lunedì 15 aprile 2019

Tutto si muove intorno a me

La mia biblioteca di quartiere ha avuto un'idea splendida: distendere su un tavolo alcuni libri, mai stati presi in prestito fino ad ora, insieme ad un cartello con su scritto di dare loro un'altra possibilità. Tra di essi ha attirato la mia attenzione una copertina delle edizioni 66thand2nd, che ho deciso di portare a casa con me -dimostrando, suppongo, che l'idea del tavolo delle riscoperte funziona alla grande.


Titolo: Tutto si muove intorno a me
Autore: Dany Laferrière
Anno della prima edizione: 2011
Titolo originale: Tout bouge autour de moi
Casa editrice: 66thand2nd
Traduttori: Giuseppe Girimonti Greco e Francesca Scala
Pagine: 133



LA STORIA

Lo scrittore di origini haitiane, residente in Quebec, si trova a Port-au-Prince nel gennaio 2010, proprio il giorno in cui il devastante terremoto di magnitudo 7 colpisce l'isola. Sopravvive alla scossa e da allora si dedica alla scrittura di una sorta di reportage in cui ripercorrere il drammatico periodo delle scosse e i mesi successivi sulla sua isola natale.
Se torno così spesso col pensiero ai minuti che precedono l'esplosione è perché è impossibile rivivere l'evento in sé. Si è insediato troppo in profondità dentro di noi. Non è possibile prendere le distanze da un'emozione simile. È un momento eternamente presente. Ci ricordiamo nei minimi dettagli l'istante precedente. Uno spezzone di film in cui c'era chi rideva, chi piangeva, chi parlava, litigava, si baciava, si spazientiva per il ritardo di un amico, mangiava, chiedeva l'elemosina, si salutava, si dava appuntamento per il giorno dopo o per la sera, giurava che non avrebbe mentito mai più, rubava, uccideva, torturava, faceva promesse che sapeva benissimo di non poter mantenere, consolava qualcuno che aveva appena perso una persona cara, agonizzava in un letto d'ospedale, giocava a calcio, arrivava per la prima volta a Port-au-Prince oppure partiva (un aereo era appena decollato). Insomma, tutte quelle piccole cose che, legandoci gli uni agli altri, finiscono per imbastire la grande tela dell'umanità. A partire dalle 16.53 la nostra memoria vacilla. 

AP Photo/Montreal La Presse, Ivanoh Demers
 
 COSA NE PENSO

Confesso di avere avuto, prima della lettura di questo libro, solo una vaga idea di dove si trovasse Haiti geograficamente; sapevo inoltre del suo passato in qualità di colonia francese (in realtà una parte del territorio fu dominato dagli spagnoli). Ben poche conoscenze, non è vero? Beh, dopo questa lettura posso senza dubbio affermare di aver scoperto molto di più.
Laferrière struttura il testo suddividendolo in paragrafi, lunghi al massimo un paio di facciate ciascuno ma più spesso decisamente più brevi; ognuno di essi è dedicato ad un tema specifico, che si tratti di elementi storici o culturali haitiani o di amici e familiari dell'autore. Di Haiti impariamo a conoscere molto: la toponomastica decisa al tavolino che viene sostituita dai riferimenti spaziali (un mercato, una chiesa e così via), la forza interiore di una popolazione figlia di una guerra per l'indipendenza e reduce di decenni di dittatura, le correnti religiose che mischiano elementi del cattolicesimo ai riti voodoo.
Questa gente è talmente abituata a procurarsi di che vivere in condizioni difficili che porterà la speranza perfino all'inferno.
Non c'è solo l'isola però, c'è anche -e profondamente- Laferrière in questo reportage improvvisato (non era certo il terremoto, imprevisto com'è ovvio, lo scopo di quel viaggio ad Haiti): ci sono sua madre e l'amata zia che proprio a breve distanza dal terremoto di spegne, c'è l'impegnata sorella, l'appartenenza ad un mondo che seppure si è deciso di lasciare non è mai venuta meno. Ci sono i suoi amici, chi si è opposto al regime e chi ha preferito prendere le distanze, chi già ha perso tanto e ancora di più perderà con il terremoto.
La sua vita si svolgeva tra la biblioteca di fronte al municipio, dove lavorava, e la veranda, dove trascorreva tutto il tempo a leggere. Gli uomini la evitavano accuratamente. È stato grazie a lei che ho capito quale portata sovversiva possa avere una donna che legge in una cittadina di provincia.
C'è uno sguardo diretto e obiettivo sul mondo nelle parole di Laferrière: un occhio che sa cogliere l'immensa problematica della dipendenza che sta dietro gli aiuti umanitari, e che fatica ad immaginare la proporzione delle conseguenze di un evento tragico come il sisma del 2010 -il libro è stato infatti scritto immediatamente dopo, e pubblicato l'anno successivo.
Lo stile di Laferrière è giornalistico, i periodi sono brevi e dal linguaggio semplice e diretto -ma non per questo poco curati. Nell'insieme ho scoperto un autore che penso approfondirò in futuro (possiedo infatti il suo romanzo d'esordio, salvato da uno scarto destinato al macero qualche anno fa) con la consapevolezza di aver già incontrato una parte profonda di lui e delle sue origini.

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