giovedì 29 giugno 2017

Il paradiso degli orchi

Una delle mie manie di lettrice (e spesso di spettatrice di serie TV... e questo si fa più complicato quando si arriva oltre la decima stagione!) è che, quando esce un nuovo titolo appartenente ad una serie di libri, sento il bisogno di rileggerli tutti a partire dal primo per sentirmi ancor più coinvolta nella storia.
Mi è capitato ad esempio con tutti i volumi di Harry Potter, compresa l'estate scorsa con la "Maledizione dell'erede". Ed ecco, all'uscita de "Il caso Malaussène", è giunto il momento della saga di Pennac!
 
Sono passati ormai dieci anni dalla prima volta in cui io e la famiglia Malaussène ci siamo incontrate per la prima volta, e sembra passata una vita intera. Ero alle superiori, avevo appena scoperto la biblioteca comunale e i suoi scaffali, Benjamin mi accompagnava nei viaggi in treno verso il mare in tarda estate.
Oggi aprire la copia de "Il paradiso degli orchi" che ho comprato anni dopo in un negozio dell'usato ha l'odore di quei diciassette anni, di tenerezza, salsedine e sole, sa di felicità.
 
 
 
 
Titolo: Il paradiso degli orchi
Autore: Daniel Pennac
Anno della prima edizione: 1985
Casa editrice: Feltrinelli
Pagine: 202
 
 
 
 

Benjamin Malaussène vive a Parigi, ed ha una professione tutt'altro che ordinaria: è il capro espiatorio dei grandi magazzini, pronto a prendersi la colpa di ogni inconveniente capitato agli acquirenti in modo che questi non facciano causa ai proprietari. Anche la famiglia che ruota attorno a Benjamin è molto lontana dall'essere tradizionale: sua mamma è spesso incinta e gli semina fratelli in giro per casa, per partire poi per chissà dove. Ci sono Louna (incinta pure lei), Thérèse, Clara, Jéremy, il Piccolo, e c'è Julius, gigantesco, dolcissimo cane affetto da crisi epilettiche.

Il primo capitolo delle avventure dei Malaussène incomincia con una bomba esplosa ai Grandi Magazzini, e non sarà soltanto una. Siamo ancora lontani dal terrorismo dei nostri giorni (ricordiamoci che Pennac ha scritto questo libro ormai oltre trent'anni fa!), ma il fenomeno era tutt'altro che sconosciuto: pensiamo agli anni di piombo in Italia, all'IRA attiva in Irlanda del Nord, gli indipendentisti baschi. In Francia poi all'inizio degli anni '80 era attiva l'organizzazione Action Directe, famosa per attentati dinamitardi contro il governo ed i suoi rappresentanti.

Benjamin nei Grandi Magazzini ci lavora e trova anche le sue storie d'amore, che iniziano tutte nello stesso modo: salva giovani ladre in difficoltà fingendo che siano la sua zia Julia. Anche in questa storia c'è una zia Julia, ed è una giornalista che scoperto il singolare mestiere di Benjamin Malaussène si dedica a scriverne. Mentre lei indaga sul capro espiatorio e le sue funzioni, la polizia dà la caccia al bombarolo, e lo stesso fa Benjamin, sempre più confuso e suo malgrado coinvolto.

Raphael Personnaz nel ruolo di Benjamin Malaussène
nel film "Il paradiso degli orchi", di N. Bary (2013)

"Il paradiso degli orchi" è molto più di un divertente giallo sulle bombe al centro commerciale: è un biglietto di sola andata per un universo. È un biglietto per Belleville, per i suoi pittoreschi abitanti, i vecchietti che animano il Grande Magazzino, la famiglia Malaussène. Dieci anni fa sono diventati miei amici, e tornare a trovarli è stato come incontrarsi dopo tanto tempo con qualcuno che conosci profondamente, e con il quale i rapporti non si deteriorano a causa delle separazioni.

Al prossimo capitolo, Malaussène!
 

mercoledì 21 giugno 2017

La coppia perfetta

Dopo la lentezza estenuante de "Il danno" di Elsebeth Egholm che vi raccontavo qui, finalmente nel weekend mi ha tenuto compagnia un thriller dal ritmo incalzante che mi ha spinta a leggerlo nel giro di poche ore!
 
 
 
 
 
Titolo: La coppia perfetta
Autrice: B. A. Paris
Anno della prima edizione:
Casa editrice: Nord
Pagine: 337
 
 
 
 
Jack e Grace Angel sono, in apparenza, la coppia perfetta annunciata dal titolo. Sono giovani, di bell'aspetto, benestanti, appaiono in pubblico teneramente innamorati. La loro è un'abitazione di lusso e Jack sembra proprio un marito devoto alla ricerca delle attenzioni della moglie, la quale ha rinunciato alla carriera per dedicarsi alla vita di coppia ed a curare il focolare domestico.
Naturalmente nulla è come appare: sotto la superficie si cela una costante tensione di Grace, costretta ad una vita di minacce e di privazioni imprevedibili, vittima dell'insospettabile psicopatico che ha sposato.
 
Alexander Skarsgard e Nicole Kidman
in una scena della miniserie "Big Little Lies"

 
Non siamo davanti ad uno stalker o un marito violento qualsiasi, anche se Grace incarna le caratteristiche della vittima del ciclo della violenza quando scopre la vera natura di Jack, sempre speranzosa che cambi e le regali un altro momento di romanticismo e tenerezza.
I personaggi, va detto, sono piuttosto improbabili: a partire dalla famiglia di Grace, che rinnega con così tanta facilità la figlia minore affetta dalla sindrome di Down (personaggio tenero e, che sia plausibile o meno, anche più sveglio della sorella!) fino a Grace stessa, donna in carriera che in quattro e quattr'otto sposa un perfetto sconosciuto. Il più inverosimile comunque resta Jack, sebbene dodici stagioni di Criminal Minds ci abbiano preparati ad ogni tipo di psicopatico possibile: il fatto che il suo vero obiettivo non sia mai stato Grace, ma l'innocente sorella che gli è bastato intravedere appena una volta, ha del ridicolo.
 
Tutti questi limiti considerati, il ritmo rende quest'opera prima una lettura comunque molto godibile, dove si è ansiosi di sapere se Jack riuscirà a mettere a segno tutti i suoi piani come fino a quel momento oppure qualcosa o qualcuno interromperà la lunga serie dei suoi malati successi. Il finale forse non è a sorpresa, ma a me che sono una lettrice di pancia è piaciuto.

sabato 17 giugno 2017

Il danno

Raramente la lettura di un thriller mi ha infastidita come nel caso di questo romanzo, che mi sento di sconsigliare con tutta me stessa.
 
 
 
 
Titolo: Il danno
Autrice: Elsebeth Eghlom
Anno della prima edizione: 2011
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 390
 
 
 
 
 
La protagonista è una giornalista danese, Dicte, che vive e lavora ad Arhus.
Sul suo conto ci sarebbero molte informazioni da conoscere prima di leggere questo libro: mi è parso di capire infatti che si tratti del terzo titolo di una serie con la stessa protagonista, ma ad oggi l'unico che Einaudi abbia pubblicato.
I rimandi ad avvenimenti risalenti con ogni probabilità ai titoli precedenti non mancano: disavventure vissute dai personaggi principali, questioni irrisolte del loro passato (ad esempio un bambino dato in adozione nella gioventù di Dicte, precedenti matrimoni andati male, il passato pieno di segreti della sua migliore amica).
 
Il caso ruota attorno alle problematiche dell'attuale società danese, in particolare al fenomeno dei giovani immigrati di seconda generazione. Se siete interessati al tema, un altro libro è già stato in grado di trattarlo con grande profondità e senza fare ricorso ai tanti luoghi comuni che qui invece abbondano: si tratta de "L'immigrato", di Olav Hergel.
Ne "Il danno" la Ergholm fa un collage di argomenti caldi e ci infila di tutto: donne dell'Europa dell'Est vittime della tratta, uteri in affitto contro la volontà delle madri surrogate coinvolte, combattimenti tra cani (un elemento gratuito e peraltro affrontato in un paio di pagine, così, en passant), bazar di arabi e pakistani dove gira di tutto, non soltanto frutta e verdura.
 
 
 
Dicte indaga infatti sulla morte di una giovane donna, ritrovata con il ventre squarciato da un cesareo finito male, e di un neonato che non ha nulla del suo patrimonio genetico. Mentre si infila in una trama sempre più fitta, deve fare i conti con la figlia Rose che si innamora di un ragazzo di origini pakistane. Questo aspetto della storia farà inorridire ogni componente di una coppia mista, perché con sgomento dovrete scoprire che in tutta la vicenda Aziz, questo il nome del ragazzo, gioca un ruolo pure lui... Per non farci mancare nulla, non sia mai che un figlio di immigrati non abbia macchie nel suo passato!
 
Insomma, cara Elsebeth, se anche il primo volume delle tue avventure verrà pubblicato e darà un senso ai tanti incomprensibili indizi disseminati in questo... Credo proprio che non lo leggerò!

venerdì 9 giugno 2017

Un infausto inizio

Tre orfani per protagonisti non sono rari nella letteratura, ed immediatamente ci fanno venire in mente le fiabe (ad esempio proprio "I tre orfani" nelle Fiabe italiane di Italo Calvino). A me in realtà Violet, Klaus e Sunny Baudelaire hanno ricordato i tre orfanelli di un libro contemporaneo che ho amato molto, Oh boy!, che spero troverà presto spazio tra queste pagine.
 
 
 
 
Titolo: Un infausto inizio
Autore: Lemony Snicket
Anno della prima edizione: 1999
Casa editrice: Salani
Pagine: 140
 
 
 
 
 
"Un infausto inizio" è solo il primo capitolo della saga "Una serie di sfortunati eventi" di cui i tre fratelli sono protagonisti.
Violet, Klaus e Sunny perdono i genitori all'improvviso, in un incendio che distrugge anche tutto ciò che possiedono ma non l'ingente patrimonio familiare che rimane in banca, in attesa del compimento della maggiore età da parte della sorella maggiore.
Per prendersi cura dei tre, in modo tutt'altro che disinteressato, si fa avanti il tremendo Conte Olaf, che risiede in un disgustoso maniero dove disegni di occhi rendono l'ambiente ancor più spaventoso. L'uomo è circondato da una truppa di aspiranti attori repellenti quanto lui, che si impegnano a partecipare al piano col quale vorrebbe sposare Violet con l'inganno per mettere le mani sulla fortuna dei Baudelaire.
 
Nonostante ripetutamente venga suggerito ai lettori che tutto hanno per le mani tranne una lettura piacevole e a lieto fine, è impossibile non farsi scappare un sorriso davanti all'ingegno ed alle mille risorse dei tre fratelli che, per quanto sfortunati, sembrano in grado di cavarsela in ogni avversità grazie alla loro tenacia.
 
Jim Carrey in una scena del film
"Una serie di sfortunati eventi", di B. Silberling, 2004
 
Lemony Snicket, pseudonimo di Daniel Handler, scrittore statunitense, ha creato una splendida, immaginifica commedia nera, dal senso dell'umorismo pungente e dalla caratterizzazione degna di un romanzo gotico. Si tratta di una serie di romanzi per ragazzi composta in tutto da tredici titoli, che ha raggiunto la notorietà anche grazie ad un film interpretato da Jim Carrey e una ancora più recente serie tv di Netflix.
Piacerà moltissimo a tutti gli amanti del brivido anche in assenza di vampiri o streghe... E a tutti coloro che apprezzano un romanzo dalla struttura fiabesca anche se non termina con il più classico "e vissero felici e contenti"!

mercoledì 7 giugno 2017

Ninna Nanna

Certi libri hanno il potere di disturbarci, di andare a toccare qualche nervo scoperto. Io non ho figli; in generale come essere umano tuttavia avverto spesso la predisposizione a provare un minimo di certo di protezione verso i più vulnerabili, in questo caso i bambini.
 
 
 
 
Titolo: Ninna nanna
Autrice: Leila Slimani
Anno della prima edizione: 2016
Casa editrice: Rizzoli
Pagine: 204
 
 
 
 
 
Leila Slimani mette su carta il peggior incubo di ogni madre lavoratrice che si trova nella condizione di dover affidare a qualcuno i propri bambini: già nelle primissime pagine infatti una frase ci colpisce fortissimo alla bocca dello stomaco: Adam è morto, Mila non ce la farà. I figli di Myriam sono morti, prima di raggiungere l'età per andare a scuola, per mano di Louise, la tata in apparenza perfetta di cui Myriam si era ciecamente fidata.
 
Abbiamo tra le mani un romanzo al femminile: il marito di Myriam appare più che altro come una figura di sfondo, come troppo di frequente capita quando si tratta di educazione dei bambini ed il peso più grande ricade sulle spalle della madre, così come i sensi di colpa alla ripresa dell'attività lavorativa. Myriam è un avvocato ed ama i suoi figli, Louise ha ottime referenze, si presenta bene, a differenza di tante tate a Parigi è una donna francese di mezza età e non ha problemi con il permesso di soggiorno né con la padronanza della lingua. Myriam ha invece origini arabe, ma questo nel romanzo non trova quasi nessuno spazio; l'autrice ci fa sapere che con i suoi figli non parla arabo, pare abbia soffocato del tutto le proprie radici.
 
Louise è francese, una donna all'apparenza per bene. In lei si celano tuttavia molti fantasmi: una vita passata a crescere i figli degli altri più della sua Stephanie, figlia di chissà chi, che da adolescente si è fatta espellere dalla scuola e poi un giorno se n'è andata senza più cercarla. I debiti poi, che la inseguono dalla morte di Jacques, suo marito; il vagare da un appartamento all'altro senza mai sentirsi protetta, se non insinuandosi temporaneamente nella famiglia di qualcun altro.
 
Cosa rimane da questo libro? Non posso rispondere un colpo di scena, perché l'azione più drammatica e shoccante ci viene consegnata già nel primissimo capitolo. Ciò che segue è una ricostruzione, un'analisi passo dopo passo di un rapporto, quello tra Louise e la famiglia di Myriam, e della psiche della tata sempre più turbata, sempre meno capace di provare un affetto sincero ed allo stesso tempo di cercare aiuto in chiunque la circondi.
Ci resta una profonda amarezza, un'inquietudine, la sensazione di aver guardato in un torbido abisso che lascia sulla pelle tracce vischiose se osiamo tentare di immergerci. Sensazioni che non definirei positive: ma ciò che trovo in realtà davvero negativo è l'indifferenza davanti ad una lettura, e non è quello che ho provato in questo caso.

domenica 4 giugno 2017

Ognuno muore solo

Saper raccontare il presente è un grande pregio di un romanzo. "Ognuno muore solo" racconta un recentissimo passato al momento in cui Fallada lo scrive, nel 1947: ci racconta la Germania nazista ed il potere di Hilter in costante aumento, il clima di sospetto e di pressione a cui tutti i cittadini sono sottoposti, le carceri e le torture, la persecuzione degli ebrei, i primi tempi dei lager.
 
 
 
 
Titolo: Ognuno muore solo
Autore: Hans Fallada
Anno della prima edizione: 1947
Casa editrice: Sellerio
Pagine: 740
 
 
 
 
 
Otto e Anna Quangel non sono personaggi di fantasia come si potrebbe pensare, ma sono ispirati a due coniugi operai berlinesi ed alle loro azioni, seppure attorno ad essi Fallada costruisce i suoi due personaggi.
A Berlino nel 1940 quando l'unico figlio di Otto e Anna Quangel muore in guerra. Otto Quangel è un capofficina taciturno che non dà confidenza a nessuno, fa il suo dovere di lavoratore ma non sostiene in alcun modo la causa nazista, ed anche in cuor suo non ci crede. La morte del figlio ed il dolore profondo che causa ad Anna, moglie e madre devota, fanno scattare qualcosa nella mente di Otto che da quel momento si decide ad intraprendere un'attività illegale: la scrittura di cartoline, da distribuire in giro per la città di Berlino, che possano far sorgere dubbi sul regime nei cittadini che le leggeranno, e far nascere in loro il desiderio di ribellarsi, di rimanere persone oneste in quel marasma di soprusi, violenze, tradimenti.
 
Così Otto si trasforma nel "pilota fantasma", che si infila di nascosto nei palazzi della città ed abbandona cartoline che contestano il Fuhrer, e per anni sfugge alle maglie del sistema grazie al suo profilo da uccello, alla sua fama di uomo taciturno ed insospettabile. Nel frattempo la sventura tocca ad altri: un'anziana ebrea che preferisce darsi la morte da sola piuttosto che essersi deportata, uno scommettitore ladruncolo che potremmo definire un povero diavolo e che finisce per essere catturato ben prima di Otto per un crimine del quale non è responsabile.
 
Brendan Gleeson ed Emma Thompson in una scena del film
"Lettere da Berlino", di V. Pérez (2016)
 
Fallada è un grande scrittore che ci fa trepidare, parteggiare per Otto e per Anna sperando che possano scamparla, ma fin dall'introduzione ci ha preparati ad aspettarci ben pochi lieti fine visto il periodo storico ed il realismo col quale lo narra.
Dopo anni, Otto commette un errore e viene arrestato. Qui Fallada ci regala un indimenticabile protagonista, integerrimo, libero fino all'ultimo, dignitoso e mai codardo. Un protagonista che aveva fatto male i conti, aveva sottovalutato il terrore che pervadeva gli abitanti della città e che aveva impedito loro di mettere in discussione il regime con le sue cartoline; uno solo di essi cambierà idea grazie ad Otto, e sarà proprio il commissario di polizia che per anni aveva dato la caccia al "pilota fantasma" ed alla fine prova per quell'uomo così onesto e coraggioso una vera ammirazione, dalla sua bassezza morale.
Fin dall'arresto sappiamo come terminerà la storia di Otto e di Anna, anche se le pagine dedicate alla loro prigionia sono intrise di amore, di libertà e dignità, più di tutto, mentre si ribellano anche nell'aula del tribunale e non si trasformano mai in servi né in complici nemmeno in attesa dell'esecuzione della condanna a morte. 
 
Libertà, sì, perché Anna e Otto non saranno mai piegati dal sistema che li ha fatti prigionieri, e a settant'anni di distanza ci troviamo tra le mani un romanzo sull'animo umano e sui suoi aspetti più infimi e su quelli più ammirevoli. Un romanzo che ha molto da dirci sul nazismo, offrendo un punto di vista diverso da quello più noto dei campi di concentramento, dato che ci racconta dall'interno una città soggiogata da un malsano potere. Ha molto da dirci anche sulla ribellione, e sul potere di un gesto seppure piccolo che ha la capacità di mantenerci umani, anche quando tutti gli altri si sono perduti.