lunedì 11 febbraio 2019

L'ultimo amore di Baba Dunja

A volte a farci innamorare dei libri sono le loro copertine: nel mio caso è capitato con "L'ultimo amore di Baba Dunja", un romanzo dal formato piccolo e compatto, la copertina ruvida in un bel color mattone, ed un titolo irresistibile.


Titolo: L'ultimo amore di Baba Dunja
Autrice: Alina Bronsky
Anno della prima edizione: 2015
Titolo originale: Baba Dunjas letzte Liebe
Casa editrice: Keller
Traduttrice: Scilla Forti
Pagine: 165


LA STORIA
Baba Dunja è un'anziana signora che abita a Cernovo, un paesino ucraino nei dintorni di Cernobyl: si tratta di un luogo contaminato dalle radiazioni, ormai quasi spopolato. Soltanto alcuni dei residenti originali, ormai decisamente in là con gli anni, vi hanno fatto ritorno tempo dopo la catastrofe nucleare: la prima è stata proprio Baba Dunja. Vedova e madre di due figli emigrati (lui negli Stati Uniti, lei in Germania), la quotidianità di Baba Dunja procede tranquillamente tra i lavori nell'orto e quelli domestici, una lettera della figlia e una visita alla vicina; almeno fino a che la routine della piccola comunità di Cernovo viene sconvolta dall'arrivo di un uomo misterioso e della sua figlia adolescente.

COSA NE PENSO
Il punto di forza del romanzo di Alina Bronsky è senza dubbio la voce narrante di Baba Dunja che, in prima persona, descrive con la sua pungente ironia il mondo che la circonda.

Konstantin, il gallo di Marja, mi sveglia di nuovo durante la notte. Per Marja è una specie di surrogato. È stata lei ad allevarlo, coccolarlo e viziarlo fin da quando era un pulcino; ora è cresciuto e non serve a un bel niente. Si aggira impettito e dispotico per il cortile di lei e mi guarda di sbieco. Il suo orologio biologico è completamente sballato, è così da sempre, ma non credo che abbia a che fare con le radiazioni. Non possono certo essere ritenute responsabili di ogni forma di demenza che compare sulla terra.
Baba Dunja è una donna forte e decisa, che accetta il destino per quello che è e non si perde d'animo davanti alle difficoltà che aumentano con il passare degli anni.
Condivide la propria vita quotidiana con i personaggi del vicinato -una vicina che assume quantità industriali di medicine, uomini ormai centenari che hanno ancora le energie per corteggiarla ma non si preoccupano più di avere cibo a sufficienza da mettere in tavola- che si mescolano alle presenze di coloro che hanno vissuto a Cernovo per anni, ma ormai non fanno più parte del mondo dei vivi.
 I miei piedi non sono sempre stati così grossi. Un tempo erano graziosi e affusolati, ricoperti di fango secco, scalzi e meravigliosi. Jegor adorava i miei piedi. Mi aveva vietato di andare in giro a piedi nudi, perché gli uomini si infervoravano anche soltanto scorgendone le dita. Adesso, quando passa a trovarmi, gli mostro le protuberanze nei sandali da trekking e gli dico: Hai visto che fine ha fatto tutto quello splendore? Lui ride e dice che in fondo sono ancora carini. Da quando è morto è gentilissimo, bugiardo che non è altro.
Baba Dunja è una di quelle protagoniste che raramente si incontrano: una donna che non ha paura di nulla, che dedica i propri pensieri colmi d'affetto ad una nipote che non ha mai conosciuto (e che le scrive una lettera in una lingua per Baba Dunja incomprensibile) e che quando è necessario schierarsi sa benissimo da che parte stare, nonostante le conseguenze che le sue decisioni possono portare con sé conducendola perfino alla cella di un carcere.
Il libro di Alina Bronsky è un gioiellino, che contiene una storia sorprendente narrata in un linguaggio spontaneo e in grado di catturare l'attenzione del lettore per l'intera durata del racconto. Non mi pare sia un'opera molto conosciuta, ed è un peccato, perché vale davvero la pena reperirla!

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