giovedì 23 novembre 2017

Disordine

Le mie letture scandinave si dividono in gialli ambientati nelle città nordiche (in questa categoria ne trovate diversi esempi), oppure in romanzi dove si affrontano le problematiche legate agli immigrati di seconda generazione -e talvolta questi due elementi si fondono, come nel caso de “Il danno” di cui vi ho parlato qui.
Per leggere qualcosa di diverso probabilmente dovrei approfondire la casa editrice Iperborea, ed ho intenzione di farlo in futuro; finora però mi ritrovo all’interno delle due categorie citate, ed il romanzo di Zander fa parte della seconda.
 
 

Titolo: Disordine
Autore: Joakim Zander
Anno della prima edizione: 2015
Titolo originale: Orten
Casa editrice: Bompiani
Pagine: 433
 
 
 
 
 
Questo romanzo ha tre protagonisti, e tre voci che si alternano nei vari capitoli: quella di Fadi, in prima persona, e quelle in terza persona di Yasmine e Klara.
Yasmine e Fadi Ajam sono fratelli, immigrati da un imprecisato paese arabofono a Bergolt, Quartiere che non chiamano mai per nome, nella periferia di Stoccolma. I loro genitori sono troppo impegnati al lavoro, non restano loro parole d’affetto, al padre restano le mani sempre pronte ad uno schiaffo di troppo; i due ragazzi, sempre più legati, crescono pieni di rabbia e di voglia di scappare via.
Klara invece è l’assistente di una parlamentare europea, ma per comprendere il suo personaggio e le problematiche legate alla sua professione bisognerebbe aver letto il primo romanzo di Zander, “Il nuotatore”: io non l’ho fatto, e questi intrighi internazionali intrecciati con le questioni dell’UE (anche grazie al percorso professionale dell’autore, che ha lavorato al Parlamento Europeo ed alla Commissione) non sono riuscita ad apprezzarli.
 
Tutti i protagonisti di questo romanzo sono tutt’altro che sereni nelle proprie esistenze. Klara ha problemi di alcolismo, ma resta a mio parere un personaggio piuttosto piatto e poco convincente.
Molto più forti e ben caratterizzati sono i fratelli Ajam. Entrambi desiderosi di evadere dal Quartiere, incapaci di rassegnarsi alla propria condizione, riescono entrambi ad andarsene dalla Svezia. La prima a farlo è Yasmine: parte per New York senza dare più notizie di sé, sparisce per quattro anni insieme al suo fidanzato troppo dedito alle droghe e alla violenza, concentrata solo sulla propria fuga. Il secondo è Fadi: smarrito, lontano dall’unica persona che lo abbia sempre amato e protetto, l’unica che aveva giurato che gli sarebbe stata sempre accanto, Fadi cerca sostegno in una fede che non prova, nella soluzione che gli si prospetta più allettante. Fadi si unisce ad un gruppo di fondamentalisti islamici e si prepara a partire per la Siria, cercando di dare un senso alla propria insoddisfacente esistenza.
È qui, in Siria, che viene dato per morto attraverso un comunicato diffuso su Internet. È qui che Yasmine pensa di averlo perduto, anni dopo averlo abbandonato; ma a quattro anni dalla sua partenza, Yasmine riceve una fotografia da sua madre: è stata scattata a Bergort, e vi è solo una figura incappucciata, ma così come la loro madre, Yasmine in quella figura vede Fadi. In quella figura incappucciata Yasmine vede la propria seconda occasione: la seconda occasione per salvare suo fratello, per proteggerlo come non ha fatto anni prima.
 
Un'immagine dai disordini a Stoccolma (2013)
Il rapporto tra Yasmine e Fadi è il fulcro di questo romanzo, ed è l’elemento che ho apprezzato di più. Zander ci descrive due figli del loro tempo, ragazzi in fuga, smarriti nel luogo che dovrebbero percepire come sicuro, come Casa, e che tuttavia li fa sentire sempre stranieri, sempre diversi. In Svezia, nel Quartiere, nessuno dei due ha trovato la propria dimensione; Yasmine si è rassegnata ad un fidanzato oppressivo e violento pur di scappare, Fadi si è illuso di trovare salvezza ed una via d’uscita in una fede nella quale non crede davvero.
Nei capitoli dove è Fadi il narratore leggiamo la Siria, i combattimenti, il senso di smarrimento di un giovane privo di punti di riferimento, che cerca un significato, uno scopo ai propri giorni. In quelli di Yasmine leggiamo il ritorno al Quartiere, un Quartiere che le porta rancore e non accetta le sue indagini, e leggiamo il suo impegno nel ritrovare quel fratello smarrito ovunque si trovi. Il loro è un percorso di crescita, certamente estremo, specialmente nel caso di Fadi: un percorso però nel quale almeno un punto fermo si renderanno conto di averlo l’uno nell’altra.
 
Il romanzo di Zander, letto indipendente dal primo libro dell’autore, ha il limite di rimanere parzialmente incomprensibile nel personaggio di Klara, come vi dicevo prima. Inoltre gli elementi d’azione non mi hanno convinta granché. Nel complesso l’aspetto positivo lo ridurrei alla relazione fraterna tra i due Ajam, ma non lo direi una ragione sufficiente per affrontare una lettura che sebbene abbia un inizio molto coinvolgente diviene più lenta e ripetitiva con il passare delle pagine.
Sebbene si occupi del tema di certo interessante delle seconde generazioni in Svezia e dei problemi che si trovano ad affrontare, continuo a ritenere che “L’immigrato” di Olav Hergel (romanzo che ho letto diverso tempo fa) resti l’unico fino ad oggi che mi sentirei di consigliare a chi sia interessato a questo argomento.

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