giovedì 30 novembre 2023

Il tram di Natale

In questa settimana in cui ci prepariamo alle Feste ho scelto di dedicare i consigli di lettura ad alcuni libri legati al periodo dell'anno in cui ci troviamo, ed il terzo è proprio il brevissimo "Il tram di Natale" di Giosué Calaciura, pubblicato da Sellerio.

Il tram, il mezzo pubblico, che attraversa la periferia della città e mette in involontaria comunicazione tra loro membri delle più disparate umanità, diventa nel racconto dell'autore una sorta di presepe contemporaneo, un presepe dei margini, un presepe degli ultimi.

Vi salgono una prostituta affamata, un misero cliente, un venditore ambulante dalle scarpe troppo strette, un mago calvo con i primi sintomi dell'Alzheimer, un giovane migrante senzatetto, un'infermiera che ha da poco perso una cara amica, due militanti dell'estrema destra che si rivelano per i codardi che sono, un padre di famiglia che ha solo cinque euro per fare la spesa, e poi un neonato: il Gesù bambino della nostra storia, il beato che sarà il primo perché ora è l'ultimo, figlio di chissà quale povertà.

Quello di Calaciura è un racconto amaro, che mette il lettore davanti allo specchio della propria indifferenza, mentre riempiamo sporte di costosi regali e ignoriamo consapevolmente chi non condivide le nostre possibilità, quelle di chi non conosce la fame, di chi ha un tetto sopra la testa e qualcuno su cui contare. È un libro che si legge in un'ora, che inserisce nella sua stringente realtà un tocco di magia, un richiamo al Canto di Natale di Dickens, e ci lascia più consapevoli di quanto dovremmo essere grati per le nostre Vigilie che non siamo costretti a trascorrere su un tram che si inoltra alla fine della città.

Se avete voglia di un racconto natalizio che si tenga alla larga dai cliché e dalle favole dal prevedibile finale, questo potrebbe fare al caso vostro: io l'ho trovato davvero sorprendente!

Avete letto qualche titolo a tema natalizio questo dicembre?

domenica 26 novembre 2023

Giù nella valle

Cognetti scrive in “Giù nella valle”, pubblicato da Einaudi, un libro amaro. Se ne “Le otto montagne” una buona dose di disillusione c’era già, qui l’autore torna più vicino alla forma del racconto e mette insieme capitoli brevi e taglienti, dai contenuti collegati ma distinti.

C’è la ferocia degli animali, nel primo, del cane dominante che attacca il più debole (capitolo un po’ disturbante per chi, come me, la sofferenza animale non riesce a leggerla). Poi ci sono Luigi e Alfredo, due fratelli, larice il primo ed abete il secondo come gli alberi duri e resistenti che il padre piantò vicini alla loro nascita, Luigi è una guardia forestale, Alfredo tornato dal carcere e dal Canada, entrambi gestiscono a fatica il proprio rapporto con l’alcol. Poi c’è Elisabetta, la betulla, albero gentile, la moglie incinta di Luigi, l’unica in questa storia che porta la speranza, che porge la mano ad una cagna smarrita, che si bagna nelle acque della Sesia cercando protezione nel fiume, che si rifugia nei libri dalla realtà durissima che la circonda. E infine la valle, la natura, gli alberi, in un testo che non ha al centro l'umano ma lo concepisce come una parte del tutto: un poema celtico riscritto che ne canta la battaglia contro il disboscamento, le strade che servono per andarsene invece che per tornare -le atmosfere che ne “Le otto montagne” avevo già trovato, qui portate all’estremo, ancora più lontane dalla città.

È un romanzo breve “Giù nella valle”, che si ispira all’album “Nebraska” di Springsteen, che lascia un profondo senso di sfiducia verso i danni che semina l’umano ovunque passi, che ci fa incontrare questi personaggi che lasciamo fin troppo presto, senza conoscerli in profondità. La scrittura di Cognetti è essenziale, tagliente, e al tempo stesso poetica: come se stesse arrivando al nocciolo, scartando tutto ciò che non è necessario. Un autore da scoprire, che ancora una volta non posso che consigliarvi.

Piccole cose da nulla

"Piccole cose da nulla" di Claire Keegan, pubblicato da Einaudi, è la dimostrazione di come una storia ambientata nel periodo di Natale possa affrontare ben più di buoni sentimenti e regali sotto l'albero.

Bill Furlong è un uomo quasi quarantenne nell'Irlanda degli anni '80; commercia combustibile e rifornisce gli abitanti della cittadina dove abita con la moglie e le sue cinque figlie. Della sua infanzia conserva anche ricordi amari, per lui Babbo Natale non è mai arrivato con il puzzle che desiderava, perché è cresciuto da figlio di madre nubile, di padre ignoto, accolto nella dimora di una donna nubile e benestante.

A Bill non è mancato nulla, e ci tiene a mandare avanti così anche la vita della propria famiglia, impegnandosi duramente. Non spreca tempo né denaro nel bere e non contrae debiti con nessuno; nel periodo di Natale, mentre pianifica l'acquisto dei doni per le sue bambine, consegna del carbone al convento vicino: e qui entra a contatto con l'orrore delle Magdalene Laundries, dove la chiesa cattolica d'Irlanda tratteneva contro la loro volontà ragazze dal comportamento ritenuto immorale sottraendo anche i loro neonati.

Bill è un uomo integro, una brava persona: e il suo desiderio di tranquillità si scontra con i suoi valori. In meno di cento pagine lo seguiamo arrovellarsi sulle scelte giuste e sulle loro possibili conseguenze, sul suo passato e sul significato che esso comporta nel presente, sul senso del definirsi credenti e cristiani. 

Quella di Claire Keegan è una storia d'inverno, che profuma di zucchero, dolci da forno e di frutta candita, che fa pensare alla carta da regalo stretta attorno ai pacchi ma anche alla gratitudine, al senso più profondo di ciò che abbiamo e che siamo. 

È un piccolo concentrato di poesia, che in così poco riesce anche a mettere il lettore in contatto con una triste pagina di storia di cui si parla ben poco; avrei letto volentieri molto di più dalla penna dell'autrice, ma è stata senz'altro una lettura perfetta per quest'avvento, dalle atmosfere suggestive ma affatto superficiale.

Qual è l'ultima storia di Natale che avete letto?

domenica 19 novembre 2023

Il canto di Mr Dickens

Lettura perfetta per il periodo natalizio, Il canto di Mr Dickens di Samantha Silva, pubblicato da Neri Pozza, si ispira alle difficoltà realmente vissute dal celeberrimo autore inglese all’inizio degli anni ‘40 dell’800, quando il successo delle sue opere sembrò venire meno.

Gli fu così commissionata un’opera per il Natale incombente, e nacque “Canto di Natale”, forse l’opera ancora più nota legata al 25 dicembre, ancora oggi protagonista di innumerevoli trasposizioni -la mia preferita resta quella Disney degli anni ‘90.

Nel libro di Silva, che è soprattutto un’opera di fantasia che rende omaggio alla bontà d’animo così presente nelle opere di Dickens, incontriamo uno scrittore in grande difficoltà: non solo finanziaria, anche perché tutti coloro che lo circondano (in prima linea suo padre) si approfittano di lui per saldare i propri debiti, ma anche familiare. La moglie infatti si è allontanata con i figli proprio poco prima delle feste, e Charles è da solo con la propria frustrazione quando incontra Eleanor, giovane donna che diventa immediatamente la sua nuova musa.

“Il canto di Mr Dickens” è un racconto immerso in una fredda Londra vittoriana, sprofondata nella nebbia, che di notte rende indistinguibili vicoli e ponti sul Tamigi. Ma è soprattutto un romanzo di fantasmi: quelli del presente e del passato, che guidano i nostri passi modificando il nostro futuro, ricordandoci dove alberga la nostra parte migliore.

Se come me portate nel cuore Tiny Tim, e i fantasmi dei Natali presenti, passati e futuri del Canto originale… credo che anche questo romanzo potrebbe piacervi molto, specialmente in questo periodo dell’anno!

Qual è il vostro romanzo natalizio preferito?

Chiamami sottovoce

"Chiamami sottovoce" di Nicoletta Bortolotti, pubblicato da HarperCollins, è un romanzo importante: le migrazioni sono sulla bocca di tutti, sulle prime pagine dei giornali quando si tratta di sbarchi, di leggi e limitazioni, ma troppo raramente ci ricordiamo che non troppo tempo fa il popolo degli emigranti era anche il nostro. 

E non si trattava della cosiddetta fuga dei cervelli, troppo qualificati per accontentarsi del nostrano mercato del lavoro, bensì di famiglie proletarie che andavano all’estero come operai alla ricerca di un lavoro che permettesse loro soprattutto la sopravvivenza. È questo che fanno i genitori di Michele, il piccolo protagonista di questo romanzo, che dal Veneto varca il confine con la Svizzera nascosto nel bagagliaio di un’auto, perché ai lavoratori stagionali come suo padre, che scaverà il traforo del San Gottardo, non è consentito entrare in Svizzera insieme ai propri figli. 

Per questo Michele vive nascosto in una soffitta, a nove anni, terrorizzato all’idea che arrivi la polizia e lo possa portare via con sé. Non può piangere, ridere forte, parlare a gran voce; vive nascosto e l’unico contatto umano che ha è quello con Delia, una donna dalla parte giusta della storia, che lo nasconde e se ne prende cura, incurante delle leggi che sin da quando, ragazzina, le è stato strappato il suo giovane amore che lottava contro il regime fascista, sa rispettare solo quando le ritiene giuste. 

Delia è il personaggio più memorabile di questo romanzo: una donna che lotta per il bene e che vince la solitudine di Michele, facendogli incontrare Nicole, la figlia svizzera dei vicini di casa che con lui condividerà pomeriggi tra giochi e disegni, in un rapporto che ricorderà per tutta la vita nonostante le autorità li abbiano separati troppo presto. 

All’inizio del romanzo incontriamo Nicole cresciuta, che elabora il lutto per la madre e decide di mettersi sulle tracce di Michele a tanti anni di distanza [lo ritroverà, insieme alla scomodissima verità che vede proprio sua madre responsabile di averne denunciato la presenza pensando di fare la cosa giusta per la propria bambina, decisione che l’avrebbe poi tormentata per tutta la sua vita di donna adulta facendole chiedere il perdono a Michele e alla sua famiglia, che aveva ritrovato ben prima di Nicole].

"Chiamami sottovoce" è un romanzo che racconta una storia di cui non si sente quasi mai parlare, ma della quale di questi tempi è più che mai importante ricordarsi per non negare la realtà e per imparare a riconoscerci nelle vite e nelle difficoltà di coloro che ora sono stranieri così come lo siamo stati noi.

La scrittura di Nicoletta Bortolotti è molto semplice, alterna i piani temporali tra il presente e gli anni '70 (o per brevi parentesi in corsivo anche gli anni prima della guerra, raccontati da Delia) e trasmette nella voce di Michele bambino l’ingenuità, l’innocenza e l’assurdità delle condizioni in cui migliaia di figli di immigrati sono stati all’epoca costretti a nascondersi. 

È evocativo nelle sue descrizioni della neve sulla Svizzera d’inverno, dei laghi gelati, delle marmellate e dei profumi preparati con i petali di rosa, delle fonduta di formaggio e dell’uvetta impastata nei dolci, delle matite colorate con cui disegnare sui fogli bianchi degli album e degli arcobaleni tracciati sul muro della soffitta.

Questa lettura è stata una sorpresa in positivo, che mi ha così coinvolta da leggerlo in un paio di giorni e non volermene separare fino alle pagine conclusive che si chiudono con grande poesia [Michele adulto fa pace con il suo stesso bambino a cui era stato tolto tanto, tra cui un cucciolo salvato dal ghiaccio che il branco aveva ripreso con sé e che Delia gli aveva giurato sarebbe tornato da lui -ed in effetti un pastore svizzero lo salva su un ponte sospeso sul San Gottardo mentre si chiede se valga la pena vivere oppure no, e una fetta di speck dopo l’altra lo porta di nuovo alla vita] e per questo non posso fare altro che consigliarvene la lettura.

Avete mai letto romanzi che parlano dell’emigrazione italiana?

Apeirogon

Credo che il post dedicato ad Apeirogon di Colum McCann, pubblicato da Feltrinelli, potrebbe essere uno dei più difficili mai scritti per la stratificazione di questo romanzo, costruito in frammenti di numeri dapprima crescenti e poi calanti (1001 secondo la tradizione araba delle Mille e una notte). 

Ruota attorno al concetto di un poligono dagli infiniti lati che rende ogni cosa possibile, sfaccettato come la Palestina, complesso come la storia di un territorio occupato, depredato, vessato, dove vive Bassam, il padre di Abir, uccisa a dieci anni nel 2007 da un proiettile di gomma dopo aver comprato un braccialetto di caramelle. Dieci anni prima era stata uccisa Smadar, la figlia dell'israeliano Rami, vittima di un attentato suicida a Gerusalemme.

Questi due padri uniscono le loro vite nella battaglia per la pace, per la non violenza, per la lotta contro l’occupazione: condividono valori e obiettivi e li portano in giro per il mondo in un’impresa coraggiosa che l’autore irlandese, che ha viaggiato più volte in Palestina, decide di raccontare in questo libro.

Non lo fa in modo semplice e lineare, ma mescolandolo alla storia del mondo, alla religione, alla natura degli uccelli migratori e alle biografie di questi due uomini: specialmente la prigionia di Bassam, arrestato a 17 anni per presunti atti terroristici, Bassam che è sopravvissuto allo sciopero della fame e porta nel mondo la lotta per la giustizia di sua figlia in cambio della vita della quale gli è stato offerto un risarcimento che non potrà mai che essere ridicolo.

"Apeirogon" è un testo articolato in cui ci si immerge e si impara moltissimo, tra personaggi storici realmente esistiti e altri invece creati dalla penna dell’autore che mescola la realtà e la finzione trasmettendo quanto sia difficile raccontare in modo lineare ciò che subisce un popolo e che in un certo modo rende vittima anche un altro -il ragazzo che sparò ad Abir aveva appena diciott’anni ed era vittima anche lui a sua volta, di una dittatura che lo aveva reso assassino .

In questo periodo trovo più che mai necessario leggere, cercare di comprendere, informarsi attraverso certo i testimoni ma perché no anche la letteratura. È difficile descrivervi questo romanzo, che a volte è straziante, quasi sempre poetico, estremamente letterario e ricercato: questo lo rende molto più di un’opera politica e storica e anche una lettura che vi consiglio profondamente.

Quali romanzi sul tema avete letto?

giovedì 9 novembre 2023

La fata carabina

Non so esprime il benessere che sta generando in me la rilettura della saga Malaussène: la sensazione di tornare in un universo avvolgente e travolgente, appassionante e ricco di emozioni, che fa sorridere e tiene col fiato sospeso.

Non è da meno de "Il paradiso degli orchi" "La fata carabina", in cui ritroviamo Benjamin e la sua numerosa famiglia, con la neonata Verdun dal pianto portentoso. Il clan Malaussène si arricchisce degli anziani del quartiere, nel tentativo di dare di nuovo un senso alle loro esistenze e tenerli lontani dalla spirale di tossicodipendenza che dilaga tra i residenti della terza età. 

Nel frattempo, la giornalista Julie scompare, una vecchietta uccide un poliziotto, la corruzione dilaga tra le forze dell'ordine e l'ispettore Van Thian condivide i propri panni con quelli della vedova Ho, invitata da Stojilkovicz (che incontriamo dopo le partite di scacchi del volume precedente) alla Resistenza attiva all'Eternità. Ritroviamo Risson, il libraio dei grandi magazzini, che non è diventato una brava persona, ma è un campione del raccontare storie; e poi il cane Julius con le sue crisi epilettiche al sentore del Male, Therése con le sue doti di veggente, la loro mamma pronta per la prossima avventura.

Come nel primo capitolo, un caso criminale e le relative indagini trainano l'andamento della storia, ma l'aspetto più interessante sono i personaggi che la popolano, che percorrono le strade di Belleville descritte in modo così evocativo da trascinarci con loro da un incontro all'altro. "La fata carabina" è stata per me un'altra trascinante avventura in cui sentirmi a casa, in cui ritrovare il buon umore con Benjamin e i suoi familiari che non vedo l'ora di ritrovare nel prossimo volume della serie! 

Qual è il vostro Pennac preferito?

Tempesta di neve e profumo di mandorle

Terminati tutti i volumi che per il momento compongono la serie "I delitti di Fjallbacka" di Camilla Lackberg ho recuperato la raccolta di racconti intitolata "Tempesta di neve e profumo di mandorle", anche questa pubblicata da Marsilio.

Il libro si apre con quattro racconti brevissimi, per poi concludersi con quello lungo un centinaio di pagine che dà il titolo al testo. I primi quattro sono taglienti, amari e di lettura molto piacevole-

"Una morte elegante" e "Una giornata infernale" hanno per protagonisti i personaggi che già conosciamo. Nel primo Erica e Patrick sono già sposati con e hanno avuto i loro tre bambini e Patrick si trova ad indagare sulla morte di una donna [che la figlia ha ucciso per avidità], mentre nel secondo un Patrick del passato, sposato con la sua relazione precedente, ne scopre il tradimento appunto in una pessima giornata nella quale la sua vita si intreccia a quella di un ragazzino vittima di bullismo. 

Ho trovato "Una morte elegante" decisamente efficace nel finale: [la preziosa giacca per la quale la donna era stata uccisa viene sepolta con lei] mentre ne "Il caffè delle vedove" ho apprezzato molto l'ambientazione, luogo dove donne vittime di violenza trovano una soluzione definitiva al problema dei loro mariti. A rivolgersi alla titolare è proprio una poliziotta, anche lei vittima di violenza domestica, che ha intenzioni ben diverse dal denunciare la responsabile delle morti di uomini violenti! 

Il primo racconto è quello più difficile da interpretare perché la protagonista che sogna Elizabeth, la prima moglie di suo marito, crede di essere destinata a diventarne la prossima vittima e ribalta la situazione, ma il lettore rimane col dubbio se avesse interpretato correttamente l’incombente minaccia oppure no.

In "Tempesta di neve e profumo di mandorle" invece il protagonista è un giovane Martin Molin, da poco entrato in polizia, che si trova isolato durante una tormenta insieme a una ragazza che frequenta con poca convinzione e la famiglia di lei, a pochi giorni dal Natale. Durante una cena si verifica la morte del nonno per avvelenamento, e non sarà l'unica vittima nel corso della vacanza [morirà infatti anche il nipote Matte, ma si rivelerà poi un piano architettato dai due uomini, il nonno suicida perché gravemente malato e Matte per l'impossibilità di sopportare il peso di averlo aiutato nel suo proposito]. Le atmosfere di questo racconto richiamano fortemente quelle di Agatha Christie, l'isolamento dei personaggi mi ha ricordato "Dieci piccoli indiani", e fino alla fine non avevo indovinato la soluzione del caso. 

Nel complesso questi racconti mi sono piaciuti molto, oltre all'ultimo che è il più sviluppato ho molto apprezzato "Il caffè delle vedove", che mi piacerebbe veder ampliare in un libro dell'autrice. Ancora una volta i suoi gialli si confermano per me una lettura davvero piacevole!

Qual è l'ultima raccolta di racconti che avete letto?

mercoledì 1 novembre 2023

Cronache di Gerusalemme

Nel 2011 il fumettista canadese Guy Delisle trascorre un anno a Beit Hanina, a Gerusalemme est, nella parte araba della città: lo fa per accompagnare la propria moglie che lavora per Medici Senza Frontiere in missione tra Gaza e la Cisgiordania, e lo racconta in "Cronache di Gerusalemme", portato in Italia da Rizzoli Lizard.

Con il suo tratto pulito e semplice nelle sfumature del grigio, dai pochissimi accenni di colore in alcuni punti salienti, Delisle documenta dodici mesi in un territorio estremamente complesso: visita Israele e i Territori Palestinesi, numerose città oltre a Gerusalemme come Tel Aviv, Ramallah, Hebron, Nablus, numerosi santuari e luoghi di culto, la spianata delle moschee, vive le festività locali. 

Ma soprattutto si scontra con un’articolazione difficile da comprendere, tra territori occupati, coloni intransigenti, studenti di arti visive, attivisti per i diritti del popolo palestinese, arabi scacciati dalle proprie case, i muri, i posti di blocco, i giovanissimi soldati israeliani armati fino ai denti.

"Cronache di Gerusalemme" è un punto di vista esterno sulla questione palestinese, e proprio perché l’autore non è palestinese, non è israeliano né un colono il suo punto di vista è onesto, diretto e mette in luce le immense, intollerabili contraddizioni di uno Stato che espropria strade e case ai suoi abitanti nel silenzio della comunità internazionale, in un’escalation di violenze e violazioni dei diritti. Le critiche di Delisle sono implicite, mostra e non dice, ma si fa capire con grande trasparenza.

Sono trascorsi ormai più di dieci anni dalla stesura di questo fumetto che tuttavia è ancora oggi di grande interesse per farsi un’idea sulla questione. Oggi assistiamo ai bombardamenti su Gaza e i bombardamenti su gazza ci sono anche in quest'opera: quelli dell'Operazione Piombo Fuso, che ci ricorda come la storia non faccia altro che ripetersi senza lasciare scampo alle popolazioni dei vinti, non sostenute dai più potenti governi.

"Cronache di Gerusalemme" è un ottimo modo per leggere dell’attualità ma anche della storia, per comprendere le divisioni progressive e sempre più invadenti di un territorio attraverso le tavole di dell’autore che ce le mostra in modo chiaro e comprensibile. È stata per me un’ottima lettura, una dimostrazione di quanto il fumetto possa raccontare e, inutile dirvelo, anche la fortissima tentazione di appropriarmi di tutte le altre cronache disegnate dall’autore in giro per il mondo, perché sono sicura a questo punto che meritino di essere lette! 

Avete intrapreso delle letture ambientate in Palestina in questo periodo?