nei suoi romanzi precedenti: la componente di percezioni extrasensoriali, le relazioni forti tra personaggi femminili e tra consanguinei, la spiritualità. Il richiamo a "Presagio triste", di cui la scrittrice era rimasta parzialmente insoddisfatta, è particolarmente forte.

Qui però troviamo tinte più noir di quelle a cui eravamo abituati: la trama ruota attorno ad un racconto, intitolato proprio "N.P.", il numero 99 mai pubblicato di una raccolta, che sembra avere un oscuro potere, conducendo al suicidio sia il suo autore sia coloro che si sono dedicati poi alla traduzione. È questo che è successo a Shoji, che era il fidanzato della protagonista, così come al padre di Saki, Otohiko e Sui, quest'ultima il personaggio più sfaccettato e provocatorio del libro, che oscilla tra l'aggressività, la debolezza e l'indecisione [sicuramente traumatizzata dall'essere stata dapprima l'amante del proprio padre, lo scrittore in questione che non sapeva fosse sua figlia, e poi del proprio fratellastro].

L'ambientazione è un Giappone estivo caldissimo, in cui si stringono legami brevi ma intensi come quello tra i quattro ragazzi, si mangiano ghiaccioli, si cammina in abiti succinti e si concludono le storie in riva al mare, con un falò e il vino nei bicchieri di plastica. Nonostante il tema del suicidio sia ricorrente in queste pagine, Banana Yoshimoto riesce ancora una volta a trasmettere tutt'altro che un messaggio angosciante e colmo di tristezza: una volta chiuso questo romanzo breve quello che ci rimane è un senso di speranza, la forza verso la rinascita di chi ha trovato la forza di elaborare le separazioni, i lutti e gli eventi traumatici [spingendosi fino al punto di Sui, che trova la forza per portare in grembo una nuova vita]. 

Proprio questa sorta di effetto terapeutico è la ragione che mi spinge a voler leggere regolarmente le opere dell'autrice: nella loro semplicità sento che mi fanno bene, che ne esco rasserenata e rinfrancata. 

Quali sono gli autori che sanno farvi sentire meglio?

giovedì 14 dicembre 2023

Il mio anno di riposo e oblio

Ottessa Moshfegh, autrice statunitense contemporanea (dalle origini iraniane e croate), dalla vita movimentata e fatta di molteplici traslochi, cambiamenti lavorativi e personali, pubblica nel 2018 il suo secondo romanzo, "Il mio anno di riposo e oblio", portato in Italia da Feltrinelli, la cui protagonista di cui non sapremo mai il nome cerca di rendersi immobile.

È una giovane newyorkese benestante e attraente, orfana di entrambi i genitori che non hanno mai saputo darle affetto, in una relazione a dir poco tossica con un uomo interessato solo al suo corpo, profondamente annoiata e disillusa. Stanca della sua vita, con la complicità della psichiatra peggiore che potrete mai immaginare, decide di indursi una sorta di sonno prolungato attraverso l'assunzione di numerosi farmaci -i cui effetti non sono però del tutto prevedibili.

Siamo tra il 2000 e il 2001, e l'unica persona che sembra capace di rimanerle accanto è Reva, amica dai tempi del college, personaggio che le fa da contraltare con le proprie nevrosi: essere sempre più magra, gestire i propri sentimenti per il capo naturalmente sposato, la perdita della madre, il tentativo di rimanere una donna in carriera accettata in società mascherando le proprie debolezze. 

Se per la protagonista, con i suoi problemi da giovane donna bianca ricca e privilegiata, ho provato spesso una certa irritazione, ho più spesso provato empatia per Reva, che ne condivide svariati aspetti ma cerca comunque di essere presente per lei nonostante la freddezza che riceve in cambio.

"Il mio anno di riposo e oblio" è un romanzo insolito, talvolta provocatorio, altre invece capace di suscitare tenerezza. Ho trovato efficacissima la sua conclusione, di cui erano state disseminate anticipazioni preparatorie [Reva infatti perde la vita nell'attentato alle Torri Gemelle, dove era stata trasferita a lavorare dal capo che l'aveva lasciata], e nonostante sia piuttosto lontano da ciò che leggo di solito l'ho trovata una lettura appassionante e convincente. 

Qual è l'ultimo libro lontano dalla vostra zona di comfort che avete letto?

Lettera a Berlino

Agli sgoccioli della Guerra Fredda Ian McEwan scrive "Lettera a Berlino", un romanzo ambientato nel 1955 in una capitale tedesca spartita dagli alleati, ispirandosi alla costruzione di un tunnel realmente avvenuta tra le sezioni della città ad opera degli occupanti inglesi e americani.

"Lettera a Berlino" è una storia principalmente di spionaggio, che nella prima parte non mi ha fatto sentire davanti ad una lettura nelle mie corde, ma che poi si articola in una storia d’amore tra Leonard, il protagonista inglese che ha più dubbi che certezze sull'incarico a cui è stato destinato, e Maria, una donna tedesca vittima del marito violento che diventa per Leonard una sorta di iniziazione amorosa, ma anche ciò che porterà ad un evento tragico e violento, dai risvolti macabri in linea con la prima produzione dell'autore [circa alla metà del romanzo ovvero l’omicidio da parte della coppia del marito di lei che diventerà lo smembramento del cadavere e un’avventura per nascondere le parti].

Dalla metà in poi il romanzo si fa più appassionante, e si chiuderà proprio con la "lettera a Berlino" del titolo italiano nella quale Maria e Leonard avranno un chiarimento definitivo a distanza però di molti anni.

Il titolo originale è "The Innocent", l'innocente, ed è forse più significativo e contestualizzato nella storia perché Leonard è in qualche modo trascinato da ciò che gli avviene accanto, dalle dinamiche della Guerra Fredda, dai suoi superiori e anche dalle proprie pulsioni nei confronti di Maria, ma non se ne sente in alcun modo responsabile.

Non è diventato uno dei miei McEwan preferiti, ma in ogni caso lo stile dell’autore e la sua capacità di reinventarsi e raccontare storie sempre diverse dalle precedenti era già evidente alla fine degli anni '80 ed è sempre un’ottima ragione per leggerlo e per me per proseguire nel mio progetto di recupero totale della sua produzione!

Qual è il vostro titolo preferito dell'autore?

La prosivendola

Terzo volume della serie dei Malaussène, "La prosivendola" di Daniel Pennac, pubblicato da Feltrinelli editore, è quello che per il momento ho preferito. 

Pennac si conferma con questa storia un magnifico narratore, capace di intersecare il giallo, l’avventura, scene che fanno sorridere e altre che invece ci procurano sincera commozione. Al centro come sempre i nostri eroi a partire, da Benjamin che però sta cambiando mestiere: stanco di fare il capro espiatorio si lascia sedurre dall’ipotesi di impersonare uno scrittore i cui romanzi vendono molto, ma la cui identità è a tutti sconosciuta. 

Questo non avviene inevitabilmente senza conseguenze, anzi Benjamin arriva a rischiare seriamente la vita e infatti trascorrere il novanta per centro di questo romanzo in ospedale, in coma, collegato ad un respiratore. Nel frattempo la sorella Clara, la sua preferita, che era sul punto di sposarsi con un più che maturo direttore del carcere rimane vedova il giorno stesso delle nozze e per di più incinta di un bambino con la nascita del quale si chiuderà questo romanzo, così come era successo con l’arrivo di Verdun al termine de "Il paradiso degli orchi" -qui il nuovo arrivato si chiamerà niente di meno che È Un Angelo! 

Nel frattempo, mentre Benjamin è stato quasi assassinato, il direttore del carcere del tutto, anche la casa editrice viene presa di mira e Pennac come proprio in un romanzo giallo svelerà un indizio alla volta la verità che si cela dietro ad un evidente vendetta [l’autore infatti di cui Benjamin aveva preso il posto non era l’uomo che lui credeva, e che rimane a sua volta vittima della vendetta, bensì un ospite del carcere colpevole anche dell’omicidio del direttore, le cui opere erano state sottratte dalla sua cella e pubblicate a sua insaputa, portandolo a commettere nuovi omicidi come già gli era capitato in passato quando era stato ingannato dai fratelli divenuti amanti della moglie]. 

Il caso è più complesso dei precedenti, e anche più avvincente, anche perché ruota attorno al mondo dei libri e della lettura che è un argomento di cui leggo sempre volentieri. 

Seppure ci si prende di certo delle libertà nel campo medico, garantendo al nostro eroe la sopravvivenza che gli permetterà di essere protagonista dei successivi romanzi, è un gran sollievo sapere che le avventure di questa colorita famiglia non si fermeranno qui, perché è impossibile non affezionarsi a Thérèse che prevede il futuro e comunica con il mondo dei morti (anche qui, con nostro grande sollievo, perché purtroppo al termine di questa storia verremo privati dell'ispettore Van Thian), a Clara e alle sue fotografie che interpretano nel mondo, alla rabbia di Jéremy, agli incubi del Piccolo, al coraggio di Julie e alle crisi epilettiche premonitrici del cane Julius. 

Ho trovato questo romanzo veramente delizioso, si legge per il piacere di godersi una storia senza morale alcuna, capace di suscitare nel lettore sentimenti autentici e di farlo immergere in una Parigi vibrante, nel quartiere di Belleville sempre più multiculturale. Sono sempre più contenta di aver deciso di riprendere in mano queste storie perché oggi le sto apprezzando ancora di più di quando le avevo scoperte da adolescente e non vedo l’ora di dedicarmi alla prossima! 

Qual è il volume che preferite di questa serie?

domenica 10 dicembre 2023

Sotto la falce

Dieci anni dopo la pubblicazione negli Stati Uniti, NN editore porta in Italia "Sotto la falce" di Jesmyn Ward, memoir dell'autrice della trilogia di Bois Sauvage che come sapete ho amato molto.

Poche letture dell'ultimo periodo sono state per me così dolorose: a chi versa fiumi di lacrime per l'inventiva di Hanya Yanagihara in "Una vita come tante" consiglierei di leggere le oltre duecento pagine di realtà che scrive Ward, alternando capitoli dedicati ad amici precocemente morti e alla storia della propria famiglia, fino ad un'appendice risalente al 2020 quando alla lista si aggiunse anche la perdita del marito, a causa del Coronavirus.

Jesmyn Ward scrive una storia personale, ma la rende universale: è la storia della popolazione afroamericana del Mississippi, della disgregazione delle famiglie che risale alla tratta degli schiavi, della discriminazione sistemica che rende i neri cittadini di serie B, vittime della violenza istituzionale, delle autorità e della giustizia che non li difende. 

Joshua, il capitolo dedicato alla perdita del quale è quasi in chiusura del testo, diventa il fratello di ognuno dei lettori: quello che a scuola non è stato compreso e l'ha abbandonata prematuramente, che per arrotondare le entrate di lavori precari e sottopagati si è avvicinato allo spaccio di crack, ma anche quello che viaggiava in auto, di notte, con la propria sorella maggiore, facendola sentire importante. 

"Sotto la falce" è un racconto durissimo di possibilità negate, di donne che tengono in piedi una famiglia da sole spezzandosi la schiena con lavori di fatica, dell'istruzione come unica opportunità per aspirare al meglio (ma difficile da guadagnarsi al di fuori delle scuole pubbliche dove i ragazzi neri siedono in fondo, accusati di ogni disordine). 

Jesmyn Ward dà voce alla sua comunità e lo fa con coraggio, con pagine intrise di dolore e di realtà, che mettono in lettore davanti a verità scomode che avrebbe di certo preferito evitare -ed è giusto che non ci sia permesso. Avevo amato i suoi romanzi (non vedo l'ora di leggere l'ultimo), qui i primi due ogni tanto fanno capolino, ma aggiungere questo tassello è stato determinante per una più profonda comprensione delle opere dell'autrice, profondamente ancorate alle sue origini.

Quali sono i vostri NN preferiti?