martedì 16 agosto 2022

Volevamo andare lontano

"Volevamo andare lontano" di Daniel Speck è un romanzo che ho scoperto attraverso una miniserie in tre episodi trasmessa dalla Rai qualche anno fa che proprio da questo libro è stata tratta. 


Titolo: Volevamo andare lontano
Autore: Daniel Speck
Anno della prima edizione: 2006
Titolo originale: Bella Germania
Casa editrice: Sperling&Kupfer
Traduttrice: Valeria Raimondi
Pagine: 545


Siamo davanti ad una saga familiare che ha per protagoniste tre generazioni di una famiglia divisa tra la Germania e un’isola della Sicilia, Salina. È una storia di emigrati ma anche di amori impossibili, di tradizioni a cui sottrarsi è difficile e di figli che non trovano il proprio posto nel mondo. 

Inizia tutto con Giulietta e Giovanni, due fratelli gemelli, lui con il sogno della Germania e lei con quello della moda, ovunque esso possa concretizzarsi. Sono siciliani, ma vivono a Milano con la loro madre, ed è proprio a Milano che Giulietta conosce Vincent: un lavoratore tedesco del quale si innamorerà perdutamente. È proprio da loro (nonostante l’ordine costituito spinga Giulietta a sposare lo storico fidanzato Enzo) che nasce Vincenzo, e poi da lui Giulia: due anime perse, due ragazzi cresciuti immersi nei segreti di famiglia, un padre e una figlia che si incontreranno solo una volta divenuti adulti, quando sarà venuto il momento di fare pace con il passato.

"Volevamo andare lontano" è una storia familiare divisa tra l’Italia e la Germania, che racconta l’epoca dei Gastarbeiter: i "lavoratori ospiti" che la Germania ha dapprima invitato e poi respinto, l’epoca delle frontiere, di un’Europa che non era unita e del terrorismo stragista degli anni '80 che mieteva vittime in nome di un’ideologia politica. Nonostante l’autore sia tedesco, la voce che dà agli immigrati italiani in Germania è appassionante e convincente: ci immedesimiamo nelle loro storie e li vediamo sognare maggiori opportunità economiche, una propria attività, una liberazione dalla povertà in cui hanno sempre vissuto. Li vediamo costruire i cantieri della metropolitana di Monaco, adattarsi agli impieghi più umili in nome di una stabilità, dimenticarsi i propri sogni. 


"Volevamo andare lontano" è una storia di sacrificio e di radici, perché come dice Giulietta "nulla può fiorire se non ha radici", ma è anche una storia che insegna a fare pace con chi ci ha fatti soffrire mentre cercava di fare il meglio per noi, una storia di riconciliazione, perché possiamo esserci sentiti abbandonati anche da chi non ha mai voluto lasciarci indietro.

È un romanzo scritto in modo semplice, che alterna nei suoi capitoli passato e presente. È ricco e a tratti anche un po’ lento (specialmente quando ricostruisce le vicissitudini dei singoli personaggi, per esempio le epopee automobilistiche di Vincenzo o le disavventure di Giulia nella moda). Tuttavia è una lettura che mi sento di consigliare agli amanti delle storie familiari, perché seguire queste generazioni nel corso degli anni e tra gli Stati è appassionante e così ben descritto che sembra di conoscerli uno a uno! Oltretutto una volta terminato il romanzo lascia un senso piacevole di compiutezza e di serenità che mi ha sorpresa in senso positivo. 

Vi consiglio anche la visione della serie nel caso riusciate a reperirla, perché è molto fedele alle vicende del libro e io l’ho trovata molto riuscita. 

Qual è l’ultima saga familiare che avete letto?

lunedì 15 agosto 2022

Extraterrestre alla pari

Nel 1973, la pedagogista Elena Gianini Belotti pubblicò un illuminante saggio dal titolo "Dalla parte delle bambine". Letto oggi che sta per compiere cinquant'anni ha ancora molto da dirci sul condizionamento precoce dell'infanzia, in particolare al ruolo femminile: non possiamo certo sostenere che sia acqua passata, che non si accusi di essere un "maschiaccio" una bambina molto vivace e poco interessata al rosa e alle bambole, né che in un bambino l'emotività e la fragilità siano meno tollerate ed incoraggiate. 

Nel 1979, la scrittrice Bianca Pitzorno riprende i punti fondamentali del saggio di Gianini Belotti in uno dei suoi capolavori: "Extraterrestre alla pari", la storia di Mo, un* bambin* proveniente dal pianeta Deneb, dove fino ai 50 anni locali nessuno sa di essere maschio o femmina. Inserit* però in un programma per l'amicizia Terra-Deneb, Mo si scontra con l'incapacità della famiglia ospite di relazionarsi a l*i senza conoscerne il sesso... E per vicissitudini che non vi spiego, altrimenti ve ne rovinerei la lettura, ha la possibilità di sperimentare la vita terrestre sia nei panni di un ragazzino sia in quelli di una coetanea. 



Titolo: Extraterrestre alla pari
Autrice: Bianca Pitzorno
Anno della prima edizione: 1979
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 270


Lo sguardo di Mo, privo di condizionamenti, apre gli occhi anche ai lettori: su come a due gemelli, Andrea e Caterina, vengano imposti standard completamente diversi per il semplice fatto di essere maschio e femmina; su come ad Anna, astronoma in carriera, venga rimproverata così tanto la sua indipendenza da costringerla a rinunciare a sogni e progetti per ridursi al ruolo di madre e moglie. E attorno, tante donne già assoggettate, già messe in riga, complici di un sistema patriarcale del quale non riconoscono più l'ingiustizia: ritengono che un uomo si degradi a compiere attività considerate femminili, sia mai che si travesta da donna a Carnevale!, e mai potrebbe essere in grado di occuparsi da solo di una famiglia! 

Potrei continuare per ore, ma per farvi un'idea della potenza e dell'attualità di questo testo vi basti pensare che è considerato un libro da bandire per tutti coloro che credono alla pericolosa "teoria del gender" e che pochi anni fa è stato davvero eliminato dal programma scolastico in una scuola primaria di Trento. Non serve che ve lo dica io, vero? "Extraterrestre alla pari" è un libro da leggere, da rileggere (come nel mio caso, in cui l'ho ripreso in mano dopo averlo amato da bambina e adolescente) e da far leggere a tutti i lettori giovani e meno giovani che avete intorno, per rendersi conto che dal 1977 ad oggi di strada per combattere gli stereotipi non ne abbiamo fatta poi tanta, e c'è ancora molto per cui lottare.

(Buona fortuna, a noi che siamo tutte Cecilia, e su Deneb non ci possiamo trasferire.)

Qual è il titolo della vostra infanzia che consigliereste a tutti?

domenica 14 agosto 2022

Uomini senza donne

I titoli di Murakami che preferisco sono quelli meno onirici, più aderenti alla realtà, proprio come questa raccolta di sette racconti pubblicati per la prima volta insieme nel 2014. Prende il titolo dall'ultimo, "Uomini senza donne", e i rapporti tra uomini e donne sono senza dubbio uno dei temi principali di queste storie.


Titolo: Uomini senza donne
Autore: Haruki Murakami
Anno della prima edizione: 2014
Titolo originale: Onna no inai otokotachi
Casa editrice: Einaudi
Traduttrice: Antonietta Pastore 
Pagine: 222


Ricorrente è l'elemento del triangolo: un'amicizia maschile tra due uomini che hanno avuto a che fare con la stessa donna si presenta in "Drive my car" (racconto che è stato ampliato e arricchito di dettagli dal film omonimo, premiato agli Oscar 2022) ma anche in "Yesterday" e in "Organo indipendente". In tutti e tre i casi, il rapporto tra i due uomini coinvolti termina in maniera piuttosto brusca ed inspiegabile, mentre le donne in questione restano sullo sfondo, molto poco caratterizzate.

Un legame improvviso che si instaura tra due uomini è elemento cardine anche in "Kino", il più vicino alla produzione onirica dell'autore: renderà felice chi ama i presagi, i significati nascosti e i sottintesi, che invece su di me hanno quasi sempre l'effetto di farmi sentire smarrita!

Troviamo un triangolo anche nel racconto "Sheherazade", ma qui al centro c'è una donna, divisa tra il marito e l'uomo di cui si occupa e che diviene il suo amante. L'elemento cardine di questa storia però è la narrazione, il potere delle storie: la donna infatti racconta all'uomo delle proprie vite precedenti, che è convinta di aver vissuto nei panni di una lampreda, ma anche i suoi ricordi dell'adolescenza. Particolarmente interessante è la struttura narrativa che riprende "Le mille e una notte" a cui dichiaratamente si ispira, perché il racconto si interrompe proprio come quelli dell'opera classica!

I miei preferiti sono stati però gli ultimi due racconti, del tutto differenti da quelli che li precedono: "Sansa innamorato", un'adorabile riscrittura de "La metamorfosi" di Kafka in cui Gregor si risveglia nella incomprensibile forma umana, e "Uomini senza donne" in cui il protagonista riflette tra realtà e immaginazione sul significato che ha per lui la perdita di una donna che ha amato in passato e che nel presente si è tolta la vita.

Qual è l'ultima raccolta di racconti che avete letto?
E il vostro Murakami preferito?


ANALISI DEI SINGOLI RACCONTI (ATTENZIONE AGLI SPOILER!):

"Drive my car", da cui è stato tratto l'omonimo film vincitore dell'Oscar al miglior film straniero nel 2022, dà voce ad un attore rimasto vedovo che racconta alla ragazza incaricata di guidare la sua auto il rapporto di amicizia che aveva instaurato per un periodo con l'amante della propria moglie. Il film a mio parere è riuscito ad ampliare questa storia in modo efficace, caratterizzandone meglio i personaggi e rispettandone le atmosfere. ***

Anche in "Yesterday" ritorna l'elemento del triangolo: due giovani uomini che diventano amici, uno non sembra riuscire a combinare granché nella sua vita e non si impegna per entrare all'università, così suggerisce all'altro di intraprendere una relazione con la sua fidanzata -che in realtà si sta già guardando in giro. Anche in questo caso l'amicizia tra i due uomini si interrompe bruscamente e senza una vera e propria ragione. ***

Tra i primi tre, "Organo indipendente" diventa il mio preferito: la frequentazione tra l'autore e un chirurgo plastico abituato a frequentare molte donne, finché non si innamora perdutamente di una di loro (che però gli spezzerà il cuore, al punto di spingerlo a lasciarsi morire). Una riflessione su come i sentimenti ci portino a perdere il controllo di noi stessi fino alle estreme conseguenze, come nei precedenti raccontata all'interno della cornice di un rapporto maschile che termina bruscamente -qui con l'allontanamento del chirurgo, che perlomeno una ragione ce l'ha: la propria volontà di farla finita.****

Diverso dei tre precedenti è il racconto "Sharhazad", che oltre ad ispirarsi dichiaratamente alla protagonista della raccolta di storie "Le mille e una notte" ne riprende anche la struttura. Qui non c’è più triangolo composto da due uomini che instaurano un legame tra loro e una donna, bensì solo due protagonisti in scena: un uomo per qualche motivo impossibilitato a lasciare il proprio alloggio e la donna incaricata di occuparsene. Come in molte storie di Murakami abbiamo comunque un triangolo, perché la donna sappiamo dall’inizio è sposata, ma nonostante ciò sceglie di avere anche rapporti carnali con il protagonista. Non sono però il fulcro della loro relazione: esso sono infatti racconti che la donna inizia ad ogni visita e termina in quella seguente, proprio come nella celebre raccolta della tradizione araba. Oltre a narrare le sue vite precedenti, che ricorda nei panni di una lampreda: il più interessante è senz’altro un ricordo della sua adolescenza nella quale si introduceva di nascosto nella casa del ragazzo di cui era infatuata, almeno finché probabilmente a causa degli indizi lasciati da lei stessa la serratura non venne cambiata. Ho apprezzato molto che la struttura del racconto si ispiri all'opera classica al punto di non terminare il racconto di questo ricordo, e sono rimasta con molta curiosità in merito: lo ritengo pertanto il più riuscito dei primi quattro racconti della raccolta.****

In "Kino", il gestore di un bar che ha avviato l’attività dopo essere stato tradito dalla moglie e aver lasciato il precedente lavoro, incontra un uomo dedito a leggere nel suo locale e che dopo diversi presagi (un gatto che non fa più ritorno, la comparsa di alcuni serpenti) gli consiglia di andarsene per un po’. Solo da lontano Kino entra in contatto con i propri sentimenti, e riesce a piangere per la fine del suo matrimonio. Anche qui un legame tra due uomini, non vi è però alcun triangolo; le donne principali sono la ex moglie che lo tradisce e poi gli chiede scusa, e una cliente con segni di bruciature sulla pelle che una sera va a letto con lui senza più alcuna conseguenza. Qui ho provato lo spaesamento che avverto quando non comprendo completamente il sottotesto alle opere dell'autore!**

Il mio preferito dei racconti: "Samsa innamorato", riscrive La metamorfosi di Kafka con Gregor che d’improvviso si ritrova umano, nel mezzo di una rivoluzione che imperversa a Praga. I suoi familiari sono con ogni probabilità fuggiti abbandonandolo nella stanza dove lo tenevano rinchiuso; nella casa arriva una ragazza con una deformità (ha una gobba) incaricata di sostituire una serratura e Gregor è istantaneamente attratto da lei. Divertente il modo in cui il protagonista trova questa volta così improbabile essere nei panni di un umano, cercando di capire come vestirsi e comportarsi!****

Il più malinconico e struggente dei racconti dà il titolo alla raccolta e la chiude. In prima persona un uomo scopre, dal marito di lei che gli telefona in piena notte, che una sua ex fidanzata si è suicidata (ed è la terza che lo fa: qui si potrebbe aprire un lungo capitolo, ma l’autore non ci dice nulla di più). Il protagonista allora riflette tra realtà e immaginazione sui ricordi che ha della donna, sull’amore che ha provato per lei ma anche della condizione universale di struggimento e sofferenza che accomuna tutti gli uomini che hanno perso una donna che amavano. La descrizione del dolore è molto vivida, ben resa; il racconto è triste e toccante, mi è piaciuto molto.****

sabato 13 agosto 2022

Storia della mia gente

 Non seguo granché i premi letterari italiani, ma è inutile negare che suscitano comunque in me una certa curiosità, in particolare il Campiello e il Premio Strega. Così quando mi è capitato al mercatino dell'usato il vincitore dello Strega del 2011, "Storia della mia gente" di Edoardo Nesi, non ho esitato a recuperarlo.


Titolo: Storia della mia gente
Autore: Edoardo Nesi
Anno della prima edizione: 2010
Casa editrice: Bompiani
Pagine: 168



Vi dico subito che non mi è affatto dispiaciuto! Non avevo alcuna aspettativa in merito, sapendo a malapena che avrebbe trattato il tema della manifattura italiana; mi sono trovata per le mani quella che è più una cronaca, quasi un diario personale rispetto ad un romanzo. Non c'è narrativa, non c'è invenzione nel testo di Nesi, che ripercorre la propria carriera di scrittore ma soprattutto la genesi dell'azienda di famiglia nel settore della produzione tessile a Prato, fino ai primi anni 2000 quando la globalizzazione e l'ingresso della Cina nel mercato libero lo hanno costretto alla vendita dell'attività. 

L'aspetto più interessante di questo testo è la scrittura, che mi è piaciuta molto: chiara, concisa, ricca di citazioni letterarie, cinematografiche e musicali senza mai diventare pretenziosa. Si tratta di un'opera breve, diretta, che non ha bisogno di fronzoli per trasmettere al lettore ciò che ha da raccontare. 

C'è una genuina visione del lavoro, dell'artigianato senza razzismo o pregiudizi, ma sarebbe ipocrita da parte dell'autore fingere di non sapere che le tante piccole aziende a conduzione familiare (dove l'imprenditore, sottolinea, era soprattutto un artigiano, un lavoratore) sono state soppiantate da capannoni zeppi di manodopera cinese a bassissimo costo, spesso in condizioni tutt'altro che dignitose. Il capitolo in cui assiste alla perquisizione di uno di questi luoghi è un ritratto a toni caldi, efficace e che lascia il giudizio soprattutto al lettore, così come lo è la cronaca di una manifestazione di protesta, il ricordo di collaboratori rispettati e affezionati. 

Se siete tra coloro che credono che al Premio Strega dovrebbe vincere un romanzo, un'opera che scaturisce dalla creatività e dalla fantasia di uno scrittore talentuoso, allora "Storia della mia gente" non è una lettura che vi consiglierei. Se però come me siete curiosi riguardo gli spaccati della nostra storia italiana, della società e delle trasformazioni che ha subito, credo che come me potrete trovare questa lettura molto interessante.

Qual è l'ultimo Premio Strega che avete letto?

giovedì 11 agosto 2022

Crepitio di stelle

"Crepitio di stelle" è il romanzo d’esordio dello scrittore islandese Jon Kalman Stefansson, di cui ho già letto diversi titoli -ma vorrei recuperare tutti quelli che ancora mi mancano! 


Titolo: Crepitio di stelle
Autore: Jon Kalman Stefansson
Anno della prima edizione: 2003
Titolo originale: Snarkið í stjörnunum
Casa editrice: Iperborea
Traduttrice: Silvia Cosimini
Pagine: 256


È stato pubblicato molto di recente in Italia ma è appunto il primo romanzo che ha scritto, e vi si vedono come in "Luce d'estate ed è subito notte" le narrazioni frammentate sotto forma di brevi paragrafi -in questo caso introdotti da un titolo. I brani compongono una storia a mosaico, nella quale all’inizio ci si orienta anche con un po’ di fatica: il protagonista è un bambino che gioca con i suoi soldatini dell’esercito inglese e tedesco, che gli sono stati regalati il giorno in cui è stata sepolta sua madre. Quella che ci racconta è la storia della sua famiglia, che impariamo a conoscere dal bisnonno, ai tempi in cui giovane avventuroso comincio ad avere problemi con l’alcol, fino al grande amore tra i suoi genitori che fece desistere sua madre dal trasferirsi a Praga dalla sorella, infrangendo il vetro di un seminterrato di notte per il non poter più stare lontana da quel giovane uomo.

Stefansson infila in questo libro centocinquanta anni di vita. Ci infila amori e tradimenti, lascia spazio per il perdono, per i legami imprevisti, per quelli che non si vorrebbero e che nonostante tutto si creano, perché l’amore germoglia al di fuori del nostro controllo. 

Racconta l’Islanda: la natura, i ghiacciai, le paludi, il mare dove pescare, i campi dove falciare il fieno.

Crea personaggi malinconici e dolci, che vogliono pescare ma non sanno nuotare, e che nonostante i suoi modi bruschi si affezionano alle matrigne, che sono pieni di difetti ma salvano famiglie intere dalla spagnola. Ci sono capitani con i capelli rossi, donne che invecchiano ed ingrigiscono, altre che perdono la vita troppo presto. 

Soprattutto c’è poesia: la scrittura di questo autore è così poetica che ci fa sentire sotto i cieli stellati, che ci trasporta lì dalla fine del secolo ai giorni nostri e neanche per un attimo ci sembra una storia inventata, neanche per un attimo smettiamo di credere a questo protagonista che cresce sotto i nostri occhi. L'ho trovato un esordio incredibile, che preannuncia tutte le meraviglie che verranno poi e che personalmente non vedo l’ora di leggere!

giovedì 4 agosto 2022

Sul lato selvaggio

Dopo "L’estate che sciolse ogni cosa" e "Il caos da cui veniamo" credevo che sarebbe stato difficile incontrare un romanzo migliore dei precedenti nella terza opera dell’autrice americana contemporanea Tiffany McDaniel, pubblicata in Italia da edizioni Atlantide: e invece "Sul lato selvaggio" ha superato entrambe le opere precedenti! 


Titolo: Sul lato selvaggio
Autrice: Tiffany McDaniel
Anno della prima edizione: 2020
Titolo originale: On the Savage Side
Casa editrice: Atlantide
Traduttore: Luca Briasco
Pagine: 384


Siamo a Chillicothe, in un Ohio torbido e dilaniato dalla droga dove la tossicodipendenza spezza le vite dei personaggi: abbiamo due sorelle gemelle, Arc e Daffy, che vivono insieme alla madre e alla zia, gravemente dipendenti, dopo la morte del padre (per overdose) e della nonna, che era l’unica in grado di occuparsi di loro. 

C’è incuria in queste pagine, trascuratezza, disattenzione; ci sono bambine che subiscono abusi indicibili senza ricevere affetto né protezione. È un libro durissimo, che vede le protagoniste diventare dipendenti a loro volta e sin dalle primissime pagine sappiamo che nessuna di loro è sopravvissuta ad una così grama esistenza, nonostante il tentativo di riportarsi, con le storie, sul lato buono: sono rimaste lì, in trappola, sul lato selvaggio.

Il dolore è un elemento a cui l’autrice ci ha ormai abituati. La sofferenza tra le sue pagine è sempre tantissima e con i suoi personaggi stiamo male, mentre siamo certi che non ci sia alcun lieto fine dietro l’angolo. 

Qui però l’autrice si supera ed intreccia la storia di formazione o per meglio dire di disgregazione alla storia di giovani prostitute trovate senza vita (traendo ispirazione da un caso di cronaca), che appassiona come se ci si trovasse davanti ad un thriller. Ho apprezzato molto questo elemento di novità, che accompagna così bene la scrittura sempre poetica e tagliente, che ho imparato ad amare sin dal romanzo d’esordio. 

"I ragazzi dello zoo di Berlino" ha segnato intere generazioni di lettori: certo è una testimonianza di vita vera, questo invece è un romanzo, tuttavia  è altrettanto potente nel trasmettere quanto l’eroina possa ammaliare e distruggere e se siete interessati all’argomento fa senz’altro al caso vostro.

Questo libro, fatto di gatti randagi, di vite spezzate, dell’immaginazione che ribalta le carte in tavola con un colpo di scena finale che non mi sarei mai aspettata [Daffy in realtà ha perso la vita sin da bambina a causa dell’influenza ed è la sorella ad aver portato avanti la fantasia della gemella per non dover riconoscere né con se stessa né con gli altri che fosse morta, anche perché la madre non ne fosse incolpata e dovesse pagare per questo] è un romanzo in cui la narratrice è profondamente inaffidabile e una volta chiuso ci rimaniamo a domandare se davvero abbiamo capito tutto, se davvero non ci è sfuggito un particolare attraverso l’interpretazione dello sguardo di Arc, che vede ovunque ragni, sangue che cola, presagi di morte e sventura mentre cerca la prossima dose. 

È un romanzo di visioni, di disegni tracciati sul pavimento, di giocattoli tenuti nascosti e ottenuti in cambio di troppo dolore. Non è un romanzo per cuori deboli (ma ormai come aspettarselo da parte dell’autrice!) ma è un romanzo magnifico, che trasuda verità in mezzo alle invenzioni, che sa diventare una di quelle storie che ci rimangono addosso come i tatuaggi dei gigli sulla pelle di Arc e ci accompagnano anche una volta portato a termine.

Inutile dirvi che l’ho amato moltissimo e che non posso evitare di consigliarvelo, se vi sentite pronti ad una simile lettura: credo che per me sia diventato ufficialmente il preferito dell’autrice. 

Avete mai letto qualcosa di suo?

mercoledì 3 agosto 2022

Il giovane Holden

Avevo 13 anni la prima volta che lessi "Il giovane Holden": ero poco più giovane del suo protagonista e J.D. Salinger mi sembrò così capace di raccontare gli alti e bassi dell’adolescenza, quegli stati d’animo sospesi tra la rabbia, la tristezza e l’euforia che la mia copia me la portavo in giro ovunque e oggi è macchiata d’erba e di caffè. A quasi vent’anni da quella prima lettura, rileggere "Il giovane Holden" non è stata affatto la delusione che temevo: Holden è ancora il compagno della mia adolescenza, è ancora quel ragazzo arrabbiato, triste e insoddisfatto e d'un tratto entusiasta che si chiede dove siano finite le anatre di Central Park quando diventa inverno, che ripensa al fratellino perduto che scriveva poesie su un guantone da baseball  e che rinuncia ai suoi piani di fuga per la bellezza di guardare la sorellina girare in cerchio su una giostra.


Titolo: Il giovane Holden
Autore: J.D. Salinger
Anno della prima edizione: 1951
Titolo originale: The Catcher in the Rye
Casa editrice: Einaudi
Traduttrice: Adriana Motti
Pagine: 248


Salinger scrive nel secondo dopoguerra americano, dopo la sua esperienza di combattimento e i traumi dovuti all’essere stato testimone dei lager, il romanzo che proprio in guerra gli ha tenuto compagnia. È stato in guerra con Holden, mentre prima di partire ne aveva fatto un racconto e aveva la mezza idea di svilupparne soprattutto il fratello maggiore (lo scrittore D.B., che qui incontriamo di sfuggita). La storia di Holden è in realtà un lungo flashback che il ragazzo ci racconta, sentendo, come dice in chiusura, poi la mancanza di tutti i bizzarri personaggi che ne popolano i capitoli -quasi una serie di racconti a sé stanti, se non fossero legati dal peregrinare di Holden dalla scuola da cui è stato espulso fino al pomeriggio a Central Park con Phoebe, nell’arco di due notti e tre giorni.

Il titolo merita un discorso a parte: quello italiano paga l’intraducibilità dell’originale “The Catcher in The Rye”, letteralmente l’acchiappatore nella segale, storpiatura di una poesia che Holden comprende male e gli fa immaginare un’attività che tra le tante possibili potrebbe essere l’unica che vorrebbe fare: prendere al volo ragazzini che giocano in un campo di segale e rischiano di finire oltre il limite -e non ditemi che l’innocenza e la purezza di quest’immagine non vi spezza il cuore.

È un romanzo figlio degli anni '50, dove troveremo parecchi stereotipi sugli omosessuali, una visione di certo datata dei rapporti tra uomini e donne e l’esperienza fresca della guerra che tanto segnò lo scrittore. Ma è soprattutto il romanzo tra tutti quelli che ho letto che è meglio da voce a quell’età di mezzo, a quelle sensazioni a cui non si sa dare un nome, all’incertezza di chi si è e cosa si vuole, alla fragilità che ci fa affezionare ma al tempo stesso respingere chi ci circonda. 
Salinger, che avevo imparato ad amare a soli 13 anni, è ancora per me un maestro nel raccontare e costruisce un Holden che è così vero da poterci parlare, un amico come dice lui stesso che vorresti chiamare al telefono dopo averne lette le avventure.
Grazie ancora, Holden Caulfield, di avermi fatto compagnia quando ero persa e arrabbiata quanto te, e grazie per ricordarmi oggi quanta strada abbiamo fatto insieme.

Qual è il romanzo insieme al quale siete diventati grandi?

La sirena

"La sirena" è la sesta avventura della serie ambientata a Fjällbacka della scrittrice Camilla Läckberg. 


Titolo: La sirena
Autrice: Camilla Läckberg
Anno della prima edizione: 2008
Titolo originale: Sjöjungfrun
Casa editrice: Feltrinelli
Traduttrice: Laura Cangemi
Pagine: 445


Come avevo presagito alla fine del volume precedente ("Il bambino segreto"), il protagonista di questa storia è Christian, il bibliotecario, che ha appena pubblicato un romanzo intitolato appunto "La sirena". L’uomo comincia dopo l'uscita del libro a ricevere delle lettere minacciose, e contemporaneamente uno dei suoi amici viene ritrovato assassinato...

Si tratta di un romanzo che ruota attorno ai disturbi mentali e alle colpe del passato, sviluppando pagina dopo pagina un caso dove la psicologia è la chiave della risoluzione. [infatti le vittime del presente si trovano a pagare per ciò che hanno commesso oltre trent’anni prima, mentre il protagonista è contemporaneamente vittima e carnefice di se stesso a causa del disturbo dissociativo che lo affligge. La sirena infatti è l’altra personalità che lo controlla e che cerca di fare giustizia per la sorellina, alla quale aveva lui per primo causato un danno cerebrale quando aveva solo cinque anni e lei era una neonata, e che poi aveva subito uno stupro di gruppo da parte degli uomini che si trovano a pagarla cara nel presente  e che avevano perseguitato Christian da ragazzino con crudeli atti di bullismo. Lui sarà poi l’ultima vittima, visto che per le sue colpe non ha mai potuto essere felice nella vita ed è stato costretto "dalla sirena" ad uccidere in passato la propria compagna con il bimbo di appena un anno -ma riesce in questo caso a risparmiare i tuoi figli bambini avuti con l’attuale moglie. Per le colpe che si attribuisce, relative alla propria infanzia e adolescenza, Christian non ha avuto diritto alla felicità ed è costretto a pagare con la vita.]

Rispetto ai volumi precedenti ho trovato questo romanzo piuttosto crudo in numerose scene e mi sento di avvertire soprattutto chi è genitore che i bambini in questa storia non vengono in alcun modo protetti dall’essere trascurati, maltrattati o subire violenza -anche se gli episodi risalgono al passato su cui si sta indagando. 
Non c’è nessuna sorpresa per quanto riguarda la struttura della storia, costituita da brevi paragrafi che alternano il punto di vista, e gli ormai distintivi brani in corsivo che ci raccontano un passato che si svela a poco a poco, rendendosi comprensibile: in questo testo non sono particolarmente numerosi, ma di certo sono significativi.

Degno di nota è il finale, che rispetto a quanto siamo abituati si chiude in modo brusco e drammatico, concentrandosi sui personaggi ricorrenti. Rende quindi inevitabile volersi procurare immediatamente "Il guardiano del faro" per scoprire che cosa sia capitato loro... inutile dirvi che l’ho già fatto!

Qual è l’ultimo giallo che avete letto?