martedì 30 gennaio 2024

La metà scomparsa

Che sorpresa, "La metà scomparsa" di Brit Bennett, pubblicato da Bompiani. Qualche anno fa ne avevo sentito molto parlare, ma l'ho recuperato soltanto ora, ed è stato il primo acquisto dell'anno nonostante lo avessi inizialmente preso in prestito in biblioteca: ho sentito la necessità di possederne una copia personale.

"La metà scomparsa" copre un arco di vent'anni e due generazioni: le gemelle, Desiree e Stella, che nascono a Mallard, un paesino della Louisiana che non è segnato sugli atlanti e dove vive una comunità di neri dalla pelle chiarissima; poi le loro figlie, Jude e Kennedy, che non potrebbero essere più diverse. Le gemelle infatti hanno compiuto scelte di vita radicalmente diverse: se la prima ha sposato un uomo dalla pelle scurissima, e ha dato alla luce una figlia nera, Stella dapprima quasi per gioco e poi consapevolmente ha scelto di farsi passare per bianca, ha sposato un uomo facoltoso e dato alla luce una figlia dai capelli biondi e la carnagione chiarissima. Vittima della violenza del marito, Desiree è tornata presto alla Mallard da cui lei e la gemella erano fuggite, e lì è rimasta; Stella invece non vi ha mai fatto ritorno, immersa nella noia di una vita da casalinga, facendo perdere a tutti le sue tracce perché la sua menzogna non potesse venire smascherata. 

Una critica mossa a questo romanzo è la vastità dei temi che contiene: c'è quello dell'identità, sia dal punto di vista razziale sia dal punto di vista dell'identità sessuale (Jude infatti si innamora a diciott'anni di Reese, Therese alla nascita, che sarà il suo compagno per tutti gli anni a venire, con le difficoltà che procurarsi ormoni e interventi di transizione negli anni '80 comporta), quello della ricerca di sé che non è mai un processo compiuto -le gemelle, da adulte, non sono mai fossilizzate in se stesse: Desiree lascia Mallard alla morte della madre, insieme a Early, il cacciatore di taglie che tanti anni prima il marito abusivo aveva messo sulle sue tracce, ma che non l'ha mai tradita e anzi l'ha amata da sempre. Stella tornerà agli studi che aveva lasciato per la povertà di sua madre, Jude si laureerà in medicina, Kennedy insisterà nel desiderio di diventare un'attrice.

L'anello di congiunzione sono le figlie: Jude e Kennedy che si incontrano per caso a New York, Jude che cameriera di un catering riconosce in Stella la gemella perduta, "la metà scomparsa" di sua madre: e seppure una volta soltanto, le figlie riuniranno le madri, cancelleranno il rancore, e permetteranno a Stella di dire la verità perlomeno a sua figlia. Perché è Stella, apparentemente la più coraggiosa, quella che ha scelto di scomparire, di aderire a un'altra identità, la più perduta tra le due gemelle, la più fragile nel suo castello di bugie che trema davanti ad ogni possibile minaccia di essere scoperta. 

C'è un universo di vite in questo romanzo, e l'autrice le sviluppa così bene che seguirne le orme è appassionante come se si trattasse di persone che abbiamo incontrato in carne ed ossa. La pluralità dei temi è indubbia, forse potrebbe anche disorientare, ma l'ho trovata motivata: quanti avvenimenti abbiamo in una vita, quanti incontri, quanti bivi ci aspettano sul cammino. Mi sono sentita coinvolta nelle vite di tutti i personaggi e ho apprezzato anche i salti temporali e spaziali con cui l'autrice evita di appesantire il racconto di dettagli troppo numerosi, condividendo con noi solo quelli necessari a farci rapire dalla storia. È stata una lettura che ho amato e letto voracemente, e vi consiglio di cuore.

Qual è stato il primo libro che avete acquistato quest'anno?

venerdì 19 gennaio 2024

Estasi culinarie

 Romanzo d'esordio dell'autrice francese Muriel Barbery, di cui un'eternità fa ho letto il famosissimo "L'eleganza del riccio" (non mi aveva entusiasmata, e non so se oggi lo apprezzerei), "Estasi culinarie", pubblicato da Edizioni E/O, condivide con l'opera successiva l'ambientazione parigina nell'elegante palazzo di rue de Grenelle.

Il protagonista è il critico gastronomico Arthens, che la mia immaginazione ha visualizzato come l'Ego del film d'animazione Ratatouille; l'uomo giace in punto di morte ripensando ai sapori che ha gustato nell'arco della vita, dai cibi d'infanzia che preparava la nonna nelle estati in Marocco, i bigné del supermercato mangiati direttamente dal sacchetto all'uscita da scuola, i ristoranti eleganti, i cibi provati nei viaggi in giro per la Francia o all'estero. Alla ricerca del boccone che potrebbe dargli la serenità nel momento del trapasso, l'uomo ripercorre insieme ai gusti anche i ricordi della sua esistenza.

Alla sua voce si alternano, un capitolo ciascuno, i punti di vista di chi lo ha conosciuto e molto spesso detestato: i suoi figli, che ha da sempre trascurato, la moglie, profondamente innamorata di lui ma sempre lasciata in secondo piano, altri parenti, colleghi, un'amante, il suo gatto, persino la portinaia René che sarà sviluppata nel secondo romanzo della scrittrice. 

In questo breve romanzo c'è molta amarezza, perché le relazioni di quest'uomo sembrano essere state tutt'altro che soddisfacenti. Il protagonista è un uomo avido, concentrato su se stesso, fin troppo egoista e pieno di sé. Purtroppo la struttura del testo, quasi per istantanee, non permette di approfondire nessun'altra figura oltre alla sua; in fondo il vero protagonista è il cibo, minuziosamente descritto nei suoi ingredienti, nelle preparazioni e nelle combinazioni di sapore, ossessione e unico vero interesse di Arthens, la sua "estasi culinaria".

Non posso dire che questa lettura mi abbia entusiasmata, ma giaceva nella mia libreria da così tanto tempo che era giunto il momento di dargli una possibilità. Sicuramente lo consiglio agli appassionati di cucina o di programmi come Masterchef e affini: vi sembrerà di assistere a numerose puntate raccolte insieme!

Qual è stato l'ultimo libro che non vi ha pienamente convinti?

martedì 16 gennaio 2024

Un'estate

Di Claire Keegan ho letto nel periodo natalizio il breve ma intenso "Piccole cose da nulla", adattissimo alla lettura nel mese di dicembre, ma ero ancora più curiosa di leggere "Un’estate", sempre pubblicato in Italia da Einaudi, dal quale è stato tratto il film "A Quiet Girl", che è stato uno dei miei preferiti del 2023. 

Anche qui siamo davanti ad un testo brevissimo, che non raggiunge le cento pagine, e che con una disarmante semplicità riesce a trasmettere una storia in grado di emozionare. La protagonista è una ragazzina nell’Irlanda rurale degli anni '80 (lo deduciamo dalle notizie al telegiornale riguardo gli scioperi della fame), la cui numerosa famiglia decide di affidarla per qualche mese a dei parenti della madre, marito e moglie senza figli che vivono in campagna.

I Kinsella allevano mucche e si occupano di lei con l’affetto, la tenerezza e l’attenzione che non le è mai stata concessa, tra i fratelli, le sorelle, i problemi economici e le scommesse del padre, che inevitabilmente condizionano i suoi genitori. 

Si tratta di un libro fatto di piccole cose, di attimi, di gesti quotidiani, ma che riesce ad inserire comunque un colpo di scena nel quale diamo un senso all’importanza di non avere segreti che viene insegnata alla piccola protagonista appena arrivata a casa dei Kinsella [che infatti avevano perso un figlio ragazzino in un incidente in campagna e non avevano trovato il coraggio di raccontarglielo].

"Un’estate" è una storia breve ed emozionante, che sa essere struggente nel veder fiorire una bambina che percepiamo essere stata fino a quel momento trascurata e lasciata da parte. L’amore e l’attaccamento che si sviluppano in pochi mesi, e non possono per via delle circostanze essere definitivi, ci lasciano commossi alla fine di questa storia e mi confermano come questa autrice sia assolutamente da scoprire per il suo enorme talento nel concentrare in poche pagine dallo stile semplice e diretto delle storie capaci di restarci dentro.

Vi consiglio assolutamente anche la visione del film, che è del tutto rispettoso della storia da cui è stato tratto e ne trasmette perfettamente atmosfera e significato!

Qual è l’ultimo romanzo breve che avete letto?

L'America non è casa

Ho scoperto "L'America non è casa" leggendo il primo numero della rivista "Freeman" pubblicata da Black Coffee editore: all’interno ce n’era un estratto e la scrittura di Helen Castillo mi è sembrata subito così interessante che ho deciso di acquistare il suo romanzo, pubblicato da Solferino editore.

Ora l’ho letto, e sebbene non l’abbia trovato sempre coinvolgente allo stesso modo, l’ho trovata una lettura degna di nota. Innanzitutto i capitoli sono scritti talvolta in seconda persona singolare, diretti alle due protagoniste del romanzo: Paz, madre di famiglia impegnatissima a sostenere con il suo lavoro da infermiera in California sia i parenti rimasti nelle Filippine sia quelli immigrati come lei, e Geronima, Hero, la nipote del marito di Paz, che negli Stati Uniti è irregolare e vi si è rifugiata dopo essere stata, al termine di 10 anni nell’armata popolare di resistenza alla dittatura del presidente Marcos, prigioniera e vittima di torture per ben due anni. 

Altri capitoli sono scritti invece in terza persona singolare e raccontano in tono più distaccato le vicende della famiglia di Paz, di Geronima, della piccola omonima Roni di cui si occupa con enorme affetto e dell’amore tra Hero e Rosalyn, che ruota attorno al ristorante dei nonni di quest’ultima.

Sono molto numerosi anche i flashback, in particolare quelli della esperienza nella resistenza di Hero, che raccontano quindi pagine di storia delle Filippine e che ne mettono in luce l'enorme varietà etnica e linguistica della quale non sapevo nulla. In proposito avrei apprezzato qualche nota a pié di pagina, per tradurre dei termini dei quali possiamo sì dedurre quasi sempre il significato, ma senza esserne davvero certi.

Devo ammettere che alcune parti dedicate alla relazione romantica hanno un ritmo più lento rispetto al resto della narrazione, mentre quelle più interessanti sono dedicate a Paz, che non cede mai ad un momento di debolezza, e al rapporto tra Hero e Roni, oltre che agli aspetti culturali e talvolta alle leggende delle Filippine [ho anche molto apprezzato il colpo di scena verso la fine con il quale lo zio Polonia che tanto si è impegnato per garantire a hero un posto sicuro e una guarigione sembra rivelarsi un uomo del tutto diverso sottraendo con l’inganno la figlia alla sua stessa moglie apparentemente determinato a rimanere nelle Filippine svolta che per fortuna arriva ad un cambio di decisione.]

Nel complesso per essere un romanzo d’esordio ho trovato la scrittura dell’autrice molto promettente, anche nella sua capacità di strutturare il testo in maniera non prevedibile. Con qualche pagina in meno nella parte centrale lo avrei trovato più scorrevole, ma nel complesso è un romanzo nel quale ho trovato anche moltissime informazioni che non mi erano note e che per questo vi consiglio.

Qual è l’ultimo romanzo asiatico che avete letto?

Demon Copperhead

Barbara Kingsolver in "Demon Copperhead", pubblicato da Neri Pozza, ragiona sul "David Copperfield" di Charles Dickens, sull’aver dato voce ai fragili, ai poveri, ai dimenticati, agli orfani, messi da parte dall’società e riscrive la loro storia in un romanzo ambientato nella West Virginia contemporanea, dagli anni '80 agli anni 2000. 

Ne riprende non solo i temi fondamentali, ma anche i personaggi, i loro percorsi, i loro tratti caratteriali più importanti, e lo fa sia con il protagonista e i personaggi principali (Emmy/Em'ly, Fast Forward/Steerforth, Dori/Dora...) ma anche con quelli secondari a cui si potrebbe dare tra le pagine poca importanza, ma che se si è letto il classico di Dickens in tempi recenti si riconoscono senza difficoltà. 

"Demon Copperhead" ha vinto l’anno scorso un meritatissimo Pulitzer: vediamo Damon crescere e faticare, nato orfano di padre, poi perde la madre, entra in un infelice circuito di famiglie affidatarie, lavoro minorile, povertà e fame, e quando comincia ad avere successo come stella del football  un infortunio e la facilità con la quale gli antidolorifici vengono prescritti lo gettano in una spirale discendente di dipendenza, droghe e alienazione. Ma, come immaginate se avete letto "David Copperfield", non è una storia priva di speranza o di opportunità per il futuro, così come quella di Dickens. 

È un romanzo che riflette sull'emarginazione, su tutto ciò che nei servizi sociali non viene adeguatamente fornito a coloro che avrebbero bisogno di aiuto e supporto, ma anche una storia di crescita, di formazione e delle opportunità che restano quando tutto si crede perduto, perché c’è sempre un modo per tirarsi fuori dai guai se come Damon si è disposti a non arrendersi. 

Impossibile non affezionarsi a questo protagonista, non soffrire per la sua infanzia sfortunata e non tifare per lui e per la sua capacità di rinascere dalle ceneri come una fenice. Il romanzo di Kingsolver sa essere politico, parlare della società e dei suoi problemi e al tempo stesso raccontare un ragazzo indimenticabile come lo era stato il suo omologo in Dickens. 

Si tratta sicuramente del romanzo più bello che abbia letto dall’inizio dell’anno e spero solo che mi aspettino letture in grado di stupirmi ancora di più! Avete letto questo libro o il classico inglese?

mercoledì 10 gennaio 2024

Primavera di bellezza

"Primavera di bellezza", che prende il titolo dalla canzone popolare in epoca fascista, è il terzo e ultimo romanzo pubblicato in vita dall’autore Beppe Fenoglio. Fu pubblicato da Garzanti nel 1959, dopo essere stato idealmente un progetto molto più lungo e ambizioso; vide la luce in una versione ridotta dove il protagonista è Johnny, alter ego dell’autore, che troveremo ancora nel più famoso romanzo "Il partigiano Johnny". Oggi lo pubblica Einaudi editore.

Il racconto ruota attorno all'8 settembre 1943, all’armistizio firmato dall’Italia che lasciò disorientati così tanti dei suoi giovani soldati. Il protagonista è in addestramento, lo è stato prima in Piemonte e poi a Roma così com’è successo allo scrittore stesso, quando l’armistizio viene firmato lo apprende in ritardo, di guardia come è rimasto con i suoi compagni in una zona di campagna. Da lì intraprende un rocambolesco viaggio per rientrare nella sua regione, su treni stracolmi, temendo di essere riconosciuto e arrestato dai tedeschi, ma mentre rientra si imbatte in gruppo di ribelli e così inizia quasi per caso la sua esperienza nella lotta partigiana.

"Primavera di bellezza" è un romanzo breve, concentrato sulla vita militare, che deve essere stata senza dubbio un’esperienza significativa per lo scrittore che qui vi riflette il cameratismo, le differenze di provenienza regionale e familiare dei ragazzi che si trovano ad imparare a fare la guerra, strappati ai loro lavori o al loro studio, esprimendo poi più di una volta opinioni politiche contrarie alla guerra e al fascismo imperante. 

È un romanzo breve ma non per questo di immediata accessibilità: all’inizio la vita in caserma tiene un po’ di distanti e poi ci si rende conto di quanto le descrizioni siano vivide e sembra di condividere le giornate con quel gruppo di italiani soldati per caso. 

Fenoglio scatta un’istantanea di una data che ha cambiato il corso della storia, e che per noi sui libri di scuola non è mai stata così tridimensionale: la scrittura è evocativa, pienissima di termini in inglese (dichiarò di aver scritto interamente in inglese questo testo prima di tradurlo) e anche se la trama non è stata la più coinvolgente dal mio punto di vista sono molto contenta di aver ulteriormente approfondito questo autore.

Qual è l'ultimo romanzo italiano che avete letto?

La vita di chi resta

Dopo il post dedicato a "L'estate in cui imparammo a volare", questo sarà il più personale scritto per questo spazio virtuale, dove i libri continuano a salvarmi, giorno dopo giorno, e non è una metafora. 

Matteo B. Bianchi scrive, vent'anni dopo la perdita del suo compagno da cui si era da poco separato, "La vita di chi resta", pubblicato da Mondadori. Ne aveva scritto in "Generations of Love", dedicandoglielo (solo oggi comprendo quella dedica in apertura, e sento l'impellente necessità di rileggerlo). S. ha scelto di rinunciare a vivere, in un momento di estrema difficoltà, e lascia la sua ex moglie, il figlio, il compagno, la sorella, gli amici a fare i conti con il suo suicidio: una parola che fa paura, ma che Bianchi non teme di rivendicare tra queste pagine, così come strenuamente difende i sopravvissuti, come lui, che sono rimasti.

"La vita di chi resta" è un testo autobiografico e feroce sull'elaborazione del lutto. Io non ho perso un compagno, ma la mia migliore amica; non è stato un suicidio, ma una malattia, contornata però di una serie di rinunce e decisioni sulle quali ancora mi trovo a tormentarmi quotidianamente per non averla costretta, per non averla salvata. Le cose sarebbero potute andare diversamente? I sopravvissuti non lo sapranno mai.

Bianchi ha compiuto un lungo processo di riflessione, di attraversamento del proprio dolore, di accettazione e di scelta, la scelta di continuare a vivere. In queste pagine, che sono difficili e piene di sofferenza nonostante i paragrafi brevi, i margini ampi, lo stile diretto, c'è la speranza, c'è un punto di vista consapevole e risolto che sento ancora anni luce lontano da me, che mi sento ancora in quel vortice in cui la realtà non sembra reale, in cui ogni giorno stai per comporre quel messaggio, ma la persona che dovrebbe riceverlo non c'è più.

"La vita di chi resta" è per chi rimane. Certo, soprattutto è l'elaborazione di un suicidio, ma chiunque abbia subito una perdita lo sentirà in profondità; è un promemoria sulle sfide quotidiane, un tramite in un processo faticoso, insormontabile, raccontato da chi è arrivato sulla cima di quella vetta, e quando si guarda indietro può farlo con tenerezza, oltre che con rabbia e dolore. 

È stata una lettura che mi ha fatto male, e al tempo stesso mi ha trasmesso forza. È ora un volume pieno di adesivi tra le pagine, che riporrò su uno scaffale accessibile, per poterlo consultare al bisogno. Per lei ho messo un biglietto, fucsia come il suo colore preferito, dopo la metà: ed è stata una condivisione che ha oltrepassato i confini e i limiti, e per un attimo sono stata serena. 

Per chi sta passando questo, per i sopravvissuti: "La vita di chi resta" potrei definirlo anche nostro, e consigliarvelo. Spero che il mio parere, a caldo, completamente d'istinto, sia un ponte per qualcuno che può averne bisogno, così come questo libro lo è stato per me, che lo terrò caro. 

Dove vola la polvere

Dell’autrice vietnamita Nguyen Phan Que Mai avevo già letto il romanzo di esordio "Quando le montagne cantano", anch'esso pubblicato da Editrice Nord: la sua esperienza è quella autentica di una donna che ha dovuto lavorare a lungo e duramente prima di poter emigrare e approfondire i propri studi diventando una scrittrice. 

Un lungo lavoro di documentazione e di ricerca durato oltre sette anni ha dato la luce a "Dove vola la polvere", un altro emozionante racconto intrecciato inestricabilmente alla storia del Vietnam. Qui l’argomento centrale sono i "dust children", i figli di soldati americani e donne vietnamite che hanno a lungo subito una pesante discriminazione una volta terminato il conflitto, figli di padri che quasi sempre non hanno conosciuto perché tornati negli Stati Uniti lasciandosi dietro ragazze che avevano frequentato in quanto prostitute o nei confronti delle quali non si erano sentiti di prendersi impegni. Una volta superati però i cinquant’anni diversi di questi veterani di guerra americani hanno deciso di fare pace con il proprio passato e tornare sui propri passi alla ricerca di quelle donne e di quei bambini. 

L’autrice racconta queste vicende attraverso il personaggio di Dan, un soldato che ha superato la sessantina e torna in Vietnam con la moglie tormentato dal senso di colpa per una giovane donna che abbandonò incinta prima di lasciare il paese, e il punto di vista di Phong, un giovane dai tratti in parte afroamericani cresciuto senza mai conoscere i propri genitori, vittima di violenze, discriminazioni e raggiri. Insieme a loro facciamo la conoscenza di due sorelle che, spinte dalla difficoltà economica, intraprendono una ben poco piacevole carriera nei bar per soldati americani a Saigon [e una sarà la giovane abbandonata da Dan  Che purtroppo morirai in un incidente appena nata la figlia bambina, mentre l’altra distrutta dalla perdita della sorella rimarrà a sua volta incinta dalle violenze della prostituzione e darà alla luce proprio song che ritroverà però moltissimi anni dopo quando donna in carriera troverà la forza di fare pace con il proprio passato].

"Dove vola la polvere" è dunque un romanzo di ricerca, di personaggi dalle identità in divenire e dal passato impossibile da dimenticare. È un romanzo che riflette sugli orrori del conflitto armato e su come questi impattino su ognuna delle persone coinvolte. È anche, come il precedente, un romanzo dalla scrittura semplice, diretta e ricchissima di descrizioni che ci trasportano in un rigoglioso Vietnam nel quale sembra davvero di trovarci mentre seguiamo lo sviluppo delle vicende. 

È una storia che parla al cuore e che mi sento sento di consigliare a tutti gli amanti dei romanzi a sfondo storico, che vogliono scoprire una pagina della quale davvero si parla ben poco narrata da una autrice che conosce bene la materia che tratta e che sa coinvolgere ad ogni pagina delle sue storie.

Qual è l’ultimo romanzo ambientato in Asia che avete letto?

Jun

L’artista coreana Keum Suk Gendry Kim, autrice di "Jun" che trovate in libreria pubblicato da Bao Publishing, racconta nelle sue opere aspetti della realtà. Nel precedente "Le malerbe" si era occupata della dolorosa questione delle donne di conforto coreane costrette a prostituirsi per l’esercito giapponese durante la guerra di conquista tra gli anni '30 e '40 del Novecento. 

Con "Jun" invece racconta la storia di un ragazzo coreano nato nel 1990 particolarmente talentuoso nell’arte del pansori, musica coreana che unisce il canto alle percussioni. È proprio in una scuola di musica infatti che l’autrice ha incontrato il ragazzo ed è stata incuriosita dalle sue capacità ma anche dalle sua evidente peculiarità. Oltre che musicalmente è dotato infatti Jun è anche autistico e questo negli anni '90 è stato tutt’altro che considerato un pregio da coloro che lo circondavano: respinto dalle scuole in quanto considerato un disturbo, bullizzato dai coetanei che lo consideravano diverso, derubato dagli sconosciuti per la sua troppa fiducia; a stargli accanto solo i suoi genitori e la sorella minore, che hanno raccontato all’autrice la propria esperienza.

Jun è quindi un fumetto che racconta la disabilità e la diffidenza che spesso ricevono le persone considerate diverse dalla maggioranza. Riflette anche sul concetto del "dopo di noi", su come potranno cavarsela ragazzi che nel loro percorso di crescita non hanno raggiunto una vera e propria autonomia e i genitori come quelli di Jun si chiedono che cosa succederà quando non saranno più loro in grado di prendersene cura. 

Ho trovato questo fumetto estremamente espressivo e capace anche di dare voce ai sentimenti della sorellina di Jun, che non sono soltanto positivi perché in quanto normodotata spesso si trova ad essere quella meno considerata in quanto necessita di meno attenzioni e inevitabilmente ne soffre. 

È quindi un fumetto che non fa la morale a nessuno, ma riflette sulla necessità di un intervento dello Stato nell'assistenza e nel supporto alle famiglie di persone con disabilità, perché non siano lasciate sole: un problema che la realtà coreana e quella italiana hanno indubbiamente in comune. 

Mi è piaciuto ancora una volta come l’autrice sia stata in grado di raccontare una realtà collettiva attraverso la storia di un singolo, e a questo punto credo che recupererò anche la sua ultima pubblicazione italiana intitolata "L’attesa"! 

Qual è l’ultimo fumetto che avete letto ?

mercoledì 3 gennaio 2024

Ascolta il mio cuore

 Tra i primi titoli di Bianca Pitzorno che ricordo distintamente di aver letto da bambina, questa copia di "Ascolta il mio cuore" pubblicata da Mondadori mi è stata regalata il giorno del mio nono compleanno: ha ormai compiuto dunque un quarto di secolo, ho perso il conto delle riletture ed è ancora oggi uno dei titoli a cui ritorno quando ho bisogno di conforto -com'è capitato nel riprendermi da un'influenza proprio in quest'ultimo inverno.

Pubblicato nel 1991, "Ascolta il mio cuore" è in realtà ambientato nell'anno scolastico 1949/1950 e si ispira dichiaratamente alle esperienze scolastiche vissute in prima persona dall'autrice: la scuola elementare pubblica del secondo dopoguerra, le differenze di classe, la difficoltà con la quale le alunne più povere frequentavano, e poi l'amicizia, quella indissolubile che qui lega Prisca, l'aspirante scrittrice, l'artista Rosalba e la più timida Elisa, che vive con gli zii e la nonna perché un bombardamento l'ha resa orfana dei genitori.

Molto è cambiato dalle scuole del 1949, dai grembiuli neri col fiocco, dai cucchiai di olio di fegato di merluzzo, la Refezione che garantiva un pasto caldo agli scolari delle famiglie più in difficoltà.  Quella scuola pubblica per cui si era lottato tanto, che garantiva la licenza elementare e da lì la frequenza delle scuole medie o dell'avviamento professionale, cercando di proteggere il più a lungo possibile dal lavoro minorile. È cambiato molto, oggi, ma la fondamentale importanza dell'istruzione accessibile a tutti non va dimenticata, e "Ascolta il mio cuore" ci ricorda di quanto sia ancora attuale lottare contro la dispersione scolastica, quella che colpisce Adelaide e Iolanda, che nessuna maestra vuole nemmeno nell'ultima fila.

Bianca Pitzorno racconta la scuola e la realtà con la consueta ironia, con tre protagoniste battagliere contro le ingiustizie e sempre pronte a difendersi a vicenda; dissemina i vari mesi dell'anno scolastico con i brillanti racconti di Prisca, con le avventure della sua tartaruga Dinosaura e con le alleanze e gli scontri tra i banchi e con la terribile maestra che tocca alle nostre eroine in quarta elementare. 

Conosco questo libro praticamente a memoria, ma rileggerlo oggi non gli fa perdere di una virgola in sagacia e coinvolgimento: ancora oggi mi trovo a ribadire come sia tra i miei titoli preferiti dall'infanzia e tra i più riusciti nella produzione di questa straordinaria scrittrice!

Qual è il vostro titolo più amato di Bianca Pitzorno?

Il fotografo di Mauthausen

Per questa Giornata della Memoria voglio consigliarvi il fumetto "Il fotografo di Mauthausen" di Salva Rubio, Pedro Colombo e Aintzane Landa, pubblicato da Mondadori nel 2018, perché racconta una pagina di storia davvero poco conosciuta: si parla di Olocausto, certo, come si intuisce dal titolo. Ma il prigioniero a Mauthausen protagonista di questa storia è Francisco Boix, prigioniero politico spagnolo, che sopravvissuto al campo di concentramento non verrà affatto riaccolto in patria: in Spagna infatti il franchismo non è caduto al termine della Seconda Guerra Mondiale, bensì ha spadroneggiato fino agli anni '70.

Non avevo mai sentito parlare di questo partigiano, orgoglioso membro del partito comunista, che sfidò ogni avversità e vinse ogni timore di perdere la vita in nome di quella che sentiva come una missione: testimoniare le brutalità dei lager attraverso le sue fotografie, che scattava obbligato dai nazisti, e quelle scattate dai nazisti stessi, e fare in modo che quelle fotografie costituissero un monito, una testimonianza, uno strumento per ottenere giustizia. 

Le tavole sono evocative, fotografiche, dettagliate; i colori sono spesso cupi, le scene di violenza e di morte sono molteplici, il disegno rivela i corpi brutalizzati, scheletriti, ma anche la forza degli uomini nelle espressioni dei volti. 

Salva Rubio racconta in questo fumetto la vita di un uomo che ha vissuto troppo poco (un'insufficienza renale, probabilmente dovuta alle privazioni del campo di concentramento, lo uccise ad appena 31 anni), ma con coraggio, lottando per la giustizia e perché gli orrori della storia non fossero dimenticati.

Nel 2018 dalla sua vita è stato anche tratto un film spagnolo, con protagonista Mario Casas -finalmente dunque anche nella sua patria le ingiustizie subite da Francisco ricevono l'attenzione e il riconoscimento che avrebbero ben meritato in passato.

Purtroppo questo testo è fuori catalogo, ma la mia speranza è che Mondadori decida di ristamparlo in modo da permetterne la diffusione a quanti più lettori!

Qual è l'ultima storia vera che avete letto?

Un dettaglio minore

Attraverso i dettagli minori, che meno saltano agli occhi, Adania Shibli (pubblicata in Italia da La Nave di Teseo) racconta l'occupazione della Palestina attraverso due linee narrative: una prima parte ambientata immediatamente dopo la Nakba, narrata in terza persona, ed una a distanza di cinquant'anni, dove il narratore è in prima. 

Nella prima parte, un comandante delle forze di occupazione, ossessionato dalla puntura di un insetto che gli si infetta su una coscia, permette lo stupro di una giovane beduina presa come ostaggio nel deserto, per poi prendere la decisione di ucciderla e seppellirla nella sabbia. È una narrazione serrata e claustrofobica, che genera angoscia, la cattività impotente della ragazza, l'abbaiare mai stanco di un cane, i gesti ripetitivi del comandante, mi hanno fatto mancare l'aria.

Cinquant'anni dopo, una ragazza scopre di quel delitto commesso proprio venticinque anni prima del giorno della sua nascita e decide di indagare; lo fa con un'auto a noleggio, con un documento altrui, inoltrandosi in territori che dovrebbero appartenerle ed invece le sono preclusi. Anche qui avremo i latrati di un cane, la reiterata consultazione delle cartine dei territori via via sempre meno palestinesi, il peregrinare che sembra un girare in cerchio, ci sentiamo smarriti, in trappola con lei, fino ad un epilogo improvviso che ci lascia immobili [una pallottola dei soldati israeliani la colpisce, vittima anche lei a distanza di mezzo secolo della stessa cieca violenza che non risparmia nessuno].

Adania Shibli avrebbe dovuto ricevere un premio a Francoforte 2023 per questo breve, notevolissimo romanzo, che è un'opera di finzione ma al tempo stesso racconta tanta verità. Ed invece le è stato negato, perché il dettaglio minore sono i palestinesi, popolo che nessuno vuole ascoltare, che il mondo rifiuta di vedere mentre viene sterminato nell'indifferenza generale. È iniziato un nuovo anno, nelle nostre case sicure: leggiamo "Un dettaglio minore", parliamo della Palestina, non facciamo finta di non aver saputo.

Qual è l'ultimo testo palestinese che avete letto?