La biblioteca è per me un gigantesco baule dei tesori: il mio antidoto alle giornate no, alle mattine in cui ti svegli col piede sbagliato. Mi basta una mezz'ora di tregua tra un impegno e l'altro per immergermi in un universo di scaffali, espositori, novità e copertine che mi attirano come calamite, in una delle diverse biblioteche della città delle quali sono utente (una non mi sembrava sufficiente!).
Una delle scoperte più sorprendenti dell'ultimo periodo è stata proprio "Una stella tranquilla".
Titolo: Una stella tranquilla - ritratto sentimentale di Primo Levi
Autore: Pietro Scarnera
Anno della prima edizione: 2013
Casa editrice: comma22
Pagine: 239
Attraverso un romanzo grafico, l'autore descrive con parole ed immagini la persona di Primo Levi e la sua storia: descrive Levi narratore, colui che scriveva già prima dell'esperienza della deportazione e del Lager, Levi testimone dell'Olocausto attraverso le proprie poesie ed i propri libri, Levi chimico in fabbrica e Levi marito e padre.
Pietro Scarnera ripercorre i passi stessi di Levi a Torino, città in cui sono nati entrambi; cerca la casa nella quale ha abitato, le fabbriche nelle quali ha lavorato e che ora non esistono più. Riporta le memorie legate ad Auschwitz, ma anche la complessa storia editoriale del suo primo libro, "Se questo è un uomo", dapprima rifiutato nel 1947 da Natalia Ginzburg e Cesare Pavese ad Einaudi e pubblicato dalle edizioni De Silva, poi ripubblicato dalla stessa Einaudi nel 1958.
Mentre la produzione letteraria di Levi progrediva, arricchendosi di generi diversi, anche la sua carriera lo faceva e lo riportò anche in Germania -dove intanto "Se questo è un uomo" era stato tradotto in tedesco, trasformandosi nel mezzo di accusa che l'autore desiderava.
Il libro lo avevo scritto sì in italiano, per gli italiani, per i figli, per chi non era ancora nato, ma i suoi destinatari veri, quelli contro cui il libro si puntava come un'arma erano loro, i tedeschi. Ora l'arma era carica.
Scarnera ci racconta l'amicizia con Italo Calvino, il successo editoriale de "La tregua", i racconti di fabbrica che Levi temeva di non saper scrivere, il viaggio di lavoro in Unione Sovietica dove gli operai piemontesi emigrati ispirano il protagonista de "La chiave a stella"; ci mostra le due anime dell'uomo, scrittore e chimico, in bilico tra due mondi che si sforza costantemente di conciliare.
C'è spazio poi nel terzo capitolo per gli ultimi anni di vita di Levi, che si dedica completamente alla scrittura (anche in qualità di giornalista per La Stampa). Traduce inoltre "Il processo" di Kafka, libro che gli causerà una profonda depressione, per la prima volta confessata: Levi riconosce pubblicamente la propria fragilità, la disillusione che sente nei confronti dello stesso genere umano nel comprendere che dopo i Lager non è sorto alcun mondo migliore.
Il mio lieto fine personale, il fatto di essere riuscito a sopravvivere al lager, mi ha reso stupidamente ottimista. Sembrava assurdo pensare che dal fondo, dalla fossa, dal Lager non dovesse nascere un mondo migliore. Oggi non sono più ottimista. Penso che dal Lager non possa nascere che il Lager.
Della morte di Primo Levi si parla molto, è uno degli aspetti più noti, nonostante non vi siano state esplicite spiegazioni del gesto e l'evento stesso fu avvolto dal mistero e dall'incredulità, tanto contrastava con l'immagine pubblica curiosa e sorridente dell'autore.
Un'autobiografia composta da illustrazioni e testi brevi è un tipo di opera che non avevo mai incontrato e che mi ha convinta moltissimo. In parte perché mi ha fatto scoprire alcuni aspetti della vita di Primo Levi che non conoscevo (specialmente riguardo la sua carriera di chimico, ma anche la traduzione del testo di Kafka), ma soprattutto perché sa essere chiara e poetica allo stesso tempo. In queste pagine i disegni e le parole di Scarnera, che riscopre una Torino anche sua dove le tracce del passaggio di Levi sono in realtà molto sbiadite, rendono in modo vivido la figura di quest'uomo valorizzandone il viaggio di scrittore più dell'esperienza di sopravvissuto, cosa che spesso si tende a non fare e che mi ha colpita. Scarnera rispetta il confine tra figura pubblica e privata, e lo rappresenta anche attraverso l'immagine di una maschera in rame a forma di testa di gufo che lo stesso autore aveva realizzato (visibile sulla copertina); questo evita al libro qualunque tipo di voyeurismo o invadenza, aspetto molto positivo.
Un altro indiscutibile pregio di un'opera di questo genere è che instilla nel lettore la stessa curiosità che caratterizzava Levi per primo, e fa nascere in desiderio di approfondirne le opere in poesia ed in prosa. Letture che forniscono spunti per altre letture, e che riescono ad insegnarci pagine di storia senza risultare mai didascaliche, sono per me sempre un'ottima scoperta.
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