martedì 8 agosto 2017

Non ti faccio niente

Paola Barbato è una sceneggiatrice di Dylan Dog, fumetto che ho collezionato per anni, dal primo numero al trecentesimo. Che fosse quindi un'esperta di incubi e paure già lo sapevo, ma ciò nonostante la lettura di "Non ti faccio niente" è riuscita comunque a sorprendermi ed ora ritengo che sia anche un'ottima scrittrice.



Titolo: Non ti faccio niente
Autrice: Paola Barbato
Anno della prima edizione: 2017
Casa editrice: Piemme
Pagine: 420





In questa storia c'è un "cattivo" che la polizia ha cercato per anni. Vincenzo nella sua vita ha rapito 32 bambini, al ritmo di un paio all'anno: bambini trascurati, quando non abusati. Dietro di sé, lasciava una paperella gialla di gomma, al posto di quei bambini che avrebbe di lì a poco restituito alla famiglia, dopo aver loro regalato pochi giorni di spensieratezza, giochi, dolci, regali, nella speranza che una volta riportati a casa fossero più amati, ricevessero più attenzioni; nella speranza, insomma, di salvarli.
Vincenzo a sua volta era stato un bambino trascurato, e sulla sua strada c'era stato un vero orco, di cui nessuno si era mai accorto, da cui nessuno lo aveva mai salvato.
Il cattivo di questa storia non è poi così cattivo.
Trent'anni dopo, quei bambini sono diventati adulti. Molti di loro sono davvero stati salvati, molti di loro hanno avuto a loro volta dei figli, ma non sono ancora al sicuro: un nuovo "cattivo", che questa volta è veramente cattivo, rapisce i loro bambini, uno a uno, con l'unico scopo non di salvarli, ma di ucciderli. Dietro di sé lascia, come Vincenzo, una paperella gialla di gomma.
Quando Vincenzo, ormai adulto, si accorge dalle notizie sui media del collegamento tra i nuovi casi ed i suoi bambini, che ancora ricorda in ogni particolare e con grandissimo affetto, viene assalito dal senso di colpa. Decide allora, con la complicità della sua compagna Nives, di avvertirli tutti, i suoi bambini diventati adulti, ti metterli in guardia, di salvarli di nuovo. Mentre si mette sulle loro tracce però, anche alcuni di quei bambini salvati (quelli senza figli: che si sentono al sicuro) si riuniscono, guidati da Giacomo, che oltre all'intenzione di salvare i bambini degli altri ha anche quella di ritrovare Vincenzo -e forse vendicarsi, o forse no.
In realtà quando Giacomo, Daniele, Michela e Bianca (loro i protagonisti dell'avventura parallela a quella di Vincenzo e Nives) ritrovano quell'uomo che trent'anni prima li aveva allontanati dalle loro famiglie quello che provano è un profondo affetto che si risveglia dopo decenni di lontananza, un sentimento che li commuove e li fa sentire fratelli tra loro. Purtroppo nessuno è al sicuro, sulle tracce di un assassino, e la morte in questo romanzo non colpisce soltanto i bambini.


Che Paola Barbato sia bravissima nel descrivere le paure l'ho già detto all'inizio di questa recensione. Il suo stile è asciutto, coinvolgente, vi ho ritrovato delle influenze evidenti della penna di Stephen King (quelle taglienti frasi in corsivo, alla fine dei paragrafi).
In questo romanzo mescola il bianco e il nero fino a spingere il lettore a chiedersi: è davvero così semplice dividere il mondo in "buoni" e "cattivi"? Certi colpevoli non potrebbero invece essere dei veri innocenti?
Paola Barbato inoltre è madre di tre figlie: questo particolare (raccontato in modo dolcissimo sulla pagina Facebook del suo compagno, Matteo Bussola, e nel libro che lui ha scritto dove numerose sono le osservazioni sulla propria paternità, "Notti in bianco, baci a colazione") traspare a mio parere nella grandissima capacità di materializzare le paure peggiori di ogni genitore amorevole. Non traspare però soltanto negli incubi, ma anche nella profonda conoscenza delle dinamiche tra le bambine, nella comprensione che dimostra del loro mondo interiore quando lo racconta -aggiungendo un valore in più a questo riuscitissimo romanzo.
Un altro aspetto che ho particolarmente apprezzato è la maestria nel costruire un personaggio femminile memorabile, seppure non protagonista, anzi proprio la spalla di quello che potremmo considerare il protagonista: mi riferisco a Nives, la compagna di Vincenzo, che da anni rimane accanto alla vita solitaria di quell'uomo così fragile, così emotivo, amante dei gatti e di ogni piccola vita indifesa. Nives che è il suo opposto e proprio per questo i due sono una coppia così forte, lei che ne prevede ogni mossa, che ne conosce ed anticipa ogni gesto, perché il loro amore si basa sulla solidità di lei, sul suo carattere che nulla teme, tranne perderlo: perché solo quello metterebbe fine al suo mondo.
Se vi raccontassi qualcosa del finale, vi rovinerei senza alcun dubbio la lettura, perciò mi asterrò dal fornire dettagli che potrebbero facilmente tramutarsi in spoiler. Tuttavia ritengo importante sottolineare come questo si sia rivelato, negli ultimi capitoli, un romanzo sul senso di colpa, non soltanto quello di Vincenzo, al quale però ci ritroviamo all'ultima pagina ad imputare un'unica colpa: quella di non averli, davvero, salvati tutti. Non aspettatevi però una conclusione che vi lasci l'amaro sul palato, perché Paola Barbato sa regalare anche al termine di un thriller così tormentato, un balsamo benefico sulle ferite che ci riconcilia col mondo.
Chiedo venia, se avessi rivelato involontariamente troppo: ma con una maggiore sintesi avrei sentito di non aver reso giustizia a questa lettura, che ho amato molto e che mi ha tolto il sonno per due sere consecutive.

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