lunedì 30 luglio 2018

La lunga marcia

Un romanzo di Stephen King ogni tanto ci vuole proprio, e l'enorme quantità di opere già pubblicate tra cui scegliere fa sì che, nell'indecisione di una nuova lettura da cominciare, la mia decisione ricada piuttosto spesso su una di queste. Diverse recensioni di romanzi dell'autore sono già presenti sul blog, le trovate in questo post dedicato che le raccoglie tutte.




Titolo: La lunga marcia
Autore: Stephen King
Anno della prima edizione: 1979
Titolo originale: The Long Walk
Casa editrice: Sperling & Kupfer
Traduttrice: Beata Della Frattina
Pagine: 304




LA STORIA


Raymond Garraty, detto Ray, è un adolescente del Maine che partecipa all'annuale Lunga Marcia, che attraversa gli Stati Uniti ed è l'evento dell'anno in un mondo distopico e dittatoriale dove le Squadre si occupano di far sparire tutti coloro che siano in disaccordo con il regime del Maggiore, autorità acclamata dalle masse. Per partecipare alla marcia vengono scelti ogni anno, tra migliaia di ragazzi che presentano la propria candidatura, solo cento marciatori; questi non dovranno mai fermarsi, né rallentare al di sotto del ritmo di 6 chilometri orari, altrimenti riceveranno un'ammonizione. Raggiunta la quota di tre ammonizioni (ogni ora senza riceverne una però, la precedente sarà annullata), il marciatore verrà "congedato": parola in codice per esprimere in modo meno cruento il fatto che i soldati schierati ai lati della strada spareranno sul marciatore ponendo fine alla sua esistenza. La marcia procede così per giorni e notti, senza pause, finché un unico superstite sarà proclamato il vincitore. 
Ray, dunque, marcia con altri novantanove ragazzi, sotto il sole cocente di maggio e sotto le piogge e le grandinate improvvise. Affronta i crampi alle gambe, i dolori, le necessità fisiologiche impellenti, i crolli nervosi di chi lo circonda ed anche le istintive amicizie e solidarietà che nascono in un contesto tanto estremo, insieme alle tardive domande sulle motivazioni che li hanno spinti a partecipare; nel frattempo, uno dopo l'altro, attorno a lui i congedi si fanno sempre più frequenti… 




COSA NE PENSO


Quello che King pubblicò nel lontano 1979 con lo pseudonimo di Richard Bachmann (la sua produzione era infatti così prolifica che, per evitare di saturare il mercato pubblicando più di un libro all'anno con il suo vero nome, King scelse di ricorrere ad uno pseudonimo) è un romanzo distopico che non racconta molto della società in cui è ambientato. Senza dubbio si tratta di una dittatura impostasi negli Stati Uniti, e la narrazione non si svolge in un futuro lontano, piuttosto in una sorta di presente alternativo: non vi sono infatti invenzioni tecnologiche o progressi strabilianti di alcun tipo, e le dinamiche familiari e sociali raccontate sono quelle della fine degli anni Settanta
Ancora una volta ci si accorge di quanto King sia capace di caratterizzare i propri personaggi: seppure impegnati unicamente a marciare, intrappolati dall''insensata crudeltà di un evento che ha l'unico fine di intrattenere gli spettatori, le individualità dei marciatori emergono una dopo l'altra dalla voce di un narratore esterno ed onnisciente: Garraty che sente nostalgia della propria fidanzata, McVries che contro ogni logica compie ripetuti gesti d'altruismo, l'imperturbabile Stebbins, il coraggioso e ingenuo Scramm -l'unico sposato del gruppo, i due fratelli nativi americani che danno l'andatura… Nonostante le loro storie non abbiano alcuno sviluppo nel corso del romanzo, e la loro pressoché unica occupazione sia quella di mettere un piede dopo l'altro e cercare di resistere alla fatica, ci pare di conoscerli uno ad uno e ad ogni congedo proviamo dolore.
I fucili spararono ancora una volta prima che le ultime tracce della notte fossero svanite, ma Garraty udì appena gli spari. Il primo arco rosso del sole stava facendo capolino sull'orizzonte, offuscato da un banco di nuvole, per poi ricomparire in tutto il suo fulgore. Sarebbe stata una giornata splendida, e Garraty si ritrovò a pensare quasi senza accorgersene: Grazie a Dio potrò morire alla luce.
L'istinto di sopravvivenza emerge prepotente dalle pagine di questo romanzo, ed insieme ad esso compare la solidarietà, il cameratismo che sboccia tra i marciatori pur essendo loro consapevoli che uno solo potrà sopravvivere; nascono anche le domande sul senso di quella marcia, che più in generale sembrano al lettore domande sul senso stesso dell'esistenza, sul significato da attribuirle giorno dopo giorno.
Nonostante non vi siano gli elementi fantastici e propri dell'horror che gli appassionati di King sono abituati a ritrovare nelle sue opere, questo romanzo lascia comunque senza fiato: il ritmo del racconto infatti non dà tregua, così come la Marcia non dà tregua alcuna ai suoi partecipanti, ed è impossibile distaccarsi dalle pagine prima di aver raggiunto la conclusione. Questo è senza dubbio il punto di forza dell'intero libro, opera piuttosto cupa ed angosciante, che comunque ho molto apprezzato e mi sento di consigliare ai lettori non troppo impressionabili. 

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