giovedì 21 settembre 2023

Principessa Laurentina

 Abbiamo incontrato Barbara, Valentina e Vittoria in vacanza a Dorgo nel romanzo "Speciale Violante", e le ritroviamo in terza media in "Principessa Laurentina", romanzo di Bianca Pitzorno pubblicato nel 1990 da Mondadori. 

La vita di Barbara viene sconvolta dal matrimonio della madre con Lorenzo, milanese di nobili origini, che la costringe a traslocare, cambiare scuola e separarsi dalle sue amiche del cuore. A Milano nasce la sua sorellina Laurentina, ma il trasferimento e l'allontanamento dall'amato papà e da tutto ciò che conosceva rendono Barbara profondamente arrabbiata e in perenne contrasto con la madre, finché un viaggio in Sudafrica della donna insieme al nuovo marito sconvolge gli equilibri familiari.

[La mamma e Lorenzo rimangono infatti vittime di un incidente aereo, e Barbara si trova a lottare per poter crescere insieme alla sorellina e ad elaborare un tragico lutto.]

"Principessa Laurentina" è, insieme ad "Extraterrestre alla pari", il più maturo dei romanzi dell'autrice che ho letto fino ad ora: il target è dalla preadolescenza in su, l'età in cui gli scontri in famiglia si fanno più accesi, le incomprensioni insanabili. Barbara è una ragazzina credibile e convincente, piena di spigoli e di difficoltà come è logico alla sua età, e un'ennesima prova dell'abilità di Bianca Pitzorno nel costruire le sue protagoniste, come se ce ne fosse ancora bisogno. 

È una lettura che mi sento di consigliare anche a lettori più maturi, perché l'ho trovata appassionante, ben scritta e avventurosa, ma anche profonda e toccante in più di un passaggio.

Qual è il vostro romanzo preferito dell'autrice?

Un albero cresce a Brooklyn

Pubblicato per la prima volta nel 1947, "Un albero cresce a Brooklyn" di Betty Smith, che ho letto in edizione Neri Pozza, è un romanzo familiare che mi ha scaldato il cuore. 

Nella Brooklyn di inizio Novecento nasce Francie Nolan, figlia di Johnny di origini irlandesi e di Katherine la cui famiglia è emigrata dall'Austria, sorella maggiore di Neeley. I Nolan sono poveri: il denaro non basta mai, Johnny fa il cameriere-cantante ma ha il vizio del bere, anche se resta un padre affettuoso e un marito amato. Kate è una donna che non si arrende, che cresce figli onesti e determinati, a cui legge le opere di Shakespeare e la Bibbia.

C'è molto dolore in questo romanzo, c'è la fame di quando non si ha nulla da portare a tavola, ci sono i bambini nati morti di zia Sissy, c'è una maestra che non comprende il realismo dei temi di Francie, la brutalità di Brooklyn che spazza via i più fragili, come Johnny vittima di se stesso.

Però c'è anche la tenacia, e la speranza: quella di un albero tagliato che rinasce e continua a crescere, quella dei tanti impieghi trovati dopo averne perso uno, l'intensità dell'affetto tra fratelli che include anche una nuova sorellina, i corsi dell'università a cui aspirare. 

C'è l'America del sogno e della rincorsa del successo, ma anche del proibizionismo, della prima guerra mondiale, l'emancipazione delle donne che vanno verso il diritto di voto e che rivendicano il diritto all'amore, al rispetto, al miglioramento economico -in questo senso, la mamma e le sorelle di Kate sono memorabili, e la zia Sissy è stata la mia preferita, nel coronare il suo sogno di maternità in modo tutt'altro che moralista. 

Francie, ma anche Kate, sono donne curiose, intraprendenti e tenaci; sono donne del passato, richiamano l'esperienza autobiografica dell'autrice, ma hanno molto da dire alle ragazze di oggi, che hanno ancora tante buone ragioni per lottare nonostante il tempo trascorso.

Classico della letteratura americana del Novecento, "Un albero cresce a Brooklyn" è senza dubbio uno dei romanzi che più mi hanno emozionata e coinvolta quest'anno; è una lettura perfetta per chi ama i romanzi di formazione, le storie che scaldano il cuore e le famiglie a cui, una volta terminato il romanzo, ci siamo affezionati quasi quanto alla nostra. 

Avete letto questo libro?

giovedì 14 settembre 2023

Vite che non sono la mia

Non ero pronta per leggere "Vite che non sono la mia" di Emmanuel Carrère, autore che mi aveva già colpita e turbata con "La settimana bianca", "L'avversario" e il magnifico "V13", ma che qui ha toccato corde che non mi aspettavo e mi ha lasciata, alla fine, a dir poco esausta. 

Definito il testo più doloroso dello scrittore, lo è senz'altro tra quelli che ho letto fino ad oggi, e ruota attorno a due decessi, entrambi di persone chiamate Juliette: la prima è una bambina figlia di turisti che si trovano in  Sri Lanka all'avvento dello tsunami del 2004 nella stessa località in cui sono Carrère e la compagna, la seconda è la cognata dello scrittore, uccisa a trentatré anni da una malattia.

È la seconda biografia quella che ho trovato devastante: perché ripercorre la vita di Juliette, il suo percorso professionale come giudice d'istanza schierata contro il sovraindebitamento, ma soprattutto il suo tumore, le cure, il rivelarsi vano di quest'ultime: e negli ultimi anni la mia personale esperienza ha toccato così da vicino questo decorso, conclusosi allo stesso modo per la mia migliore amica, che riviverlo è stato quanto di più doloroso avrei potuto trovare tra le pagine. 

Carrère è lucido, come sempre analitico, senza remore nello svelare i meno onorevoli sentimenti umani. Segue le vite dei genitori della piccola Juliette, che misteriosamente trovano la forza di continuare a vivere; racconta lo Sri Lanka devastato dal maremoto nel primo terzo del libro. Poi segue Etienne, collega della Juliette adulta, anche lui sopravvissuto ad un tumore in giovane età e rimasto con una disabilità in seguito ad esso, un professionista instancabile e motivato, un uomo onesto, trasparente anche nel rivelarsi all'autore, nel confessargli particolari di cui non si parla (come la prima notte da solo, in ospedale, a confrontarsi con la realtà della propria malattia). È Etienne ad accendere la miccia per questa scrittura, che mette in discussione l'uomo dietro lo scrittore, i suoi fantasmi nascosti sotto la superficie.

Ripensa a "L'avversario" Carrère tra queste pagine, alla malattia che Jean Claude Romande fingeva e che è la tragica realtà di Juliette; si prende anni di tempo per tornare a questo testo (nel mezzo pubblica "Un romanzo russo", che sarà il mio prossimo recupero) e poi lo dedica alle figlie della cognata, cercando di rendere giustizia alla memoria della madre, di tenerla in vita tra le pagine. 

È un testo intenso, faticoso, in cui si sente il bisogno di prendere fiato, in cui si incontrano esempi di lucente umanità e forza d'animo (i genitori della piccola Delphine e Jerome, Tom che sopravvive all'onda, Patrice il marito di Juliette), ma che non si legge a cuor leggero, che non si legge senza restarne colpiti e affondati. Se non ve la sentite di affrontare l'argomento della malattia scritto nero su bianco, vi consiglio caldamente di rimandare. Io forse avrei dovuto, ma una volta iniziato non sono più riuscita a fermarmi.

Qual è il vostro Carrère preferito?

venerdì 8 settembre 2023

Christine - La macchina infernale

 L'amicizia è uno dei valori che, quando è Stephen King a scrivere, rendono al meglio. Avviene anche in "Christine - la macchina infernale", romanzo del Re pubblicato per la prima volta nel 1982, che ha per protagonisti Arnie e Dennis, amici sin dall'infanzia e allo svolgimento dei fatti all'ultimo anno di liceo.

Arnie è poco attraente, sfigurato dall'acne, da sempre vittima dei bulli della scuola, un po' succube dei genitori tanto fieri di lui; un giorno si imbatte in un'auto degli anni '50, una malmessa Plymouth del '58, e farebbe di tutto pur di comprarla al suo sinistro proprietario, Roland Le Bay. Peccato che l'auto, battezzata da Roland Christine, porti con sé un bagaglio di morte e di violenza che sembrano rimanerle attaccate, insieme alla sorprendente capacità di autorigenerarsi e a quella musica degli anni '50 che esce dalla radio. 

Non avrei mai pensato di appassionarmi ad un romanzo che ruota attorno ad un veicolo, poco interessata ai motori come sono, ma questo è il ben noto talento di King: anche con elementi in apparenza poco accattivanti crea un romanzo avvincente, inquietante, popolato di incubi, dei fantasmi (o degli zombie) delle vittime di Christine che tornano dal passato (prime tra tutte la moglie e la figlia di Roland, che proprio in quella macchina hanno perso la vita).

Più che un romanzo di formazione, "Christine" è una storia di disgregazione: quella di Arnie, che in una spirale discendente viene risucchiato dal sinistro potere della sua automobile, dalla becera cattiveria di Roland, mentre la sua personalità viene soffocata. Dennis e la sua amicizia, che non vengono meno, fanno di tutto per salvarlo, ma Christine spazza via con la violenza tutti coloro che intralciano i passi di Arnie, tutti coloro che cercano di dividerli -fino ad una resa dei conti da cui sarà molto improbabile uscire vincitori [anche se Dennis sopravvivrà, Arnie morirà in un incidente proprio durante lo scontro finale di cui l'amico e l'ex ragazza si sono resi i coraggiosi protagonisti].

"Christine" non è diventato uno dei miei romanzi preferiti dell'autore, ma la voce di Dennis (che narra in prima persona due terzi del libro) è convincente, l'amicizia tra lui e Arnie è sfaccettata, profonda, basata sui ricordi condivisi, in diversi momenti anche commovente. Nonostante tratti un argomento che non mi attirava particolarmente, e sia dominato dal soprannaturale e dall'inspiegabile, "Christine" mi è piaciuto molto e continuo con ancor più convinzione nel mio progetto di lettura in ordine cronologico dei tantissimi romanzi di Stephen King!

Qual è il vostro King preferito?

Mogli e concubine

Nella categoria libri brevi ma folgoranti finisce a pieno titolo "Mogli e concubine" di Su Tong, che io possiedo in edizione Feltrinelli economica ma che trovate ora ristampato da Orientalia.

Titolo di letteratura cinese pubblicato per la prima volta nel 1992, è ambientato prima della rivoluzione culturale nella proprietà del ricco Chen Zuoqian, che ha già tre mogli quando sposa la quarta, Songlian, per cui il matrimonio è l'unica alternativa alla povertà che la aspetta dopo la bancarotta e il suicidio del padre.

Alla ragazza spetta un rango inferiore rispetto alle altre tre mogli, Yuru, Zhuoyun e Meishan, tra le quali serpeggiano invidie e gelosie che portano a sgarbi e imbrogli di varia portata. Songlian, sebbene dapprima sembri forte e determinata, viene via via sempre più influenzata dalla negatività dell'ambiente familiare e dall'inquietante presenza del pozzo nel giardino, nel quale si vocifera che siano già annegate due donne in passato, colpevoli d'adulterio.

Sebbene brevissimo, questo romanzo è ricco di descrizioni che aiutano il lettore a sentirsi presente alle scene. La scrittura è così vivida ed evocativa che sembra davvero di assistere ad una rappresentazione (ne è stato poi tratto anche un film, "Lanterne rosse"), e gli inquietanti incubi e presagi di Songlian suggestionano e appassionano, rendendo impossibile posare il libro fino alla sua conclusione.

Se siete alla ricerca di una lettura che vi faccia compagnia per un pomeriggio e che vi lasci tutt'altro che delusi quando l'avrete terminata, questo romanzo fa proprio al caso vostro!

Quali titoli di letteratura cinese vi sono piaciuti?

giovedì 7 settembre 2023

I fantasmi di Parigi

"I fantasmi di Parigi" di Sebastian Faulks, pubblicato da Neri Pozza, è il romanzo che avrei voluto leggere durante il mio viaggio nella capitale francese quest'estate. In realtà sono stata così impegnata a scoprire e godermi l'esperienza che a parte la mia fida Lonely Planet e il volume "Parigi" della collana "The Passenger" pubblicata da Iperborea non ho trovato il tempo di dedicarmi ad altre letture, ma l'ho letto appena tornata.

I protagonisti di questa storia sono Hannah, una ricercatrice americana che si dedica alle vite delle donne francesi durante la seconda guerra mondiale, e Tariq, un diciannovenne che dal Marocco si reca a Parigi cercando di scoprire qualcosa di più su sua madre, cittadina francese mancata quando lui era solo un bambino. Tariq non ha un posto dove stare a Parigi, e i suoi passi incrociano quelli di Hannah che lo accetta come coinquilino.

Ad essere sincera dallo sviluppo di queste due linee narrative mi sarei aspettata di più, e invece si rivelano un po' un fuoco di paglia: di Hannah seguiamo più che altro il tira-e-molla amoroso con il docente Julian, Tariq non scoprirà un bel nulla su sua madre ma tornerà (pur senza aver mai avuto un documento in regola) con un aereo da dove è partito.

Gli aspetti interessanti di questo romanzo sono due: il primo è che se siete stati di recente a Parigi e avete viaggiato sui metrò vi godrete un viaggio attraverso i capitoli che prendono il nome delle sue fermate, e vi immergerete davvero tra le strade, le piazze e i parchi della città. 

Il secondo sono i "fantasmi" del titolo, che intrecciano al presente di Tariq e Hannah le loro memorie, in degli incontri che potremmo definire di realismo magico. C'è Victor Hugo che rappresenta "I miserabili" con le marionette sui treni della metropolitana, ci sono i fantasmi delle donne degli anni '40, le loro voci di collaborazioniste o partigiane o semplici cittadine che cercavano di sopravvivere nei nastri ascoltati da Hannah. C'è il volto di Tariq adulto in uno specchio, e il suo incontro con chi gli aprirà gli occhi sulla deportazione degli ebrei, la reclusione al Velodromo d'Inverno, la strage degli algerini a Parigi ad opera di Papon, la persecuzione degli harki in Algeria. C'è la Storia in questo libro, sembra fare capolino per caso tra le pagine, e l'ho trovato un espediente narrativo molto interessante. 

Nel complesso non è un romanzo eccezionale, ma mi sento di consigliarvene la lettura se avete voglia di immergervi in un viaggio a Parigi, anche solo con la fantasia!

Qual è l'ultimo romanzo ambientato in una capitale che avete letto?