venerdì 21 luglio 2017

Il mio nome non è Wendy

Una frase di questo libro mi ha colpita come un pugno dritto nello stomaco mentre lo leggevo: "Se però al mio paese si viene a sapere che una donna sta in Italia, si pensa subito che lavora come prostituta. Per questo non ho mai detto a nessuno che sono in Italia, tutti sanno solo che sono in Europa".
D'un tratto ho avuto davanti agli occhi le tante ragazze dalla pelle scurissima a cui passo davanti quando guido la sera tardi lungo una rotonda poco distante da casa, con i loro abiti succinti anche quando il clima è impietoso. Mi sono chiesta se anche loro abbiano raccontato ai conoscenti di essere in Europa, ma senza nominare l'Italia, per non far loro sospettare nulla.
 



Titolo: Il mio nome non è Wendy
Autrice: Wendy Uba con Paola Monzini
Anno della prima edizione: 2007
Casa editrice: Laterza
Pagine: 189
 




La protagonista di questa storia è una giovane donna del gruppo etnico degli Igbo, originaria di un piccolo villaggio della Nigeria, Omokobe. Il suo nome non ci viene riferito, ma la sua vita ci viene narrata in prima persona ed ha inizio proprio dalla sua infanzia in Nigeria. Ripercorre le tappe più importanti della sua vita: la morte della madre, il travagliato rapporto con la nuova moglie del padre che la spinge ad allontanarsi da casa più di una volta, l'ultima delle quali per trasferirsi a Lagos presso una delle sue sorelle.
 
Qui conosce un uomo che la vorrebbe in sposa una volta terminati gli studi, come sua seconda moglie (la pratica della poligamia è diffusa in Nigeria presso uomini di ogni religione, ed i culti monoteisti sono comunque piuttosto mischiati a tradizioni animiste e voodoo). Le viene offerta però anche la possibilità di trasferirsi in Europa, e le pare così allettante da non poter assolutamente rifiutare: le viene infatti prospettata come una vera e propria passeggiata, sarà facile, le dicono, trovare un lavoro, ripagare il debito contratto per compiere il viaggio, mantenersi agli studi.

La sua destinazione è l'Italia, dove si ambienta una nuova parte della storia. Dopo un volo aereo che la entusiasma, carica di speranze e aspettative, la nostra protagonista si scontra con la realtà di una grande città, Milano. Sono gli anni Novanta e la tratta è già avviata: dalla Nigeria sulle strade della metropoli (e di certo non solo di quella) finiscono ragazze giovanissime, neanche maggiorenni come lei, costrette dal debito che dovranno rimborsare lira dopo lira fino all'ultimo milione.



Abbiamo per le mani una storia vera, una testimonianza interessante, seppure scritta in modo estremamente semplice (elemento perdonabile, dal momento che si tratta di un'autobiografia di una ragazza molto giovane che non ha alcuna aspirazione a diventare una scrittrice).
Le vicissitudini che questa coraggiosa protagonista ci racconta, dalle sue esperienze come prostituta fino all'aggressione che ha subito e che l'ha spinta una volta per tutte a ribellarsi senza tornare indietro, ci regalano uno sguardo all'interno di un mondo criminale di sfruttamento e soprusi, di superstizioni e minacce, che liquidiamo con uno sguardo altrove ogni notte che ci troviamo a guidare lungo strade dove ragazze dalla pelle nera sono ancora oggi obbligate a vendersi per pochi euro. Parte del paesaggio, come le definisce la postfazione.

Libri come questo non sono molto noti, occupano angolini delle librerie, spesso i magazzini delle biblioteche, li troviamo tra i remainders sui siti web. Spesso non riusciamo a scoprirli e non ne sentiremo mai parlare.
Neanche degnare di attenzione coloro che si trovano ai margini è qualcosa che facciamo spesso, eppure sarebbe prezioso dar loro una voce per combattere le gabbie di pregiudizi in cui siamo imprigionati, scoprire le persone dietro il trucco pesante e le minigonne, i loro sogni e chi sono davvero.
Grazie a questo piccolo libro, almeno una di quelle ragazze ha una voce e ci racconta una storia che purtroppo è la storia di molte.

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