martedì 28 marzo 2023

V13

"V13" di Emmanuel Carrère è un’opera della quale ho deciso di scrivere a caldo, senza prendermi il tempo di riflettere, per darvene la mia opinione più istintiva e sincera possibile. 


Titolo: V13
Autore: Emmanuel Carrère
Anno della prima edizione: 2022
Casa editrice: Adelphi
Traduttore: Francesco Bergamasco
Pagine: 267

Non è la prima volta che l'autore dedica la propria produzione a casi di cronaca: c’era stato Jean-Claude Romand ne "L’avversario" e poi "Limonov". Qui in "V13" racconta il processo durato 10 mesi per l’attentato del venerdì 13 novembre 2015 al teatro del Bataclan di Parigi. 

Ogni settimana Carrère ha realizzato articoli che sono stati pubblicati sui maggiori quotidiani d'Europa, compreso il nostro "La Repubblica"; qui rielabora e arricchisce gli articoli scritti presenziando giorno dopo giorno per quasi un anno nell’aula del tribunale, dove ha ascoltato la parte civile, le vittime ma anche la difesa, gli imputati e la corte, in un’impresa quasi impossibile: quella di sviscerare un atto difficile da comprendere, tentando anche di comprenderne gli artefici e coloro che sono stati coinvolti in maniera parziale, talvolta forse anche involontaria o inconsapevole, e che nonostante ciò hanno trascorso in carcere anni delle loro vite.

"V13" è un’opera giornalistica che si legge però come un romanzo, così come mi era già capitato per "L’avversario": si viene coinvolti dalla prima all’ultima riga. Carrère è un giornalista che cita "A sangue freddo" di Capote, cita "Delitto e castigo" di Dostoevskij e poi "I demoni", rende la cronaca letteratura e realizza un’opera che non ci risparmia le voci delle vittime e le migliori risorse che hanno trovato in se stesse per trovare la forza di sopravvivere, ma anche il passato e i lati più umani degli accusati di atti terroristici che per mesi e mesi ha osservato rinchiusi nel box dell’aula di tribunale. 

Non vi farò un riassunto di quest’opera, perché degli attentati e nel processo potete trovare numerosissime cronache. Dovreste però recuperare questa perché parla del nostro presente mettendo in luce collegamenti storici e politici, senza indulgere mai in sentimentalismi, creando un testo al tempo stesso informativo, appassionante e capace di far riflettere chi legge. 

È un testo che ho acquistato appena uscito, come raramente faccio, perché ero estremamente curiosa e sapevo che l’autore non mi avrebbe delusa: è proprio quello che è successo e ora sono qui per consigliarla voi!

Qual è il vostro titolo preferito di Carrère?

Figlia del cuore

"Figlia del cuore" è un romanzo che ho acquistato ad una bancarella senza avere particolari aspettative a riguardo, ma attratta dal tema dell’adozione che come sapete mi interessa molto. L’autrice Rita Charbonnier pubblica per Marcos y Marcos una storia realmente accaduta, che per ragioni di privacy ha modificato un po’.


Titolo: Figlia del cuore
Autrice: Rita Charbonnier
Anno della prima edizione: 2020
Casa editrice: Marcos y Marcos
Pagine: 175

La protagonista è Ayodele, una bambina di origini nigeriane che rimasta orfana di madre viene data in affidamento, in quanto il padre non è in grado di occuparsi di lei e del fratello minore. 

Seguiamo dunque la protagonista crescere, passare dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado, creare un legame con la sua madre affidataria radicalmente diversa dai modelli genitoriali incontrati fino a quel momento. 

Il testo è interessante per due ragioni: innanzitutto affronta l’argomento delle adozioni da parte di genitori single, e ne mette in luce l’estrema difficoltà nonostante queste possono rivelarsi l’opzione migliore per una grande quantità di minori in seguito all’affidamento, che invece è consentito ai singoli. 

Il secondo aspetto che trovo degno di nota è la scrittura, che è molto spesso divertente anche quando affronta argomenti molto delicati, perché la voce della protagonista innocente e adatta all’età in cui la ragazzina viene rappresentata è davvero simpatica e molto riuscita. La scrittrice è stata brava ad evitare qualunque forma di moralismo o di tono didattico in una storia che avrebbe rischiato questa deriva! Il realismo della storia è anche arricchito dalle relazioni dei tribunali e degli assistenti sociali che la accompagnano.

 Se siete interessati agli argomenti dell'affidamento e dell'adozione, oppure volete leggere una storia di maternità che la racconti da un punto di vista meno tradizionale, e avete voglia di una lettura breve ma ben costruita, questo è un titolo che potrebbe fare al caso!

Qual è una storia di maternità che vi ha colpito?

La Rosa armata

Per la giornata di oggi, la festa della Liberazione, ho scelto di consigliarvi un’opera a fumetti che è contemporanea ma si inserisce perfettamente nel filone della letteratura dedicata alla Resistenza: si tratta de "La Rosa armata" di Costanza Durante e Elisa Menini, pubblicato l’anno scorso da Minimum Fax al suo esordio nella pubblicazione a fumetti. 


Titolo: La Rosa armata
Autrice: Costanza Durante e Elisa Menini
Anno della prima edizione: 2022
Casa editrice: Minimum Fax
Pagine: 216

In questo testo si racconta la guerra partigiana da un punto di vista che non è certo quello più consueto: quello delle donne partigiane. Siamo nelle Langhe piemontesi, teatro anche dei racconti e romanzi di resistenza scritti da Fenoglio, e le protagoniste sono due amiche, Rosa e Gisella, innamorate dei fratelli l’una dell’altra; ma se Bernardo, fratello di Rosa, è un partigiano, Marcello invece è una spia per i fascisti. 

Vi anticipo che nessun uomo uscirà granché bene da questa storia, in cui la Brigata delle Streghe, capitanata dalla memorabile Antonia decide di imbracciare le armi proprio per difendersi dagli uomini di entrambe le fazioni, perché anche quando professano le stesse idee politiche sanno costituire una minaccia per le ragazze. E così che Rosa, la Rosa armata del titolo, vince la propria paura di sparare e lo fa per difendere le sue compagne di lotta, in particolare l’amica Gisella che attraversa il 1944 portando in pancia una bambina che della condottiero Antonia porterà il nome.

Incisiva quanto la storia raccontata in quest’opera è l’aspetto grafico del fumetto, le cui tavole hanno colori fluo, estremamente diversi da una pagina all’altra, che ben rispecchiano le ambientazioni e le emozioni predominanti in quel particolare momento della narrazione. 

Oltre all’estremo realismo della guerra, delle azioni di battaglia, delle macerie dei bombardamenti, del sangue che sgorga dai corpi feriti, vi è anche un elemento onirico nella figura di una volpe che attraversa il testo e sembra in qualche modo rappresentare l’inconscio di Rosa manifestandosi nei momenti più importanti per lo sviluppo della ragazza. 

Si tratta di un testo che ho acquistato ad una bancarella, attratta dall’argomento, senza sapere bene che cosa aspettarmi e che è stato una vera e propria rivelazione, sia nella forma sia nei contenuti. Delle donne che hanno liberato il nostro paese accanto agli uomini si parla troppo poco, e questo recente fumetto è un’ottima occasione per ricordarle! 

Avete qualche lettura da consigliarmi a tema con il 25 aprile?

mercoledì 22 marzo 2023

Metodi per sopravvivere

Recentissima pubblicazione della casa editrice Iperborea, "Metodi per sopravvivere" dell’autrice islandese Gudrún Eva Mínervudóttir è un testo molto breve, concepito come un collage di racconti a quattro voci più che un vero e proprio romanzo.


Titolo: Metodi per sopravvivere
Autrice: Gudrún Eva Mínervudóttir
Anno della prima edizione: 2023
Titolo originale: Adferdir til ad lifa af
Casa editrice: Iperborea
Traduttrice: Silvia Cosimini
Pagine: 168

Vi si raccolgono alcune istantanee delle vite di personaggi molto soli, che si incontrano in una località di campagna in Islanda e per puro caso entrano nelle esistenze gli uni degli altri, in particolare attorno ad Aron, un ragazzino di 11 anni con un padre assente e una madre che soffre di depressione, che ha estremamente bisogno d’aiuto. Ci sono poi un uomo di mezza età che ha adottato un cane per migliorare la propria salute, una donna rimasta vedova che cerca un antidoto alla solitudine che la attanaglia e un’adolescente con un cattivo rapporto con il cibo.

Come per l’acciuga in copertina, l’unica strada per i protagonisti per trovare un rimedio al proprio isolamento e alle proprie sofferenze,  per trovare i “metodi per sopravvivere" del titolo, è quella di unirsi, di mettere insieme le proprie risorse ed impegnarsi per il prossimo, creando così un circolo virtuoso che sarà in grado di far arrestare un assassino e creare una sorta di famiglia alternativa per il piccolo Aaron: o la comunità si impegna per salvarlo, o per lui sarà troppo tardi. 

È una storia che fa sentire bene e che ho apprezzato in quanto tale, che ho letto con piacere. Tuttavia devo anche fare un appunto più critico: avrei voluto un maggiore sviluppo delle vite dei personaggi, perché sebbene la semplicità e il minimalismo siano efficaci qualche pagina di più l’avrei letta molto volentieri!

Se siete però amanti delle storie ambientate in piccole comunità, dove dominano i gesti quotidiani, le passeggiate nella natura, la riscoperta dei legami genuini, e avete poco tempo per leggere, questo è un testo che potrebbe decisamente fare al caso vostro! 

Qual è l’ultima lettura che vi ha trasmesso serenità?

giovedì 16 marzo 2023

La casa degli spiriti

Chissà perché ho aspettato tanti anni prima di recuperare "La casa degli spiriti" di Isabel Allende! 

C’è voluto il gruppo di lettura organizzato da Teresa e Miriam che mi ha fatto finalmente cogliere quest’occasione e scoprire un vero e proprio capolavoro. 


Titolo: La casa degli spiriti
Autrice: Isabel Allende
Anno della prima edizione: 1982
Titolo originale: La casa de los espíritus
Casa editrice: Feltrinelli
Traduttore: Angelo Morino
Pagine: 476

"La casa degli spiriti" è una saga familiare che attraversa tre generazioni nel Cile del 1900, dall’inizio del secolo fino al colpo di stato del '73 con le sue conseguenze. È una storia di personaggi d’immaginazione: le famiglia del Valle e Trueba, che si uniscono e diventano negli anni più numerose, ma anche la storia con la S maiuscola fa capolino nelle loro vite attraverso i personaggi del Presidente, chiaramente Salvador Allende, e del Poeta, che invece è Pablo Neruda. 

Le donne sono le protagoniste più memorabili: Clara che comunica con gli spiriti ed è la principale rappresentante del realismo magico sudamericano in questo libro, Blanca con il suo amore proletario Pedro Terzo Garcia e poi Alba, l’unica che il nonno Esteban saprà tenersi vicino al cuore senza allontanarla con il suo terribile carattere burbero e iracondo. È un romanzo di famiglia ma anche di lotta di classe: seguiamo formarsi la coscienza, la consapevolezza operaia, nel gemello Jaime, in Pedro Terzo, in Alba, nelle elezioni che sorprendentemente eleggono Allende; e qui il romanzo si fa estremamente politico raccontando il tradimento, la persecuzione, il golpe e poi gli arresti, le torture, le sparizioni, il terrore che colpì il Cile ed è quanto meno di fantasia si possa immaginare.

Decennio dopo decennio, questa storia mi ha coinvolta in maniera sempre crescente: per Esteban ho provato un’antipatia istintiva, dai suoi primi atti di violenza verso le donne prim’ancora di sposare Clara e per il suo arrivismo desideroso di arricchirsi a spese del popolo. Per Blanca e Pedro, per il loro amore contrastato, diviso dalle classi sociali e dalla politica, ho parteggiato così tanto che non osavo sperare nel lieto fine che invece l’autrice riserva loro, con l’emigrazione da rifugiati in Canada. 

Pedro mi ha ricordato tanto il mio amore giovanile, battagliero e sempre impegnato in manifestazioni, occupazioni e movimenti politici, e forse anche per questo ho provato per lui un affetto profondo.

Isabel Allende con queste esordio del 1982 crea un affresco di donne senza paura, che rimangono connesse oltre la morte, perché gli spiriti non conoscono i confini della carne. Crea protagoniste forti e determinate, che aspettano gli uomini ma mai senza far nulla delle loro vite, che amano sempre con coraggio anche quando tutto attorno a loro sembra andare in pezzi. 

È un romanzo che racconta un paese e le sue evoluzioni e trasformazioni, ed è una storia che contiene storie: i quaderni di Clara, le pagine scritte in prima persona proprio da Esteban perché la famiglia e la sua memoria non si perdano, e poi Alba che ne annoda i fili, pronta a portare avanti un’eredità nel senso che ha trovato anche alle tragedie peggiori, perché la vita continua nonostante tutto.

Non riesco a trovare una ragione per la quale non avessi letto prima un romanzo così famoso: oggi che l'ho terminato posso solo dire che l’ho amato moltissimo e credo di aver incontrato un’autrice tutta da scoprire!

Qual è il vostro romanzo preferito di Isabel Allende?

sabato 11 marzo 2023

Un giorno questo dolore ti sarà utile

Versione più contemporanea di un romanzo di formazione in stile "Il giovane Holden" di J.D. Salinger, "Un giorno questo dolore ti sarà utile" di Peter Cameron riprende nel titolo un verso di Ovidio che il ragazzo cita in realtà per un’esperienza ad un campo estivo al quale è stato spedito dei genitori. 


Titolo: Un giorno questo dolore ti sarà utile
Autore: Peter Cameron
Anno della prima edizione: 2007
Titolo originale: Someday This Pain Will Be Useful to You
Casa editrice: Adelphi
Traduttrice: Giuseppina Oneto
Pagine: 206

Il testo racconta la storia di James, un diciottenne di New York estremamente insoddisfatto e insofferente, così come lo era stato Holden Caulfield. Siamo nel 2003 e l’esperienza dell’attacco alle Torri Gemelle ha profondamente segnato i cittadini statunitensi, al punto che l’accaduto deve essere messo per forza in un romanzo ambientato in città immediatamente dopo l'attentato, per quanto non abbia granché a che fare con le vicende del protagonista. 

James è semplicemente un ragazzo che non trova il proprio posto nel mondo, come la stragrande maggioranza dei suoi coetanei: fatica ad inserirsi nei gruppi e si reputa un solitario, probabilmente per la paura di non piacere agli altri. Come Holden espulso dalla scuola, James scappa da un evento scolastico e a seguito di questo episodio viene mandato come si addice alla contemporaneità da un'analista, con la quale sembra tutt’altro che in grado di fare i progressi. 

L’unica persona che pare capirlo e accettarlo per quello che è è l’amata nonna, che non si aspetta da lui nient’altro che la sincerità e l’affetto del proprio nipote. 

Narrato in prima persona, Cameron scrive un romanzo che non è per la verità sorprendente, ma dà voce in maniera credibile ad un ragazzo alle prese con la scoperta del proprio orientamento sessuale e delle proprie difficoltà relazionali, in una famiglia piuttosto disfunzionale dove il padre pensa alla chirurgia estetica e la madre è reduce dell’ennesimo matrimonio fallito, mentre la sorella ha una relazione con un proprio insegnante sposato. 

Non è entrato a far parte dei miei romanzi di formazione preferiti, e devo ammettere che non ho provato neanche grandi emozioni nel leggere la storia di James, che tuttavia è scorrevole e molto convincente dal punto di vista di un ragazzo della sua età: non c’è nemmeno una pagina dove si percepisca il punto di vista dell’autore a sovrastare il personaggio a cui ha lasciato la scena. 

Certo James non è Holden, non ha quella potenza narrativa che personalmente trovo insuperabile, e forse non sorprende proprio perché di romanzi di formazione negli anni ne abbiamo già letti tanti, ma se siete degli amanti del genere è comunque una lettura che potrebbe piacevolmente intrattenervi.

Qual è l’ultimo romanzo di formazione che avete letto?

sabato 4 marzo 2023

Venuto al mondo

Difficilissimo, se non impossibile, trovare le parole per un post da dedicare a "Venuto al mondo" di Margaret Mazzantini, che avevo letto nel 2008 appena uscito e avevo amato, e ho riletto oggi dopo aver terminato "Mi limitavo ad amare te" di Rosella Postorino, che me ne ha ricordata l’ambientazione durante la guerra in Bosnia. 


Titolo: Venuto al mondo
Autrice: Margaret Mazzantini
Anno della prima edizione: 2008
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 532

Sono passati 15 anni e oggi leggendo questo libro ho pianto, e quando un romanzo mi scava dentro in questo modo non posso far altro che consigliarvelo di tutto cuore. 

Se "Mi limitavo ad amare te" è una storia di figli, questa è una storia di madri, che ruota attorno a Gemma che parte per Sarajevo per terminare una tesi di laurea e incontra Diego, che le sconvolge la vita; Diego di cui si innamora in un modo folle e incontrollato, Diego da cui vuole un figlio che non arriva. 

E allora sono cure ormonali, inseminazioni artificiali, il pensiero di un utero in affitto, una serie di fallimenti che li riportano nei Balcani dove li sorprende la guerra, l’assedio di Sarajevo, che coinvolge Gojko, il loro amico di una vita, la sorella di lui l’innocente Sebina, e le donne, come la giovane Aska, vittime degli stupri di guerra, della peggiore tra le mostruosità. 

Gemma nel 2008 ritorna a Sarajevo e lo fa con suo figlio Pietro, un adolescente pieno di insofferenza che lei stessa tratti non sopporta, in cui cerca ad ogni movimento di rivedere Diego, di ritrovare quell’amore che ha perso da così tanto tempo. 

"Venuto al mondo" è un romanzo di disperazione, che racconta la solitudine, la guerra, l’amore senza via di scampo, quello che non sa salvare dall’orrore e che ci rende disposti a tutto, indipendentemente da ciò che è giusto, da ciò che si dovrebbe fare. 

Gemma è una donna piena di contraddizioni, di rabbia, di risentimento e di gelosia; Gemma a volte è egoista, ma è un personaggio così vero che anche quando si rende insopportabile ne si comprendono le ragioni. 

"Venuto al mondo" è un romanzo ricco di descrizioni, di elementi fisici, concreti, che parlano di corpi, di violenze, di privazioni, ma anche di legami indissolubili. È una scrittura che non piace a tutti: c’è chi la trova eccessiva, mentre per me è un fiume in piena che ti travolge e che tocca dei punti in profondità che difficilmente rendo scoperti davanti a un romanzo. 

Ho riscoperto questa storia di cui conservavo memorie confuse dei momenti più intensi, e l’ho amata oggi ancora più di ieri, forse perché non sono più adolescente e invece di rivedermi in Pietro mi rivedo in Gemma, in Gojko,  nelle loro maturità insoddisfatte, nelle tante perdite che hanno segnato le loro vite. Questi personaggi e i loro cammini resteranno da oggi in poi a lungo dentro di me e non posso fare altro che invitarvi a conoscerli. 

Avete già letto qualcosa dell’autrice?

mercoledì 1 marzo 2023

Dei bambini non si sa niente

Romanzo d’esordio della scrittrice Simona Vinci, "Dei bambini non si sa niente", pubblicato da Einaudi nel 1997 è un titolo a dir poco disturbante. 


Titolo: Dei bambini non si sa niente
Autrice: Simona Vinci
Anno della prima edizione: 1997
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 160

L’autrice non ha paura di sconvolgere i lettori con un tema fortissimo, che ho trovato a tratti insopportabile: la scoperta da parte di un gruppo di bambini della provincia bolognese dei propri corpi e della sessualità. Se si trattasse di giochi innocenti, della naturale curiosità, non ci sarebbe nulla di male, anzi! Tuttavia sul capannone dove si trovano grava l’ombra di adulti che cercano di influenzarli attraverso pornografia di vario genere, che li condurrà ad atti sempre più violenti, dalle conseguenze inimmaginabili e irreversibili. 

Mi sento di premettere tutto questo perché "Dei bambini non si sa niente" non è affatto una lettura per tutti. Mi ritengo una lettrice poco impressionabile quando non si tratta di violenza sugli animali, argomento che come ben sapete non sopporto, ma qui ho davvero faticato, specialmente negli ultimi capitoli del romanzo. 

Si tratta di un esordio coraggiosissimo e che non assomiglia nient’altro. È un testo scritto in una lingua asciutta e descrittiva al tempo stesso, che ci immerge nelle campagne assolate dell’estate, nel grano che cresce nei campi, nel sudore dei corpi che pedalano su una bicicletta o si ammassano su un materasso. Ogni immagine è vivida ed evocativa al punto da sembrare proprio sotto i nostri occhi, e questo denota senza dubbio un talento raro nell’autrice, che non ha paura di sconvolgere, di toccare tasti ritenuti perlopiù un vero e proprio tabù, e che crea così un testo indimenticabile nella sua crudezza e crudeltà. 

Ci sembra di conoscerli questi bambini, che crescono troppo in fretta e che non sanno davvero quello che fanno; bambini di cui non si sa niente, perché li si pensa impegnati in giochi innocenti ed invece sono intenti ad autodistruggersi. 

Consiglio questa lettura soltanto a chi davvero se la sente: non credo che tornerò a rileggerla, ma credo che il mio percorso con l’autrice sia soltanto all’inizio, perché se questo è il suo primo romanzo non oso immaginare la potenza delle sue opere successive!

Qual è l'ultimo libro che vi ha disturbati?

Chiamo i miei fratelli

"Chiamo i miei fratelli" di Jonas Hassen Khemiri è un librino pubblicato da Einaudi che ho acquistato attirata da una recensione letta su "La Lettura" e dal fatto che avevo già apprezzato un altro libro dell’autore svedese che ha anche origini nordafricane, "Tutto quello che non ricordo".


Titolo: Chiamo i miei fratelli
Autore: Jonas Hassen Khemiri
Anno della prima edizione: 2012
Titolo originale: Jag ringer mina bröder
Casa editrice: Einaudi
Traduttrice: Katia De Marco
Pagine: 120

In Svezia "Chiamo i miei fratelli" è uscito ormai quasi dieci anni fa, ed è accompagnato in questa edizione italiana da un’appendice che contiene una lettera dello scrittore al ministro della giustizia svedese, scritta nel 2013 quando entrò in vigore una misura di controllo sull’immigrazione nel paese basata sostanzialmente sull’aspetto fisico dei cittadini. 

Il tema razziale dunque è al centro del racconto, che è suddiviso in quattro conversazioni telefoniche, che in realtà ne contengono al loro interno anche altre, divise da brevi Intermezzi che come ritornello iniziano tutti con la frase "chiamo i miei fratelli" del titolo. 

È un racconto breve, ma anche molto letterario, in cui il narratore del tutto inaffidabile reagisce alla notizia di un attentato sapendo che i sospetti della polizia colpiranno istantaneamente tutti coloro che gli somigliano. Così siamo trascinati in un flusso di coscienza in prima persona, dove fatichiamo ad orientarci tra la percezione della paura e dell’iper sorveglianza che il protagonista prova e le reali azioni che decide di compiere. 

È dunque un testo dall’argomento profondamente politico, scritto però in un modo ricercato e originale che non banalizza e non appiattisce la tematica, che viene spiegata in modo più concreto e fattuale dalla lettera aperta che segue. Qui lo scrittore invita il ministro a mettersi concretamente nei suoi panni, per comprendere cosa voglia dire crescere da ragazzo svedese ma tuttavia percepito come straniero, subendo costanti discriminazioni dall’infanzia all’età adulta.

Il volumetto si chiude con un altro racconto, dal titolo "Mille e uno mille e due mille e tre", che in comune con il precedente ha in verità solo il tema della fratellanza, ma contribuisce a far innamorare dello stile dell’autore che nella narrativa breve mi è parso ancora più riuscito. 

Ho comprato questo librino abbastanza a scatola, ma mi ha positivamente stupito al punto che ho sentito l’esigenza di recuperare anche il più recente romanzo dell'autore!

Qual è stata la vostra ultima lettura breve ma intensa?