mercoledì 26 luglio 2023

Svegliare i leoni

"Svegliare i leoni" di Ayelet Gundar-Goshen, pubblicato da Feltrinelli, è un altro dei titoli che inserisco nella categoria di quelli acquistati per caso all’usato e che hanno finito per sorprendermi moltissimo.


Ambientato in Israele (questa è una premessa necessaria perché non è del tutto esente da stereotipi quali una generalizzazione sugli immigrati eritrei e sugli arabi israeliani, descritti quasi sempre come impegnati in attività criminali) ha per protagonista Eitan, un medico ricco, bianco, ebreo e privilegiato, sposato con un'investigatrice della polizia, che ha una bella vita anche se è stato trasferito in un ospedale meno prestigioso del precedente e padre di due adorabili bambini. 

Una notte, mentre sfoga le sue piccole, meschine frustrazioni guidando a tutta velocità la sua Jeep nuova di zecca, investe un uomo eritreo nel buio; lo uccide, ma decide di scappare senza denunciare il crimine. L’indomani però si trova davanti una donna eritrea, la moglie della vittima dell’incidente, con in mano il suo portafoglio e da qui verrà risucchiato in un vortice di ricatti, che lo porterà a curare profughi in un garage, a mentire ripetutamente a sua moglie e a finire invischiato nel traffico di droga locale [per poi terminare però facendola franca proprio grazie alla stessa donna che lo aveva trascinato in quei guai]. 

"Svegliare i leoni" è un romanzo sulle conseguenze delle nostre azioni, su come un errore si possa pagare più caro del previsto e come le situazioni possano sfuggirci di mano in un piano inclinato del quale non abbiamo alcun controllo. Se la caratterizzazione di Sirkit, la donna eritrea non è esattamente approfondita anzi è condita di violenze subite dal marito, un’infanzia in povertà, il trauma della migrazione, nulla di veramente personale, Eitan che è sempre in primo piano è molto convincente: se ne sviluppa la gelosia verso il fratello che però è morto soldato, le affinità che rivede nel figlio minore con lo zio scomparso mentre lui si riconosce nel più timido primogenito. 

È un uomo che non desidera davvero curare quei profughi, che non ha provato un vero dispiacere per l’uomo che ha investito e che si trova a salvare le vite di altri soltanto perché è ricattato a farlo, diversamente da quando svolge la sua professione in lucide sale operatorie. È un personaggio per cui non si prova granché empatia, anzi ogni tanto arriva ad infastidire profondamente e proprio per questo è così riuscito, perché è tutt’altro che un eroe ma è un uomo profondamente realistico. 

Certo l’autrice fa un largo uso di facili coincidenze [una tra tutte l'auto che è Eitan vede dirigersi al garage prima della resa dei conti, oppure la svolta in toni del romance che ad un certo punto il romanzo sembra imboccare, e anche la moglie investigatrice non sembra davvero particolarmente promettente nello svolgimento del suo lavoro almeno quando si tratta di suo marito], tuttavia è un romanzo dal ritmo serrato e dai colpi di scena ben dosati che sono particolarmente efficaci nella prima parte, ma restano comunque appassionanti anche andando avanti. 

Se cercate un romanzo dalle vibrazioni thriller ma anche ricco di scavo psicologico questo potrebbe davvero fare al caso vostro! 

Qual è l’ultimo titolo che vi ha sorpresi?

Finché le stelle saranno in cielo

Gli argomenti di "Finché le stelle saranno in cielo" di Kristin Harmel, pubblicato da Garzanti, sono tra quelli più nelle mie corde: una storia familiare, il tema della memoria intrecciato a quello della storia, in particolare al dramma dell’Olocausto. 

Il romanzo si snoda tra il presente negli Stati Uniti, dove Hope è una madre divorziata da poco di una figlia adolescente, Annie. Sua madre è morta e sua nonna Rose è in una casa di riposo: sta perdendo la memoria per colpa dell’Alzheimer, ma in un giorno di lucidità decide di rivelarle i segreti che ha nascosto per una vita intera e che porteranno Hope a Parigi, a riscoprire le proprie origini lontano dalla pasticceria di famiglia che cerca di salvare dai debiti. 

In questa storia c’è un grande amore nato in un periodo buio e spezzato dalle deportazioni; ci sono i gusti di tradizioni millenarie che si intrecciano sul bancone di una pasticceria (nel libro sono presenti anche alcune ricette!) e c’è un messaggio estremamente forte sull’importanza di amare quando se ne ha la possibilità, senza temere di rimanere feriti, perché il vero amore sopravvive a tutto. È il vero amore che Jacob ha condiviso con Rose, aspettandola per un'eternità, sapendo dentro di sé che la donna non era mai morta. 

Certo, il romanzo è molto semplice, la scrittura non ha grandi qualità e sul finale cade nel trovare soluzioni semplici a problemi complessi -il salvataggio della pasticceria, romanticismo in quantità un po' eccessive, espedienti per far commuovere a tutti i costi come la morte improvvisa dei due amanti appena ricongiunti. 

Nonostante i difetti, ci sono anche elementi degni di nota perché davvero poco conosciuti. Quello che mi ha colpita maggiormente è il tema delle relazioni Interconfessionali e di come i cittadini musulmani di Parigi durante la guerra riuscirono a salvare degli ebrei, in particolare dei bambini: una pagina di storia di cui non avevo mai sentito parlare!

Più volte questa storia mi ha fatto spuntare una lacrima. È un romanzo appassionante, in cui ci si affeziona ai personaggi (il mio preferito è stato Alain), e dove l’ambientazione parigina di alcuni capitoli è davvero evocativa e piacevole da ritrovare nel testo.

Non è diventato uno dei miei romanzi preferiti, ma credo che potrà essere apprezzato da moltissimi altri lettori e ve lo consiglio! 

Qual è l’ultima lettura ambientata nel passato che avete fatto?

martedì 25 luglio 2023

Rombo

"Rombo" di Esther Kinsky, autrice tedesca che però trascorre buona parte dell'anno in Friuli, è un titolo molto originale- del catalogo Iperborea, che nel 2023 è stato anche tra i finalisti al Premio Strega europeo. Si tratta di un romanzo corale che mescola alle voci dei sette protagonisti umani anche paragrafi dedicati alla flora, alla geologia, di stampo molto più scientifico, mescolati al folclore, alle leggende e alle tradizioni della terra che racconta.

Siamo nel Friuli orientale, nel 1976, tra i mesi di maggio e settembre, quando due terremoti sconvolsero le vite degli abitanti delle valli, riducendo in macerie le loro abitazioni, le stalle, le chiese. Il rombo della terra che si scuote, preannunciato dall'agitazione degli animali e seguito al disorientamento, alle tende, al dormire in auto, all'allontanamento temporaneo dalle proprie terre è raccontato da sette voci, maschili e femminili, che all'epoca dei fatti hanno età diverse. 

Alcuni, come Adelmo, Silvia e Olga, sono bambini; altri, come Toni, Mara, Gigi e Lina, sono già adulti. Oltre al terremoto questo incastro di storie e di voci racconta le migrazioni interne e all'estero, in un territorio di confine, la solidarietà jugoslava, il sogno della Russia, della Germania o della Svizzera, ma anche semplicemente del mare sulla costa. Racconta famiglie sconvolte dalle scosse sismiche ma anche dalle dinamiche interpersonali, di mogli che abbandonano i mariti, di uomini che preferiscono la compagnia del bestiame a quella delle persone, di bambini che cercano l'approvazione degli adulti che non riescono a comprendere.

Il ritmo di questa narrazione parte lento, e la sua struttura frammentaria all'inizio mi aveva disorientata, non mi sentivo coinvolta dalla lettura. Ho perseverato però e proseguendo ne sono stata catturata, mi sono immersa nella natura descritta, nella vita contadina dei protagonisti e nelle loro riflessioni: ho compreso le ragioni della candidatura al Premio Strega europeo, tra titoli del calibro di "V13" di Carrère (che poi è stato il vincitore) e se siete interessati ad una pagina di storia di cui si parla davvero poco -e che io non conoscevo proprio, non essendo ancora nata all'epoca- ve lo consiglio assolutamente. 

Quali titoli del Premio Strega europeo conoscete?

venerdì 21 luglio 2023

Kill All Enemies

Un altro dei fortunati incontri al mercatino dell’usato, come "Summer" di Monica Sabolo di cui vi ho parlato da poco, è stato "Kill All Enemies" di Melvin Burgess, pubblicato da Mondadori. 

Si tratta di un romanzo dalla struttura estremamente cinematografica, e difatti era nato dall'incarico di una sceneggiatura che l’autore aveva ricevuto, ma di cui poi non se ne è fatto niente. È diventata così un’opera di narrativa, basata però su fatti reali e persone davvero incontrate, elemento che mi sento di dire traspare dalla lettura perché i personaggi che incontriamo sono davvero caratterizzati a meraviglia. 

Le voci narranti sono quattro: quelle di tre adolescenti, Billie, Rob e Chris, e di un'assistente sociale, Hannah, che si occupa in particolare di Billie, la ragazzina con gravi problemi di gestione della rabbia in seguito alla traumatica esperienza di una madre alcolista che l'a lasciata a prendersi cura dei fratelli minori, per poi rifiutarsi di raccoglierla in famiglia una volta disintossicata. 

Anche Rob subisce l’abbandono da parte della madre, oltre al bullismo a scuola poiché sovrappeso e con grossi problemi di autostima; nonostante questo rimane leale nei confronti della madre e protettivo verso il fratellino, permettendo al patrigno di sfogare su di lui la propria violenza.

Chris è l’unico che apparentemente ha un contesto familiare sano, ma il suo carattere oppositivo crea grossi problemi di relazione con i suoi genitori, dovuti a disturbi dell'apprendimento mai diagnosticati.

I temi sono molto delicati, ma raccontati in modo schietto e onesto, senza voler fare in alcun modo la morale ai personaggi che nell’arco di questa storia che si svolge in poche settimane scopriranno che nonostante le loro enormi differenze l’amicizia ha ancora il potere di salvarli.

È una lettura che mi ha colpita molto, perché è convincente, diretta e molto appassionante, scritta in modo semplice e adatto ad un pubblico di adolescenti ma godibile anche per lettori adulti che siano interessati a questi argomenti: nel complesso assolutamente promosso! 

Qual è un romanzo per ragazzi che mi consigliereste ?

Sole amaro

 "Sole amaro" di Lilia Hassaine, pubblicato da Edizioni E/O, è un romanzo che tratta uno dei temi di cui preferisco leggere: quello delle migrazioni. Siamo in Francia, in un sobborgo di Parigi, e dagli anni '60 seguiamo la famiglia di Nadia per tre decenni: dal ricongiungimento con Said, partito per primo dall'Algeria, alla nascita dei gemelli Amir e Daniel, che verranno separati... pur mantenendo il loro legame, in qualche modo.


La sintesi è uno dei tratti principali di questo libro, ed è inusuale quando si tratta di storie familiari che si sviluppano per trent'anni; l'autrice avrebbe potuto appesantirla, aggiungere dettagli, seguire fuori campo i suoi protagonisti ma si limita ad una narrazione essenziale, che tocca solo i momenti salienti: un matrimonio forzato della figlia quindicenne, il destino per fortuna diverso delle sorelle minori (la crescita in Francia che le ha rese in qualche modo "diverse", meno adulte della primogenita). C'è poi Amir, quel maschio promettente, ma c'è anche la diffusione dell'eroina e dell'AIDS in Francia, e soprattutto ci sono le periferie, che da luogo di multiculturalità e di condivisione diventano sempre più opprimenti, un posto da cui fuggire.

In poche pagine Lilia Hassaine costruisce un mosaico di tessere che si incastrano alla perfezione, di personaggi dipinti con pochissime pennellate ma che sono così vivide da renderli credibili e tridimensionali. In poche frasi trasmette l'asprezza e l'intensità del legame tra l'Algeria e la Francia, e le conseguenze protratte nel tempo, soprattutto per il popolo algerino; in altre pagine sa comunicare il senso di esclusione, di non appartenenza di chi pur essendo per cittadinanza francese non riesce a considerarsi tale. 

Se il tema delle migrazioni vi interessa, e vi piacciono le storie familiari, questo testo è davvero riuscito, e se siete in un periodo impegnativo è ideale data anche la sua brevità. Per me è assolutamente promosso!

Qual è un romanzo breve ma intenso che mi consigliate?

venerdì 7 luglio 2023

Tsugumi

 Il mio proposito di leggere i libri di Banana Yoshimoto in ordine cronologico prosegue con "Tsugumi", pubblicato per la prima volta nel 1989, che per il momento è diventato tra i miei preferiti.

Racconta una storia breve e semplice, che si svolge nell'arco di un'estate quando la protagonista Maria ha diciannove anni e ritorna alla pensione dove è cresciuta insieme alla madre, agli zii e alle cugine prima di poter raggiungere il padre in città. Le due cugine, Yoko e in particolare Tsugumi che dà il titolo al romanzo, sono le compagne di avventure e di crescita che le fanno apprezzare le piccole cose quotidiane.

Tsugumi è un personaggio insolito e convincente, dichiaratamente ispirato ad alcuni tratti caratteriali dell'autrice: una ragazza dalla salute estremamente cagionevole ma dalla fortissima volontà, che in questa estate sul mare incontra il primo amore, e si accorge di provare sentimenti così forti per un cagnolino che la renderebbero addirittura disposta ad uccidere senza rimpianti.

Banana Yoshimoto racconta con la sua consueta delicatezza una calda estate di passaggio e di maturazione, di quattro personaggi che si apprestano a diventare adulti e condividono quanto di più puro può esserci sulla costa giapponese. Nonostante superi di poco le cento pagine, lascia il tempo di affezionarsi ai suoi protagonisti, che sono davvero ben costruiti, al punto che ci sembra una volta conclusa la lettura di aver trascorso una vera e propria vacanza insieme a loro.

Un altro romanzo di questa autrice che mi incoraggia a proseguire con il mio ambizioso progetto! E qual è il titolo che voi preferite tra i suoi?

Café Royal

 Di Marco Balzano ho letto tutti i romanzi pubblicati finora, perciò non potevo resistere al richiamo di "Café Royal", un libro di poco più di cento pagine appena uscito per Einaudi editore.

Siamo pronti per leggere della pandemia, o è ancora un momento troppo recente delle nostre vite? Qui siamo al termine di quello che è stato probabilmente il primo lockdown, ci troviamo a Milano in via Marghera, e le vite dei personaggi ruotano attorno ad un bar dove prima o dopo si sono recati, o che frequentano abitualmente.

La struttura di questo testo è organizzata in capitoli brevi, di poche pagine ciascuno, dedicati ad un singolo personaggio; potrebbero sembrare racconti non granché significativi, ma andando avanti con la lettura ho iniziato a divertirmi moltissimo nello scoprire il legame tra gli episodi, i protagonisti che ritornano, e ci ricordano come di ogni storia esistano sempre almeno due versioni, due lati per la stessa medaglia.

Ci sono figli e madri che non si comprendono, anziani rimasti soli o uccisi dal virus, coniugi insoddisfatti che hanno smesso di apprezzarsi a vicenda e ricercano in altri le attenzioni desiderate. C'è un prete che sente di aver lasciato in Ghana la propria vocazione, una ragazza che vive per strada in un alloggio di cartone, un barista ancora affascinato dalla droga, chi eredita una casa di famiglia e scopre di non volersene separare. Fili sottili intrecciano le vite di questi personaggi e coinvolgono il lettore, curioso di scoprire il prossimo incastro dei tasselli di questo puzzle, anelli concentrici attorno ad un caffè. 

Non aspettatevi un romanzo completo come "Resto qui" o legami familiari profondi come ne "Il figlio del figlio", piuttosto una raccolta di storie che vi facciano compagnia per un viaggio o nei tempi di attesa, molto umani e ben scritti, anche se non li definirei memorabili. Non scala certo la mia classifica di preferenze quanto a produzione dell'autore, ma è stata comunque una lettura piacevole!

Cosa avete letto di questo scrittore?

domenica 2 luglio 2023

La casa del destino

Seguito de "Il miniaturista", "La casa del destino" pubblicato da La nave di Teseo (con una copertina bellissima, che ne racchiude i simboli!) è il secondo romanzo di Jessie Burton che leggo e che si rivela una bellissima esperienza: si tratta di un leggere per il gusto di godersi una storia, nell’ambientazione suggestiva l’Amsterdam del 1700, seguendo i passi di personaggi che avevamo già incontrato. 


Nella è rimasta nella casa di città insieme a Otto, a Cornelia e a quella Thea che avevamo lasciato neonata, Se "Il miniaturista" si tingeva spesso di tinte molto cupe e pagine anche drammatiche, ne "La casa del destino" l’atmosfera è meno opprimente, anche se i segreti e le malelingue continuano a gravare sulla famiglia Brandt.

Thea è ormai una diciottenne, ama gli spettacoli teatrali e si innamora dell’uomo sbagliato, mentre la zia Nella nel suo interesse cerca di combinarle un buon matrimonio, che l’aiuti ad affrancarsi dalla povertà in cui la famiglia sta rischiando di cadere. Ogni donna è però artefice del proprio destino, come leggiamo in quarta di copertina, e se le nostre protagoniste sembrano non ricordarselo ecco che le miniature misteriose tornano a farsi vive, per risvegliare il coraggio che alberga in ognuna di loro e far loro rivendicare il destino che ritengono giusto per se stesse. 

Anche questo volume è davvero appassionante, perché un segreto dopo l’altro la storia si svela, nonostante non tutto trovi risposte e la figura della miniaturista non venga mai davvero spiegata, facendole conservare così l’alone di mistero che tanto mi aveva colpito nel libro precedente. 

Avevo chiuso il primo romanzo con una sensazione di tristezza e di angoscia, mentre il cerchio che qui si chiude lascia davvero un altro stato d’animo: Nella si riconcilia con il proprio passato e Thea trova una dimensione più adatta a lei, lontana dalle convenzioni sociali e dal pregiudizio. 

Quelli di Jesse Burton non sono capolavori della letteratura, sono romanzi semplici, di narrativa pura, ma permettono di immergerci in una storia per il puro piacere di leggerla, dimenticando il presente che ci circonda e lasciandoci trasportare nelle ambientazioni evocative, tra canali, campagne, dimore signorili o decadute dove ci muoviamo insieme ai suoi personaggi. 

Ho davvero apprezzato questa prosecuzione alle vicende iniziate nel precedente romanzo; potrei dire che la parte centrale è leggermente più lenta e ripetitiva, ma si riprende così bene nell’ultimo terzo che non posso fare altro che consigliarvi questa coppia di libri, che trovo letture perfette per l’estate, non troppo impegnative ma al tempo stesso né banali né inconcludenti.

Qual è l’ultima serie di libri che avete terminato?