martedì 31 gennaio 2023

Streghetta mia

"Streghetta mia", pubblicato per la prima volta nel 1988, era uno dei miei libri preferiti quando ero piccola e lo rileggevo mille volte in questa edizione adorabile dal prezzo in lire e le illustrazioni di Lauretta Feletig. Frequentavo le elementari, e i romanzi di Bianca Pitzorno di certo contribuivano a rendermi la lettrice vorace che sono ancora oggi.


Titolo: Streghetta mia
Autrice: Bianca Pitzorno
Anno della prima edizione: 1988
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 145

Rileggendolo oltre vent’anni dopo ho trovato questo libro meraviglioso come allora! Gli elementi perfetti per una storia divertente e indimenticabile ci sono tutti: sette sorelle coraggiose e indipendenti, come sono sempre le eroine dell’autrice; la più piccola, Emilia, mostra capitolo dopo capitolo delle caratteristiche sorprendenti. Attira a sé il pappagallo e il gatto nero di famiglia, che altrimenti stanno alla larga dagli esseri umani; è l’unica ad avere capelli rosso fuoco; galleggia nell’acqua, ma soprattutto impara non soltanto a camminare ma anche a volare a cavallo di una scopa! 

Si fa presto dunque a dedurre che Emilia non sia altro che una piccola strega, e per questo i suoi passi incrociano quelli di un avido pretendente a cui è stato imposto dal testamento del prozio di sposarne una, per poter ereditare i miliardi che gli ha lasciato. 

"Streghetta mia" è una storia breve e spassosa, colma della sagace ironia dell’autrice che è impossibile confondere con altri, che non risparmia giudizi taglienti sui giovanotti imbranati e lascia il ruolo di primo piano a ragazze e bambine che non hanno paura di nulla. 

Abbiamo anche qui famiglie non convenzionali, in cui i genitori girano il mondo perché la madre è un’attrice famosa (ben più famosa del marito, e anche qui abbiamo ruoli femminili lontani dagli stereotipi!) e le bambine vengono lasciate all’amorevole nonno e alle cure di una tata senza che nessuno debba rinunciare ai propri sogni sacrificandosi nell'unico ruolo di madre. 

È una storia divertente a tutte le età, perfetta per fare innamorare i più piccoli della lettura e per ricordare la magia che si nasconde tra le pagine a lettori adulti, che da troppo tempo non vengono sorpresi da un romanzo. Rileggendolo oggi posso dire che è ancora uno dei miei libri per ragazzi preferiti, e non posso fare altro che consigliarvelo qualunque sia la vostra età anagrafica! 

Qual era il vostro libro preferito quando eravate piccoli?

mercoledì 25 gennaio 2023

Il colore viola

"Il colore viola" è considerato il capolavoro della scrittrice americana Alice Walker. Pubblicato nel 1982, l'anno dopo vinse il premio Pulitzer e il National Book Award, e fu trasposto in un film di Steven Spielberg nel 1985. 


Titolo: Il colore viola
Autrice: Alice Walker
Anno della prima edizione: 1982
Titolo originale: The Color Purple
Casa editrice: SUR
Traduttrice: Andreina Lombardi Bom
Pagine: 346


Racconta una storia che l’autrice aveva in mente sin da quando era bambina: quella di Celie, che sin da giovanissima subisce abusi che la portano a ben due gravidanze, di bambini che ne sono sottratti, figli di quello che considera suo padre. Viene poi data prematuramente in sposa e separata da Nettie, l’amatissima sorella, l’unica che l’abbia amata davvero, almeno fino a quando l’amante del marito non viene accolta in casa loro e da quel momento in poi si scoprirà una donna piena di possibilità per il presente e per il futuro, finalmente capace di ribellarsi alle violenze e ai soprusi subiti in silenzio fino ad allora. 

Una parte considerevole di questo romanzo è ambientata in Africa. Si tratta infatti di un romanzo epistolare, composto in gran parte dalle lettere che Celie indirizza niente meno che a Dio con cui si confida, ma anche dalle lettere che la sorella scrive a lei durante il suo periodo africano da missionaria, e che la protagonista non riceve per un lunghissimo tempo temendo addirittura che la sorella sia morta. 

La parte che vede Nettie come voce narrante non è stata la mia preferita, e devo ammettere che in diversi passaggi avrei preferito trovarmi di nuovo in Georgia e seguire l'evoluzione di Celie, protagonista che ho trovato davvero ben costruita e interessante. 


Si tratta di un romanzo molto doloroso, reso con una lingua ingenua e poco istruita che si adatta molto bene al personaggio di cui esprime il punto di vista. Oltre alla lotta delle donne per la propria emancipazione, anche la questione razziale è molto presente ed è spesso legata a riflessioni sulla religione, che tendono a trasmettere l’idea di un Dio dei bianchi, dimentico dei neri e di ciò che molto poco cristianamente viene imposto loro. Siamo infatti nella prima metà del Novecento nel sud degli Stati Uniti, dove già il fatto di non essere più schiavi sembra a molti bianchi una concessione a dir poco esagerata. 

Ho trovato il romanzo di Alice Walker molto coinvolgente, e ho anche apprezzato che dopo tanti drammi alla protagonista venga offerto un vero e proprio riscatto, che si ribella anche grazie agli esempi che ho incontrato lungo il suo cammino. 

Mi sento di consigliarne la lettura soprattutto a chi non ha paura di affrontare temi dolorosi, e a chi cerca una storia di rinascita al femminile! 

Avete letto questo libro o visto il film? 

Il domatore di leoni

Nel nono capitolo della serie "I delitti di Fjallbacka", "Il domatore di leoni", Camilla Lackberg lascia che le vite dei personaggi ricorrenti proseguano senza grandi scossoni: Erica e Patrick crescono i tre bimbi, Anna e Dan si riavvicinano finalmente (e lei si scopre di nuovo incinta), Martin deve elaborare la perdita di Pia.


Titolo: Il domatore di leoni
Autrice: Camilla Lackberg
Anno della prima edizione: 2014
Titolo originale: Lejontämjaren
Casa editrice: Marsilio
Traduttrice: Laura Cangemi
Pagine: 464


Il caso è molto appassionante: cinque ragazze sono scomparse in diverse città della Svezia, e quella scomparsa a Fjallbacka riappare orrendamente mutilata e rimane vittima di un incidente. Le lesioni subite durante il sequestro ricordano un caso risalente ad oltre trent'anni prima... Nel frattempo Erica, per il suo nuovo libro, intervista una donna in carcere da decenni per l'omicidio del marito Vladek, che in gioventù era stato il domatore di leoni di un circo itinerante. Le due indagini si riveleranno intrecciate tra di loro...

[Leila infatti è in carcere da innocente, per aver protetto la figlia sociopatica sin dall'infanzia. Crede che Louise sia ancora viva e minacci lei e il fratello da lontano, mentre invece le si è sostituita una ragazza che era stata in affidamento con lei, che ora si fa passare per Marta e gestisce il maneggio locale. Durante i concorsi ippici sono state notate le ragazze rapite, mutilate e uccise da Marta e Jonas, il quale ha appreso questa devianza dal padre, che lo aveva fatto in passato (è lui il responsabile del primo omicidio a cui Paula risale in archivio) e lo costringeva ad assistere ai suoi delitti.]

Ritroviamo le consuete pagine in corsivo che ci rimandano al passato, dedicate proprio al passato di Vladek, della moglie Leila e della loro famiglia. Non sono molto numerose e contribuiscono ad aumentare la curiosità, anche se qualcuna in più non mi sarebbe dispiaciuta! 

Molto originale è la conclusione di questo giallo, che rispetto ai precedenti si chiude in modo meno irrisolto, senza che sia davvero stata fatta giustizia. Non credo che l'autrice abbia intenzione di riprenderne i personaggi, ma l'ho trovata una variazione interessante all'interno di una serie di casi più simili tra loro.

Segnalo inoltre che le descrizioni di alcuni particolari relativi alle torture subite dalle ragazze potrebbero disturbare i lettori più sensibili, ma trovano poco spazio nel romanzo e non sono approfondite troppo nel dettaglio.

Questo nono romanzo è stata per me un'ulteriore conferma di quanto mi piaccia questa serie di gialli, ne sono stata come sempre rapita e ora mi resta soltanto "La strega", in attesa che Feltrinelli editore porti anche da noi in traduzione l'undicesimo volume già uscito in Svezia!

La vita in tasca

Nell'aprile del 2015, in uno di quelli noti come i più drammatici naufragi nel Mediterraneo, il corpo di un adolescente con cucita negli abiti la sua pagella, il massimo dei voti in tutte le materie, viene analizzato nei laboratori del medico legale Cristina Cattaneo, nella speranza di poter dare a lui e molte altre vittime un'identità. Questo sforzo, e questa storia, trovano spazio nel testo "Naufraghi senza volto" -e ispirano il romanzo "La vita in tasca" di Simona Sparaco, pubblicato da Solferino.



Titolo: La vita in tasca
Autrice: Simona Sparaco
Anno della prima edizione: 2022
Casa editrice: Solferino
Pagine: 256


I protagonisti sono due adolescenti, Mattia e Malik, che hanno la vita in tasca, ma cosa ne faranno è ancora tutto da decidere. Mentre il primo, figlio di un'anatomopatologa impegnata nell'identificazione delle vittime del Mediterraneo, è un tredicenne arrabbiato che cresce senza che nulla gli manchi in una tranquilla città italiana, Malik viene dal Mali e sua mamma Fara, gravemente malata, spera che potrà trovare un futuro migliore in Europa. Mentre Malik ha ottimi voti e una passione per lo studio, Mattia soffre di disturbi dell'apprendimento e desidera entrare a far parte del gruppo dei bulli della scuola.

L'autrice racconta, in particolar modo, una notte: quella che Malik trascorre in balia delle onde del mare, nella speranza di avvistare le luci della costa europea, e Mattia impegnato in un'assurda prova di coraggio, in cui guidare un ciclomotore a tutta velocità nella campagna, in una gara dalle conseguenze tragiche ed irreparabili [ucciderà infatti involontariamente Luca, l'unico che, escluso come lui, gli era stato veramente amico, essendo stato ingannato dai capi del branco che gli hanno fatto guidare un motorino dai freni non funzionanti].

Quella di Simona Sparaco è una storia di madri: del coraggio disperato di Fara, che si separa dall'amato figlio sperando che possa avere più di quanto troverebbe in patria, della disattenzione di Luisa, presa dal conflitto con l'ex marito, dalla sua professione, che perde Mattia nei loro scontri senza comprenderlo più. In qualche modo sono entrambi vittime involontarie delle loro madri, Malik e Mattia, sacrificati in nome delle loro migliori intenzioni. 

Significativo è il titolo: la vita in tasca, il denaro, il sacchettino contenente la terra di casa, la pagella nelle tasche e negli abiti di Malik, mentre in quelle di Mattia c'è la catenina d'oro della nonna, pegno d'amore che pensa per un attimo di sacrificare alle pressioni del branco, prima di ricordarsi della parte migliore di sé. 

È un romanzo tragico e avvincente, che alterna le pagine dedicate ai due ragazzi, in un crescendo di tensione che ci trascina alla fine con il cuore in gola e le lacrime agli occhi. È un romanzo che consiglierei alle madri, ma anche ai figli, agli insegnanti, a tutti coloro che gravitano attorno al mondo degli adolescenti del nostro continente e degli altri. È stato il mio primo incontro con l'autrice, ma credo proprio che ne seguiranno altri!

Qual è l'ultima lettura che vi ha commossi?

venerdì 20 gennaio 2023

Un nido di nebbia

"Un nido di nebbia" di Andrea Voglino, illustrato da Ariel Vittori, l'ho scoperto grazie al consiglio di Matteo Bussola, scrittore e fumettista che ne ha scritto la prefazione.


Titolo: Nido di nebbia
Autore: Andrea Voglino
Anno della prima edizione: 2022
Casa editrice: Tunuè
Pagine: 136

Ormai saprete che l’adozione è un argomento che mi interessa molto e del quale leggo spesso e volentieri. Da poco vi ho parlato proprio di un altro fumetto sull’argomento: "Una zanzara nell’orecchio".

Oggi la mia scelta è ricaduta su questa opera, pubblicata da Tunué, che ho trovato originale ma soprattutto molto coraggiosa.

Non si tratta di un testo autobiografico, bensì di un’opera di invenzione. Racconta la storia di una coppia che decide di ricorrere all’adozione date le difficoltà a concepire. 

L’abbinamento farà diventare loro figlio Gabriel, un bambino latino americano di dieci anni,  e qui l’autore decide di raccontare una storia tutt’altro che rassicurante e sdolcinata. Rappresenta infatti, nelle coloratissime tavole di Ariel Vittori, i traumi della prima infanzia di Gabriel e la difficoltà del ragazzo nell’inserirsi in una famiglia, nel trasferirsi in un nuovo paese, e anche la sua ribellione adolescenziale con le sue conseguenze tutt’altro che lievi, dai precedenti minorili alla vita in comunità. 

È difficile che in un testo che parla di adozione trovino spazio i lati più complessi e meno incoraggianti dell’esperienza, e per questo un ho trovato coraggiosa questa narrazione, che allontana in modo efficace dallo stereotipo un argomento che troppo spesso vi ricade rappresentando i genitori come generosi salvatori, il bambino come fortunatissimo e senza traumi.

Le illustrazioni mi sono piaciute moltissimo: le tavole sono ricche e colorate, catturano lo sguardo e raccontano una storia anche senza bisogno di parole. Un’altra scelta interessante è quella di lasciare in spagnolo diversi dialoghi senza indicare la loro traduzione: viene trasmessa così l’idea di spaesamento provata dai due genitori in viaggio per adottare Gabriel, la sua appartenenza a un'altra cultura d'origine. 

In conclusione è un fumetto che mi è piaciuto molto e vi consiglio, in particolare se il tema dell’adozione vi sta a cuore. 

Qual è l’ultimo fumetto che avete letto?

martedì 17 gennaio 2023

L'ultimo uomo bianco

Di Mohsin Hamid, prima della recente pubblicazione Einaudi "L'ultimo uomo bianco" avevo già apprezzato molto "Exit West" e soprattutto "Il fondamentalista riluttante".


Titolo: L'ultimo uomo bianco
Autore: Mohsin Hamid
Anno della prima edizione: 2022
Titolo originale: The Last White Man
Traduttore: Norman Gobetti
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 136

In quest'ultimo romanzo ci sono parallelismi con i precedenti: la tematica razziale, già centrale ne "Il fondamentalista riluttante", e l'artificio fantastico che in "Exit West" erano i varchi spaziali, mentre qui la metamorfosi, eco di Kafka sin dalla prima riga del libro.

Il protagonista è Anders, un giovane uomo in un'imprecisata città americana, che una mattina si sveglia e si ritrova con la pelle non più bianca com’era abituato bensì scura. Questa metamorfosi interessa giorno dopo giorno percentuali sempre più alte della popolazione fino a raggiungerne la totalità, mentre ognuno elabora diversamente la questione.

Se dapprima il cambiamento rappresenta qualcosa di sconvolgente per la società, suscitando anche dei rigurgiti di vero e proprio razzismo che mettono a ferro e fuoco le città e inducono Anders a nascondersi terrorizzato a casa del padre che è gravemente malato, con il tempo si trasforma in una vera e propria nuova normalità in cui chi era bianco come Anders si trova a riflettere sul colore della propria pelle e sul suo peso simbolico.

C’è anche, in puro stile Hamid, una storia d’amore: tra Anders e Oona, che come lui a che fare con l’elaborazione del lutto in quel particolare momento della vita (ha perso il fratello, e la madre, grande sostenitrice dell'etnia caucasica, fatica a superarlo).

Degna di nota come sempre è la scrittura fiume dell’autore, in periodi lunghi, ricchi di virgole, che ci trascinano nella storia e nelle sensazioni dei personaggi. Hamid è anche bravissimo a creare storie che non richiedono mai una pagina di troppo e che pur essendo romanzi brevi non facciano sentire al lettore la mancanza di nulla. 

Ho apprezzato molto questa storia, una metamorfosi kafkiana in chiave meno legata alla lotta di classe e più all’identità etnica. È una lettura che vi consiglio anche se siete amanti delle storie strettamente realistiche, perché l’elemento inspiegabile non vi disturberà affatto! 

Conoscete questo autore? Qual è l’ultimo romanzo legato al razzismo che avete letto?

giovedì 12 gennaio 2023

L'uomo che guardava le stelle

Ho acquistato "L’uomo che guardava le stelle" di Joe Stillman, pubblicato da edizioni Atlantide, per due ragioni fondamentali: la copertina a cui non ho saputo resistere e la casa editrice, che da quando ho scoperto Tiffany McDaniel è diventata per me sinonimo di altissima qualità. E non mi sono sbagliata!


Titolo: L'uomo che guardava le stelle
Autore: Joe Stillman
Anno della prima edizione: 2022
Titolo originale: The Man who Came and Went
Casa editrice: Atlantide
Traduttrice: Clara Nubile
Pagine: 248


Il protagonista è Bill, un uomo che sembra arrivare dal nulla; in lui la componente spirituale è molto più pronunciata del legame verso quel corpo che pare appena diventato il suo. Bill percepisce i desideri delle persone: lo fa quando indovina i piatti che desiderano al ristorante di Maybell dove si trova a lavorare, prima ancora che abbiano ordinato. Ma lo fa soprattutto quando si tratta delle loro necessità più profonde, che siano il conforto in punto di morte o la necessità di ricominciare a vivere.

Siamo in Arizona e attorno al diner di Maybell ruota un microcosmo di personaggi pieni di dolori e di insoddisfazioni, le cui vite saranno per sempre cambiate dall’incontro con Bill. Tra di loro c'è Belutha, adolescente arrabbiata e insoddisfatta, figlia di Maybell e voce narrante.

L’autore costruisce una storia dove non tutto si spiega, dove la razionalità non è la chiave migliore per affrontare la lettura. Ci richiede una certa sospensione dell’incredulità, ma se ci lasciamo coinvolgere e seguiamo quel filo che connette l’anima pura di Bill (che è egli stesso pura anima) alle menti delle persone che lo circondano, ci sentiamo anche noi completamente immersi nella vicenda.

Stillman crea un crescendo di tensione, lasciandoci fino all’ultime pagine con il fiato sospeso a chiederci con quale colpo di scena si chiuderà questo romanzo. Temiamo in ogni attimo per i nostri amati personaggi, e questo rende il libro impossibile da mettere giù prima di averlo terminato -ma non vi preoccupate: molte delle vostre paure saranno infondate.

"L’uomo che guardava le stelle" è un romanzo poetico, delicato e profondo con un protagonista dalla sensibilità e tenerezza sconfinate. Un romanzo che fa bene, che ci ricorda quanto valga la pena lottare per le nostre esistenze, per quanto terrene, per quanto limitate.

Così come Bill ha cambiato la vita di Maybell, di Rose, di Martin e di Belutha, sono sicura che cambierà anche la vostra, se gli aprirete il vostro cuore, dandovi esattamente ciò di cui avete bisogno senza nemmeno esservene resi conto.

Qual è l’ultimo personaggio che vi ha conquistati?

mercoledì 11 gennaio 2023

Una zanzara nell'orecchio

Andrea Ferraris è un disegnatore di fumetti con all'attivo diverse pubblicazioni per Oblomov e una collaborazione ultradecennale con la Disney. Io l'ho scoperto con una spedizione in libreria dove sono stata improvvisamente attratta dalla copertina di "Una zanzara nell'orecchio", pubblicato da Einaudi.

Si tratta di un'opera autobiografica, precisamente del racconto del percorso adottivo di sua figlia Sarvari, che all'epoca aveva poco più di quattro anni e viveva in un orfanotrofio di Mumbai, in India. L'autore ripercorre il proprio vissuto, dal sorgere del desiderio di paternità all'accettazione della difficoltà di concepire naturalmente, alla scelta di intraprendere la strada dell'adozione internazionale. 

Documenta in breve i passaggi burocratici, ma si sofferma soprattutto sull'incontro con la figlia senza indorare affatto la pillola con colpi di fulmine, innamoramenti o salvataggi di bambini indifesi: viene dato spazio in queste pagine allo spaesamento di Sarvari, al dolore dell'abbandono di tutti coloro che fino a quel momento hanno costituito i suoi affetti e i suoi punti di riferimento, all'incomunicabilità con la bimba che parla solo hindi, lingua di cui i genitori adottivi non conoscono che poche parole. 

"Una zanzara nell'orecchio" è un'opera che dà spazio alle paure e alle fragilità, alle difficoltà del creare legami e lasciare spazio all'amore che crea una famiglia. 

Merita però una lettura, ammesso che non siate interessati ai suoi temi, anche solo per i disegni di Ferraris: immaginifici, coloratissimi, corredati delle fotografie dei diretti interessati e capaci di trasformare un aereo in un gatto-bus che mi ha ricordato Miyazaki. Questo fumetto è una gioia per gli occhi, l'India si snoda nelle tavole a pagina intera, i volti sono così espressivi da sembrare veri, e i tocchi di fantasia lo rendono magico. Ne sono stata completamente conquistata!

Qual è l'ultimo fumetto che avete letto?

Mia madre è un fiume

Una delle mie scoperte del 2022 è stata la penna di Donatella Di Pietrantonio, di cui ho amato moltissimo la coppia di romanzi "L'arminuta" e "Borgo sud". Ho recuperato ora il suo romanzo d’esordio "Mia madre è un fiume", pubblicato nel 2011 e ora edito da Einaudi. 


Titolo: Mia madre è un fiume
Autrice: Donatella Di Pietrantonio
Anno della prima edizione: 2011
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 128

È un romanzo breve come i due che ho già letto, dove non c’è mai una parola di troppo, mai un eccesso, mai una sbavatura, e la lingua è la stessa: tagliente, precisa, evocativa e capace di essere anche dolorosa. 

"Mia madre in fiume" è la storia di una figlia che non si è mai sentita completamente amata, che quando la madre anziana comincia a perdere la memoria si trova ad assisterla e le racconta la storia della famiglia: episodi dai tempi della guerra sino al presente. Siamo in Abruzzo, terra natale dell’autrice; ci spostiamo dalle zone montuose alla campagna, accompagnando la famiglia Viola nella vita fatta di agricoltura e di allevamento, di occasionali emigrazioni in Germania per guadagnare qualcosa di più, di sacrifici, di fatica e di figli ai quali l’amore non si è saputo trasmettere a parole. 

Esperina, questo il nome della madre che è stata un fiume con i suoi torrenziali i capelli neri ed ora si trova in secca, truffata dalla sua stessa coscienza che le fa dimenticare anche i gesti più quotidiani, ha avuto tante sorelle, un padre che è stato prigioniero in Jugoslavia ed è tornato comunista. Ha avuto la quotidianità dei campi e delle bestie, che non le hanno mai lasciato il tempo di riposare; non si è mai concessa il lusso di una vacanza, né delle coccole alla figlia, che ha sofferto di una solitudine che cova in un rancore anche davanti alla sua malattia -mentre lei da nonna ha cercato di trasmettere amore almeno al nipotino.

Donatella di Pietrantonio non ci risparmia i sentimenti più scomodi che sappiamo provare all’interno delle nostre mura domestiche: quelli di cui ci vergogniamo, che non vogliamo riconoscere nemmeno a se stessi, come l’incapacità di perdonare e di elaborare i nostri traumi del passato. Seppure cresciuti, una parte di noi è ancora quel bambino che si è sentito tradito o abbandonato, ma pochi hanno il coraggio di ammetterlo. 

Questa è una storia che attraversa il '900 e che racconta una regione aspra, di transumanze e di raccolti, di matrimoni e feste da ballo; ci trasporta lì con i suoi protagonisti e pagina dopo pagina ci sentiamo anche noi parte di quell’album di famiglia. 

Si tratta di un esordio che ho apprezzato moltissimo, nonostante non avessi alcun bisogno di conferme dopo aver letto le più recenti opere dell’autrice. Ora non mi resta che recuperare "Bella mia", e sono sicura che mi darà ulteriori soddisfazioni!

Avete letto qualche titolo di questa scrittrice?

venerdì 6 gennaio 2023

Second Hand

Second Hand di Michael Zadoorian, pubblicato da Marcos y Marcos, è un romanzo che aveva tutte le carte in regola per piacermi: Richard è un protagonista goffo e tenero che gestisce un negozio dell’usato e ha la passione per le cianfrusaglie che le persone si lasciano dietro, nelle case dove sono invecchiati oppure dalle quali hanno traslocato. Proprio nel suo negozio incontra Theresa, della quale si innamora quasi all’istante anche se la loro relazione sarà tutt’altro che lineare.


Titolo: Second Hand - Una storia d'amore
Autore: Michael Zadoorian
Anno della prima edizione: 2000
Titolo originale: Second Hand
Casa editrice: Marcos y Marcos
Traduttore: Michele Foschini
Pagine: 318

Su questa storia aleggia però costantemente il tema della morte: sia perché la madre di Richard è appena morta, e per questo lui e la sorella devono svuotare la casa appartenuta ai genitori (e occuparsi dei propri oggetti di seconda mano, e dei segreti che nascondono, è molto più difficile che selezionare quelli altrui), sia perché Theresa lavora in una struttura che viene definita rifugio per animali ma che in realtà li abbatte. Le regole a Detroit, in Michigan, saranno state almeno a fine anni '90 ben diverse da quelle che vigono qui in materia di rifugi per animali, e per fortuna: perché questo aspetto della storia me l'ha resa così intollerabile da rendermi a più riprese difficile la lettura. Vi metto in guardia dunque perché se non ve la sentite di incontrare questo argomento il libro in questione proprio non fa per voi, così come credo che lo avrei evitato io se lo avessi saputo prima.

Chiarito questo punto, l’elaborazione del lutto (che da una parte è involontario, perché la madre di Richard muore di malattia, e invece procurato in prima persona nel caso degli animali uccisi da Theresa per lavoro) viene affrontata attraverso il processo del Giorno dei Morti messicano, in grado di riportare ai vivi le anime dei morti e così di far loro pace con i trascorsi terreni. Proprio in Messico infatti si svolge la terza e ultima parte del libro, che segue un evento molto drammatico: il tentativo di suicidio di Theresa, avvenuto nella seconda. 

Gli argomenti dunque a cui fare attenzione sono molti in questa storia e sebbene il tema dei sentimenti che sanno legarci agli oggetti e della storia che gli oggetti portano con sé sia estremamente interessante (mi ha ricordato in tutt’altra chiave "Cose preziose" di Stephen King, che ho letto da poco) e nonostante anche la voce narrante, che sa essere ironica e buffa, devo ammettere che terminata questa lettura mi rimane un senso di nausea per certe scene e in generale una sensazione di angoscia, nonostante il suo finale voglia essere aperto ad un futuro positivo. 

Purtroppo si tratta per me della prima lettura deludente dell’anno, non perché non abbia apprezzato la scrittura dell’autore o i protagonisti di questa storia, ma perché conteneva elementi per me davvero indigesti. Se condividiamo dunque la stessa sensibilità è una lettura della quale scrivo soprattutto per mettervi in guardia! 

Qual è stato l’ultimo libro che non ha fatto al caso vostro?

mercoledì 4 gennaio 2023

L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio

Finalmente un romanzo di Haruki Murakami che mi soddisfa! 

Ne "L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio" non ci sono infatti elementi soprannaturali -sono questi che spesso in Murakami non mi convincono, soprattutto quando prendono il sopravvento come in "Kafka sulla spiaggia". 


Titolo: L'incolore di Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio
Autore: Haruki Murakami
Anno della prima edizione: 2013
Titolo originale: Shikisai o motanai Tazaki Tsukuru to, kare no junrei no toshi
Casa editrice: Einaudi
Traduttrice: Antonietta Pastore
Pagine: 260

Qui la storia è del tutto realistica: un giovane uomo, che ha avuto un’intensa amicizia con cinque coetanei all’epoca del liceo, viene bruscamente allontanato dai quattro al primo anno di università, quando si è trasferito a Tokyo a studiare ingegneria. Perde così il suo punto di riferimento, nonostante si sia sempre sentito escluso e incompreso, persino estraneo in un gruppo così coeso, per il fatto di essere l’unico a non contenere un colore nel proprio nome. Sedici anni più tardi la donna di cui è innamorato lo convince ad affrontare quel trauma, del quale non ha mai indagato le ragioni. 

L'amicizia è il tema principale di questo romanzo, e come la sua fine, soprattutto quando inspiegabile, possa danneggiare un essere umano compromettendone le sue capacità relazionali. Il protagonista però tira i fili della propria esistenza affrontando quelli che sono diventati veri e propri fantasmi del passato e si sente così pronto ad andare avanti con la sua vita. L’autore non entra però nei dettagli di come questo avverrà,e lascia in sospeso anche un’altra amicizia bruscamente interrotta nella vita del personaggio, risalente questa volta proprio agli anni universitari. 

La scrittura di Murakami è una garanzia e anche qui ritroviamo l’elemento ricorrente della musica, che il protagonista condivide con le persone che incontra nelle varie fasi della sua vita. Altri elementi che ben riconosceranno gli appassionati dell'autore sono i sogni rivelatori di istinti e verità che i personaggi vorrebbero negare persino a se stessi e spesso ricchi di riferimenti erotici. 

È un romanzo che mi ha appassionata e sin dall’inizio ho provato una grande curiosità verso ciò che il protagonista stesso non aveva compreso fosse successo. Per promuoverlo completamente posso dirvi che avrei preferito un finale meno aperto, ma nel complesso è sicuramente tra i romanzi dell’autore che ho preferito e mi sento di consigliarvelo!

Winnie Puh

Le avventure dell’orsetto Winnie Pooh, scritte da A.A. Milne, accompagnano generazioni di bambini sin dall’inizio del 1900: pubblicate infatti negli anni '20, sono state scritte ispirandosi al proprio figlio Christopher Robin (che è l’unico protagonista umano delle storie) e ai suoi giochi con gli amati pupazzi, in particolare il suo orsacchiotto Edward, soprannominato Winnie. 


I racconti con protagonisti Christopher e i suoi amici di peluche hanno dato vita a innumerevoli giocattoli, film d’animazione, merchandising in generale e non credo esista un bambino che non ne conosca almeno una parte -anche io sono affezionata ai personaggi da quando ero piccola, ma non avevo ancora avuto l’occasione di leggere questo classico della letteratura per l’infanzia.

Il volume "Winnie Puh" è composto da dieci storie autoconclusive, dove facciamo la conoscenza di Winnie, orsetto un po’ ingenuo ma anche per questo adorabile, dell’asinello Isaiah sempre pessimista, del piccolo Porcelletto e così via. 

L’ho trovata una lettura deliziosa anche gli adulti come me, e credo che la fama di cui gode sia assolutamente meritata. I racconti che ho preferito sono stati quello in cui l’orsetto ritrova la coda perduta di Isaiah, il salvataggio di porcelletto dall’inondazione e la festa di Christopher Robin. Numerose scene mi hanno fatta sorridere di cuore e altre mi hanno fatto provare molta tenerezza, riportandomi all’infanzia, anche grazie alle illustrazioni ormai iconiche di Ernest Shepard.

Data la brevità dei capitoli si tratta di un libro che si presta anche alla lettura a puntate. magari all’ora di andare a dormire se avete in casa dei piccoli lettori. Per quanto mi riguarda ve la consiglio come una lettura da recuperare a tutte le età!

Qual è il vostro classico per l’infanzia preferito?

Love after Love

Nell'elenco dei libri che mi hanno fatta piangere entra "Love after Love" di Ingrid Persaud, pubblicato da Edizioni E/O. Ambientato sull'isola di Trinidad, alterna capitoli in prima persona di tre voci narranti: Betty, suo figlio Solo e Mr Chetan, loro amico e coinquilino. 


Titolo: Love after Love
Autrice: Ingrid Persaud
Anno della prima edizione: 2020
Casa editrice: Edizioni E/O
Traduttrice: Paola D'Accardi
Pagine: 464

Ci affezioniamo istantaneamente a Betty, donna energica e sopravvissuta ad un marito alcolizzato, sempre piena di idee e di affetto. Solo è un adolescente del tutto credibile: in conflitto con la madre per la propria intransigenza e incomprensione, arriva al punto di distaccarsene del tutto e fuggire a New York dallo zio, dove però avrà una vita tutt'altro che facile. Mr Chetan invece, innamorato dell'amore ma ancor più spesso degli uomini sbagliati, è il simbolo di quanto l'omosessualità possa ancora essere rifiutata e di come essendo se stessi si possa rischiare addirittura la vita.

Il romanzo tratta temi anche molto delicati, come l'autolesionismo e la clandestinità, e non è una lettura per tutti. Se all'inizio i suoi toni sono piuttosto spensierati, andando avanti nella lettura si precipita in angoli oscuri e vicende via via più drammatiche, fino ad una conclusione che è un vero e proprio schiaffo in pieno viso. 

Tuttavia è un romanzo che ho davvero amato, che mi ha commossa moltissimo nei capitoli dedicati all'elaborazione del lutto e mi ha coinvolta, soprattutto nelle disavventure da immigrato irregolare di Solo a New York e in quelle sentimentali di Betty e Chetan -il cui rapporto di amicizia e di sostegno reciproco è uno degli aspetti più interessanti del romanzo, quanto lo è il ruolo di riferimento di Chetan per Solo.

Qual è l'ultimo romanzo che vi ha sorpresi?