lunedì 28 settembre 2020

La vita bugiarda degli adulti

Uno dei regali che ho ricevuto a Natale, sulla scia dell'entusiasmo per i quattro romanzi da "L'amica geniale" a "Storia della bambina perduta", è stato il più recente romanzo di Elena Ferrante. Non ha dovuto attendere molto, per i miei standard, prima di essere letto!



Titolo: La vita bugiarda degli adulti
Autrice: Elena Ferrante
Anno della prima edizione: 2019
Casa editrice: E/O
Pagine: 336



LA STORIA

Giovanna vive a Napoli, i suoi genitori sono entrambi insegnanti e lei frequenta le scuole medie. L’adolescenza si fa sentire ed è per gli atteggiamenti tipici di quell’età che, spazientito, il padre di Giovanna la accusa di somigliare sempre di più alla sorella di lui, Vittoria, figura quasi mitica nella sua negatività, che Giovanna non ha mai incontrato. Naturalmente questo fa nascere nella ragazzina l’impellente curiosità di conoscere la zia, ed è così che il mondo di Giovanna si trasforma… seguendo le tracce di un braccialetto che sembra quasi un oggetto magico uscito dalle fiabe. 
COSA NE PENSO

Lo dirò subito: “La vita bugiarda degli adulti” deluderà la maggior parte di chi, come me, ha amato la tetralogia dedicata a Lila e Lenù. Le somiglianze sono molte (fin troppe): l’ambientazione, certo, ma soprattutto i tratti che rendono simili i personaggi, quelli maschili quasi sempre rivoltanti, anche i migliori pronti a deludere le donne che hanno accanto. Le donne invece oscillano tra la fragilità, il trasporto insopprimibile verso questi maschi, occasionali momenti di determinazione e forza.
Vittoria è il personaggio più promettente, sin dall’inizio: una donna che tesse una tela in cui intrappola le relazioni di chi la circonda, che spinge gli altri a comportamenti ai quali vorrebbero spesso sottrarsi. Vittoria sembra l’asso nella manica di questo romanzo, che per il resto è spesso ripetitivo; e invece piano piano sfuma nello sfondo, rivelandosi molto meno centrale di quanto mi sarei aspettata.
«Perché ce l’ha con me?». «Perché è pazza, è stata sempre pazza e ci ha rovinato la vita a tutti quanti».
Giovanna è una ragazzina, e come ragazzina è credibile. È insicura, si lascia affascinare a turno da quasi chiunque le capiti a tiro, desidera mettersi alla prova e mettere alla prova il potere che può esercitare sugli altri -sui maschi, principalmente. 
Com’è possibile, mi dissi, che i maschi sono così stupidi, com’è possibile che questi due se solo li sfioro, se solo mi faccio sfiorare, diventano ciechi, non vedono e non sentono nemmeno lo schifo che io stessa mi faccio. Corrado stava soffrendo perché non mi ero seduta vicino a lui, Rosario era tutto contento perché gli stavo accanto con la mano sulla mano. 
Giovanna ha una situazione familiare instabile (e non sempre convincente), due genitori inadatti al ruolo che ricoprono -un padre pronto a sfuggire alle sue responsabilità, inaffidabile e traditore, una madre che lo idealizza nonostante quanto accaduto e che si logora nella propria sofferenza. Inevitabile dunque la forsennata ricerca di Giovanna di figure di riferimento alternative: Vittoria prima, Roberto poi.
Mi disse all’orecchio, ancora una volta: guardali bene, i tuoi genitori, se no non ti salvi.
Personalmente ho provato una repulsione feroce per i personaggi contenuti ne “La vita bugiarda degli adulti”, quasi la stessa che Sarratore padre e figlio avevano suscitato in me nei quattro romanzi iniziati con “L’amica geniale”. Elena Ferrante ha un grande talento nella scrittura, e una grande capacità di costruire figure detestabili, irritanti fino all’esasperazione: qui lo conferma. 
Nel complesso però “La vita bugiarda degli adulti” mi è sembrato un romanzo incompleto, inconcludente, che perde per strada le sue componenti più interessanti. Napoli stessa con i suoi quartieri è prepotente nei primi capitoli, e sbiadisce procedendo nella lettura, si confonde con una Milano indistinta e perde intensità. 


Forse le aspettative sono sempre troppo alte quando si legge un romanzo di un autore o un’autrice che ci hanno convinto molto in passato, ed è possibile che “La vita bugiarda degli adulti” paghi questo prezzo. La debolezza però che ho riscontrato in questo romanzo non è tale soltanto in rapporto ai quattro precedenti che avevo amato così tanto, ma anche nella sua sostanza, che non è riuscita ad appassionarmi né a trasmettermi qualcosa di diverso da un senso di delusione e indifferenza. Mi pare chiaro, dunque, che non me la sento di consigliarvelo… Sono però molto curiosa di sapere se voi siete riusciti ad apprezzarlo più di me, quindi fatemi sapere le vostre opinioni! 

lunedì 21 settembre 2020

A volte ritornano

Fino ad oggi ho letto Stephen King unicamente come romanziere, nonostante sapessi che ha pubblicato anche numerose raccolte di racconti -dalle quali per di più sono stati tratti film memorabili come "Le ali della libertà". Ho deciso dunque per scoprire la sua narrativa più breve di iniziare con la prima raccolta mai pubblicata, che avevo acquistato diversi anni fa ma che era da allora rimasta in attesa.




Titolo: A volte ritornano
Autore: Stephen King
Anno della prima edizione: 1978
Titolo originale: Night Shift
Casa editrice: Bompiani
Traduttrice: Hilia Brinis
Pagine: 381




Qui sotto trovate un breve commento ai venti racconti contenuti, con un punteggio in stelline da uno a cinque che possa darvi un'idea di quanto ve li consigli anche singolarmente: all'interno di "A volte ritornano" infatti ho trovato racconti indimenticabili, ma anche alcuni che non sono riusciti né a spaventarmi né a lasciarmi qualcosa. 

1) Jerusalem’s Lot***
Con Jerusalem’s Lot torniamo in un luogo già conosciuto, teatro degli avvenimenti de “Le notti di Salem”; ambientato nel diciannovesimo secolo, i protagonisti sono l’erede di una antica dimora e il suo fedele maggiordomo e amico, che si trasferiscono nella spettrale residenza dove dai muri provengono sinistri rumori... Questo suggestivo racconto è perfetto per gli amanti delle maledizioni familiari! 

2) Secondo turno di notte*
Hall è intento a ripulire la cantina della filanda dove lavora da qualche tempo insieme ad un irritante caposquadra e un collega polacco timoroso; assediati da topi giganteschi, scoprono un sotterraneo ancora inferiore alla cantina, e decidono di esplorarlo… Ma si rivela una pessima idea. 
Mostruosità conclusive piuttosto inutili, racconto piatto; in più i topi non mi spaventano. 

3) Risacca notturna****
Scritto da un King diciannovenne, questo racconto costituisce la base per il colossale romanzo che sarà “L’ombra dello scorpione”. In pochissime pagine c’è già l’influenza che stermina la popolazione mondiale, ci sono i pochi sopravvissuti che sperano di essere immuni, di sopravvivere; c’è anche una splendida atmosfera sulle rive dell’oceano e un convincente gruppo di giovani che non ha più niente da perdere. Sono appena accennati, ma sono già dei personaggi di cui si vorrebbe leggere per pagine e pagine. 


4) Io sono la porta***
Un astronauta partecipa ad una missione nello spazio a seguito della quale il suo corpo viene colonizzato da forme di vita aliena che odiano gli esseri umani e lo spingono a commettere atti atroci. Inquietante al punto giusto, ottimo finale anche se non del tutto inaspettato (lo schema è un po’ lo stesso di Jerusalem’s Lot).

5) Il compressore**
In una lavanderia, un inquietante macchinario progettato per la stiratura e piegatura degli indumenti compie la stessa operazione su una delle addette. Inizia così un’indagine sulle responsabilità, che fa emergere come tutto abbia avuto inizio con il sangue di una vergine versato sul compressore… scatenando un demone che sarà difficile da sconfiggere. 
Non amo i racconti sugli oggetti posseduti, penso non ci sia altro da aggiungere.

6) Il baubau***
Alla seduta con uno psichiatra, il protagonista racconta di come tutti i suoi tre figli siano morti arrivando a compiere al massimo tre anni di età, terrorizzati da un mostro, il baubau, che emergeva dagli sgabuzzini. Sarebbe sin troppo facile convincersi che sia stato il padre il vero responsabile dei loro decessi… almeno fino all’epilogo.

7) Materia grigia****
Richie, reso invalido da un incidente sul lavoro, vive con il figlio adolescente Timmy e beve troppo. Un giorno la birra che il figlio gli ha portato sembra avere qualcosa che non va: un odore malsano, una strana schiuma grigia; Richie la beve nonostante ciò, ed è qui che ha inizio la sua metamorfosi… L’orrore in questo racconto non manca, e viene svelato a poco a poco, dai punti di vista di Timmy e degli uomini con cui si confida. Riuscitissimo.

8) Campo di battaglia**
Di ritorno dall’omicidio di un giocattolaio, un sicario riceve dalla madre della vittima una scatola piena di soldatini, armi ed elicotteri giocattolo che hanno l’evidente missione di ucciderlo. Nonostante la sua esperienza, difendersi non sarà facile… Molta azione, non troppo appassionante però.

9) Camion****
In una sorta di autogrill lungo una statale, un piccolo gruppo di persone si barrica all’interno: i camion si sono ribellati ai propri guidatori e si sono trasformati in mezzi che hanno come obiettivo quello di uccidere gli esseri umani… o costringerli a diventare i loro schiavi. Così ben scritto che sembra di essere trincerati in quell'autogrill!


10) A volte ritornano***
Nel racconto che dà il titolo al romanzo, un insegnante che ha perso il fratello in circostanze violente quando era ancora un ragazzino si trova davanti, tra i suoi studenti, degli adolescenti dalle stesse sembianze dei bulli che erano stati responsabili della morte di suo fratello.
Per tre quarti il racconto è potentissimo e suggestivo; nell’ultima parte si affretta un po’ e scomoda le evocazioni degli spiriti come ne “Il compressore” -il tema doveva essere molto caro a King negli anni ‘70, io non lo prediligo. 

11) Primavera da fragole***
Una serie di omicidi colpiscono un campus universitario nel corso di un’atipica primavera nel mezzo dell’inverno, complice il favore della nebbia. Dopo la laurea del nostro protagonista, il fenomeno si interrompe… per ripresentarsi anni dopo, in occasione di un’altra primavera da fragole.

12) Il cornicione****
Nulla di soprannaturale in questo racconto, che è di grandissimo effetto: un marito tradito ricatta l’amante della moglie offrendogli una scelta: quarant’anni di prigione oppure percorrere il perimetro del palazzo dove si trova camminando su un cornicione, privo di appigli, largo appena 13 centimetri.
Un po’ come ne “La lunga marcia” ho camminato per giorni insieme a Garraty, qui ho percorso questo cornicione per interminabili minuti insieme a Norris… 

13) La falciatrice**
Dopo aver venduto la propria falciatrice in seguito ad un brutto incidente, Harold assume un uomo per tagliare il prato di casa sua… ma costui si rivela un individuo a dir poco inquietante, e non c’è da fidarsi delle falciatrici! Come già scritto, i racconti sugli oggetti assassini non sono il mio genere preferito... 

14) Quitters, Inc****
Siete mai stati dipendenti dalle sigarette senza avere idea di come smettere? La Quitters, Inc. a New York ha trovato un metodo infallibile. Il signor Morrison è scettico all’inizio, ma giorno dopo giorno, davanti ai sistemi dell’inquietante Donatti, non gli resta che riconoscere di non avere scelta se non rispettare il programma… Chiunque abbia intenzione di smettere di fumare dovrebbe leggere questo racconto!


15) So di cosa hai bisogno****
Come resistere a qualcuno che conosce alla perfezione i nostri gusti, che ci regala ciò che davvero desideriamo, che ci porta soltanto nei luoghi che ci rendono felici? Di certo è un’ardua impresa, soprattutto se sei giovane e non molto convinta delle scelte che hai fatto nella vita. È così che Elizabeth si innamora di Ed, talmente perfetto da non sembrare vero… ed infatti non tutta è farina del suo sacco!

16) I figli del grano****
Marito e moglie in piena crisi coniugale si mettono in viaggio verso la sorella di lei, ma mentre costeggiano un campo di grano all’improvviso investono un ragazzo. A cui però, ad una seconda occhiata, qualcuno aveva già squarciato la gola… E perché nell’amena località in cui si trovano non si vede in giro nessuno, e le date di morte indicate in un librone all’interno della chiesa indicano tutti deceduti di diciannove anni?… Terminato questo, mi è veramente dispiaciuto che fosse soltanto un racconto


17) L’ultimo piolo****
Questo è il più intimo e doloroso dei racconti della raccolta: un fratello ricorda un episodio dell’infanzia condivisa con la sua sorellina, da cui poi si è lasciato allontanare dagli impegni della vita… Vita che però non ci concede seconde occasioni, davanti a certi sbagli.

18) L’uomo che amava i fiori**
Un ragazzo innamorato acquista un bouquet di fiori per la sua fidanzata… ma per la città continuano a verificarsi misteriosi omicidi a colpi di martello. Quale legame potrà esserci tra le due cose? Mi ha ricordato molto la struttura de "Lo sposo" nella raccolta "La lotteria" di Shirley Jackson. 

19) Il bicchiere della staffa***
Ritorno a Jerusalem’s Lot in una notte di neve: un uomo e la sua famiglia si smarriscono nella tormenta e lui ha la malcapitata idea di lasciare moglie e figlia chiuse in auto con il riscaldamento acceso. Ma non sa che a Jerusalem’s Lot ci sono in agguato presenze pronte ad attirarti, anche nel mezzo di una gelida notte… 

20) La donna nella stanza***
Insieme a “L’ultimo piolo” questo racconto conclusivo è il più sofferto: una malattia terminale sta portando sua madre alla morte, e così il protagonista riflette su come limitare le sue sofferenze. In questo caso non ci sono colpe, non ci sono mostri: c’è soltanto l’orrore di ciò che minaccia il corpo umano e porta via coloro che amiamo. 

lunedì 14 settembre 2020

La mia anima è ovunque tu sia

La seconda guerra mondiale è uno dei periodi storici dei quali leggo più volentieri, sia testimonianze autobiografiche sia romanzi che siano ambientati in quegli anni. In questo caso ho letto un romanzo che ruota attorno alla resistenza partigiana e racconta una storia noir.





Titolo: La mia anima è ovunque tu sia
Autore: Aldo Cazzullo
Anno della prima edizione: 2011
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 127




LA STORIA

Ne “La mia anima è ovunque tu sia” c’è un tesoro, che era nelle mani della Chiesa ma ha permesso a qualcuno di diventare ricco, a guerra finita. C’è la lotta partigiana sulle colline di Alba combattuta da Domenico e da Alberto, innamorati della stessa donna, attiva nella Resistenza anche lei. Ci sono conti in sospeso che restano, sessanta anni dopo, ancora da regolare; e la morte di Domenico, assassinato, che dà inizio ad un’indagine che dovrà scavare nel passato.


COSA NE PENSO

Cazzullo, giornalista per il Corriere della Sera, scrive qui il suo primo romanzo. Lo ambienta ad Alba e lo scrive alternando tre piani temporali: il 1945, il 1963 e il 2011. 
Nel 1945 c’è la fine della guerra che incombe, ci sono le lotte partigiane che hanno affrontato i fascisti e subito molte perdite; ci sono Alberto e Domenico che hanno perso la donna che amavano, e hanno scoperto una grande quantità di denaro nelle mani della Chiesa.
“Anche quando saremo lontani, vorrei che il mio amore fosse sempre con te, come un pensiero allegro in fondo alle giornate tristi, o un amico che ti fa compagnia quando sei sola. Spero che il mio amore si renda utile, come lo scialle che indossi quando hai freddo e posi quando voli via, libera e leggera. Attenta però a non dimenticarlo, a non lasciarlo chissà dove. Maneggialo con cura, il mio amore, quando lo porti in giro: bada a non urtare gli spigoli, proteggilo dalle chiacchiere indiscrete. Ricordati che il mio pensiero ti segue sempre, il mio cuore ti appartiene, e la mia anima è ovunque tu sia.”
I capitoli sono brevissimi e il passaggio tra tempi e personaggi è repentino; questo rende un po’ difficile seguire l’ordine delle vicende e mettere a fuoco il carattere dei protagonisti, ai quali non si ha materialmente il tempo di affezionarsi. 
Degni di nota sono la presenza del personaggio di Amilcare Braida, nome di battaglia Johnny, che è un chiaro rimando a Beppe Fenoglio: Amilcare era infatti il nome del padre di Fenoglio, e Braida il cognome del protagonista del suo romanzo “La malora”; “Johnny” invece è il nome del protagonista di quello che forse è il suo romanzo più famoso, “Il partigiano Johnny”. 
Neppure Alberto amava i commissari politici, l’indottrinamento, la disciplina. E forse neppure lui era davvero comunista. Ma era convinto che la guerra doveva essere davvero guerra di liberazione. Dai preti, dai padroni, dai ricchi. Si combatteva per la terra, per i mezzadri cacciati nel giorno di San Martino, per riscattare la malora in cui erano vissuti i padri e le botte che i fascisti avevano aggiunto al conto. 

Ne “La mia anima ovunque tu sia” c’erano tutte le premesse per creare un romanzo che mi sarebbe piaciuto moltissimo: sa raccontare infatti la Resistenza, e lo fa in modo credibile.
Il vescovo aveva conosciuto i tedeschi in guerra, aveva visto di cosa erano capaci, era caduto in ginocchio di fronte alle case bruciate, aveva offerto invano la sua vita in cambio di quella degli ostaggi, aveva benedetto i corpi degli uccisi, poveri resti di uomini e di donne, carni senza occhi, mani senza unghie, segni di un’agonia senza conforto, di una morte data senza un’ombra di compassione, di una vita strappata via con forza, come si cava un dente. Tanti partigiani erano senzadio; ma erano pur sempre i figli dei contadini di Langa. I nazisti parevano divinità pagane che reclamavano sacrifici di sangue. Il Papa, al sicuro dietro le mura del Vaticano, non poteva saperlo. Lui sì. Nessuno poteva essere peggio dei nazisti. 
È purtroppo la sua brevità, che a volte me lo ha fatto sembrare anche frettoloso, che non mi ha permesso di apprezzarlo appieno. Il mistero c’è e viene risolto (la conclusione a mio parere è anche molto convincente), ma avrebbe potuto essere molto più appassionante se maggiormente approfondito.
Nel complesso credo che Cazzullo abbia ancora bisogno di impegnarsi un po’ prima di dedicarsi alla narrativa… 

mercoledì 9 settembre 2020

Il porto proibito

Lo scorso anno ho letto “Non stancarti di andare”, fumetto realizzato dalla coppia (nel lavoro e nella vita) Radice e Turconi. Nonostante l’argomento fosse incredibilmente nelle mie corde, non ne ero rimasta del tutto soddisfatta (un po’ troppo sdolcinato per i miei gusti, ne ho scritto più nel dettaglio qui) ma mi ripromettevo di dare un’altra chance agli autori, soprattutto perché i disegni di Turconi mi erano piaciuti moltissimo. Ho colto finalmente l’occasione grazie all’iniziativa “Visioni” uscita in edicola!



Titolo: Il porto proibito
Autori: Teresa Radice, Stefano Turconi
Anno della prima edizione: 2015
Casa editrice: Bao Publishing
Pagine: 312



LA STORIA

Abel si trova su una spiaggia, in una calda giornata del 1807. Non sa come ci è arrivato, da dove viene, perché si trovasse in mare aperto: tutto quello che ricorda è il suo nome quando sbarca a Plymouth e viene ospitato all'Albatross Inn, da tre ragazze che hanno da poco perso il padre, il capitano Stevenson, accusato di alto tradimento. A Plymouth Abel viene accolto calorosamente e così la sua vita si intreccia a quella degli altri locali, e soprattutto a quella di Rebecca, tenutaria del bordello Pillar on Post, che come lui ha la capacità di vedere un misterioso porto nella nebbia…


COSA NE PENSO

Realizzato interamente in bianco e nero, in quelli che potrebbero sembrare semplici schizzi ma sono invece tavole ricchissime di dettagli, “Il porto proibito” è una lettura davvero imperdibile per gli amanti della letteratura inglese. Le parole di Wordsworth, Coleridge e Blake accompagnano il lettore pagina dopo pagina, insieme a numerosi canti marinareschi e ad altre poesie dedicate alla potenza del mare.


Ne “Il porto proibito” ci sono molte storie: c’è il mistero che avvolge la morte del capitano Stevenson, quello che riguarda Rebecca e i suoi molti segreti e naturalmente quello dell’identità di Abel. Ci sono poi personaggi a cui è impossibile non affezionarsi, Nathan prima ancora di Abel, perché sembra lui a dover rinunciare più di tutti a ciò che si è conquistato attraverso il proprio percorso di maturazione. 


C’è il soprannaturale, ne “Il porto proibito”: c’è un luogo nella nebbia la cui vista è preclusa ai più, ma non ad Abel e Rebecca, per l’elemento che li accomuna; ci sono le missioni a cui ciascuno è chiamato, e prima di aver adempiuto ad esse non si potrà dire concluso il proprio percorso sulla Terra. C’è però anche quanto di più terreno esista: la vita pratica dei marinai messi alla prova dalle tempeste, le rotte di navigazione e i tanti luoghi in cui approdavano le navi; la prostituzione che permetteva a tante ragazze la sopravvivenza, e la povertà di tre ragazze rimaste orfane, divise tra la memoria del padre e il dolore per la sua prematura scomparsa.


“Il porto proibito” è un fumetto ricco ed emozionante; ci sono pagine che tornerete a rileggere, tavole che vorrete riguardare per gustarne ogni particolare, poesie che vi faranno tornare in mente gli studi liceali e vi faranno venir voglia di riscoprire i brani di allora (“La ballata del vecchio marinaio” di Coleridge è una sorta di traccia che accompagna lo svolgimento della prima metà del fumetto). Ho amato “Il porto proibito” in ogni suo aspetto: i disegni, la trama, la caratterizzazione dei personaggi; fatico davvero a trovargli un difetto, perché anche io che non apprezzo granché le avventure marinare ne sono stata completamente rapita. Non posso fare altro che consigliarvelo, soprattutto se non siete alla vostra prima lettura di romanzi a fumetti: altrimenti l’unico rischio è che possiate spaventarvi un po’ a causa della sua lunghezza, ma credetemi, le pagine voleranno una dopo l’altra! 

lunedì 7 settembre 2020

Tempo curvo a Krems

Le raccolte di racconti sono un genere a cui mi sono avvicinata da poco: anni fa mi sembravano respingenti, mentre ora le apprezzo sempre di più. Questa in particolare mi è stata ceduta perché non particolarmente congeniale al suo proprietario... E ho colto l'occasione di scoprire un autore che non avevo mai letto!




Titolo: Tempo curvo a Krems
Autore: Claudio Magris
Anno della prima edizione: 2019
Casa editrice: Garzanti
Pagine: 88




"Tempo curvo a Krems" è una raccolta composta da cinque racconti -tra i quali quello centrale dà il titolo al libro, ed è il più lungo e complesso pur arrivando appena a venti pagine. 
In comune questi cinque racconti hanno l'elemento del tempo: il tempo che passa, soprattutto, e l'età che avanza. I protagonisti sono infatti cinque uomini, tutti maschi, tutti ormai anziani; tutti alle prese con l'affrontare una nuova fase della vita davanti alla quale si sentono impreparati, che faticano ad accettare con naturalezza.
Tutta la vecchiaia, del resto, era un avanzare per indietreggiare: ci si inoltrava in un territorio sconosciuto per sottrarsi alla realtà che premeva da tutte le parti, spigolosa e invadente.
Ci sono un industriale di successo che ha scelto di cambiare vita e dedicare la vecchiaia a fare il custode all'insaputa di tutti, mentre continua a provare nostalgia per la sua città natale, ora in Repubblica Ceca; un maestro di musica ebreo di origini polacche, sopravvissuto alla deportazione, che incontra il proprio allievo ormai più affermato di lui; un viaggiatore che attraverso la telefonata ad una donna del suo passato riflette sul significato del tempo, uno scrittore di origini ebraiche, sopravvissuto anch'egli all'Olocausto (tema che ricorre dunque, in due racconti su cinque) invitato ad una premiazione letteraria e infine un superstite della Prima Guerra Mondiale che rivive la sua giovinezza guardando le riprese di un film che lo riguarda. 
In quella stanza c’era tutto quello che gli era rimasto. Il resto… era un po’ assurdo pensare che c’erano state altre cose, tante altre cose, e a come si erano perdute.


Sullo sfondo delle vicende di questi uomini c'è Trieste con il suo passato asburgico e le lotte irredentiste, le sue strade che portano al mare, la sua atmosfera sospesa. C'è l'appartenenza di questi uomini ad un'epoca ormai trascorsa, ad una cultura di frontiera alla quale sono rimasti legati per tutta la vita -e che rende i racconti spesso molto suggestivi.
Nel racconto "Tempo curvo a Krems" ci si sposta da Trieste all'Austria, nella regione della Wachau, in viaggio con il suo protagonista: anche la città innevata è magica e riconosco che le ambientazioni, entrambe care a Magris, sono uno degli aspetti che ho amato di più di questa raccolta.
mi avevano portato a cena, chissà perché, a Krems. Era caduta la neve, che rendeva ancora più vuoto il sonnolento nulla della vecchia cittadina e induceva a vivere quel presente, quella sera, come se fosse già passata, immateriale e silenziosa come il ricordo, un soffice niente di cui il biancore non sembrava essere il segno reale ma un’immagine attutita e lontana.

Come sempre, tra i racconti si hanno i propri preferiti. Difficile scegliere tra cinque, che non sono molti; le parti che ho apprezzato maggiormente sono state quelle che rievocavano il passato: la cittadina di Hannsdorf con i suoi profumi per l'industriale de "Il custode", il padre ebreo che sfoggia con orgoglio la divisa da balilla del figlio bambino prima di essere tradito dall'Italia di cui si fidava ne "Il maestro", il ricordo della guerra combattuta da giovanissimo, senza senso nelle trincee del Carso, in "Esterno giorno - Val Rosandra".
Amava i nipoti, ma Hannsdorf, con la sua segheria odorosa di legno e di resina, e il burčák, il vino nuovo appena vendemmiato, era tanto più vicina.

Nel complesso credo che Magris sia un intellettuale da scoprire, anche se non sempre ne ho apprezzato lo stile allo stesso modo (mi è sembrato un po' artificioso nel racconto centrale, "Tempo curvo a Krems"), forse proprio per la natura dei racconti. Non sono sicura di aver iniziato dall'opera migliore per conoscere quest'autore, che però mi ha incuriosita molto per i temi ricorrenti in questi cinque brevi testi; sono comunque soddisfatta della lettura, e del fatto di non averla lasciata per anni su uno scaffale a prendere polvere!