Un ritorno ad Holt, immediato, necessario, non appena conclusa quella meraviglia che è "Canto della pianura" (di cui vi ho parlato qui poco tempo fa). In ordine cronologico infatti "Crepuscolo" costituisce il secondo volume della Trilogia della pianura, ambientata in una cittadina del Colorado creata appositamente da Haruf.
Titolo: Crepuscolo
Autore: Kent Haruf
Anno della prima edizione: 2004
Titolo originale: Eventide
Casa editrice: NN Editore
Pagine: 320
Difficile replicare un'opera tanto riuscita quanto la precedente, pensavo non appena chiuso il primo volume. Eppure sentivo già il richiamo, potentissimo, della quiete di Holt, della fattoria dei fratelli McPheron, delle atmosfere capaci di riconciliarmi col mondo che avevo scoperto in quelle poche centinaia di pagine.
Una parte delle storie di "Canto della pianura" prosegue in "Crepuscolo": Victoria, ad esempio, ha una bimba ormai di due anni ed è molto lontana dall'adolescente smarrita e fragilissima che avevamo conosciuto; ora studia all'università e si affaccia al proprio futuro con cautela e tenacia. Ci sono anche Ike e Bobby, nonostante rivestano un ruolo decisamente marginale; e ci sono i fratelli McPheron che mi avevano completamente conquistata.
A loro si aggiungono nuovi personaggi: Richie e May Rae, i figli dei Wallace, costretti a vivere in una roulotte in balia di genitori inadeguati e uno zio violento; DJ che appena bambino si occupa da solo dell'anziano nonno, unico parente ancora in vita che gli rimane; Dena, che con DJ passa i pomeriggi, cercando di dimenticare sua madre che, lasciata dal marito, abusa di alcol e sigarette e non riesce ad alzarsi dal letto.
"You haven't seen a sunset, until you've seen a Colorado sunset"
(foto dal web)
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Il dolore irrompe ad Holt più di quanto non avesse fatto nel primo capitolo della Trilogia; evitando spoiler che vi rovinerebbero la lettura, alcune pagine riservano un destino davvero infausto ai protagonisti, e ci lasciano attoniti, ammutoliti per il dispiacere. C'è comunque anche spazio per i nuovi inizi, per gli amori inaspettati, ormai insperati, spazio per le rinascite. Alla fattoria McPheron c'è ancora posto per i randagi, per le anime fragili e sole come quella di DJ, che la notte cammina per la città quando non riesce a dormire.
La narrazione di Haruf è impeccabile e coinvolgente, i suoi personaggi sono delicati, impossibile non provare empatia nei loro confronti, specialmente per l'innocenza di quelle due anime pure che sono Raymond e DJ nelle loro differenze e somiglianze. Come in "Canto della pianura" avevo riscontrato un parallelismo tra le esistenze dei fratelli McPheron e quelle dei figli di Guthrie, questa volta sono l'anziano Raymond ed il piccolo DJ ad essere uno lo specchio dell'altro. Il mondo di Holt è ancora una volta un piccolo universo, anche se questa volta pervaso da un po' meno ottimismo, un po' meno serenità; c'è più spazio per le lacrime, per quelle di dolore oltre che di commozione, ma siamo davanti ad un'opera di pari intensità e valore.
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