lunedì 27 novembre 2017

Nel mare ci sono i coccodrilli

Fabio Geda è uno scrittore e un educatore, autore di numerosi romanzi dei quali ho già letto “L’esatta sequenza dei gesti” che non avevo granché apprezzato, e la serie young adult "Berlin" che invece mi piace molto (del primo volume vi ho parlato qui).
Questo libro è una sorta di lunghissima intervista al giovane di cui costituisce un’autobiografia, ed è un'opera estremamente interessante.
L’incontro di Enaiatollah e di Fabio Geda avviene per caso, ad una presentazione di un libro dello scrittore a cui anche il giovane afghano è stato invitato; da questo incontro nasce l’idea di raccontare la storia di Enaiat (così è quasi sempre chiamato nel libro, e dallo stesso Geda) e dei metaforici coccodrilli che ha incontrato, per mare e per terra, nel suo lunghissimo viaggio verso l’Italia.
 
 
 
 
Titolo: Nel mare ci sono i coccodrilli - Storia vera di Enaiatollah Akbari
Autore: Fabio Geda
Anno della prima edizione:
Casa editrice: Baldini Castoldi Dalai
Pagine: 151
 
 
 
 
 
Enaiatollah Akbari nasce in Afghanistan, ed è un hazara: fa parte cioè di un gruppo minoritario e fortemente perseguitato dai talebani e dalle altre etnie locali, forzato pertanto a lasciare il Paese come può. La migrazione di Enaiat non ha inizio spontaneamente: è sua madre a spingerlo a partire quando ha soltanto dieci anni, sparendo nella notte dopo averlo accompagnato in Pakistan, nascosto sotto il suo burqa perché nessuno si accorgesse del bambino. Prima di lasciarlo al suo destino chiede ad Enaiat di farle tre promesse: di non usare mai alcun’arma, di non usare mai alcuna droga e di non rubare.
Rimasto solo, Enaiat si rimbocca le maniche: si adatta a lavorare per giornate interminabili in cambio di un posto dove dormire e di una tazza di yogurt da mangiare, e dopo qualche tempo in Pakistan, dove si rende conto di non poter ottenere una vita migliore, intraprende il suo primo viaggio, quello verso l’Iran. Qui arriva condotto da un trafficante di uomini, per saldare il debito con il quale lavorerà in un cantiere senza ricevere in cambio denaro per diversi mesi; all’interno di questo cantiere scorre l’intera vita di Enaiat che per mesi vi mangia, vi dorme e vi lavora, senza mai uscirne, terrorizzato dalla prospettiva dei temibili centri di permanenza temporanea iraniani. Nonostante le precauzioni Enaiat viene rimpatriato per ben due volte, ma in entrambe le occasioni decide di non arrendersi e fa ritorno in Iran; vista la precarietà della situazione però è tutt’altro che soddisfatto, e per questo intraprende un nuovo viaggio: quello verso la Turchia.
Il percorso dall’Iran alla Turchia avviene sulle montagne, ed è senza dubbio uno dei momenti più strazianti della testimonianza di Enaiat. Il ragazzo, insieme ai compagni di viaggio, tutti piuttosto impreparati alla terribile avventura che li attende, è costretto a scalare un monte che sembra non finire mai, in mezzo al gelo e alla fame, privo di un equipaggiamento adatto, ed assiste impotente alla morte di diversi ragazzi come lui.
Dalla Turchia Enaiat arriverà poi in Grecia, nascosto sul fondo di un camion, in condizioni disumane di affollamento e sete, rischiando nuovamente la vita. Non sarà l’ultima volta: giunto in Grecia infatti Enaiat ed alcuni altri ragazzi si imbarcano su un gommone tutt’altro che sicuro verso le coste italiane.
L’Italia è l’ultima tappa del viaggio di Enaiat, che qui si è fermato. Dal momento dello sbarco a Venezia si è poi spostato a Torino, è stato accolto per un breve ed insoddisfacente periodo in una comunità per minori non accompagnati, ha ottenuto il permesso di soggiorno come rifugiato politico ed è stato accolto in una famiglia affidataria.

Enaiatollah Akbari e Fabio Geda
Questo libro è una testimonianza preziosa. La storia di Enaiat, leggibilissima anche per un pubblico di ragazzi, mostra il sacrificio di una madre che pur di offrire al figlio almeno la possibilità di una vita migliore (la possibilità, perché naturamente non ha certezze in proposito, ma ha la certezza che non potrebbe avere in Afghanistan la vita che vorrebbe per lui) è disposta ad abbandonare un bambino di appena dieci anni, senza sapere cosa sarà davvero di lui. Ci mostra le difficoltà che un ragazzino è costretto ad affrontare quando perde tutto ciò che conosce alla ricerca di un futuro ipotetico, del quale in realtà sa poco e niente, e le risorse immense che trova dentro di sé.
Fa infine riflettere sul sistema dell’accoglienza chi sia particolarmente interessato al tema. Nelle ultime pagine infatti focalizza brevemente l’attenzione su come le strutture per minori non accompagnati si rivelino troppo spesso essere una sorta di parcheggi, nei quali i ragazzi hanno a disposizione sì un posto dove dormire e dove nutrirsi, ma non vere opportunità per proseguire nel proprio percorso e costruirsi le occasioni per le quali hanno tanto sofferto nel corso del loro viaggio.
In questi tempi di diffidenza ed ostilità, meglio combattere il pregiudizio e l’ignoranza con storie come questa, sia nei giovani lettori sia in quelli più adulti!

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