giovedì 28 ottobre 2021

Il cacciatore di aquiloni

Avevo letto "Il cacciatore di aquiloni" di Khaled Hosseini (pubblicato da Piemme) quando ero appena adolescente e ricordo che lo avevo apprezzato, ma non quanto "Mille splendidi soli". Oggi da adulta il mio giudizio si è ribaltato: "Il cacciatore di aquiloni" mi è piaciuto quanto l’altro titolo, se non di più.


Titolo: Il cacciatore di aquiloni
Autore: Khaled Hosseini
Anno della prima edizione: 2003
Titolo originale: The Kite Runner
Casa editrice: Piemme
Traduttrice: Isabella Vaj
Pagine: 394

Il narratore in prima persona di questa storia è Amir, un uomo nato e cresciuto a Kabul insieme ad un padre che non si è mai riconosciuto in quel figlio ritenuto troppo debole, fino alla vigliaccheria. In effetti vigliacco Amir lo è stato, quando non ha saputo difendere Hassan, il bambino che con lui era cresciuto e per lui si era sempre sacrificato. Una volta adulto, negli Stati Uniti, Amir (che si è sposato e ha perso quel padre che a modo suo lo ha sempre protetto dal mondo) riceve una telefonata che lo riporta ai luoghi del passato, perché forse c’è ancora un modo per ritornare ad essere buoni e rimediare ai propri imperdonabili errori.

"Il cacciatore di aquiloni" è un romanzo duro e intriso di sofferenza, che racconta l’Afghanistan prima e durante l’occupazione sovietica e poi durante il dominio dei talebani. È un romanzo di formazione di un protagonista per il quale è difficile provare simpatia mentre impossibile è non ammirare il coraggioso, fedele, incrollabile Hassan, i cui sentimenti non perdono mai la loro nobiltà. Non si può dire lo stesso di Amir, ragazzo fragile, invidioso, alla costante ricerca dell’approvazione di un padre che gli ha tenuto segrete troppe verità. Una volta uomo però Amir diventa la miglior versione di se stesso ed un protagonista disposto a lottare per coloro che ama al punto di esporsi al pericolo per la prima volta.

"Il cacciatore di aquiloni" è una lettura pesante, che contiene scene violente e difficili da sopportare, soprattutto perché coinvolgono bambini innocenti vittime della brutalità di uomini disgustosi. È però un racconto che parla di famiglia, di amicizia e di legami che ci accompagnano per una vita intera; contiene un forte messaggio: non è mai troppo tardi per perdonare se stessi e compiere le scelte giuste, non è mai troppo tardi per diventare uomini integri e coraggiosi e fare i conti con il proprio passato riparando agli errori commessi. Forse per questo "Il cacciatore di aquiloni" mi è piaciuto di più ora che sono adulta, e ho compreso il punto di vista di Amir senza immedesimarmi soltanto in lui e Hassan bambini o nello sfortunato Sorhab.

Se non avete paura di leggere storie che vi commuovono al punto di farvi star male, "Il cacciatore di aquiloni" è una lettura che vi consiglio assolutamente, e  ne è stato tratto anche un film a mio parere riuscitissimo, che non elimina alcun aspetto fondamentale ma alleggerisce la storia soltanto di qualche episodio, senza farle perdere la sua potenza e rispettandone il finale, che mi ha fatto versare più di qualche lacrima -ma di quelle buone.

Avete mai letto Khaled Hosseini? Qual è il romanzo che preferite tra i suoi?

L'idiota

Nonostante talvolta ci accostiamo ad una lettura con le migliori intenzioni e un grande quantità di entusiasmo ed interesse, non sempre tale romanzo si rivela semplice da affrontare. Non mi nascondo: io con Dostoevskij fatico. Ma non per questo mi arrendo!


Titolo: L'idiota
Autore: Fedor Dostoevskij
Anno della prima edizione: 1869
Titolo originale: Idiot
Casa editrice: Feltrinelli
Traduttore: Gianlorenzo Pacini
Pagine: 755


Il protagonista de "L'idiota" è il principe Myskin, un giovane uomo che rappresenta i valori dell’assoluta innocenza e bontà, in contrasto con la società nella quale si trova a vivere. Myskin è ritenuto da chi lo circonda "un idiota" proprio per la sua bontà e per la sincerità con la quale comunica i propri sentimenti, desideroso di non ferire e non deludere nessuno. Si trova così diviso tra due donne, Nastasja ritenuta poco rispettabile in società e Aglaja figlia di un generale.  

Dostoevskij cominciò a scrivere "L'idiota" in Svizzera, che è proprio il paese dal quale Myskin fa ritorno in Russia all'inizio della storia. In una lettera alla nipote nel 1868 scrisse che aveva iniziato il romanzo, ma poi aveva buttato via tutto perché insoddisfatto: il suo intento era quello di rappresentare un personaggio bellissimo, che ricordasse Cristo, ma si era rivelato un compito difficilissimo. 

Ci sono elementi autobiografici, ne "L'idiota" come nella maggior parte delle opere di Dostoevksij: l'epilessia in primo luogo, di cui soffriva l'autore e di cui soffre anche Myskin. C'è poi un episodio traumatico per lo scrittore che viene riportato nel romanzo: la condanna a morte annullata all'ultimo momento, proprio sul patibolo, così com'era capitato a lui. 

Le gerarchie e i valori morali non vanno di pari passo in questo romanzo, e chi ricopre ruoli di rilievo non per forza è rappresentato come una persona rispettabile. Il più ridicolo dei personaggi è infatti un generale, mentre la maggiore forza d'animo e la personalità che più rimane impressa, oltre alla perfezione di Myskin, è quella di Nastasja.

Tornano temi che avevo già incontrato in "Memorie dal sottosuolo": la ribellione al proprio destino per esempio, che qui emerge nel lungo monologo di Ippolit, un ragazzo di meno di vent'anni che sa di non poter sopravvivere alla tubercolosi, e medita il suicidio perché è l'unico modo in cui può ribellarsi al decadimento che lo aspetta. 

"L'idiota" ha un impianto quasi teatrale, con numerose scene che riportano lunghe conversazioni ed incontri tra molti personaggi, che mi hanno messa a dura prova! Per fortuna ero spronata da "Sanguina ancora" di Paolo Nori, che mi aveva fatto innamorare del romanzo ancor prima di leggerlo. Non è stata una lettura semplice, ma anche per me che sono una lettrice inesperta in letteratura russa la bellezza e la poesia dello stile di Dostoevskij sono stati evidenti. Ora il prossimo obiettivo sono "I fratelli Karamazov"...

Qual è il vostro Dostoevskij preferito?

Il nostro meglio

"Il nostro meglio" di Alessio Forgione, pubblicato da "La nave di Teseo", è un romanzo spaccato in due. Da un lato c’è l’amore profondo di un nipote quasi ventenne per la nonna gravemente malata, di cui si aspetta la morte -che Forgione non ci risparmia nei suoi minimi dettagli. Dall’altro c’è un ragazzo alle prese con l’università, con un triangolo amoroso tra due ragazze poco convinte che lo interessano fino ad un certo punto, e qualche amico con cui mettere su una band, tirare tardi e uscire la sera.

Il lato familiare della narrazione è inevitabilmente coinvolgente e ci sono momenti che spezzeranno il cuore di chiunque abbia perso una nonna amatissima. A me i riposini dopo pranzo hanno fatto tornare in mente i pomeriggi tra le canzoncine e quando ci rotolavamo sul tappeto, e ho ricevuto così tanto amore che per questi ricordi ho pianto.

Di Amoresano ho capito la nostalgia per l’infanzia che chiunque sia stato un bambino felice prova, in un modo così struggente che ogni tanto fa male, mentre l’aspetto tardo adolescenziale invece mi ha lasciata decisamente più indifferente. Sarà forse che non ho più vent’anni, oppure che per questo protagonista indeciso e poco capace di provare amore e amicizia non ho provato molta empatia.

Ho apprezzato lo stile dell’autore, che ha evitato il fin troppo semplice ricorso al dialetto nei dialoghi, che invece sono misurati e realistici. Forgione usa poca punteggiatura e Amoresano si esprime in quello che ricorda un discorso indiretto libero lasciando fluire ricordi, emozioni e riflessioni in modo credibile e coinvolgente.
Il punto di vista però del narratore in prima persona rimane pressoché invariato tra gli anni universitari e quelli in cui invece è il bambino attraverso i cui occhi vediamo scorci di vita familiare, e questo mi è sembrato un difetto.

Nel complesso devo ammettere che avevo aspettative un po’ più alte nei confronti de "Il nostro meglio". Il contorno all’inesorabile attesa della dipartita della nonna sarà un aspetto che dimenticherò a breve, ma ci sono passaggi di questo libro per i quali mi sentirei di consigliarvene la lettura e che mi rimarranno impressa.
Quello che Amoresano prova nel perdere la sua nonnì è il dolore di tutti, e se siete stati nipoti amati scommetto che qualche lacrima la verserete anche voi: il potere più grande di questo romanzo è quello di rievocare ricordi, e così mi ha fatta emozionare.

Qual è l’ultimo libro che vi ha fatto piangere?

lunedì 25 ottobre 2021

Ciò che stringi nella mano destra ti appartiene

Se avete apprezzato la serie televisiva "Khalifat", il romanzo di oggi potrebbe fare proprio al caso vostro!


Titolo: Ciò che stringi nella mano destra ti appartiene
Autore: Pascal Manoukian
Anno della prima edizione: 2017
Titolo originale: Ce que tient ta main droite t'appartient 
Casa editrice: 66thand2nd
Traduttrice: Francesca Bononi
Pagine: 233


Romanzo francese dell’autore Pascal Manoukian, scritto e pubblicato nel 2017, "Ciò che stringi nella mano destra ti appartiene" prende ispirazione dagli attentati di matrice islamista in Francia che erano un argomento caldo nel primo decennio degli anni Duemila. 

Il protagonista è Karim, un ragazzo di origine algerina la cui fidanzata (cristiana ortodossa di origine armena) rimane vittima di un attentato suicida in un caffè di Parigi, mentre è incinta di sei mesi della loro bambina. Per Karim è impossibile accettare la realtà e così, accecato dal bisogno di vendetta ancora più che da quello di comprensione, si imbarca in un'improbabile epopea diretto nei luoghi dove gli attentatori vengono formati.

Karim arriva così alla frontiera turca, poi in Siria e persino in Iraq, sulle rovine delle civiltà millenarie sorte sulle rive dell’Eufrate di cui oggi resta ben poco che possa ancora essere visto. L’autore compie un percorso interessante nella ricerca delle motivazioni che spingono giovani (non soltanto appartenenti alle cosiddette seconde o terze generazioni) a lasciarsi reclutare online attraverso lavaggi del cervello veri e propri, fino a diventare assassini e martiri in nome di una religione reinterpretata ad uso e consumo delle menti pensanti dell’Isis. 

L’autore confronta l’attualità con il passato, intreccia le storie contemporanea con quelle degli armeni di una volta, dà voce al dramma degli yazidi, troppo spesso popolo dimenticato. "Ciò che stringi nella mano destra ti appartiene" non è un romanzo semplice, né un romanzo che trasmetta speranza o regali al lettore lieti fini: Manoukian è stato giornalista in zone di guerra e conosce evidentemente ciò di cui sta parlando, tanto che questa storia sembra più che altro un’inchiesta in cui Karim e le sue strade sono in fondo soltanto il pretesto per raccontare una situazione globale. Fa infatti riflettere il lettore su un tema che in questi anni, oscurato dal COVID, si è allontanato dai riflettori mentre la guerra in Siria continua mietere vittime.

Per me che sono appassionata dell’argomento è stata una lettura appassionante, scritta con un ritmo incalzante e mai noioso, seppure ricca di spiegazioni e contestualizzazioni storiche e culturali, da cui sono sicura potrete imparare qualcosa. Per questo la consiglio a tutti coloro che condividano i miei interessi!

Avete mai visto o letto qualche opera su questo tema?

mercoledì 20 ottobre 2021

Anya e il suo fantasma

Perfetto per quanto siete alla ricerca di un fumetto di ambientazione adatta al periodo di Halloween e se preferite una lettura che non vi spaventi troppo, "Anya e il suo fantasma" di Vera Brosgol pubblicato da Bao Publishing fa decisamente al caso vostro! 


Titolo: Anya e il suo fantasma
Autrice: Vera Brosgol
Anno della prima edizione: 2011
Titolo originale: Anya's Ghost
Casa editrice: Bao Publishing
Traduttrice: Caterina Marietti
Pagine: 224


La protagonista è Anya, un'adolescente di origini russe che frequenta una scuola privata nel New England e cerca disperatamente di inserirsi e di non essere nuovamente vittima dei bulli, come le è capitato da bambina. Ha una cotta per uno dei ragazzi più in vista della scuola, evita con tutte le sue forze Dima (di cui condivide le origini e che è preso in giro da tutti)  e si rifiuta di consumare i cibi preparati da sua madre, troppo ricchi di grassi. 

Un giorno mentre ritorna da scuola Anya opta per un tragitto diverso e qui finisce in un buco nel terreno, dove incontra il fantasma di Emily, sua coetanea morta però circa cent’anni prima. Emily comincia a seguirla dappertutto e nonostante comporti innegabili vantaggi, come suggerire a scuola e ottenere i numeri di telefono che Anya desidera avere, ha  anche qualcosa da nascondere…

"Anya e il suo fantasma" è un fumetto adatto anche a lettori più giovani, perché ricorda l’importanza di essere se stessi e di non vergognarsi delle proprie origini e delle proprie peculiarità. È infatti per la paura del giudizio altrui che Anya cerca di essere quella che non è, e finisce per essere spesso egoista e poco gentile nei confronti della sua migliore amica, di sua madre e di suo fratello. Attraverso questa avventura dalle tinte soprannaturali Anya coglierà l’occasione per crescere e scoprire che essere se stessi è la scelta migliore che possa fare.

I disegni di Vera Brosgol sono molto carini: i volti dei personaggi sono espressivi e con la tecnica digitale realizza illustrazioni in toni scuri, talvolta intere pagine dal fondo nero. Non ci sono colori in questo fumetto se non delle sfumature di grigi, ma non per questo la rappresentazione è poco vivida. 


I dialoghi sono brillanti 
e l’autrice, che condivide le origini della sua protagonista, è bravissima anche a rappresentare l’ambiente scolastico oltre a rendere il fantasma in modo estremamente evocativo: basti pensare che i suoi occhi sono privi di pupille, ma si colgono benissimo i cambi di espressione e man mano che la storia va avanti ed Emily si rivela per quello che è. 

Ero da tempo attratta da questa storia e l’ho recuperata approfittando dei recenti sconti della casa editrice. L’ho letta in una serata e ve la consiglio caldamente per una lettura breve, appassionante e di intrattenimento adattissima per questo periodo dell’anno!

Il bagno rituale

Avevo bisogno di iniziare una nuova serie di gialli? Con ogni probabilità, la risposta più onesta è NO, ma quando ho deciso di dare una possibilità questo libro mi ha appassionata così tanto che non ho potuto fare a meno di cominciare la ricerca dei successivi volumi...


Titolo: Il bagno rituale
Autrice: Faye Kellerman
Anno della prima edizione: 1986
Titolo originale: The Ritual Bath
Casa editrice: Cooper
Traduttore: Piero Alessandro Corsini
Pagine: 348



I protagonisti di questo romanzo sono un investigatore della sezione reati sessuali di nome Peter Decker, e Rina, la donna che incontra quando viene incaricato di risolvere un caso di stupro all’interno del quartiere ebraico della città di Los Angeles. Qui Rina e i suoi correligionari vivono sostanzialmente isolati, rispettando le regole dell’ortodossia ebraica ed evitando di mescolarsi a chi non professa la loro stessa fede, ragion per cui il colpo di fulmine tra Rina e il detective è mal visto e pare non possa portare a nulla. 

Il caso è ben raccontato ed intreccia allo stupro nella yeshiva anche una serie di altre violenze sessuali in città e un omicidio, rendendosi così molto appassionante per il lettore. Certo, il colpo di fulmine tra i due personaggi principali mi è sembrato un po’ ingenuo e allo stesso tempo le origini ebraiche nascoste del detective appaiono un escamotage fin troppo semplice per dare un seguito alla loro attrazione... Tuttavia l’ambientazione nella comunità ebraica rende il giallo originale, e se siete alla ricerca di una lettura scorrevole in grado di distrarvi da ciò che circonda questo è assolutamente consigliato.

Avevo acquistato "Il bagno rituale" al mercatino dell'usato da tempo immemore, non sapendo che fosse il primo di una serie di gialli, e ho scoperto che purtroppo in Italia solo una piccola parte di questa serie americana è stata tradotta e pubblicata. Per di più non sono titoli semplicissimi da reperire, poiché risalgono a diversi anni fa e non sembrano aver ottenuto una grande popolarità... Ma io, figuriamoci, non mi arrenderò facilmente! 

Qual è l'ultimo giallo che avete letto e apprezzato?

Le quattro casalinghe di Tokyo

Negli ultimi mesi ho riscoperto la letteratura giapponese, che non leggevo da quando  ero adolescente e mi dedicavo ai romanzi di Haruki Murakami o Banana Yoshimoto. Sto cercando di non limitarmi più soltanto a questi due autori ed è così che ho scoperto "Le quattro casalinghe di Tokyo" della scrittrice Natsuo Kirino.


Titolo: Le quattro casalinghe di Tokyo
Autrice: Natsuo Kirino
Anno della prima edizione: 1997
Titolo originale: Out
Casa editrice: Neri Pozza
Traduttrice: Lydia Origlia
Pagine: 652


Si tratta di un giallo dalla mole piuttosto voluminosa, che ruota attorno alla vita di quattro donne definite in modo ingiusto "casalinghe" dalla traduzione italiana del titolo: le donne infatti non sono delle casalinghe, bensì delle operaie addette al turno di notte in uno stabilimento che confeziona pasti pronti. È  qui che diventano in qualche misura amiche, anche se ognuna di loro nasconde delle profonde insoddisfazioni relative alla sua vita privata, che siano l’incomunicabilità di un matrimonio, un marito dedito al gioco d’azzardo che corre dietro alle prostitute, un’anziana suocera di cui prendersi cura, delle figlie ormai cresciute ed ingrate, o ancora una solitudine che si cerca di annegare negli acquisti compulsivi trascinandosi dietro così debiti e creditori.

Il giallo ha inizio però con un delitto: un omicidio improvviso, non premeditato. Una delle donne, Yayoi, strangola il proprio marito nel corso di un litigio e Masako, quella che delle quattro sembra la più forte e autoritaria, si offre di far sparire il cadavere. Ovviamente sbarazzarsi di un morto non è un lavoro così semplice e se tutto filasse liscio questo libro non avrebbe ragione d’essere, ma non voglio raccontarvi di più per non rovinarvi la lettura!

Il romanzo è costruito in maniera incalzante e appassionante. Ci sono diversi colpi di scena che non mi aspettavo, anche se come mi è capitato leggendo "L’uomo che voleva uccidermi" di Yoshida Shuichi ho trovato che l’indagine e l’omicidio non ricoprissero un ruolo centrale quanto la caratterizzazione dei personaggi e l’analisi delle loro motivazioni e reazioni (lo spazio maggiore è riservato a quelle di Masako e all'uomo che si rivelerà ad un certo punto il suo avversario). Le protagoniste di questo libro si svelano pagina dopo pagina; alcune perdono importanza via via che la storia si svolge, ma nessuna di loro rimane una figura piatta o stereotipata.
Molto interessante è infatti la descrizione che emerge della condizione femminile In Giappone: gli uomini sembrano incapaci di supportare le proprie compagne nella vita quotidiana e di essere loro di qualsiasi utilità, anzi arrivano spesso ad essere dei fardelli o a costituire addirittura un pericolo per loro.

L’unica nota negativa che mi sento comunque di far presente e che la conclusione è a mio parere un po’ piovuta dal cielo rispetto alla coerenza con cui i fatti si concatenano nelle precedenti pagine del libro. Il libro si chiude infatti con una sorta di scontro finale inutilmente violento, che ho trovato poco convincente e avrei evitato volentieri.

In conclusione la lettura di questo romanzo è stata per me comunque positiva: mi ha catturata sin dalla prima pagina e credo che a tutti gli amanti dei thriller psicologici con protagoniste femminili potrà piacere moltissimo!

Qual è l'ultimo romanzo thriller che avete amato?
Avete letto questo titolo?

lunedì 18 ottobre 2021

Ci sono bambini a zigzag

David Grossman è, se non il mio autore del cuore in assoluto, sicuramente uno di quelli che preferisco. Come mi capita sempre quando apprezzo particolarmente uno scrittore o una scrittrice, il mio obiettivo è quello di recuperarne l’intera bibliografia o perlomeno quella di narrativa; tra i suoi me ne mancano ancora diversi, e così eccoci qui.


Titolo: Ci sono bambini a zig zag

Autore: David Grossman
Anno della prima edizione: 1994
Titolo originale: Yesh yeladim zigzag
Casa editrice: Mondadori
Traduttrici: Sarah Kaminski e Elena Loewenthal
Pagine: 336


Il protagonista di "Ci sono bambini a zig zag", titolo pubblicato per la prima volta nel 1994, è Nono, che sta per compiere 13 anni. Nono vive a Gerusalemme con il padre poliziotto, e della madre, scomparsa quando era piccolissimo, in casa è assolutamente vietato parlare. Pochi giorni prima del suo bar mitzva, il padre e la sua segretaria (che di lui è perdutamente innamorata) organizzano per Nono una grande avventura, che si rivelerà in realtà molto diversa da quella che avevano programmato. 

"Ci sono bambini a zig zag" è un romanzo ricco di avventura e di azione, raccontato dal punto di vista dell’innocente Nono alla scoperta di se stesso e dei tanti segreti della sua famiglia: Grossman è come sempre bravissimo a caratterizzare i suoi personaggi e la voce di questo preadolescente è credibile dall’inizio alla fine del racconto. Ci troviamo davanti ad un romanzo immaginifico e sorprendente, pieno di bizzarri avvenimenti (mucche coinvolte loro malgrado in una corrida, locomotive guidate da un bambino, auto rubate, attrici e truffatori che si rivelano più di quello che pensano gli altri): è una lettura trascinante, che mi ha coinvolta e mi è piaciuta, ma che non è riuscita a toccare corde che altri romanzi Grossman hanno colpito in profondità. 

Non vi consiglierei di cominciare da questo se non avete letto nulla dell’autore: ritengo che "Qualcuno con cui correre" o "La vita gioca con me" siano romanzi più adatti per innamorarsi della sua scrittura e delle sue storie, ma se come me siete appassionati della sua produzione non potete farvi scappare nemmeno questo romanzo di formazione, che vi farà compagnia per qualche ora allegra e piena di sorprese.

Qual è il vostro romanzo preferito di David Grossman?

domenica 17 ottobre 2021

Storie di fantasmi

"Storie di fantasmi" è una raccolta pubblicata da una splendida collana di libri per ragazzi chiamata "Il Tesoro", che si trovava in libreria ormai una ventina di anni fa. Oggi purtroppo si recupera soltanto di seconda mano!



Titolo: Storie di fantasmi
Curatrice: Susan Hill
Anno della prima edizione: 2001
Casa editrice: Einaudi
Traduttore: Giancarlo Sammito
Pagine: 136 



Perfetta per il periodo autunnale è questa selezione di storie a cura dell’autrice inglese Susan Hill e corredata dalle magnifiche e suggestive illustrazioni di Angela Barrett. Si tratta di un volume realizzato con grande cura, dalle pagine lucide e spesse, in copertina rigida, pensato per un pubblico dagli 11 anni in su. In realtà è una lettura bellissima anche per lettori più cresciuti come me, che non hanno mai smesso di amare i libri per bambini!

Apre il volume una storia dall’ambientazione casalinga che ha per protagonisti due fratelli che, complice il costume per una recita, dotano di una personalità sin troppo spiccata la vecchia colonna della ringhiera della loro casa. Si prosegue con una fiaba dal sapore nordico ambientata su un’isola dell’Atlantico dove hanno soggiornato nulla di meno che i Vichinghi. Proprio il figlio di uno di loro perse la vita in un annegamento, mentre nel presente abbiamo tre fratelli che trascorrono le loro vacanze sull’isola con il nonno e tra di loro c’è un ragazzino particolarmente simile per indole avventurosa al giovane vichingo annegato. Sarà facile quindi per Sam farsi accogliere a braccia aperte ad una festa di Natale piuttosto spettrale...

Molto classica è la terza storia, dedicata anche qui ad un trio di fratelli che però in questo caso sono piuttosto in competizione, specialmente quando il minore riceve in dono da un fantasma buono che dà il titolo alla storia un sacchetto magico in grado di realizzarne i desideri. Più delle due precedenti questa favola ha una morale esplicita: il bene viene ricompensato ed il male invece torna sempre indietro a chi lo augura.

Dolcissima e capace di commuovere gli amanti degli animali è la quarta storia, "La pallina gialla", che vede protagonisti due fratelli e una cagnolina fantasma che non si è ancora rassegnata alla perdita del proprio giocattolo, che le veniva lanciato ogni giorno al tramonto. Sarà la sensibilità della bambina che lo ha ritrovato a trasformare anche la palla in un fantasma e a ridare la felicità all’animale: un racconto tenero che ci ricorda quanto gli animali abbiano un’anima e meritino amore. 

Più adatta invece a dei lettori bambini è la storia "Attenti ai fantasmi", che ha per protagonista il minore di tre fratelli che fa amicizia niente di meno che con il fantasma che incontra nella carbonaia, anche se nessun altro crede alla sua esistenza.

Molto divertente “Jimmy impara a sparire”, che ricorda un po’ il fantasma di Canterville di Wilde: il fantasma di questa storia è piuttosto fifone, ma finirà per farsi voler bene e venire accolto come un membro della famiglia, dopo aver subito qualche scherzetto.

In "Una risata nel buio" invece un protagonista avaro e meschino che ricorda molto lo Scrooge dickensiano comprende di aver fatto del bene agli altri, suo malgrado, quando diventa anche un fantasma. Di tutta la raccolta questo è senz’altro il racconto meno infantile.

Ne "La stanza segreta" troviamo invece un impianto più storico, visto che i fantasmi risalgono all’epoca in cui durante il regno di Elisabetta I i cristiani venivano perseguitati, ed infatti celebrano messa in una parte segreta della casa che infestano. Questa è la storia più didattica tra quelle qui raccolte.

In "Guerra ai fantasmi" ci troviamo davanti ad una storia d’amore che ha come fattore scatenante una casa infestata e per protagonista una ragazza scozzese che dei fantasmi non ha per nulla paura. Chiude la raccolta una fiaba brevissima dal sapore molto classico, dove la buona azione di uno di sette fratelli nei confronti di un anziano fantasma prigioniero di un destino infausto porterà una ricompensa che renderà ricca l’intera famiglia.

"Storie di fantasmi" è dunque una raccolta che non cerca di spaventare il lettore, anzi cerca di dare un volto molto umano ai protagonisti soprannaturali e fa provare nella maggior parte dei casi empatia per loro. Si tratta di un volume adatto a lettori dall’adolescenza in su che presenta anche una certa varietà di storie, accomunate però da un’atmosfera piuttosto classica e lontana dai racconti dell’orrore contemporanei. Per il periodo di Halloween e senz’altro uno splendido regalo per lettori giovani e meno giovani!

giovedì 14 ottobre 2021

Ragazzi di vita

 Difficile descrivere “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini, che l’autore, già da tempo attivo nei campi della poesia e dei racconti, compose come suo primo romanzo dopo essersi trasferito a Roma nel 1950.



Titolo: Ragazzi di vita

Autore: Pier Paolo Pasolini

Anno della prima edizione: 1955

Casa editrice: Garzanti
Pagine: 254


Fino ad allora aveva scritto appropriandosi del dialetto friulano, mentre approdato nella capitale scrive “Ragazzi di vita” in dialetto romanesco, corredandolo di un glossario contenente i termini più usati. Vi descrive la vita dei ragazzi delle borgate romane del secondo dopoguerra, appartenenti al sottoproletariato che vive di espedienti, tra truffe e furtarelli, con la possibilità del carcere sempre dietro l’angolo.

È una Roma di fame e di miseria, di macerie che portano la memoria dei bombardamenti, di famiglie intere che vivono assembrate in una stanza, di bambini randagi chiamati solo per soprannome che vagabondano per le strade alla ricerca di qualche spicciolo o merce da arraffare per rivenderla; sono vite guidate dalla ricerca costante di denaro con cui riempire i propri vuoti, dallo stomaco che brontola alla compagnia ricercata in un bordello. Pasolini racconta una Roma violenta, che non ha pietà: i ragazzi muoiono per le cause più disparate, chi di incidenti, chi di malattie, chi di morte violenta. Li si piange per un attimo al loro funerale, e poi si volta pagina: non c’è tempo da concedersi per la sofferenza.

Riccetto è il protagonista in questo branco di ragazzini, una sorta di filo conduttore tra gli otto episodi che compongono il romanzo. La sua, più che una storia di formazione, è la storia della perdita dell’innocenza, quella che nel primo capitolo gli fa salvare una rondine dall’annegamento e che lo lascia invece indifferente al destino di Genesio, sulle rive dell’Aniene, nell’ultimo.

“Ragazzi di vita” è stata per me una lettura resa faticosa dalla lingua di Pasolini, ma anche estremamente interessante, uno sguardo per me nuovo sul dopoguerra nella capitale. Credo che sia uno di quei libri rappresentativi della letteratura italiana che avrà qualcosa da dire ad ogni lettore, e che vale lo sforzo che richiede.

Qual è l’ultimo romanzo italiano che avete letto?

mercoledì 13 ottobre 2021

Pollo alle prugne

In "Pollo alle prugne" di Marjane Satrapi, pubblicato da Sperling&Kupfer, il protagonista è Nasser Ali, un uomo con la passione per la musica ed in particolare per il proprio tar (una sorta di liuto). Quando la moglie, nel corso dell’ennesimo litigio, distrugge il suo amato strumento, Nasser Ali incapace di rimpiazzarlo decide che si lascerà morire: proprio i suoi ultimi giorni di vita sono quelli che l’autrice rappresenta in bianco e nero all’interno di questo fumetto.


Titolo: Pollo alle prugne
Autrice: Marjane Satrapi
Anno della prima edizione: 2004
Titolo originale: Poulet aux prunes
Casa editrice: Rizzoli Lizard
Traduttore: Boris Battaglia
Pagine: 96



"Pollo alle prugne" è una storia di rimpianti, di amori perduti, di figli che non si sono riusciti a comprendere e dei quali non si è compreso l’affetto. È la storia di un uomo che solo nella musica trovava se stesso e, perduta anche l’ultima passione che gli era rimasta, non trova più alcuna ragione per vivere -nonostante la processione di parenti che cercano di fargli cambiare idea. "Pollo alle prugne" è un fumetto di grande semplicità, che alterna il racconto del presente ai flashback del protagonista; è una storia che racconta in parte anche l’Iran ma soltanto attraverso degli accenni alla storia del paese.


Avevo amato il fumetto autobiografico "Persepolis" di Marjane Satrapi, che è uno dei miei fumetti preferiti anche a distanza di oltre dieci anni dalla prima lettura. Devo ammettere che "Pollo alle prugne" non è riuscito a convincermi altrettanto, forse perché provare empatia per Nasser Ali non mi è venuto spontaneo come provarlo per l’autrice nella sua opera autobiografica. Vi consiglio la lettura di "Pollo alle prugne" se come me amate il tratto della fumettista e se volete immergervi in una storia semplice, ma anche profonda su ciò che dà senso alla propria vita; se però non avete ancora letto "Persepolis" allora quello è assolutamente una lettura a cui dare la priorità!

*Ne è stato tratto anche un film nel 2011, che mi piacerebbe vedere.

Conoscete Marjane Satrapi?
Qual è l'ultimo fumetto che avete letto?

lunedì 11 ottobre 2021

Tutta un'altra musica in casa Buz

 Lucia Vastano è una giornalista che nel corso delle sue esperienze è stata inviata in diverse zone di guerra, tra cui l’Afghanistan dopo il 2001. Proprio qui ha incontrato una ragazzina che ha ispirato il personaggio di Rubina, protagonista di "Tutta un’altra musica in casa Buz".



Titolo: Tutta un'altra musica in casa Buz
Autrice: Lucia Vastano
Anno della prima edizione: 2005
Casa editrice: Salani
Pagine: 199


Non aspettatevi da questo romanzo per ragazzi pubblicato da Salani un testo per approfondire la vostra conoscenza dell’Afghanistan: ci troviamo più che altro davanti ad una storia di riscatto e di formazione, che vuole chiaramente trasmettere il messaggio di quanto le giovani donne possono essere forti e determinate se glielo si permette. 

Rubina ha la fortuna di nascere in una famiglia piuttosto benestante, seppure all’interno di un campo profughi del Pakistan, dal quale si allontaneranno a causa delle maldicenze dovute all’epilessia di sua sorella e alla nascita del più piccolo della famiglia, che soffre di idrocefalo. La medicina e le malattie del corpo si scontrano quindi con le credenze popolari di jinn e di esorcismi, così come l’attrazione verso l’Occidente, i jeans, le soap-opera indiane, i grandi schermi televisivi, le vasche da bagno, i poster che raffigurano le Torri Gemelle e naturalmente i siti Internet si scontrano con i burqa, i matrimoni combinati ed un contesto in cui le donne hanno ben poco spazio di manovra.

"Tutta un’altra musica in casa Buz" è sin dall’inizio un romanzo pieno di buoni sentimenti e di ottimismo, in cui anche nei momenti più delicati è chiaro dalla voce della protagonista che si troverà una via d’uscita. È una lettura piacevole: impossibile non affezionarsi allo sguardo disincantato di Rubino, anche se le sue riflessioni sono palesemente influenzate da un punto di vista occidentale e riflettono una consapevolezza sulla società e sulla politica che forse non si addice più di tanto ad una ragazzina di quell’età, tanto più se afghana. 

Attraverso la bocca di Rubina parla l’autrice del libro, e questo è un aspetto che non avrei notato se avessi letto questo romanzo all’età della protagonista: oggi però non posso fingere di non accorgermene. Proprio per questo credo che un pubblico molto giovane saprà apprezzare al meglio questa lettura e coglierne il messaggio che vuole trasmettere; lettori più adulti potranno comunque apprezzare questa favola dal sapore afgano che dipinge una ragazzina battagliera e che ci regala un lieto fine, che raramente è concesso nella realtà.

sabato 9 ottobre 2021

Anya e il suo fantasma

Se siete alla ricerca di un fumetto dall'ambientazione adatta al periodo di Halloween e se preferite una lettura che non vi spaventi troppo, "Anya e il suo fantasma" di Vera Brosgol pubblicato da Bao Publishing fa decisamente al caso vostro.


Titolo: Anya e il suo fantasma
Autrice: Vera Brosgol
Anno della prima edizione: 2011
Titolo originale: Anya's Ghost
Casa editrice: Bao Publishing
Traduttrice: Caterina Marietti
Pagine: 224


La protagonista è Anya, un'adolescente di origini russe che frequenta una scuola privata nel New England e cerca disperatamente di inserirsi per non essere nuovamente vittima dei bulli come le è capitato da bambina. Anya ha una cotta per uno dei ragazzi più in vista della scuola, evita con tutte le sue forze Dima, che come lei arriva dalla Russia ed è il bersaglio dei compagni di scuola, e si rifiuta di consumare i cibi preparati da sua madre perché troppo ricchi di grassi. Un giorno mentre ritorna da scuola Anya opta per un tragitto diverso, e finisce in un antico pozzo nel terreno, dove incontra il fantasma di Emily, sua coetanea morta però circa cent’anni prima. Emily comincia a seguirla dappertutto e nonostante comporti innegabili vantaggi, come suggerire a scuola e ottenere i numeri di telefono che Anya desidera avere, ha anche qualcosa da nascondere…

"Anya e il suo fantasma" è un racconto adatto anche ai lettori più giovani, perché ricorda l’importanza di essere se stessi e di non vergognarsi delle proprie origini e delle proprie peculiarità. È infatti per la paura del giudizio altrui che Anya cerca di essere quella che non è, nasconde addirittura il proprio cognome e finisce per essere spesso egoista e poco gentile nei confronti della sua migliore amica, di sua madre e di suo fratello. Attraverso questa avventura dalle tinte soprannaturali Anya coglierà l’occasione per crescere e scoprire che la sincerità è la scelta migliore che possa fare.

I disegni di Vera Brosgol sono deliziosi: i volti dei personaggi sono espressivi e con la tecnica digitale l'autrice realizza illustrazioni in toni scuri, talvolta intere pagine dal fondo nero. Non ci sono colori in questo fumetto se non delle sfumature di grigi, ma non per questo la rappresentazione è poco vivida!

I dialoghi sono brillanti e l’autrice, che condivide le origini della sua protagonista, è bravissima anche a rappresentare l’ambiente scolastico oltre a rendere il fantasma in modo estremamente evocativo: basti pensare che i suoi occhi sono privi di pupille, ma si colgono benissimo i cambi di espressione man mano che la storia va avanti e Emily si rivela per quella che è davvero! 

Ero da tempo attratta da questa storia e l’ho recuperata approfittando dei recenti sconti. L’ho letta in una serata e ve la consiglio caldamente per una lettura breve appassionante e di intrattenimento, adattissima per questo periodo dell’anno!

giovedì 7 ottobre 2021

Lucenera

Fumetto che avevo ricevuto in regalo da qualche tempo e di cui mi sono ricordata improvvisamente per via delle sue atmosfere perfette per la stagione autunnale o invernale, "Lucenera" di Barbara Baldi pubblicato da Oblomov edizioni è un racconto a fumetti ambientato nell’Inghilterra vittoriana.



Titolo: Lucenera
Autrice: Barbara Baldi
Anno della prima edizione: 2017
Casa editrice: Oblomov
Pagine: 120


La protagonista è Clara, una giovane ragazza con la passione per il pianoforte, che alla morte della nonna eredita la proprietà di famiglia. L’equivalente in denaro va invece la sorella che, offesissima, la abbandona. Da qui inizia per Clara, vissuta sino ad allora negli agi, una parabola discendente fatta di raccolti bruciati, stanze in rovina e soprammobili di grande valore svenduti agli antiquari; ma la ragazza non si perde d’animo. Proprio della sua forza di carattere e della sua positività a dispetto di tutto racconta questo fumetto dal sapore di fiaba.

L’aspetto più degno di nota di "Lucenera" sono senz’altro le illustrazioni, in cui l’autrice coniuga il dipinto alla tecnica digitale, realizzando in ogni tavola dei veri e propri quadri. Bellissimi sono i ritratti umani e animali, ma ancora di più lo sono i paesaggi: campagne innevate, prati e alberi immersi nella penombra, scene di incendi e di nevicate così magnifiche da sembrare reali.

"Lucenera" è una lettura che vi richiederà poco tempo, ma che ne merita molto di più per essere guardata in ogni suo particolare. Le tavole sono spesso mute, ma le inquadrature in primo piano che lasciano spazio ai paesaggi meritano di essere contemplate in tutta tranquillità.

Il contenuto di questo fumetto non è articolato o particolarmente sorprendente; tuttavia è una lettura magnetica, che ha costituito per me una vera immersione nell’arte come davvero di rado mi capita, e per questo non posso fare altro che consigliarvelo!

Qual è l'ultimo fumetto che vi ha conquistati con le sue tavole?

Il popolo dell'autunno

"Il popolo dell’autunno" stazionava sui miei scaffali da oltre 15 anni, quando al liceo ero nel pieno del mio innamoramento per Stephen King e avevo scoperto che Ray Bradbury era stato per lui una fonte d’ispirazione (proprio questo titolo è citato all'interno de "La zona morta"). Finalmente mi sono decisa a leggerlo, ingiallito e in parte scollato com’è -l’edizione Rizzoli che possiedo risale al 1978 e già quando entrata a far parte della mia collezione non se la passava benissimo.


Titolo: Il popolo dell'autunno
Autore: Ray Bradbury
Anno della prima edizione: 1962
Titolo originale: Something Wicked This Way Comes
Casa editrice: Rizzoli
Traduttore: Remo Alessi
Pagine: 239


"Il popolo dell’autunno" è un romanzo a più livelli. Ad una prima lettura si potrebbe considerare una storia dell’orrore che ha per protagonisti due adolescenti, tanto buono e prudente Will quanto intraprendente e curioso Jim, ed il padre bibliotecario di uno dei due. All’arrivo di un inquietante luna park in una cittadina dell’Illinois i ragazzi dovranno salvare se stessi e chi li circonda dal malefico carrozzone, completo di streghe, giostre che portano avanti o indietro nel tempo e uomini -non tatuati, ma illustrati!- capaci di neutralizzare le percezioni sensoriali.

Andando più a fondo però Jim, Will e il papà Charles di quest’ultimo sembrano tre facce della stessa medaglia: ognuno di noi infatti ha lati più assennati e altri più impulsivi, e in ognuno di noi c’è ancora il bambino che siamo stati e che rispondeva al richiamo dei giochi alle fiere e del profumo dello zucchero filato. Quando eravamo bambini inoltre c’era in noi il desiderio di crescere in fretta, di essere più adulti di quanto non fossimo, lo stesso che a tratti provano i due protagonisti più giovani mentre Charles desidererebbe ringiovanire. I tre insomma sembrano tre sfaccettature dell’essere umano, con le caratteristiche proprie delle diverse età della vita e proprio per questo fanno riflettere il lettore che accompagna le loro decisioni.

Lo stile di Ray Bradbury non è lo stesso che troviamo nei racconti horror contemporanei, e di certo anche la traduzione di Remo Alessi risente del tempo passato, ma io l’ho trovata una lingua poetica, ricca di immagini e di sentimento, uno stile forse non molto moderno ma anche per questo estremamente evocativo ed efficace. Anche per quanto riguarda l’immaginario dell’incubo l’autore riesce molto bene nel dare vita ad un insieme molto inquietante di personaggi. Quello che mi ha colpito di più è stato il signor Dark, l’Uomo Illustrato, che ho scoperto dare il nome anche ad una raccolta di racconti dell’autore che ho intenzione di leggere prossimamente.

Nel complesso ho apprezzato più la scrittura e i personaggi di questa storia rispetto all’avventura che racconta, che risente a mio parere di un ritmo forse un po’ lento, ma credo che il mio giudizio sia molto influenzato dal termine di paragone, Stephen King, che raramente sono riuscita a mettere da parte. Se apprezzate le storie del Re con protagonisti adolescenti che vivono grandi amicizie e insieme sconfiggono le forze del male (sì, lo so che state pensando a "It", e non sbagliate!) allora anche questo romanzo potrebbe fare al caso vostro.

*Nel 1983 ne è stato tratto un film, "Qualcosa di sinistro sta per accadere", prodotto dalla Walt Disney Pictures. Pare che alcune modifiche non siano state apprezzate dall'autore del romanzo...

Quali altri titoli mi consigliate di Ray Bradbury? 

"Fahrenheit 451" l’ho già letto e mi è piaciuto molto.


domenica 3 ottobre 2021

Auf Wiedersehen, Pulcinella!

Ci sono fumetti che sembrano trovare te piuttosto della relazione contraria: ho scoperto il fumetto "Auf Wiedersehen, Pulcinella!" perché partecipo ad un gruppo di lettura su Telegram dedicato ai romanzi di Stephen King. Amante del Re è anche il l'autore Luigi Formula, che insieme al disegnatore Antonio Caputo ha realizzato questo fumetto edito da Shockdom e che merita davvero una notorietà di gran lunga superiore a quella che sembra avere su Internet. Nel mio piccolo spero di poter contribuire!



Titolo: Auf Widersehen, Pulcinella!
Autore: Luigi Formula (testi), Antonio Caputo (illustrazioni)
Anno della prima edizione: 2021
Casa editrice: Shockdom
Pagine: 126



"Auf Wiedersehen, Pulcinella!" racconta la storia di una famiglia che negli anni '70 emigra a Offenbach, una cittadina vicino a Francoforte, lasciando Aversa, in provincia di Napoli. 

Ad Offenbach sono accolti da un clima inospitale, molto diverso dal sole a cui sono abituati, che riempie il loro inverno di nevicate; in più i pregiudizi sugli italiani abbondano e così la piccola Teresa alla scuola elementare è spesso presa in giro dei compagni, mentre i genitori Giulia e Paolo sono costretti a massacranti turni di lavoro per guadagnarsi da vivere.


Questo fumetto racconta l’emigrazione: le chiamate dalle cabine telefoniche, in cui si tace per paura di far percepire la propria tristezza ai parenti lontani; racconta un Natale dove è difficile mettere in tavola i propri piatti tipici, e la stanchezza accumulata in cantiere che fa dormire tutto il giorno. 
Non aspettatevi però un fumetto che vi faccia provare tristezza, perché questa è davvero una storia che scalda il cuore e che rappresenta i lati più teneri di una famiglia: i disegni dei bambini, i cioccolatini regalati da un fratello, i regali scelti al grande magazzino e le serate romantiche così difficili da organizzare per una coppia tanto impegnata. "Auf Wiedersehen, Pulcinella!" racconta la dolcezza, i sentimenti, la determinazione e un affetto che avvolge il lettore come la cioccolata calda che Giulia prepara i suoi bambini.


Le illustrazioni di Antonio Caputo sono magnifiche e rispondono esattamente al mio gusto per quanto riguarda i volti tondeggianti ed espressivi dei personaggi. Si alternano tavole di diverse dimensioni, dedicate agli ambienti della casa, della scuola, del lavoro e tavole a pagina intera che rappresentano la città accompagnate dai pensieri di Giulia. 
Tenerissimo è anche l’elemento ricorrente sin dal titolo della marionetta di Pulcinella, che ritroverete in numerose pagine e sembra il simbolo di un legame con l’Italia che non accenna a spezzarsi.
I colori caldi non sono mai accesi, e ricordano con le loro sfumature ancor di più l’epoca in cui la storia è ambientata, insieme al mobilio tipico di quegli anni -nessun dettaglio viene trascurato.


In conclusione "Auf Wiedersehen, Pulcinella!" è uno dei fumetti più belli che abbia letto quest’anno: ha saputo davvero emozionarmi e raccontarmi una piccola storia italiana che fa parte di certo del passato di molte famiglie. L’autore la narra con grande delicatezza, senza sensazionalismo, ed entrando in punta di piedi in questa famiglia a cui è impossibile non affezionarsi. Non posso far altro che consigliarvi di cuore questa lettura, che farà certamente parte dei miei regali di Natale perché è proprio perfetta per questo periodo dell’anno!