giovedì 25 aprile 2019

Nel guscio

Dei romanzi scritti per il progetto Hogarth avevo già letto, qualche tempo fa, “Il ragazzo nuovo” di Tracy Chevalier. L’autrice si era dedicata a una riscrittura dell’Otello, e non posso dire che il risultato mi avesse entusiasmata, forse per il carattere adolescenziale dato alla narrazione.
Ho scelto però di proseguire nella lettura di opere appartenenti al progetto e per andare quasi sul sicuro ho scelto il romanzo di McEwan, che si è cimentato in una rivisitazione dell’Amleto. Difficile infatti che McEwan mi possa deludere: ho letto molto dell’autore (sul blog trovate già la recensione di Chesil Beach) e finora tutti i suoi romanzi mi hanno soddisfatta. Questo non ha fatto eccezione! 


Titolo: Nel guscio
Autore: Ian McEwan
Anno della prima edizione: 2016
Titolo originale: Nutshell
Casa editrice: Einaudi
Traduttrice: Susanna Basso
Pagine: 184





LA STORIA
La voce narrante in prima persona di questo romanzo è un feto. Nell’utero di sua madre Trudy assiste, impotente, a ciò che la sua genitrice ed il di lei cognato Claude stanno architettando: l’omicidio di suo padre, che sarà avvelenato con dell’antigelo mescolato ad un frullato.
Giorno dopo giorno il piccolo protagonista senza nome, del quale sappiamo soltanto che è un maschio e che nessuno pare desiderarlo particolarmente -né la madre troppo dedita all’alcool e al sesso, né tantomeno lo zio che ignora del tutto il suo prossimo arrivo, e neanche il padre che è stato allontanato dalla propria stessa casa- osserva dal suo inedito punto di vista la relazione tra Trudy e il cognato, e dall’interno dell’utero attende l’inevitabile.

Mi piacerebbe pensare che il suo scopo là fuori sia quello di favorire la formazione di vitamina D per la mia crescita ossea, che abbia abbassato la radio per contemplare meglio la mia esistenza e che la mano che mi accarezza il punto in cui è convinta si trovi la mia testa si possa intendere come una manifestazione d’affetto. Ma è possibile invece che si stia occupando dell’abbronzatura, che faccia troppo caldo per ascoltare alla radio un dramma storico sull’imperatore Moghul Alamgir e che le sue dita cerchino di lenire delicatamente il gonfiore scomodo di una gravidanza quasi a termine. Per farla breve, non sono sicuro del suo amore.
COSA NE PENSO
Il romanzo di McEwan prende l’avvio da una citazione dell’Amleto di Shakespeare: “Potrei anche essere confinato in un guscio di noce e sentirmi il re di uno spazio infinito – se non fosse la compagnia di brutti sogni”. Il guscio, qui, è un utero; il piccolo protagonista senza nome è in attesa di nascere, ed invece di spiare chi lo circonda come Amleto, è suo malgrado testimone della congiura ai danni del proprio padre. Un padre che è molto diverso dall'uomo duro, il combattente che era il padre di Amleto; qui siamo davanti ad un uomo tenero, un poeta.
Si trova allora a meditare vendetta -tema cardine della tragedia di Shakespeare, sebbene nel romanzo di McEwan il padre del protagonista non si trovi mai a domandargli di metterla in atto, per evidenti ragioni. Il piccolo eroe tragico, trascurato e non voluto, è dunque tormentato dai dubbi su quale sia la strategia migliore da mettere in atto, e dal dilemma amletico per eccellenza: essere o non essere, qui declinato piuttosto nell'accezione di: nascere o non nascere?

Vendetta: l’impulso è istintivo, potente… perdonabile. Nessuno che sia stato oltraggiato, ingannato, mutilato può resistere alla tentazione di covare vendetta.

Lo stile con cui McEwan dà voce al suo protagonista è articolato, dal lessico ricco e ricercato, per nulla infantile: nonostante non sia ancora nato, conosce l’anatomia umana, la filosofia, tutto ciò che apprende dai podcast che la madre ascolta e per diretta conseguenza sente anche lui.

La rabbia di Trudy è oceanica, vasta e profonda, è la sua arma, la sua identità. Lo so dallo scorrere alterato del suo flusso sanguigno attraverso di me, nel disagio a livello di granulociti le cui cellule risultano sofferenti e compresse, nonché di piastrine danneggiate e rotte.

L’elemento di forza di questa storia è senz’altro il punto di vista, che almeno per quanto mi riguarda non avevo mai incontrato in un libro: il feto nell'utero ha una posizione privilegiata di osservatore sul mondo, uno sguardo neutro che spiazza il lettore. Dato questo aspetto fuso all’impeccabile scrittura di McEwan, mi sento di consigliare assolutamente questa lettura insolita, dai toni che si tingono di giallo in diversi passaggi e che farà venire voglia di rileggere l’Amleto per cogliere ulteriori somiglianze, forse sfuggite alla prima occhiata.

giovedì 18 aprile 2019

Il ragazzo nuovo

L'Hogarth Shakespeare Project, che ha avuto inizio nel 2015, è un progetto che vede famosissimi autori contemporanei cimentarsi nella riscrittura di opere di William Shakespeare: tra di loro, Margaret Atwood, Jo Nesbo, Jeanette Winterson, Tracy Chevalier. È l'opera di quest'ultima autrice -il cui romanzo è una riscrittura dell'Otello- quella che finora mi ha incuriosita di più, ma ho intenzione di leggerne altre prossimamente.




Titolo: Il ragazzo nuovo
Autrice: Tracy Chevalier
Anno della prima edizione: 2017
Casa editrice: Rizzoli
Titolo originale: New Boy
Traduttore: Massimo Ortelio
Pagine: 204




LA STORIA


Nel 1974, in una scuola della città di Washington, arriva Osei. Suo padre è un diplomatico originario del Ghana, ed è l'unico allievo nero della scuola media: inevitabilmente il colore della sua pelle attira l'attenzione di tutti. In particolare Osei colpisce Dee, e tra i due scatta un'attrazione immediata; il loro idillio viene tuttavia turbato dai loschi piani di Ian che, servendosi loro malgrado di altri due compagni di classe (Mimi e Casper), riesce nell'intento di far ingelosire Osei e renderlo vittima dei propri sentimenti.

Josh Hartnett e Mekhi Phifer in una scena del film
"O come Otello" di Tim Blake Nelson (2001)

COSA NE PENSO


Come la tragedia di Shakespeare è suddivisa in cinque atti, anche il romanzo di Tracy Chevalier è suddiviso in cinque capitoli. Seppure con qualche variazione (ad esempio la vicenda del fazzoletto avviene nel terzo atto dell'Otello, mentre l'astuccio che ne svolge la medesima funzione viene intercettato nel quarto capitolo de "Il ragazzo nuovo), anche il susseguirsi degli eventi ricalca lo schema tracciato da Shakespeare.
I nomi dei personaggi che popolano le pagine della moderna riscrittura hanno inoltre le stesse iniziali di quelle della tragedia originale, essendo così immediatamente riconoscibili per il lettore, e presentano anche gli stessi tratti caratteriali: rancoroso ed infido Ian, ignara e fedele Dee, integerrimo ed attraente Casper, insicuro ed ovviamente geloso Osei. 
Non riusciva ancora a credere che una ragazza così carina potesse avere voglia di baciarlo.
La scelta dell'ambientazione negli anni '70 del Novecento è comprensibile: difficile pensare oggi ad una scuola statunitense popolata unicamente da allievi bianchi, dove il colore della pelle di uno studente arrivi ad attirare addirittura i sospetti ed il fastidio dei docenti. 
"La vita non è facile per nessuno. E a lui andrà fin troppo bene. Crescerà e troverà un buon lavoro, grazie alle leggi che proteggono le minoranze. Un lavoro che forse qualcun altro avrebbe meritato di più."

Scrivo questo pur essendo consapevole di quanto il razzismo di cui è vittima Otello nella Venezia del 1500 continui ad essere un problema di grande attualità -basti pensare al tragico numero di morti afroamericani per mano nella polizia negli Stati Uniti (fenomeno affrontato nel romanzo per giovani adulti "The Hate U give").
Quello di Tracy Chevalier è un romanzo scritto con un linguaggio estremamente semplice, e presenta alcuni elementi che non sono riusciti a convincermi: innanzitutto la vicenda si svolge nell'arco di una sola giornata scolastica, e per questo i legami apparentemente forti che si creano tra i personaggi (Dee ed Osei in particolare) non sembrano molto credibili. Un altro aspetto che ha suscitato la mia perplessità è l'età dei protagonisti coinvolti: essendo ambientata in una scuola media, i ragazzi sono appena adolescenti; ho trovato però il loro modo di agire ed i loro pensieri, specialmente quelli di Osei, un po' troppo maturi e consapevoli per l'età indicata dall'autrice.
Osei aveva già deciso di calcare sull'accento natio nella scuola di Washington, perché i bianchi sembravano più a loro agio con i neri africani. Non sempre era così, naturalmente, ma aveva l'impressione che gli americani si sentissero in qualche modo minacciati dai loro connazionali di colore, che a volte si servivano di quella paura a proprio vantaggio. Forse perché quello era l'unico vantaggio che avevano.  

Non è la prima volta che un'opera contemporanea cerca di avvicinare i più giovani alla tragedia di Shakespeare: mentre leggevo il romanzo di Tracy Chevalier infatti mi è venuto in mente un film di diversi anni fa, "O come Otello", ambientato in un'high school americana dei primi anni Duemila. Un simile scopo mi sembra perseguibile attraverso questo libro, che per via della centralità dell'ambiente scolastico e per via dell'età dei suoi personaggi credo sia particolarmente adatto ad un pubblico di lettori molto giovani
Per i lettori adulti invece, che probabilmente già hanno letto l'Otello di Shakespeare, questo romanzo è senza dubbio un esperimento interessante, ma a mio parere non del tutto riuscito

lunedì 15 aprile 2019

Tutto si muove intorno a me

La mia biblioteca di quartiere ha avuto un'idea splendida: distendere su un tavolo alcuni libri, mai stati presi in prestito fino ad ora, insieme ad un cartello con su scritto di dare loro un'altra possibilità. Tra di essi ha attirato la mia attenzione una copertina delle edizioni 66thand2nd, che ho deciso di portare a casa con me -dimostrando, suppongo, che l'idea del tavolo delle riscoperte funziona alla grande.


Titolo: Tutto si muove intorno a me
Autore: Dany Laferrière
Anno della prima edizione: 2011
Titolo originale: Tout bouge autour de moi
Casa editrice: 66thand2nd
Traduttori: Giuseppe Girimonti Greco e Francesca Scala
Pagine: 133



LA STORIA

Lo scrittore di origini haitiane, residente in Quebec, si trova a Port-au-Prince nel gennaio 2010, proprio il giorno in cui il devastante terremoto di magnitudo 7 colpisce l'isola. Sopravvive alla scossa e da allora si dedica alla scrittura di una sorta di reportage in cui ripercorrere il drammatico periodo delle scosse e i mesi successivi sulla sua isola natale.
Se torno così spesso col pensiero ai minuti che precedono l'esplosione è perché è impossibile rivivere l'evento in sé. Si è insediato troppo in profondità dentro di noi. Non è possibile prendere le distanze da un'emozione simile. È un momento eternamente presente. Ci ricordiamo nei minimi dettagli l'istante precedente. Uno spezzone di film in cui c'era chi rideva, chi piangeva, chi parlava, litigava, si baciava, si spazientiva per il ritardo di un amico, mangiava, chiedeva l'elemosina, si salutava, si dava appuntamento per il giorno dopo o per la sera, giurava che non avrebbe mentito mai più, rubava, uccideva, torturava, faceva promesse che sapeva benissimo di non poter mantenere, consolava qualcuno che aveva appena perso una persona cara, agonizzava in un letto d'ospedale, giocava a calcio, arrivava per la prima volta a Port-au-Prince oppure partiva (un aereo era appena decollato). Insomma, tutte quelle piccole cose che, legandoci gli uni agli altri, finiscono per imbastire la grande tela dell'umanità. A partire dalle 16.53 la nostra memoria vacilla. 

AP Photo/Montreal La Presse, Ivanoh Demers
 
 COSA NE PENSO

Confesso di avere avuto, prima della lettura di questo libro, solo una vaga idea di dove si trovasse Haiti geograficamente; sapevo inoltre del suo passato in qualità di colonia francese (in realtà una parte del territorio fu dominato dagli spagnoli). Ben poche conoscenze, non è vero? Beh, dopo questa lettura posso senza dubbio affermare di aver scoperto molto di più.
Laferrière struttura il testo suddividendolo in paragrafi, lunghi al massimo un paio di facciate ciascuno ma più spesso decisamente più brevi; ognuno di essi è dedicato ad un tema specifico, che si tratti di elementi storici o culturali haitiani o di amici e familiari dell'autore. Di Haiti impariamo a conoscere molto: la toponomastica decisa al tavolino che viene sostituita dai riferimenti spaziali (un mercato, una chiesa e così via), la forza interiore di una popolazione figlia di una guerra per l'indipendenza e reduce di decenni di dittatura, le correnti religiose che mischiano elementi del cattolicesimo ai riti voodoo.
Questa gente è talmente abituata a procurarsi di che vivere in condizioni difficili che porterà la speranza perfino all'inferno.
Non c'è solo l'isola però, c'è anche -e profondamente- Laferrière in questo reportage improvvisato (non era certo il terremoto, imprevisto com'è ovvio, lo scopo di quel viaggio ad Haiti): ci sono sua madre e l'amata zia che proprio a breve distanza dal terremoto di spegne, c'è l'impegnata sorella, l'appartenenza ad un mondo che seppure si è deciso di lasciare non è mai venuta meno. Ci sono i suoi amici, chi si è opposto al regime e chi ha preferito prendere le distanze, chi già ha perso tanto e ancora di più perderà con il terremoto.
La sua vita si svolgeva tra la biblioteca di fronte al municipio, dove lavorava, e la veranda, dove trascorreva tutto il tempo a leggere. Gli uomini la evitavano accuratamente. È stato grazie a lei che ho capito quale portata sovversiva possa avere una donna che legge in una cittadina di provincia.
C'è uno sguardo diretto e obiettivo sul mondo nelle parole di Laferrière: un occhio che sa cogliere l'immensa problematica della dipendenza che sta dietro gli aiuti umanitari, e che fatica ad immaginare la proporzione delle conseguenze di un evento tragico come il sisma del 2010 -il libro è stato infatti scritto immediatamente dopo, e pubblicato l'anno successivo.
Lo stile di Laferrière è giornalistico, i periodi sono brevi e dal linguaggio semplice e diretto -ma non per questo poco curati. Nell'insieme ho scoperto un autore che penso approfondirò in futuro (possiedo infatti il suo romanzo d'esordio, salvato da uno scarto destinato al macero qualche anno fa) con la consapevolezza di aver già incontrato una parte profonda di lui e delle sue origini.

giovedì 11 aprile 2019

Vite istantanee

Andres Neuman, scrittore di origine argentina naturalizzato spagnolo, è autore di romanzi e di racconti; "Vite istantanee" è la sua opera più recente, una raccolta che consiste in cinque differenti sezioni accomunate da un tema ciascuna: l'amore, la morte, le relazioni familiari, le professioni insolite ed infine un saggio sulla scrittura e le caratteristiche della narrativa lunga e breve.


Titolo: Vite istantanee
Autore: Andres Neuman
Anno della prima edizione: 2018
Titolo originale: Vidas istantaneas
Casa editrice: SUR
Traduttrice: Silvia Sichel
Pagine: 150




Sin dal titolo della raccolta ci si accorge di quanto l'immediatezza, la brevità sia un elemento caratterizzante di questi racconti; l'autore infatti prende in esame frazioni di tempo, attimi, istanti appunto, che avvengono nella vita dei suoi personaggi e ne cambiano per sempre il destino. Come egli stesso afferma nel saggio che chiude l'opera
 tutte le storie hanno un finale, ma non tutte si risolvono
e quindi non aspettatevi storie brevi dallo svolgimento classico, caratterizzate da un'introduzione, un problema e la sua risoluzione, con una conclusione esplicativa. Siate pronti piuttosto per una prosa folgorante che vi lascerà per la maggiore piuttosto sorpresi. Neuman paragona infatti nello stesso saggio, dal titolo "Il sistema del minuto", il genere del racconto breve a quello della poesia
per concisione e intensità, per il carattere ciclico e il significato aperto.
La mia opinione sui racconti è piuttosto diversificata; ho apprezzato moltissimo (come avrete ormai capito) il saggio conclusivo, ma anche la prima parte dedicata al tema delle relazioni amorose è quella che ho preferito alle altre. In particolare ho trovato "Lettere tristi" una rappresentazione commovente di come ognuno di noi voglia presentarsi agli altri troppo spesso meno in difficoltà di quanto siamo davvero, caricandoci così di pressioni inutili e dannose per paura del giudizio altrui.
Altri degni di nota che mi sento di consigliarvi nel caso vogliate sfogliare questo libro e selezionare solo alcuni dei racconti contenuti sono "L'altro braccio" (non proprio sorprendente, ma in un crescendo molto riuscito), "Disinfestare la casa" e "Il discepolo".
Nel complesso ammetto di non essere stata entusiasta di questa lettura, ma i titoli che ho citato l'hanno resa comunque un'esperienza abbastanza soddisfacente!

mercoledì 3 aprile 2019

Lo straordinario viaggio di Edward Tulane

Dove sta scritta la regola secondo la quale certe letture sarebbero destinate solamente ai bambini? A mio parere c'è molto da scoprire nella letteratura per l'infanzia, che nonostante il passare degli anni non ho mai smesso di prendere in prestito in biblioteca; questo libro è stata una conferma di quanto la mia decisione sia un'ottima idea.
Titolo: Lo straordinario viaggio di Edward Tulane
Autrice: Kate DiCamillo
Anno della prima edizione: 2006
Titolo originale: The Miraculous Journey of Edward Tulane
Traduttrice: Angela Ragusa
Casa editrice: Giunti Junior
Pagine: 192





LA STORIA
Edward Tulane è un elegante coniglio di porcellana, amatissimo dalla bambina che condivide con lui le sue giornate, Abilene. Edward dal canto suo non sa provare amore, ed è un coniglio ostile, presuntuoso, che non presta ascolto alle storie che Abilene gli racconta.
Un giorno però, durante un lungo viaggio in nave, la vita tranquilla di Edward Tulane cambia per sempre: il coniglio infatti cade nell'oceano, strappato alle mani di Abilene. Da quel momento in poi trascorrerà anni di peregrinazioni passando da una persona all'altra, da una storia all'altra, ed ogni esperienza saprà cambiarlo profondamente e ricondurlo verso casa.
Edward sapeva com'era ripetere a non finire i nomi di quelli che ti sei lasciato dietro. Sapeva com'era sentire la mancanza di qualcuno. Perciò ascoltava. E più ascoltava, più il suo cuore si apriva.

COSA NE PENSO
Questo libro ricorda ad ogni lettore non più bambino l'importanza che hanno avuto i giocattoli preferiti per noi, quelle bambole o quei peluche che sono stati i nostri confidenti, quelli che ci accompagnavano nel sonno mentre li tenevamo stretti a noi sotto le coperte.
La storia di Edward ci ricorda però -e l'ho trovato ancora più significativo- il fatto che anche negli adulti si mantenga nel tempo un cuore puro, che sa riporre fiducia in un giocattolo svelandogli i propri dolori del passato; mi ha riportato alla mente mia nonna, che ad oltre settant'anni acquistò una bambola profumata in un negozio, e per tutto il resto della sua vita l'ha custodita con affetto.
Edward infatti, che non ha saputo affezionarsi ad Abilene, avrà negli anni molte occasioni di legarsi alle persone: e solo uno degli incontri che Kate DiCamillo ci racconta ha per protagonisti dei bambini. Gli altri personaggi invece che si legano a Edward sono persone adulte: un vagabondo con il suo cane, e soprattutto un'anziana coppia di coniugi che mi ha intenerita profondamente.
Il libro di Kate DiCamillo insomma è una lettura perfetta per ogni tipo di pubblico: ognuno saprà trovarvi un significato, e se i bambini coglieranno soprattutto l'aspetto avventuroso della storia, trepidanti di scoprire cosa accadrà ad Edward, gli adulti ameranno il concetto del ritorno a casa e della riscoperta dentro di sé di angoli dell'anima che non crescono mai fino in fondo.
Come se non bastasse quanto detto finora, questo romanzo nella sua versione in copertina rigida ha un gradevole formato quasi quadrato, davvero pratico per essere tenuto tra le mani, ed è arricchito dalle splendide illustrazioni (sia in bianco e nero sia a colori) di Bagram Ibatoulline.
Cosa aspettate a procurarvelo? Sono sicura che non ve ne pentirete!