giovedì 26 ottobre 2023

L'altra Grace

Romanzo storico basato su un fatto realmente accaduto nel Canada del diciannovesimo secolo, "L'altra Grace" di Margaret Atwood, pubblicato da Ponte alle Grazie, racconta la storia di Grace, una giovane domestica di origini irlandesi che trascorse quasi trent'anni in carcere, accusata dell'omicidio del suo datore di lavoro e dell'amante di lui.

Che Atwood sia una grande narratrice è indubbio, chiunque abbia letto "Il racconto dell'ancella" lo sa bene. Anche qui dà voce ad un personaggio femminile indimenticabile, dal linguaggio semplice ma dalle riflessioni mai scontate, che ci racconta in prima persona in numerosi capitoli la sua vita, da un'infanzia di povertà e lavoro precoce a pochi anni di serena spensieratezza, fino alla morte della sua migliore amica e poi al processo, al manicomio, alla prigione.

Grace è innocente? È stato il lavorante che per gli omicidi è stato condannato a morte ad invischiarla nel caso, oppure era incapace di intendere e di volere al momento del delitto? O invece è colpevole, ed è un'abile manipolatrice a cui fin troppi hanno creduto?

Ce lo chiediamo mentre accompagniamo il dottor Simon nei lunghi colloqui in cui ne indaga la salute mentale, cercando di porre rimedio all'apparente amnesia della ragazza. Simon, che personaggio detestabile, con il desiderio sotto la superficie di irretire Grace, sfogato su un'altra donna indifesa, la padrona di casa sedotta ed abbandonata.

L'autrice ci fa affezionare a Grace pagina dopo pagina, ricordo dopo ricordo, e crea altri personaggi secondari che rimangono impressi, come il venditore ambulante Jeremiah, capace di reinventarsi in ben altri panni e che a modo suo non la abbandonerà mai [disposto addirittura ad inscenare una possessione demoniaca pur di dimostrarla innocente agli occhi del Direttore del carcere]; come Jamie, il ragazzino col flauto che intrecciava corone di margherite, che sembrerà tradirla come un Pietro biblico (i riferimenti al testo sacro sono numerosissimi tra queste pagine) ma poi le regalerà dopo la prigionia un futuro di insperata serenità.

Margaret Atwood inventa ciò che riempie gli spazi di molteplici documenti dell'epoca, che compaiono tra le pagine. Alterna i punti di vista di Grace e di Simon, arricchisce il romanzo di corrispondenze tra i personaggi, e se il ritmo di partenza può sembrare lento a decollare dopo un centinaio di pagine si è così coinvolti che non si riesce più ad interrompere la lettura. Il mio sollievo nello scoprire che l'autrice (ma in effetti anche la vicenda della Grace realmente esistita) ci regala un lieto fine portate a termine queste oltre cinquecento pagine è stato immenso, e posso davvero dire che questo romanzone mi abbia scaldato il cuore, perciò non posso che consigliarvelo.

Ora non mi resta che godermi la visione della serie televisiva!  

Cosa avete letto di Margaret Atwood?

Come dividere una pesca

 "Come dividere una pesca", titolo di Noor Naga portato in Italia da Feltrinelli editore  (il titolo originale è "If an Egyptian cannot speak English"), è un romanzo che ha superato le mie aspettative.

La trama, di per sé, potrebbe non sembrare originale: una ragazza americana di origini egiziane si trasferisce al Cairo alla ricerca della propria identità, ma fatica ad inserirsi con i suoi capelli rasati e il suo arabo impreciso; incontra un giovane fotografo originario del modesto villaggio di Shubra Khit dove è cresciuto con l'amata nonna (poi morta suicida in un forno tradizionale), in difficoltà economiche e tossicodipendente, che a sua volta non trova un posto nella società dopo aver documentato anni prima la cosiddetta rivoluzione di piazza Tahrir, che ha poi purtroppo deluso i ragazzi come lui. 

È dunque una storia di differenze, di classe e di provenienza, di chi torna in un Paese da cui i trentenni non vedono l'ora di potersene andare, differenze di lingua (l'arabo di lei incerto, lui che non ha mai studiato l'inglese), di appartenenza culturale -lei è figlia del #metoo, delle rivendicazioni, della battaglia per i diritti lgbtq+ e lui ha lottato per la libertà d'espressione, contro la dittatura, ma è cresciuto immerso nel patriarcato e nell'omofobia.

Quello che colpisce in questo romanzo e lo rende degno di nota è la sua struttura: diviso in tre parti, la prima si apre ad ogni brevissimo capitolo con una domanda, apparentemente scollegata dal suo contenuto. Alterna i punti di vista dei due e non fornisce spiegazioni, approfondimenti, note a pié di pagina, solo le loro voci dirette e prive di abbellimenti. Le note compaiono nella seconda parte, che contestualizza modi di dire, tradizioni e comportamenti, ma anche parole che erano prima lasciate prive di traduzione tanto da disorientare un po' il lettore.

Ancora più sperimentale è la terza parte: in qualche modo una sostituzione di una vera e terza parte del romanzo, si costruisce come un dialogo metaletterario, che conclude la vicenda con degli accenni che il lettore deve cogliere tra le voci di altri lettori a cui il libro è stato presentato dalla protagonista stessa. 

Questa forma è la sua forza, distingue "Come dividere una pesca" da altre storie che potrebbero somigliargli, lo rende ancorato all'attualità statunitense ma anche egiziana, richiede al lettore un certo impegno ma lo ripaga abbondantemente. Se siete alla ricerca di una lettura insolita e ben costruita, ve lo consiglio!

Qual è l'ultima autrice che avete scoperto?

mercoledì 25 ottobre 2023

Continuare

Non definirei purtroppo "Continuare" di Laurent Mauvignier, pubblicato da Feltrinelli editore, un romanzo all’altezza delle mie aspettative. 

Le premesse erano ottime: un viaggio in Kirghizistan compiuto da una madre e da un figlio, l’occasione perfetta per recuperare un testo ambientato in un paese di cui non ho mai letto nulla fino ad oggi. Il Kirghizistan c’è tra queste pagine, o perlomeno c’è la sua natura sterminata, i cieli stellati, i pascoli, le cascate improvvise, le montagne scoscese e poi la sua popolazione accogliente, sempre pronta ad offrire ospitalità e a sfamare i viandanti nelle proprie iurte.

C’è anche Samuel, un adolescente arrabbiato, che la madre Sybille fa di tutto per allontanare dalle pessime compagnie che ha cominciato a frequentare, dalle sue ideologie di estrema destra e delle cattive azioni che compie senza nemmeno sapere perché. Samuel, che prende il nome da Samuel Beckett, è figlio di una donna insoddisfatta, che non ha realizzato i propri sogni, che ha perso l’unico uomo che amava e ha divorziato dal padre di Samuel che ha meritato soprattutto il suo disprezzo. 

È una riscoperta quella di madre e figlio attraverso il Kirghizistan, mentre cavalcano lontani dalle comodità della Francia alle quali sono abituati. È un romanzo evocativo senza dubbio, ma che una volta terminato non mi ha lasciato granché: ha avuto bisogno di scene drammatiche per portare un vero e proprio sviluppo ai personaggi [infatti perché Samuel decida di interessarsi davvero a sua madre e leggere i suoi appunti deve accadere un incidente nel corso del quale la donna è quasi morta] e nonostante la brevità in diversi passaggi l’ho trovato anche un po' ripetitivo. 

L’autore oggi è in libreria con un romanzo più recente intitolato "La festa di compleanno", che dalla copertina mi aveva molto attratta. Tuttavia terminata questa lettura credo che non entrerà a far parte della lista delle mie priorità! 

Qual è l’ultima lettura che non vi ha convinti?

venerdì 20 ottobre 2023

I corpi neri

"I corpi neri" di Shannon Burke, pubblicato dalle non più in attività ISBN Edizioni (oggi lo trovate in libreria per Marotta e Cafiero con il titolo "Mosche nere"), è un altro di quegli acquisti che ho fatto d'impulso, senza saperne granché, attratta semplicemente dalla trama e dal prezzo ridicolo, e ancora una volta si rivela una sorpresa davvero in positivo! 

Basato sull’esperienza autobiografica dell’autore che ha lavorato come paramedico, questo testo racconta con toni crudi e senza sconti un anno da paramedico ad Harlem nei primi anni '90: un quartiere segnato dalla tossicodipendenza, dalla violenza, fuori dal controllo del sindaco di allora Rudy Giuliani, dove è davvero difficile rimanere gli stessi dopo aver lavorato tentando di salvare la vita a persone che vivono ai margini della società. 

Il protagonista e narratore in prima persona è Ollie, che sta aspettando di entrare alla scuola di medicina per la quale lo scorso anno ha fallito l’esame e mentre si prepara per un secondo tentativo impiega il suo tempo facendo esperienza sul campo. Condivide i suoi giorni con una squadra composta da uomini che hanno più esperienza di lui e hanno reagito ad essa in maniere diverse: chi è diventato granitico, insensibile e talvolta crudele; chi mette tutto se stesso nel lavoro che fa, dedicandosi con tutte le energie alla cura del paziente, e chi invece rimane nel mezzo ma cede alla tentazione di diventare un giustiziere. 

Le parabole dei suoi colleghi [in particolare del suo compagno di turno Rutkovsky che cederà alla pressione e al senso di colpa di aver tentato di uccidere un neonato che credeva già troppo danneggiato dalla tossicodipendenza della madre e amareggiato anche dall’allontanamento della figlia bambina si toglierà la vita] influenzeranno profondamente anche il protagonista.

Ho apprezzato che a Ollie sia dato uno sviluppo personale e professionale che trova una compiutezza nel finale, nell’ammissione alla scuola in medicina e nell’aver trovato in qualche modo il proprio ruolo di paramedico dedito più a salvare vite che al giocare a fare Dio. 

Se siete amanti dei medical drama, da Grey’s Anatomy a Chicago Med, credo che questo libro potrebbe piacervi molto: vi si ritrovano le stesse atmosfere, la stessa concitazione, e le scene sono descritte in modo così vivido che sembra di trovarsi davanti ad uno schermo. Certo quelli più sottolineati sono gli aspetti peggiori, quelli talvolta più nauseanti, ma in ogni caso non è una storia priva di speranza né di esempi da seguire, e l’ho trovata una lettura molto appassionante, mai ripetitiva seppure inevitabilmente gli avvenimenti si susseguono in modo abbastanza simile. 

Qual è l’ultimo titolo acquistato per caso che si è rivelato una bella sorpresa?

mercoledì 18 ottobre 2023

Eva dalle sue rovine

Il primo aspetto davvero degno di nota di “Eva dalle sue rovine” di Ananda Devi, titolo pubblicato da Utopia editore e purtroppo al momento fuori catalogo (ma spero che sia prevista una ristampa!), è la scrittura: l’autrice, mauriziana di origini indiane che scrive in francese, sa essere poetica, evocativa e al tempo stesso cruda e diretta, dando voci riconoscibili ai suoi personaggi.

Siamo a Mauritius, nel quartiere malfamato di Troumaron nella capitale Port Louis. Qui vivono la Eva del titolo, Saddiq che scrive ispirandosi a Rimbaud ed è perdutamente innamorato della ragazza, l’amica Savita, l’arrabbiato Clélio che ha precedenti minorili ed è ormai considerato un irrecuperabile delinquente.

Sono vite complicate le loro, dove Eva scambia il proprio corpo con qualche favore col quale allontanarsi dalla povertà, dove Clélio pensa al fratello, emigrato in Francia, che finge un successo che non ha raggiunto. La violenza serpeggia per il quartiere e quando colpisce una di loro [Savita, vittima innocente dell’aver scoperto Eva insieme a un professore, che non accetta di essere stato scoperto ed elimina l’unica testimone dell’illecito] è difficile distinguere i colpevoli, gli innocenti, chi ha ancora qualche possibilità per il futuro e chi invece è stato condannato dall’ambiente in cui è cresciuto.

“Eva dalle sue rovine” è un romanzo breve e denso, che alterna in capitoli di poche pagine i punti di vista dei suoi protagonisti. Racconta la rabbia dell’adolescenza, i carboni ardenti sotto la cenere della miseria, di un mondo ai margini dove le fabbriche chiudono, le produzioni delocalizzate in Cina, e i tifoni distruggono case acquistate con enormi sacrifici da una generazione di genitori che non hanno più la forza di difendere i propri figli. 

In poche pagine Ananda Devi scrive un romanzo memorabile, in uno stile che ho amato dalla prima all’ultima riga: spero proprio che saranno pubblicate in Italia altre sue opere in futuro!

Qual è l’ultimo romanzo africano che avete letto?

Poirot e la strage degli innocenti

La mia lettura autunnale in occasione di Halloween quest’anno è stata "Poirot e la strage degli innocenti" di Agatha Christie, letta in una vecchia edizione Mondadori trovata in bookcrossing.

Ha per protagonista l’investigatore belga Hercule Poirot, e a dire il vero Halloween non è particolarmente presente nella trama, ma solo la data in cui avviene l’omicidio che dà il via all’indagini nel corso di una festa organizzata per bambini e adolescenti di un paesino nella campagna inglese. 

Una ragazza di soli 13 anni viene assassinata; alla festa è presente una scrittrice di romanzi gialli, che coinvolge Poirot, pronto ad intervenire e a sbrogliare la matassa di segreti che si annidano nella comunità [ruotano attorno alla ragazzina, ma anche all’amica che è stata testimone di un omicidio e gliel’ha raccontato. Quando lei però se ne vantata in pubblico, la colpevole ha pensato di essere stata scoperta e l'ha così eliminata; ma altri omicidi erano stati commessi prima di questo: una ragazza alla pari che stava per ereditare una fortuna e un giovane avvocato coinvolto nella stesura del testamento.]

Ho letto pochi romanzi di Agatha Christie finora, tra i più famosi: "Dieci piccoli indiani", "Assassinio sull’Orient Express". Ogni volta mi cattura la capacità dell’autrice di disseminare piccoli indizi nel corso della trama e cerco sempre di concentrarmi su di essi per farmi una mia idea del possibile colpevole; ovviamente non ci riesco, ma questo è anche il bello della lettura, che altrimenti si rivelerebbe prevedibile e meno coinvolgente. 

Anche questa volta ho vissuto l’esperienza di una lettura estremamente piacevole e appassionante, durante la quale non vedevo l’ora di scoprire la verità che l’intelligentissimo detective stava decifrando dialogo dopo dialogo, mentre io brancolavo nella nebbia. L’autrice ha scritto davvero troppo perché io mi metta in testa di recuperare tutte le sue opere, per il momento, ma sono sicura che quando mi capiterà per caso il prossimo dei suoi romanzi non esiterò a godermi ancora un’altra delle sue avventure!

Qual è il vostro romanzo preferito della giallista più famosa di tutte?

giovedì 12 ottobre 2023

Una vita come tante

 Uno dei titoli che più mi è stato consigliato in questi ultimi anni è senza dubbio "Una vita come tante" di Hanya Yanagihara, pubblicato da Sellerio, che finalmente mi sono decisa a leggere. Se voi ancora non l'avete fatto, ma vorreste in futuro, non procedete nella lettura del mio parere, perché credo che svelerò troppo in proposito.

"Una vita come tante" è un romanzo strategico: è pianificato, costruito ad arte per fare più male possibile al lettore, per togliere il fiato dal dolore di certe scene. 

Il protagonista è Jude, che incontriamo giovane uomo con svariate problematiche di salute fisica e mentale; lo incontriamo avvocato in carriera, circondato da amici e da persone che lo amano. Tra gli amici più stretti ci sono Willem, aspirante attore, l'architetto Malcolm, l'artista JB che lo ritrarrà tante volte nel corso degli anni; Harold, un docente, che lo amerà come un figlio, il figlio che ha perso quando era solo un bambino. Ma Jude è anche perseguitato dai traumi dell'infanzia e dell'adolescenza in cui è stato vittima di indicibili abusi da parte di fin troppi uomini. 

E qui c'è il primo eccesso che ho riscontrato: Jude è una vittima predestinata, a cui sembra capitare di tutto e di più come se attirasse le violenze come una calamita, fino ad un inverosimile sequestro di persona. 

L'autrice ci fa rilassare, tra un flashback insopportabile e l'altro (e attenzione, se siete sensibili alla pedofilia e agli abusi su minore sarebbe meglio evitare questa lettura, io a più riprese ne sono stata davvero nauseata) ci regala anni felici di Jude, dove però rimangono l'autolesionismo, i fantasmi del passato, le relazioni abusive. 

C'è però Willem, faro nella notte, migliore amico che con Jude condivide tutto dall'epoca del college; c'è una relazione che potrebbe essere salvifica, dare un senso a un'esistenza cupa, ma qui torna la strategia dell'autrice, e nessuna serenità ci è concessa (con un incidente improvviso in cui Willem, divenuto un attore famoso, perde la vita -e anche qui, la coincidenza mi è parsa come sopra eccessiva, una vera e propria persecuzione). 

"Una vita come tante" è un romanzo furbo: non si riesce a chiudere prima di averlo terminato, perché si vuole a Jude un gran bene, perché si tifa per lui in modo disperato e irragionevole, nonostante gli innumerevoli presagi di sventura di cui il libro è disseminato.

Non posso dirvi che non mi sia piaciuto, perché mi ha commossa, le pagine dedicate all'elaborazione del lutto sono di una profondità e realismo rare, la costruzione dei personaggi è graduale e impeccabile al punto di renderli tutti tridimensionali, ci sono pagine di poesia e delicatezza come quelle dedicate all'adozione di Jude da parte di Harold e Julia che non dimenticherò facilmente. Tuttavia l'ho trovato anche un po' troppo strategico, un po' troppo determinato a farci versare le nostre lacrime, ad impressionarci e sconvolgerci: in qualche momento questo ha messo in difficoltà la mia capacità di sospendere l'incredulità davanti alla narrazione.

È una lettura che vi consiglio se siete di stomaco forte, se i tanti trigger warning che ho nominato non vi disturbano eccessivamente, se ve la sentite di affrontare mille pagine piene di sofferenza e di dolore, seppure conditi di qualche momento di speranza. Mi sono affezionata a Jude, profondamente, forse ancor di più a Willem; so che rimarranno con me a lungo, e faranno lo stesso con voi se vorrete affrontare questa avventura, in salita, ma a tratti affacciata su un magnifico panorama. 

giovedì 5 ottobre 2023

Il corpo docile

Di Rosella Postorino ho letto a questo punto quattro romanzi, e l’impressione che ne ho tratto è che l’autrice libro dopo libro stia creando storie sempre più riuscite. "Il corpo docile", ora pubblicato da Feltrinelli, risale al 2013 e parte da una premessa eccellente, un argomento scomodo e poco trattato: quello dei bambini figli di detenute, che trascorrono in carcere con le madri i primi anni di vita.

È una di loro Milena, che ormai ha più di vent’anni e con la madre continua ad avere un rapporto difficile, segnato dalla brusca separazione di quando a tre anni ha dovuto lasciare Rebibbia e tornare a vivere in libertà con il padre, mentre per lei il carcere era una casa. Oggi a Rebibbia è volontaria, proprio con i bambini come lei e si affeziona in particolare al piccolo Marlon, i cui tre anni si avvicinano e dal quale quindi a breve dovrà separarsi. 

L’abbandono e lo sradicamento sono temi centrali di questo libro, che verranno in altro modo ripresi nel recentissimo "Mi limitavo ad amare te". Insieme ad essi c’è il tema della maternità, e ci sono pagine in carattere differente (come anche nell’ultimo romanzo) che hanno il coraggio di esprimere i concetti più duri e dolorosi: qui sono le lettere scritte dalla madre di Milena, che non indica mai il destinatario a cui la figlia dovrebbe spedirle.

Le premesse sono ottime e anche gli argomenti; tuttavia una debolezza l’ho trovata ed è aver voluto concentrare questa storia unicamente su Milena e le sue infatuazioni, dedicando pagine e pagine all'effimera attrazione tra lei e un giornalista che dovrebbe realizzare un reportage sui bambini del carcere (pur avendo a disposizione una figura maschile molto più promettente, quella di Eugenio). 

Questo aspetto ha un po' depotenziato per me un'ottima storia, che ha anche alcuni colpi di scena molto efficaci. Avendo già letto sia “Le assaggiatrici” sia “Mi limitavo ad amare te”, so che l’autrice libro dopo libro ci sta regalando romanzi sempre più riusciti e su argomenti, come già qui, tutt’altro che banali! Vi consiglio perciò di recuperare in particolare le sue ultime pubblicazioni. 

Quali sono le autrici italiane che preferite?

mercoledì 4 ottobre 2023

Stirpe di drago

"Stirpe di drago", in questa edizione vintage Mondadori acquistata al mercatino, è stato il mio primo incontro con Pearl S. Buck, autrice statunitense premio Nobel per la letteratura che trascorse in Cina gran parte della propria vita.

In Cina è ambientato "Stirpe di drago", romanzo familiare che si svolge negli anni '30 e '40, durante l'occupazione giapponese e le atrocità di cui si macchiò, compreso il massacro di Nanchino. Si tratta di un romanzo familiare, che ha per protagonista il capostipite Ling Tan, sua moglie Ling Sao, i loro cinque figli con relativi coniugi e prole. 

Le scene crude e dolorose non mancano, data l'epoca di guerra che racconta, ma il romanzo è ricco anche di descrizioni della vita rurale, dei raccolti e della quotidianità della famiglia di umili agricoltori che con il tempo diventano coraggiosi partigiani che difendono il proprio paese. Nonostante l'epoca dei fatti, i personaggi femminili sono tutt'altro che secondari e sottomessi: Ling Sao per prima, insieme alla moglie del secondogenito Jade, che insegnerà alla famiglia l'importanza della lettura e del pensare con la propria testa.

Anche i rapporti tra i generi sono raccontati in modo tutt'altro che arcaico: tra le coppie, seppure condizionate dai retaggi del patriarcato dell'antica Cina fatto di matrimoni combinati e fasciatura dei piedi, ci sono sentimenti veri, rispetto e complicità, tra i più anziani come tra i più giovani. L'ho trovato un elemento di grande attualità che mi ha fatto provare per loro maggiore empatia.

"Stirpe di drago" è un romanzo dal sapore classico, complice anche la traduzione non proprio recente (risale agli anni '60), che ho letto assaporandone una pagina alla volta e immergendomi nei ritmi della natura e della campagna. Non si può considerare propriamente un testo di letteratura cinese, ma senza dubbio è stato un viaggio coinvolgente e che vi consiglio!

Qual è l'ultimo romanzo ambientato in Asia che avete amato?

Il figlio sbagliato

Camilla Läckberg ci riporta a Fjällbacka per l’undicesima volta con “Il figlio sbagliato”, pubblicato da Marsilio, e fa bene, perché i suoi personaggi ricorrenti hanno ancora qualcosa da dirci.

Seguiamo Martin riprendere in mano la sua vita con Mette elaborando il lutto, Erica e Patrick con tre bambini e in attesa del quarto (attesa in cui si inserisce l’elemento della disabilità o perlomeno la sua anticipazione). Torna la malattia a colpire Rita e indirettamente Mellberg, mentre una nuova figura si inserisce nella medicina legale.

Il caso alterna come sempre presente e passato: quest’ultimo è il 1980 in cui essere transessuali è tutt’altro che facile per Lola, padre single di una bambina piena di fiducia nel mondo. Proprio la morte di Lola e della piccola (o almeno così si crede) in un incendio è il cold case di questa storia, mentre nel presente vengono assassinati dapprima un fotografo, che proprio su Lola stava organizzando una mostra, poi un padre e i suoi due bambini, la cui famiglia era da sempre legata all’ambiente culturale e ai club dove aveva incontrato Lola.

Si dipana così una rete di misteri, di amori e tradimenti, di premi letterari tutt’altro che meritati e di segreti da svelare.

[Henning lo scrittore aveva amato Lola e le aveva rubato i quaderni; sua moglie aveva ucciso Lola rendendolo famoso, e poi Rolf il fotografo perché non rivelasse l’amore tra Lola e il marito, e la sua presenza sulla scena del delitto. La bambina però era sopravvissuta, mentre la ricca famiglia della zia insabbiava tutto e metteva a tacere che il corpo appartenesse a un amichetto, e uccisa la moglie del figlio di Henning si era infiltrata nella famiglia, per fargli perdere tutto: il figlio, i nipoti, i premi.]

Degno di nota il personaggio secondario della nonna materna di Pytte, con il suo passato di errori e il suo Dio capace di perdonare anche i delitti di Pytte/Louise, che cresce l’altro nipote Viktor con la sindrome di down, aprendo gli occhi a Erica su altre realtà possibili.

“Il figlio sbagliato” è una storia ben costruita, come sempre appassionante e scritta in modo semplice e coinvolgente. Dopo “La strega” che avevo trovato un po’ deludente mi pare che l’autrice sia tornata con l’energia che conosciamo, a raccontarci di nuovo storie di cui vogliamo scoprire i segreti e i colpevoli, disseminando indizi che acquistano tutti il loro posto alla fine del romanzo.

Spero proprio che non dovremo aspettare tanto tempo per leggere il dodicesimo volume di questa saga, che tra l’altro rappresenta un successo personale perché è la prima serie di gialli che porto a termine!

Qual è l’ultimo giallo che vi è piaciuto?