lunedì 12 novembre 2018

Famiglie ombra

Che io mi sia innamorata della casa editrice Racconti Edizioni non è più un mistero, e che mi stia procurando grazie al sistema bibliotecario quante più delle loro pubblicazioni possibile nemmeno. Ho già letto ed apprezzato molto "Dal tuo terrazzo si vede casa mia", mentre Margaret Atwood con "Fantasie di stupro" mi ha lasciata spesso perplessa. Questa però, a tutt'oggi, è decisamente la lettura che mi ha soddisfatta di più.

 
 
 Titolo: Famiglie ombra
Autrice: Mia Alvar
Anno della prima edizione: 2015
Titolo originale: In the Country
Casa editrice: Racconti edizioni
Traduttrice: Gioia Guerzoni
Pagine: 453

 
 
Mia Alvar è un'autrice filippina che è crescita in Bahrein ed oggi risiede negli Stati Uniti. Tutte e tre le appartenenze culturali e territoriali si riversano in questa raccolta di racconti, che della scrittrice è l'opera d'esordio -assolutamente degna di nota.
Le ambientazioni dei racconti in "Famiglie ombra" infatti si suddividono proprio tra Filippine, Bahrein, Arabia Saudita e Stati Uniti. I protagonisti sono sempre filippini, emigrati quando non in patria, rappresentati nella loro eterogeneità: ricchi o in difficoltà economica, sani oppure malati o disabili, impegnati in svariati mestieri dalla domestica sino al politico.
Nelle Filippine sono ambientati cinque dei nove racconti: in "Kontrabida" il protagonista è un figlio emigrato a New York che ritorna a Manila al capezzale del padre in fin di vita, ne "La leggenda della dama bianca" una modella newyorkese che ha di recente perso l'amica di origini filippine a recarsi a Manila alla ricerca di un lavoro o di una direzione che ha smarrito. Sempre vissuto nelle Filippine hanno invece i protagonisti di "La vergine di Monte Ramon" (un ragazzino disabile che scopre l'amicizia incontrando Annelise, coraggiosa coetanea che vive nelle baraccopoli), di "Un contratto all'estero" (una giovane studentessa che rende il proprio fratello, expat lavoratore in Arabia Saudita, il protagonista dei propri racconti) e "Milagros" -il più lungo dei racconti, dove la protagonista, moglie di un giornalista scomodo per il regime di Marcos, è costretta a pagare le conseguenze delle scelte fatte dal marito.
Ma Milagros non aveva mai voluto lasciare Manila. Fin da ragazzina voleva vivere in quella città, anche se era squattrinata. Con la stessa caparbietà aveva affrontato con successo la matematica al liceo e la chimica all’università: pensava che avrebbe potuto fare breccia su Manila, che se ci avesse lavorato abbastanza, la città l’avrebbe premiata. (dal racconto "Milagros")
Le Filippine e la loro storia sono il cardine attorno al quale ruotano i racconti di Mia Alvar: vi troviamo la legge marziale, l'omicidio di Aquino, le rivolte e le contestazioni dei risultati elettorali. Vi troviamo la resistenza di chi resta, la passione per la politica di cui si nutrono i personaggi; e vi troviamo, soprattutto, Corazon Aquino, magistralmente narrata ne "La vecchia ragazza".
Pensa che la maratona è come il matrimonio: il percorso lungo, i momenti belli e quelli brutti, le prove di resistenza e di fiducia, il territorio inesplorato, l’umiltà necessaria a orientarsi. Perfino affrontarlo a occhi bene aperti, (e chi di tutte le donne che conosce, è più pragmatica della vecchia ragazza?) non garantiva nulla, solo ferite imprevedibili, buche e ostacoli e ore buie che nessuna persona sana di mente avrebbe scelto volontariamente. (dal racconto "La vecchia ragazza")
 
L'emigrazione e le sue conseguenze sono l'altro tema centrale, narrate con maestria nei racconti di Mia Alvar, in un modo ricco di sfaccettature che ho trovato uno dei punti di forza della raccolta. Due sono le destinazioni verso le quali gli emigrati filippini si spostano: gli Stati Uniti e i ricchi paesi del golfo arabo. In particolare a New York sono emigrati il protagonista di "Kontrabida" che esercita la professione di farmacista clinico ed Esmeralda, protagonista del racconto omonimo, che invece si occupa di pulizie negli uffici del World Trade Center -ed in essi scopre l'amore.
John ti aveva guardata come faceva Doris quando ti chiedeva se non eri stanca di aiutare tutte quelle persone. Non ti sembra insopportabile tenere tutto il peso del mondo sulle spalle, Esmeralda? Avevi scrollato la testa. “Non avere nessuno che conta su di te è peggio, penso.” Certo, a volte era pesante. Ma ogni settimana, di domenica, andavi a casa, all’unica Casa e all’unico Padre che non erano mai troppo lontani. Ogni giorno il Suo Libro ti ricordava -un capitolo dopo l’altro, un versetto dopo l’altro- la gioia di serviere, di portare il fardello degli altri. Quei fardelli non erano più pesanti di una corona di spine, no? E nemmeno di una croce. (dal racconto “Esmeralda”)
 
In Bahrein è emigrata Sally, protagonista del racconto "La donna dei miracoli", che è un'educatrice per bambini con bisogni speciali e una cosiddetta "moglie del petrolio", che vive quindi in condizioni di agiatezza. Sempre in Bahrein troviamo i protagonisti del racconto che dà il titolo alla raccolta, "Famiglie ombra": una comunità di famiglie filippine espatriate che si impegna a soddisfare i datori di lavoro arabi e che cresce insieme i propri figli, organizza matrimoni e viene sconvolta dall'arrivo di Baby, connazionale anticonformista. È in questo racconto che scopriamo l'accezione con cui in questo testo è utilizzata la parola "ombra": è una famiglia ombra infatti quella che un emigrato forma all'estero, parallelamente a quella lasciata nella propria patria, finendo così per intrecciare legami nuovi e segreti -ed i segreti sono un altro tema molto importante nella raccolta di racconti, a partire dai due in apertura, "Kontrabida" e "La donna dei miracoli".
Eravamo arrivati sulla loro isola come il padre itinerante nella favola della bella e la bestia, le nostre case perfettamente arredate da qualche invisibile proprietario. Si sarebbe rivelato un principe o un mostro? Decidemmo in fretta di comportarci bene piuttosto che scoprirlo. Nei loro negozi e in strada, portavamo gonne che arrivavano almeno al ginocchio, maniche almeno fino al gomito e scollature che sarebbero piaciute alle suore. Vivevamo come contadini ai piedi di un vulcano, timorosi di offendere gli dei che governavano i nostri raccolti e la nostra ricchezza. (dal racconto  “Famiglie ombra”)
In Arabia Saudita invece è emigrato Andoy, l'amato fratello della protagonista del racconto "Un contratto all'estero": sembra avere trovato là la terra promessa, un generoso stipendio ed un incarico soddisfacente, ma il suo amore per le donne gli metterà i bastoni tra le ruote. Confesso che, complice la caratterizzazione di Andoy attraverso i racconti che la sorella scrive scoprendo il proprio talento e il proprio amore per la parola scritta, "Un contratto all'estero" è stato uno dei due racconti che mi hanno colpita di più.
La fortuna di mio fratello non era sufficiente per un buon racconto. Dov’era il conflitto? Il pericolo? In una storia ci devono essere dei guai altrimenti è una semplice descrizione, scrisse il mio professore al margine di una prova, sottolineando due volte “guai”. […]Ci provai. Scrissi cosa poteva succedere al mio chaffeur se dei vandali rigavano una Bentley, o rubavano lo stereo mentre era sotto la sua sorveglianza. O se per sbaglio i suoi amici rovinavano la vernice dorata o macchiavano la pelle di anaconda dei sedili versando un po’ di quel siddique che compravano al mercato nero. Situazioni imbarazzanti, ma che mi diedero un po’ di fiducia nella mia immaginazione. Cominciai a capire che Andoy poteva continuare ad avere fortuna nella vita mentre io vivacizzavo i miei racconti con sciagure inventate. Smisi di cercare pericoli nascosti nelle sue lettere e nelle cassette che mandava a casa.
Così quando i guai ebbero inizio, non me ne accorsi. (dal racconto  “Un contratto all’estero”)
 Uno dei due, scrivevo, perché l'altro racconto che mi ha colpita dritta al cuore è stato "Esmeralda": in questa storia come in tutte le altre la solitudine ha un ruolo prepotente, di primo piano, ma vi è anche un sentimento potente e profondo al quale la protagonista non può opporsi, nonostante diverse siano le sue ragioni per farlo.
Prima di John -ed è una cosa terribile da dire; non l’avresti mai detto, ma… - le vite degli americani con i soldi non ti parevano molto interessanti. Anche quelli che avevano delle difficoltà, le loro difficoltà non sembravano poi così terribili. Chiedevi: “Come stai?” e loro sospiravano, e si agitavano raccontandoti una storia lacrimevole; quanto sgobbavano, chi li criticava, tutte le cose che avrebbero voluto e non erano ancora riusciti a ottenere. Prova la fame. Prova a perdere la casa, diceva una voce dentro di te, una voce che ovviamente non ti sarebbe mai uscita di bocca.  Ma i guai di John, quelli ti avevano toccato. (dal racconto "Esmeralda")
Mia Alvar scava in profondità, scrive di sentimenti in modo appassionante, costruisce personaggi caratterizzati in modo preciso nonostante la brevità delle sue storie. Inoltre -e soprattutto- con i suoi racconti ha il grande potere di decostruire gli stereotipi che all'estero si hanno della comunità filippina -silenziosa, remissiva, quasi invisibile- presentando identità forti, personalità decise, donne indipendenti e coraggiose.
Ho trovato questa pubblicazione coinvolgente dalla prima all'ultima pagina, dal primo al nono racconto: raro che in una raccolta si rimanga soddisfatti da tutto ciò che si è letto, personalmente non mi era mai capitato fino a questo fortunatissimo incontro -che quindi non posso fare altro che consigliarvi di tutto cuore.  
 

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