lunedì 27 novembre 2017

Nel mare ci sono i coccodrilli

Fabio Geda è uno scrittore e un educatore, autore di numerosi romanzi dei quali ho già letto “L’esatta sequenza dei gesti” che non avevo granché apprezzato, e la serie young adult "Berlin" che invece mi piace molto (del primo volume vi ho parlato qui).
Questo libro è una sorta di lunghissima intervista al giovane di cui costituisce un’autobiografia, ed è un'opera estremamente interessante.
L’incontro di Enaiatollah e di Fabio Geda avviene per caso, ad una presentazione di un libro dello scrittore a cui anche il giovane afghano è stato invitato; da questo incontro nasce l’idea di raccontare la storia di Enaiat (così è quasi sempre chiamato nel libro, e dallo stesso Geda) e dei metaforici coccodrilli che ha incontrato, per mare e per terra, nel suo lunghissimo viaggio verso l’Italia.
 
 
 
 
Titolo: Nel mare ci sono i coccodrilli - Storia vera di Enaiatollah Akbari
Autore: Fabio Geda
Anno della prima edizione:
Casa editrice: Baldini Castoldi Dalai
Pagine: 151
 
 
 
 
 
Enaiatollah Akbari nasce in Afghanistan, ed è un hazara: fa parte cioè di un gruppo minoritario e fortemente perseguitato dai talebani e dalle altre etnie locali, forzato pertanto a lasciare il Paese come può. La migrazione di Enaiat non ha inizio spontaneamente: è sua madre a spingerlo a partire quando ha soltanto dieci anni, sparendo nella notte dopo averlo accompagnato in Pakistan, nascosto sotto il suo burqa perché nessuno si accorgesse del bambino. Prima di lasciarlo al suo destino chiede ad Enaiat di farle tre promesse: di non usare mai alcun’arma, di non usare mai alcuna droga e di non rubare.
Rimasto solo, Enaiat si rimbocca le maniche: si adatta a lavorare per giornate interminabili in cambio di un posto dove dormire e di una tazza di yogurt da mangiare, e dopo qualche tempo in Pakistan, dove si rende conto di non poter ottenere una vita migliore, intraprende il suo primo viaggio, quello verso l’Iran. Qui arriva condotto da un trafficante di uomini, per saldare il debito con il quale lavorerà in un cantiere senza ricevere in cambio denaro per diversi mesi; all’interno di questo cantiere scorre l’intera vita di Enaiat che per mesi vi mangia, vi dorme e vi lavora, senza mai uscirne, terrorizzato dalla prospettiva dei temibili centri di permanenza temporanea iraniani. Nonostante le precauzioni Enaiat viene rimpatriato per ben due volte, ma in entrambe le occasioni decide di non arrendersi e fa ritorno in Iran; vista la precarietà della situazione però è tutt’altro che soddisfatto, e per questo intraprende un nuovo viaggio: quello verso la Turchia.
Il percorso dall’Iran alla Turchia avviene sulle montagne, ed è senza dubbio uno dei momenti più strazianti della testimonianza di Enaiat. Il ragazzo, insieme ai compagni di viaggio, tutti piuttosto impreparati alla terribile avventura che li attende, è costretto a scalare un monte che sembra non finire mai, in mezzo al gelo e alla fame, privo di un equipaggiamento adatto, ed assiste impotente alla morte di diversi ragazzi come lui.
Dalla Turchia Enaiat arriverà poi in Grecia, nascosto sul fondo di un camion, in condizioni disumane di affollamento e sete, rischiando nuovamente la vita. Non sarà l’ultima volta: giunto in Grecia infatti Enaiat ed alcuni altri ragazzi si imbarcano su un gommone tutt’altro che sicuro verso le coste italiane.
L’Italia è l’ultima tappa del viaggio di Enaiat, che qui si è fermato. Dal momento dello sbarco a Venezia si è poi spostato a Torino, è stato accolto per un breve ed insoddisfacente periodo in una comunità per minori non accompagnati, ha ottenuto il permesso di soggiorno come rifugiato politico ed è stato accolto in una famiglia affidataria.

Enaiatollah Akbari e Fabio Geda
Questo libro è una testimonianza preziosa. La storia di Enaiat, leggibilissima anche per un pubblico di ragazzi, mostra il sacrificio di una madre che pur di offrire al figlio almeno la possibilità di una vita migliore (la possibilità, perché naturamente non ha certezze in proposito, ma ha la certezza che non potrebbe avere in Afghanistan la vita che vorrebbe per lui) è disposta ad abbandonare un bambino di appena dieci anni, senza sapere cosa sarà davvero di lui. Ci mostra le difficoltà che un ragazzino è costretto ad affrontare quando perde tutto ciò che conosce alla ricerca di un futuro ipotetico, del quale in realtà sa poco e niente, e le risorse immense che trova dentro di sé.
Fa infine riflettere sul sistema dell’accoglienza chi sia particolarmente interessato al tema. Nelle ultime pagine infatti focalizza brevemente l’attenzione su come le strutture per minori non accompagnati si rivelino troppo spesso essere una sorta di parcheggi, nei quali i ragazzi hanno a disposizione sì un posto dove dormire e dove nutrirsi, ma non vere opportunità per proseguire nel proprio percorso e costruirsi le occasioni per le quali hanno tanto sofferto nel corso del loro viaggio.
In questi tempi di diffidenza ed ostilità, meglio combattere il pregiudizio e l’ignoranza con storie come questa, sia nei giovani lettori sia in quelli più adulti!

giovedì 23 novembre 2017

Disordine

Le mie letture scandinave si dividono in gialli ambientati nelle città nordiche (in questa categoria ne trovate diversi esempi), oppure in romanzi dove si affrontano le problematiche legate agli immigrati di seconda generazione -e talvolta questi due elementi si fondono, come nel caso de “Il danno” di cui vi ho parlato qui.
Per leggere qualcosa di diverso probabilmente dovrei approfondire la casa editrice Iperborea, ed ho intenzione di farlo in futuro; finora però mi ritrovo all’interno delle due categorie citate, ed il romanzo di Zander fa parte della seconda.
 
 

Titolo: Disordine
Autore: Joakim Zander
Anno della prima edizione: 2015
Titolo originale: Orten
Casa editrice: Bompiani
Pagine: 433
 
 
 
 
 
Questo romanzo ha tre protagonisti, e tre voci che si alternano nei vari capitoli: quella di Fadi, in prima persona, e quelle in terza persona di Yasmine e Klara.
Yasmine e Fadi Ajam sono fratelli, immigrati da un imprecisato paese arabofono a Bergolt, Quartiere che non chiamano mai per nome, nella periferia di Stoccolma. I loro genitori sono troppo impegnati al lavoro, non restano loro parole d’affetto, al padre restano le mani sempre pronte ad uno schiaffo di troppo; i due ragazzi, sempre più legati, crescono pieni di rabbia e di voglia di scappare via.
Klara invece è l’assistente di una parlamentare europea, ma per comprendere il suo personaggio e le problematiche legate alla sua professione bisognerebbe aver letto il primo romanzo di Zander, “Il nuotatore”: io non l’ho fatto, e questi intrighi internazionali intrecciati con le questioni dell’UE (anche grazie al percorso professionale dell’autore, che ha lavorato al Parlamento Europeo ed alla Commissione) non sono riuscita ad apprezzarli.
 
Tutti i protagonisti di questo romanzo sono tutt’altro che sereni nelle proprie esistenze. Klara ha problemi di alcolismo, ma resta a mio parere un personaggio piuttosto piatto e poco convincente.
Molto più forti e ben caratterizzati sono i fratelli Ajam. Entrambi desiderosi di evadere dal Quartiere, incapaci di rassegnarsi alla propria condizione, riescono entrambi ad andarsene dalla Svezia. La prima a farlo è Yasmine: parte per New York senza dare più notizie di sé, sparisce per quattro anni insieme al suo fidanzato troppo dedito alle droghe e alla violenza, concentrata solo sulla propria fuga. Il secondo è Fadi: smarrito, lontano dall’unica persona che lo abbia sempre amato e protetto, l’unica che aveva giurato che gli sarebbe stata sempre accanto, Fadi cerca sostegno in una fede che non prova, nella soluzione che gli si prospetta più allettante. Fadi si unisce ad un gruppo di fondamentalisti islamici e si prepara a partire per la Siria, cercando di dare un senso alla propria insoddisfacente esistenza.
È qui, in Siria, che viene dato per morto attraverso un comunicato diffuso su Internet. È qui che Yasmine pensa di averlo perduto, anni dopo averlo abbandonato; ma a quattro anni dalla sua partenza, Yasmine riceve una fotografia da sua madre: è stata scattata a Bergort, e vi è solo una figura incappucciata, ma così come la loro madre, Yasmine in quella figura vede Fadi. In quella figura incappucciata Yasmine vede la propria seconda occasione: la seconda occasione per salvare suo fratello, per proteggerlo come non ha fatto anni prima.
 
Un'immagine dai disordini a Stoccolma (2013)
Il rapporto tra Yasmine e Fadi è il fulcro di questo romanzo, ed è l’elemento che ho apprezzato di più. Zander ci descrive due figli del loro tempo, ragazzi in fuga, smarriti nel luogo che dovrebbero percepire come sicuro, come Casa, e che tuttavia li fa sentire sempre stranieri, sempre diversi. In Svezia, nel Quartiere, nessuno dei due ha trovato la propria dimensione; Yasmine si è rassegnata ad un fidanzato oppressivo e violento pur di scappare, Fadi si è illuso di trovare salvezza ed una via d’uscita in una fede nella quale non crede davvero.
Nei capitoli dove è Fadi il narratore leggiamo la Siria, i combattimenti, il senso di smarrimento di un giovane privo di punti di riferimento, che cerca un significato, uno scopo ai propri giorni. In quelli di Yasmine leggiamo il ritorno al Quartiere, un Quartiere che le porta rancore e non accetta le sue indagini, e leggiamo il suo impegno nel ritrovare quel fratello smarrito ovunque si trovi. Il loro è un percorso di crescita, certamente estremo, specialmente nel caso di Fadi: un percorso però nel quale almeno un punto fermo si renderanno conto di averlo l’uno nell’altra.
 
Il romanzo di Zander, letto indipendente dal primo libro dell’autore, ha il limite di rimanere parzialmente incomprensibile nel personaggio di Klara, come vi dicevo prima. Inoltre gli elementi d’azione non mi hanno convinta granché. Nel complesso l’aspetto positivo lo ridurrei alla relazione fraterna tra i due Ajam, ma non lo direi una ragione sufficiente per affrontare una lettura che sebbene abbia un inizio molto coinvolgente diviene più lenta e ripetitiva con il passare delle pagine.
Sebbene si occupi del tema di certo interessante delle seconde generazioni in Svezia e dei problemi che si trovano ad affrontare, continuo a ritenere che “L’immigrato” di Olav Hergel (romanzo che ho letto diverso tempo fa) resti l’unico fino ad oggi che mi sentirei di consigliare a chi sia interessato a questo argomento.

lunedì 20 novembre 2017

Noi siamo tutto

Quando ero adolescente, leggevo avidamente i libri della collana ExLibris: oggi quasi tutti fuori catalogo, con mio grande dispiacere, mi hanno aperto finestre sul mondo plasmando la persona che sono oggi. Uno di essi, intitolato “Al di là della tenda”, affrontava il tema della SCID, o “sindrome del bambino nella bolla”: una particolare e gravissima condizione per cui l’organismo di un individuo deve essere protetto dal mondo esterno, che potrebbe suscitare in lui reazioni mortali.
 
 
 
 
Titolo: Noi siamo tutto
Autrice: Nicola Yoon
Anno della prima edizione: 2015
Titolo originale: Everything, Everything
Casa editrice: Sperling&Kupfer
Pagine: 320
 
 
 
 
Anche nel libro di Nicola Yoon, a metà tra il young adult e il romanzo rosa, la SCID riveste un ruolo fondamentale. La protagonista Madeleine infatti ne è affetta, e per questo ha trascorso i primi diciotto anni della sua vita sostanzialmente segregata in casa, insieme all’amorevole madre ed all’infermiera Carla, di origini messicane e dalla grande vitalità. Il padre di Madeleine ha perso la vita quando Madeleine aveva pochi mesi, in un incidente del quale è rimasto vittima anche suo fratello maggiore: da allora la madre della ragazza ha solo lei, e di proteggere la figlia dal mondo ha fatto la propria missione, cercando anche di renderle la propria condizione più tollerabile proponendole film, letture e serate di giochi da tavolo.
 
Tutto sommato Madeleine accetta la propria malattia con una sorta di rassegnazione: in fondo non conosce un altro modo di vivere, trova conforto nei romanzi e nell’architettura di cui è appassionata e non si pone troppe domande. Questa apparente tranquillità viene però sconvolta quando nella casa accanto a quella di Madeleine e sua madre trasloca una nuova famiglia: padre (alcolizzato e violento), madre e due figli, maschio e femmina. Il ragazzo, Olly, suscita in Madeleine un’immediata attrazione, e attraverso uno scambio di messaggi alla finestra ed e-mails l’innamoramento scatta subito tra i due -in modo forse fin troppo semplice, fin troppo immediato e ricambiato.
Complice Carla, donna coraggiosa che sa cosa significhi rischiare per dare un senso alla propria vita, i due ragazzi riescono anche ad incontrarsi seguendo le procedure previste per la condizione fisica di Madeleine; naturalmente non resistono ai propri impulsi e comincia così una storia d’amore fatta anche di contatti e di baci che sconvolgono Madeleine profondamente, facendole capire quanto desideri vivere al di fuori delle proprie quattro mura di casa, al punto da indurla ad organizzare una fuga con il ragazzo.
Andare oltre nel riassumere la trama di questo romanzo significa inevitabilmente fornire dettagli che ne rovinerebbero la lettura, quindi segnalo la presenza di spoiler al di sotto di questa immagine!
 
Amandla Stenberg e Nick Robinson in una scena del film
"Noi siamo tutto" di S. Meghie (2017)
Quello di Nicola Yoon è un romanzo semplice e scorrevole, che si legge in breve tempo e con il desiderio di scoprire cosa accadrà. Personalmente mi accompagnava durante la lettura un brutto presentimento, una sensazione di ineluttabilità riguardo il destino di Madeleine: durante i giorni che lei e Olly trascorrono al sole, a godersi i bagni ed i loro corpi, mi aspettavo che questo avrebbe avuto una ripercussione inevitabile sulla salute di lei.
Inutile dire quindi a chi ha già portato a termine il romanzo quanto sia rimasta stupita dalla conclusione, dove a soffrire di un disturbo non è Madeleine, ma sua madre: incapace di superare il lutto legato al decesso di figlio e marito, ha fatto del proteggere la figlia superstite la propria missione al punto di innescare una specie di sindrome di Münchhausen.
 
Nonostante la credibilità di questo rovesciamento della trama sia a mio parere molto limitata, ammetto che il fatto che Madeleine abbia ottenuto la possibilità di rifarsi una vita al di fuori della sua bolla mi ha di certo fatto piacere per il personaggio. Nel complesso però non ritengo questo libro una lettura che mi abbia particolarmente emozionata: ha alcuni aspetti gradevoli, ad esempio l’aspetto grafico delle pagine dove troviamo estratti dal diario della protagonista, ricevute di pagamenti, biglietti aerei e materiali vari; Madeleine di certo suscita tenerezza nel lettore. Lei e Carla però sono gli unici personaggi con un’identità convincente; Olly invece, nonostante il suo ruolo di primo piano, è assai poco caratterizzato e resta estremamente piatto, passivo davanti al verificarsi degli eventi.
In conclusione quindi mi sentirei di definire questa lettura abbastanza incolore, forse più apprezzabile dagli appassionati di romanzi d’amore; non la consiglio affatto a chi vorrebbe sfruttare l’occasione per approfondire il tema della SCID, perché è trattata in modo piuttosto superficiale.

giovedì 16 novembre 2017

Onora il padre

Il Castoro è una casa editrice le cui pubblicazioni young adult pubblicati sotto il marchio HotSpot toccano temi interessanti e controversi, che forniscono spunti di riflessione ai lettori di ogni fascia d’età. Prima di questa lettura avevo già terminato “Solo per sempre tua” di Louise O’Neill (ve ne ho parlato qui), che non mi aveva soddisfatta completamente; devo dire che anche in questo caso il mio parere non è del tutto positivo, per quanto di certo la storia si sia rivelata tutt’altro che banale.
 
 
 
Titolo: Onora il padre
Autrice: Eliza Wass
Anno della prima edizione: 2016
Titolo originale: The Cresswell Plot
Casa editrice: HotSpot
Pagine: 232
 
 
 
 
 
I Cresswell sono una famiglia americana, ma di certo non una famiglia come tutte le altre: i figli Cresswell sono sei, tre maschi e tre femmine. Su di loro troneggia il Padre, un vero padre padrone, fanatico religioso, ossessionato dalla propria interpretazione delle Sacre Scritture e dai testi che crea personalmente sul tema. La madre è relegata ad un ruolo marginale e sottomesso, a vedersela più che altro con i danni fisici che lo stile di vita (ed il marito) le hanno procurato: ad esempio non può camminare per via di una frattura alla gamba mai trattata in un ospedale.
La protagonista di questo romanzo, immersa in tale contesto familiare atipico ed asfissiante, è Castella, detta Castley: ha diciassette anni e due gemelli, una femmina ed un maschio, Delvive e Caspar; a quest’ultimo l’inquietante Padre la ha promessa in sposa. Castley ed i suoi fratelli frequentano la scuola, da quando i servizi sociali hanno costretto i genitori Cresswell a fornire loro un’istruzione. Nonostante ciò, i rapporti con i coetanei sono quasi assenti, anche se naturalmente l’età adolescenziale non rende loro possibile l’evitare di provare attrazione verso ragazze o ragazzi della loro età. Quando queste passioni si concretizzano in qualche contatto ed il Padre viene a saperlo, li sottopone ad assurde punizioni, la più frequente delle quali è rinchiuderli in una sorta di tomba sotterranea dove dovrebbero riflettere sui propri errori.

I fratelli Cresswell sembrano intrappolati in una rete familiare che li opprime, li obbliga alla sottomissione ma contemporaneamente li fa sentire protetti e davvero appartenenti a qualcosa. Il loro Padre tuttavia scivola verso un’escalation di follia, prigioniero del proprio delirio e delle leggende che si è costruito attorno, dalla reincarnazione del primogenito alla propria onniscienza: la combinazione di questi fattori con l’età adolescenziale dei figli è una miccia accesa che termina con una bomba, che potrebbe condurre all’autodistruzione come alla libertà.
 
 
 
L’atmosfera che pervade questo romanzo è opprimente ed oscura. Gli abusi che costellano la vita dei fratelli Cresswell, le minacce costantemente incombenti su di loro, le privazioni a cui sono sottoposti e l’aura da lebbrosi che li circonda a scuola sono descritti in modo così convincente da pesare anche sul lettore, pagina dopo pagina. Questo è senza dubbio l’aspetto del romanzo che ho apprezzato.
D’altra parte alcuni elementi mi sono sembrati poco coerenti, ad esempio il ruolo di quello che solo alla fine si scopre essere uno zio dei ragazzi, che a mio parere avrebbe davvero dovuto intervenire molto prima: troppo comodo lasciar sviluppare la storia nella direzione desiderata dall’autrice e giocarsi la carta del jolly-salvatore nelle ultime pagine, per trovare una via d’uscita semplice e ben poco originale.
Un altro limite che ho incontrato nella lettura è lo stile di scrittura che mi è parso davvero troppo semplice, ma questo è un rischio che si corre spesso quando si sceglie un romanzo pensato per un pubblico di giovani.
Nel complesso non credo che lo consiglierei più di tanto, se non ad un lettore interessato al tema del fanatismo religioso per il quale allora potrebbe essere uno spunto utile anche se a mio parere troppo semplicistico. Credo che possa riscuotere comunque più successo presso il target di destinazione, per cui sarà più facile immedesimarsi nei protagonisti ed emozionarsi con loro.

lunedì 13 novembre 2017

Il visconte dimezzato

La mia riscoperta di Calvino inizia da qui. Questo autore viene quasi sempre proposto tra le letture delle scuole medie inferiori e superiori, e così spesso si genera negli studenti un'istintiva repulsione: ammetto che mi è capitato lo stesso, e mi rendo conto ora che di certo non era il momento adatto allora, né con ogni probabilità il titolo giusto.
Ora ho deciso, trascorsa una decina di anni dall'ultimo tentativo, di riprovarci e di iniziare con il primo volume della notissima "Trilogia degli antenati".
 
 
 
 
Titolo: Il visconte dimezzato
Autore: Italo Calvino
Anno della prima edizione: 1952
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 133
 
 
 
 
 
Medardo, visconte di Terralba nel XVI secolo, decide di partire dai dintorni della città di Genova per andare a combattere i Turchi. Durante la sua prima battaglia viene colpito da un colpo di cannone in pieno petto, che curiosamente non lo uccide, ma lo divide esattamente a metà: un solo braccio, una sola gamba, un solo occhio gli restano quando fa ritorno al suo castello.
La metà che fa ritorno a Terralba si rivela "la parte cattiva" di Medardo: crudele verso uomini ed animali, incline a sommarie impiccagioni di massa, ad appiccare incendi e al dividere a metà creature vegetali ed animali, tutti temono Medardo e covano rancore nei suoi confronti, anche il suo stesso giovane nipote che è il narratore della sua storia. In Medardo non sembra rimasto nulla di buono ed umano; anche il suo amore per Pamela, un'umile ragazza del luogo, non sembra affatto un sentimento affettuoso ma solo una volontà di segregarla e seviziarla.
 
Trascorso qualche tempo però è proprio il nipote a venire salvato dal morso di un ragno velenoso dal provvidenziale intervento di Medardo. Dopo qualche riflessione il ragazzino, e così anche gli abitanti di Terralba, si rendono conto che quella buona azione e le altre che iniziano a verificarsi sono dovute ad un nuovo ritorno: quello della "metà buona" di Medardo, a cui è servito più tempo per ritrovare la strada di casa, e che ora si dedica al prossimo con una dedizione ai limiti del ridicolo. Anche il "Medardo buono" si innamora di Pamela: in questo caso è un sentimento puro e disinteressato, anche se un po' troppo perfetto per convincere davvero la sua amata.
Proprio la relazione con Pamela è l'elemento che risolverà la rivalità tra le due metà di Medardo: dal momento che entrambe la vogliono in moglie, si sfidano a duello; ferite nel combattimento e soccorse dal medico di Terralba, verranno ricucite insieme ridando vita al "visconte intero", il Medardo che tempo prima era partito per la guerra, di certo un pochino più esperto ma sempre lontano dagli estremi e dalla perfezione, come ogni essere umano.
 
Il visconte dimezzato in un'illustrazione di Pablo Picasso
L'atmosfera di questo romanzo è decisamente fiabesca: sin dalle prime pagine si è trasportati in un mondo cinquecentesco di duelli e cavalieri, arricchiti dall'elemento fantastico delle due metà di Medardo che sopravvivono al trauma e se ne vanno in giro sull'unica gamba a loro disposizione.
La grande quantità di particolari aiuta il lettore a calarsi nell'atmosfera di Terralba, dove gli ugonotti sfuggono alle persecuzioni religiose, i lebbrosi si trovano confinati nel villaggio di Pratofungo dove fanno festa tutto il giorno, il carpentiere si dedica ad architettare marchingegni dapprima letali commissionati dallo stesso Medardo, ed il narratore affronta oltre alla vicenda dello zio anche il proprio ingresso nell'adolescenza.
Medardo e la sua avventura ruotano attorno al tema del doppio, della scissione dell'umano in due parti, una unicamente buona ed unicamente cattiva: essendo questo impossibile, si ricongiungono sul finale in un essere completo e sfaccettato, in un lieto fine per Medardo e Pamela che però, ci tiene a ricordare la voce narrante, non ha alcun potere magico sulla vita di Terralba ed i suoi abitanti, e rimane imperfetto come ogni altro essere umano nonostante la singolare esperienza vissuta.
 
Questo nuovo incontro con Calvino mi ha stupita, poiché temevo mi sarei annoiata o l'avrei trovata una storia banale e poco convincente. In realtà l'ironia di Calvino mi ha sorpresa e divertita, ed anche la vicenda di Medardo mi è davvero piaciuta; in particolare ho apprezzato il personaggio della balia Sebastiana: colei che ha conosciuto Medardo sin da bambino non è più di tanto colpita dalle due metà in cui si è diviso, e continua a relazionarsi alla sua parte buona (quella cattiva la evita, anzi la esilia nel villaggio dei lebbrosi!) come al suo intero, finché il ricongiungimento non avviene veramente.
Rinfrancata da questa esperienza, di certo darò un'altra possibilità anche a Cosimo de "Il barone rampante", proseguendo così la "Trilogia degli antenati"!

giovedì 2 novembre 2017

Dopo di te

Come vi dicevo qui pochi giorni fa, la lettura di "Io prima di te" è stata un'esperienza positiva, per quanto si tratti di un romanzo piuttosto drammatico. La prefazione a questo libro, che ne è il seguito, ci informa che l'autrice ha deciso di scrivere "Dopo di te" dopo tre anni in cui i lettori la contattavano ansiosi di scoprire cosa ne fosse stato di Louisa Clark: non proprio una decisione nata insomma dal genuino bisogno di proseguire la sua storia!
 
 
 
 
Titolo: Dopo di te
Autrice: Jojo Moyes
Anno della prima edizione: 2015
Titolo originale: After you
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 399
 
 
 
 
"Dopo di te" inizia diversi mesi dopo la morte di Will nella clinica svizzera dove ha optato per il suicidio assistito. Louisa ha seguito i suoi consigli, ha viaggiato per l'Europa, ha comprato una casa a Londra e ha cercato di dare una svolta alla propria vita lontano dal paesino dove aveva sempre vissuto; tuttavia è emotivamente svuotata, ha un modesto impiego al bar dell'aeroporto ed il pensiero di Will la accompagna costantemente. Una sera, dopo aver bevuto troppo, si cimenta in una camminata sul bordo del tetto del suo palazzo, ma viene colta alla sprovvista dall'arrivo di una ragazzina e perde l'equilibrio, finendo per cadere.
 
Per fortuna l'esito della caduta non è disastroso come potrebbe, se non si considerano traumi e fratture varie; nel giro di pochi mesi Louisa torna alla sua insoddisfacente vita di Londra, con l'unica differenza di aver cominciato a frequentare il paramedico responsabile del suo salvataggio, Sam. Qualcosa di ben più sconvolgente però deve ancora accadere: poco tempo dopo infatti una ragazzina si presenta a casa di Louisa (sì, si tratta della stessa ragazzina che l'aveva fatta cadere dal tetto, nessuna sorpresa) e le comunica di essere figlia di Will, il quale tuttavia non aveva mai saputo della sua esistenza.
 
Lily è una sedicenne arrabbiata col mondo, in fuga da un proprio errore che pare perseguitarla sotto forma di una fotografia oscena con la quale viene ricattata, oltre che dalla propria famiglia di ricchi ipocriti anaffettivi. Alla ricerca del proprio posto nel mondo ha deciso di ritrovare "l'altra metà" delle proprie origini, e di mettersi così in contatto con la famiglia Traynor: sorprendentemente sarà la fredda madre di Will, distrutta dal lutto, quella che la accoglierà poi con più calore, oltre naturalmente a Louisa che come suo solito si dedica al prossimo con anima e corpo (Mr Traynor, dal canto suo, è appena diventato padre grazie a quella che era stata per anni la sua amante...).
 
Emilia Clarke in una scena del film "Io prima di te"
di T. Sharrock (2016)
 
Lasciatemi dire che mi è parso un seguito non necessario, seppure anche io nutrissi una certa curiosità per le sorti di Lou.
Siamo davanti ad un libro che mette insieme molti elementi, forse addirittura troppi, oltre all'elaborazione del lutto come ci si potrebbe aspettare: innanzitutto c'è l'amore di Lou per il passionale paramedico, che però ha paura di perdere a causa del lavoro pericoloso che svolge (ed una bella sparatoria con Louisa che gli salva la vita sembra confermare la sua teoria, per quanto l'avvenimento sembri poco credibile).
In secondo luogo ci sono i genitori di Louisa, la cui madre si appassiona alle teorie femministe ed intraprende un percorso di emancipazione dal suo ruolo di casalinga e moglie devota: questo aspetto mi è piaciuto, perché avevo trovato nel romanzo precedente la famiglia Clark un po' troppo statica.
Poi c'è Lily: l'espediente del figlio di cui nessuno era a conoscenza mi è parso troppo da soap opera, così come la famiglia in cui Lily è cresciuta mi è sembrata eccessivamente disinteressata alle sue sorti. Il personaggio della ragazzina non è riuscito ad entrarmi nel cuore, mi ha lasciata piuttosto indifferente.
Infine un'opinione sul finale: Louisa ha finalmente il coraggio di spiegare le ali e cogliere un'opportunità professionale (partendo per New York), ma questo la costringe ad allontanarsi da Sam proprio nel momento in cui si era accorta di voler stare con lui. Certo si evita così un lieto fine eccessivamente melenso, ma già che il resto della storia non è granché, almeno si poteva sostenere la storia d'amore!
 
Nel 2018 sarà pubblicato il terzo volume delle avventure di Louisa Clark, che per curiosità di certo finirò col leggere. Spero tuttavia che possa soddisfarmi più del secondo episodio!