domenica 4 giugno 2017

Ognuno muore solo

Saper raccontare il presente è un grande pregio di un romanzo. "Ognuno muore solo" racconta un recentissimo passato al momento in cui Fallada lo scrive, nel 1947: ci racconta la Germania nazista ed il potere di Hilter in costante aumento, il clima di sospetto e di pressione a cui tutti i cittadini sono sottoposti, le carceri e le torture, la persecuzione degli ebrei, i primi tempi dei lager.
 
 
 
 
Titolo: Ognuno muore solo
Autore: Hans Fallada
Anno della prima edizione: 1947
Casa editrice: Sellerio
Pagine: 740
 
 
 
 
 
Otto e Anna Quangel non sono personaggi di fantasia come si potrebbe pensare, ma sono ispirati a due coniugi operai berlinesi ed alle loro azioni, seppure attorno ad essi Fallada costruisce i suoi due personaggi.
A Berlino nel 1940 quando l'unico figlio di Otto e Anna Quangel muore in guerra. Otto Quangel è un capofficina taciturno che non dà confidenza a nessuno, fa il suo dovere di lavoratore ma non sostiene in alcun modo la causa nazista, ed anche in cuor suo non ci crede. La morte del figlio ed il dolore profondo che causa ad Anna, moglie e madre devota, fanno scattare qualcosa nella mente di Otto che da quel momento si decide ad intraprendere un'attività illegale: la scrittura di cartoline, da distribuire in giro per la città di Berlino, che possano far sorgere dubbi sul regime nei cittadini che le leggeranno, e far nascere in loro il desiderio di ribellarsi, di rimanere persone oneste in quel marasma di soprusi, violenze, tradimenti.
 
Così Otto si trasforma nel "pilota fantasma", che si infila di nascosto nei palazzi della città ed abbandona cartoline che contestano il Fuhrer, e per anni sfugge alle maglie del sistema grazie al suo profilo da uccello, alla sua fama di uomo taciturno ed insospettabile. Nel frattempo la sventura tocca ad altri: un'anziana ebrea che preferisce darsi la morte da sola piuttosto che essersi deportata, uno scommettitore ladruncolo che potremmo definire un povero diavolo e che finisce per essere catturato ben prima di Otto per un crimine del quale non è responsabile.
 
Brendan Gleeson ed Emma Thompson in una scena del film
"Lettere da Berlino", di V. Pérez (2016)
 
Fallada è un grande scrittore che ci fa trepidare, parteggiare per Otto e per Anna sperando che possano scamparla, ma fin dall'introduzione ci ha preparati ad aspettarci ben pochi lieti fine visto il periodo storico ed il realismo col quale lo narra.
Dopo anni, Otto commette un errore e viene arrestato. Qui Fallada ci regala un indimenticabile protagonista, integerrimo, libero fino all'ultimo, dignitoso e mai codardo. Un protagonista che aveva fatto male i conti, aveva sottovalutato il terrore che pervadeva gli abitanti della città e che aveva impedito loro di mettere in discussione il regime con le sue cartoline; uno solo di essi cambierà idea grazie ad Otto, e sarà proprio il commissario di polizia che per anni aveva dato la caccia al "pilota fantasma" ed alla fine prova per quell'uomo così onesto e coraggioso una vera ammirazione, dalla sua bassezza morale.
Fin dall'arresto sappiamo come terminerà la storia di Otto e di Anna, anche se le pagine dedicate alla loro prigionia sono intrise di amore, di libertà e dignità, più di tutto, mentre si ribellano anche nell'aula del tribunale e non si trasformano mai in servi né in complici nemmeno in attesa dell'esecuzione della condanna a morte. 
 
Libertà, sì, perché Anna e Otto non saranno mai piegati dal sistema che li ha fatti prigionieri, e a settant'anni di distanza ci troviamo tra le mani un romanzo sull'animo umano e sui suoi aspetti più infimi e su quelli più ammirevoli. Un romanzo che ha molto da dirci sul nazismo, offrendo un punto di vista diverso da quello più noto dei campi di concentramento, dato che ci racconta dall'interno una città soggiogata da un malsano potere. Ha molto da dirci anche sulla ribellione, e sul potere di un gesto seppure piccolo che ha la capacità di mantenerci umani, anche quando tutti gli altri si sono perduti.
 

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