sabato 26 novembre 2022

La bambola dell'alchimista

Tre anni dopo "L’incredibile storia di Lavinia" (maledetto il giorno in cui ho deciso di regalare la mia copia! Oggi mi rendo conto che prima o poi finirò per ricomprarmelo...), Bianca Pitzorno pubblica "La bambola dell’alchimista", un breve libro adatto a lettori già della scuola primaria, che riprende in parte personaggi e argomenti del testo precedente.



Titolo: La bambola dell'alchimista
Autrice: Bianca Pitzorno
Anno della prima edizione: 1988
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 104


Il protagonista e Teo, che ha otto anni e desidera una sorellina, ma la sua mamma non ci pensa proprio. Un colpo di fulmine lo fa innamorare di una bambola nel negozio di un antiquario, che si rivelerà la creazione di un alchimista in grado di fabbricare lingotti d’oro al posto della cacca: il contrario dunque dell’anello di Lavinia, che invece trasforma in cacca qualunque cosa! 

Teo e la piccola Petra, che prende il nome dalla pietra filosofale, vivono una serie di avventure mentre ogni sorta di criminali desidera impossessarsi della bambola magica, a cui Teo però vuole sinceramente bene e non è legato certo per interesse. Trasferitosi in albergo (che sembra essere la residenza ideale di tutti i bambini protagonisti dei romanzi dell’autrice!), la strada di Teo si incontrerà poi con quella di Lavinia. 

"La bambola dell’alchimista" è una lettura breve e avventurosa, appassionante a tutte le età e che vi consiglio di leggere in coppia appunto con "L’incredibile storia di Lavinia" per apprezzarne i riferimenti all’interno. 

L’autrice è come sempre inconfondibile nell’evitare qualunque buonismo nella descrizione dei rapporti tra le persone: riesce anche a non idealizzare il rapporto tra genitori e figli, dipingendo adulti che per i neonati provano davvero poca fascinazione, ed è per di più lontana dallo stereotipo dei maschi che dovrebbero giocare con soldatini e modellini di automobili (tema già centrale in "Extraterrestre alla pari") nella descrizione di Teo, che non vede l’ora di cambiare i vestitini alla sua bambola a cui è affezionato come se fosse davvero la sua sorellina. Un libro perfetto dunque per ricordare ai bambini che possono desiderare una bambola giocattolo e che non c’è un solo modo di essere femmina, perché di certo l’intraprendenza e il coraggio a Lavinia non sono mai mancati! 

Continua dunque la mia avventura nella riscoperta di questa autrice fantastica che mi ritrovo ad apprezzare oggi da adulta come mi perdevo nelle sue storie quando ero bambina.

Qual è l'ultimo libro per ragazzi che avete letto?


venerdì 25 novembre 2022

Furore

Sarà difficilissimo trovare le parole per scrivere di "Furore" di John Steinbeck, pubblicato per la prima volta nel 1939 e vincitore del Premio Pulitzer un anno più tardi. Il titolo originale, "The Grapes of Wrath", è preso da un inno che a sua volta si ispira ad un passo della Bibbia: "e gettò l'uva nel grande tino dell'ira". 


Titolo: Furore
Autore: John Steinbeck
Anno della prima edizione: 1939
Titolo originale: The Grapes of Wrath
Casa editrice: Bompiani
Traduttore: Sergio Claudio Perroni
Pagine: 633


L'ira è quella dei braccianti agricoli che, come la famiglia Joad protagonista del romanzo, lasciano gli Stati Uniti dell'Est (nello specifico l'Oklahoma) dove la mezzadria non trova più spazio, e si mettono in viaggio con il poco che hanno verso la terra promessa della California dove sperano di trovare lavoro in abbondanza. Qui si scontreranno con proprietari terrieri che preferiscono far marcire la frutta piuttosto che offrire un salario dignitoso agli "okie" che tanto disprezzano.

Steinbeck scrive un romanzo che parla la lingua degli umili ma anche dell'orgoglio: i Joad non perdono mai la loro dignità, e insieme a Tom (che è uscito dal carcere da poco, dopo aver ucciso un uomo in una rissa, ma è integerrimo e memorabile), a Mà che è una donna forte, capace di spingere la famiglia a non arrendersi, scoprono che gli esseri umani sono più forti quando si uniscono, che la forza sta nell'essere insieme -come famiglia e come comunità.

Steinbeck scrive capitoli in cui seguiamo i Joad, ci affezioniamo a Pà che si strugge per la sua fattoria perduta, a Rosasharn stanca per la gravidanza, ad Al che trova una ragazza in ogni dove; a Tom e al suo profondo senso di giustizia. Ad essi si alternano capitoli che descrivono il grande esodo diretto ad ovest, che danno voce all'America degli anni '30, di impronta meno narrativa e più sociologica, perfetti per farci rivivere un'epoca e ribadire il fondamentale valore dell'unione e della lotta.
Al tempo stesso è un romanzo che parla dell'oggi, dei migranti del presente, e delle reazioni di risentimento e di paura che suscitano ingiustamente nei più privilegiati.

In questo senso quello di Steinbeck è un romanzo politico nel senso più autentico, e negli anni '40 è stato per questo accusato di simpatie comuniste e duramente censurato. Per fortuna Bompiani ci permette oggi di accedere a questa traduzione integrale, che potrebbe sembrarvi voluminosa: ma vi garantisco che ne berrete pagina dopo pagina, e vi lascerà un senso di speranza nonostante la durezza del suo contenuto, e di fiducia nell'essere umano. Io l'ho amato tantissimo, non posso che consigliarvelo di cuore!

Qual è il vostro Steinbeck preferito?

L'anno della lepre

Uno dei primi romanzi dell’autore finlandese Arto Paasilinna è “L’anno della lepre”, pubblicato nel 1975 e considerato il primo titolo di genere umoristico-ecologico. In Italia è pubblicato da Iperborea.


Titolo: L'anno della lepre
Autore: Arto Paasilinna
Anno della prima edizione: 1975
Titolo originale: Jäniksen vuosi
Casa editrice: Iperborea
Traduttore: Ernesto Boella   
Pagine: 204


Il protagonista è Vanaten, un uomo insoddisfatto della propria esistenza, stanco del proprio matrimonio e poco appassionato al proprio lavoro di giornalista. Un giorno, in auto con un collega, investe un cucciolo di lepre: invece di ignorare l’accaduto, si inoltra nel bosco finché non ritrova l’animaletto (salvo, ma con una zampa spezzata) e da quel momento in poi decide di prendersene cura, abbandonando tutto ciò che caratterizzava la sua vita fino ad allora.

Seguiamo così Vanaten in un’avventura attraverso la Finlandia e i suoi paesaggi, descritti in modo da immaginarceli perfettamente: laghetti, fitti boschi, distese innevate a perdita d’occhio. Vanaten diviene una sorta di “yes, man” che si fa trascinare dalla piena degli eventi, che passa da un lavoro temporaneo all’altro, da un incontro bizzarro al successivo, da una disavventura a quella che lo attende dietro l’angolo, riscoprendo se stesso nella relazione con la natura che lo circonda e nella lepre da cui non si separa mai.

“L’anno della lepre” è molto lontano dai titoli che leggo di solito, e devo ammettere che le letture umoristiche non sono propriamente quello che ricerco, anche se Paasilinna qui ha fatto sorridere anche me (ho amato in particolare il capitolo del salvataggio della mucca). È un romanzo scorrevole, diviso in capitoli brevi e ricchi di avventure, di dialoghi e di azione.

Vanaten non è un personaggio privo di contraddizioni, il suo scoprirsi animalista salvando la lepre viene poi messo in dubbio dalla caccia all’orso e all’assassinio di un corvo -capitoli che, lo confesso, non ho apprezzato.

Nel complesso però è stata una lettura piacevolmente originale, in cui ho amato soprattutto l’aspetto del rapporto con la natura e le descrizioni dell’ambiente che mi hanno davvero trasportata in Finlandia con il protagonista -e il leprotto, naturalmente!

Avete letto questo titolo?

Mi consigliate un libro che parli del rispetto per l’ambiente?

mercoledì 16 novembre 2022

I pesci non hanno gambe + Grande come l'universo

 Post unico per una coppia di romanzi Iperborea di Jon Kalman Stefansson: “I pesci non hanno gambe” e “Grande come l’universo”, entrambi pubblicati da Iperborea e tradotti da Silvia Cosimini -che arricchisce in particolare il secondo di un’illuminante postfazione.

I due compongono un’unica storia, che in realtà è un mosaico delle storie di tanti: in primo piano abbiamo Ari, che ritorna in Islanda ad incontrare il padre Jakob, a cui resta poco da vivere. Di Jakob, ultimo degli otto figli di Oddur e Margret, conosciamo anche i genitori nel loro passato, i fratelli e le sorelle, e poi l’infanzia e la giovinezza di Ari, nei tanti capitoli ambientati in un’Islanda che non c’è più.

Il primo elemento da evidenziare quando si legge Stefansson è la sua scrittura: pura poesia in prosa (l’autore nasce proprio come poeta), che materializza l’Islanda davanti ai nostri occhi, il suo mare bellissimo e crudele, i ghiacciai e i fiordi, le notti infinite d’inverno e quelle mai buie d’estate.

Le pagine del passato in questi romanzi sono struggenti: ho amato Margret, le sue imperfezioni e debolezze, i suoi sentimenti travolgenti, ho amato Pordur che voleva diventare poeta, mi sono commossa per Gunnar che aspetta il fratello maggiore rientrare dalla pesca col padre, i suoi due eroi.

Stefansson racconta l’incomunicabilità, racconta le paure che non permettono di agire, che non consentono di raccontarsi agli altri, racconta la scrittura che ci salverebbe, ma a volte le parole non si trovano, a volte la strada per la poesia non si intraprende – e Pordur non andrà mai a studiare a Reykiavik, e Ari smetterà di pubblicare, e Jakob non saprà mai spiegarsi al figlio.

È una coppia di romanzi malinconici, che trascinano come maree, guidati da un narratore sfuggente, che riflette Ari in ogni fase della vita, lo accompagna e a volte lo osserva da lontano, resta dietro la tenda.

Lasciatevi trasportare, viaggiate nel tempo e nello spazio: godetevi questa saga familiare i cui personaggi rimarranno con voi molto dopo averla terminata.

Avete mai letto Stefansson?

mercoledì 2 novembre 2022

Il maialino di Natale

Credo che nessuno di quelli che come me sono cresciuti con la saga di Harry Potter sarà sorpreso di riscontrare le straordinarie capacità di J.K. Rowling nella creazione di una storia di fantasia ne "Il maialino di Natale", pubblicato da Salani.


Titolo: Il maialino di Natale
Autrice: J.K. Rowling
Anno della prima edizione: 2021
Titolo originale: The Christmas Pig
Casa editrice: Salani
Traduttrice: Valentina Daniele
Pagine: 320


Non mi aspettavo nulla di meno da una scrittrice che ha prodotto l’unica saga fantasy che io abbia davvero amato. e che ha saputo mescolare la magia e gli elementi fantastici alle emozioni e agli avvenimenti più reali delle nostre esistenze. 

"Il maialino di Natale" è senza dubbio pensato per un pubblico di lettori a partire dalla prima infanzia: la sua struttura a capitoli molto brevi si presta alla lettura, sera dopo sera, prima di dormire, magari in compagnia e ad alta voce, per rendere l’esperienza ancora più magica. 

Il protagonista è Jack, un bambino di sette anni che sin da quando era piccolissimo ha condiviso tutte le sue esperienze con il suo maialino di peluche, Lino. Lino è la costante che lo ha accompagnato in tutti i cambiamenti della sua vita, anche i più traumatici come un trasloco e la separazione dei suoi genitori. Per questo quando Lino si perde per Jack è  è una separazione inaccettabile, che lo condurrà la notte della vigilia di Natale (la notte dei miracoli e delle cause perse) in un’avventura nella terra di perduti per riportare a casa il suo piccolo amico.

La costruzione del mondo fantastico è come sempre impeccabile: ci troviamo in un universo dove albergano le cose perdute, o quelle che abbiamo perso di vista e siamo intenzionati a ritrovare divise, in località in base a quanto contino per noi umani. Non soltanto gli oggetti però si perdono, ed infatti nella Terra dei Perduti c’è spazio anche per le emozioni, come le ambizioni, il potere, ma anche la speranza o la felicità -il tutto visto dagli occhi di un bambino che vive un’avventura incredibile insieme ad un altro animaletto di pezza che gli è stato regalato per rimpiazzare il suo insostituibile maialino. 
J.K. Rowling poi, indimenticabile creatrice di Voldemort, ci regala qui un cattivo di tutto rispetto, ben capace di incutere timore.

Si tratta di una storia di quelle che fanno bene al cuore, perfette per il periodo natalizio ma non soltanto; una storia che ci insegna l’importanza del lasciare andare e dell’aprire di nuovo il nostro cuore dopo aver subito una perdita straziante -e ve lo confesso: è stata per me una morale di cui avevo veramente bisogno. 
Non posso fare altro quindi che consigliarvelo indipendentemente dalla vostra età anagrafica, perché davanti ai romanzi di questa autrice ritorniamo tutti bambini in un attimo e ci ricordiamo quanto abbiamo amato il nostro pupazzo del cuore.

Avete fatto qualche lettura a tema natalizio quest'anno?

La treccia della nonna

"La treccia della nonna" è il più recente romanzo di Alina Bronsky.

Dell’autrice avevo già letto "L’ultimo amore di Baba Dunja", ambientato a poca distanza dalla centrale nucleare di Chernobyl, che avevo amato moltissimo. Qui forse siamo un pochino al di sotto rispetto a quell’opera, ma si tratta comunque di una lettura che mi è molto piaciuta e vi consiglio. 


Titolo: La treccia della nonna
Autrice: Alina Bronsky
Anno della prima edizione: 2019
Titolo originale: Der Zopf meiner Großmutter
Casa editrice: Keller
Traduttrice: Scilla Forti
Pagine: 210


L'autrice è di origini russe e risiede in Germania. Questa caratteristica la accomuna ai suoi personaggi: il piccolo Max e i suoi nonni, che dall'Unione Sovietica emigrano in un sobborgo di Francoforte.

La nonna è un personaggio ingombrante e bizzarro: decisa ad affermare la propria presenza e a fare delle proprie decisioni l’unica legge vigente, traumatizzata come il marito dalla perdita della figlia è disposta a fare qualunque cosa per proteggere la salute del nipote che ritiene in costante pericolo, nonostante le evidenze. 

Max cresce dunque temendo di essere cagionevole e di avere poco da vivere, e la sua storia si intreccia a quella di Nina, una vicina che ha una figlia della sua età e che finirà per intrecciare un legame strettissimo con la famiglia di Max -al punto che ne nascerà un bambino. 

Incontriamo una famiglia imperfetta dunque, di legami che nessuno ha scelto e che condizionano tutti. La nonna di Max non è certo un esempio, con le sue bugie per quanto a fin di bene, con la sua totale incapacità di rivelare apertamente il proprio affetto mascherandolo sotto un'apparente durezza e invulnerabilità. 

Così come avevo amato il legame tra Baba Dunja e il suo scomparso marito anche qui l’amore tra la nonna e Cingiz è uno degli aspetti che ho preferito di questo sottile romanzo, dove non provare per Max una profonda tenerezza è davvero impossibile. 

È un romanzo che ci fa sospendere il giudizio: sarebbe troppo facile accusarla di disturbi mentali, di manipolazione, addirittura di maltrattamento di minore. Sarebbe facile, ma sarebbe anche lontano dalla verità, che non è fatta di bianchi e neri, ma di amori che non si sanno dimostrare e che ci rendono disposti a tutto per tenere al sicuro coloro che ci è caro.

Insomma un altro romanzo Keller che non posso fare altro che consigliarvi di cuore, capace di mescolare l’ironia e un certo humour nero ai grandi traumi e dolori della vita, che come ci insegna la nonna con la sua treccia in qualche modo vanno sempre superati. 

Qual è l'ultimo romanzo che vi ha scaldato il cuore?