venerdì 25 novembre 2022

Furore

Sarà difficilissimo trovare le parole per scrivere di "Furore" di John Steinbeck, pubblicato per la prima volta nel 1939 e vincitore del Premio Pulitzer un anno più tardi. Il titolo originale, "The Grapes of Wrath", è preso da un inno che a sua volta si ispira ad un passo della Bibbia: "e gettò l'uva nel grande tino dell'ira". 


Titolo: Furore
Autore: John Steinbeck
Anno della prima edizione: 1939
Titolo originale: The Grapes of Wrath
Casa editrice: Bompiani
Traduttore: Sergio Claudio Perroni
Pagine: 633


L'ira è quella dei braccianti agricoli che, come la famiglia Joad protagonista del romanzo, lasciano gli Stati Uniti dell'Est (nello specifico l'Oklahoma) dove la mezzadria non trova più spazio, e si mettono in viaggio con il poco che hanno verso la terra promessa della California dove sperano di trovare lavoro in abbondanza. Qui si scontreranno con proprietari terrieri che preferiscono far marcire la frutta piuttosto che offrire un salario dignitoso agli "okie" che tanto disprezzano.

Steinbeck scrive un romanzo che parla la lingua degli umili ma anche dell'orgoglio: i Joad non perdono mai la loro dignità, e insieme a Tom (che è uscito dal carcere da poco, dopo aver ucciso un uomo in una rissa, ma è integerrimo e memorabile), a Mà che è una donna forte, capace di spingere la famiglia a non arrendersi, scoprono che gli esseri umani sono più forti quando si uniscono, che la forza sta nell'essere insieme -come famiglia e come comunità.

Steinbeck scrive capitoli in cui seguiamo i Joad, ci affezioniamo a Pà che si strugge per la sua fattoria perduta, a Rosasharn stanca per la gravidanza, ad Al che trova una ragazza in ogni dove; a Tom e al suo profondo senso di giustizia. Ad essi si alternano capitoli che descrivono il grande esodo diretto ad ovest, che danno voce all'America degli anni '30, di impronta meno narrativa e più sociologica, perfetti per farci rivivere un'epoca e ribadire il fondamentale valore dell'unione e della lotta.
Al tempo stesso è un romanzo che parla dell'oggi, dei migranti del presente, e delle reazioni di risentimento e di paura che suscitano ingiustamente nei più privilegiati.

In questo senso quello di Steinbeck è un romanzo politico nel senso più autentico, e negli anni '40 è stato per questo accusato di simpatie comuniste e duramente censurato. Per fortuna Bompiani ci permette oggi di accedere a questa traduzione integrale, che potrebbe sembrarvi voluminosa: ma vi garantisco che ne berrete pagina dopo pagina, e vi lascerà un senso di speranza nonostante la durezza del suo contenuto, e di fiducia nell'essere umano. Io l'ho amato tantissimo, non posso che consigliarvelo di cuore!

Qual è il vostro Steinbeck preferito?

Nessun commento:

Posta un commento