mercoledì 3 febbraio 2021

Amsterdam

Prima o poi anche un romanzo di McEwan doveva rivelarsi una delusione! Dopo averne apprezzati quasi una decina, ho letto questo titolo forse al momento sbagliato, senza averne davvero voglia, e questo ha pregiudicato la mia opinione in proposito.


Titolo: Amsterdam
Autore: Ian McEwan
Anno della prima edizione: 1998
Casa editrice: Einaudi
Traduttrice: Susanna Basso
Pagine: 181



LA STORIA

Vernon e Clive sono due amici di lunga data. Si frequentano sin da quando erano giovani, nonostante abbiano poi seguito carriere completamente diverse: Clive è un compositore affermato, Vernon invece un giornalista. In comune hanno anche l’amicizia con Molly, una donna coraggiosa e fuori dagli schemi, che viene purtroppo a mancare proprio nel giorno in cui questo romanzo ha inizio.

COSA NE PENSO

"Amsterdam" comincia come una storia d’amicizia. Seguiamo le vite dei due protagonisti, uomini inglesi di successo di mezza età, che compiangono la scomparsa dell’amica e con essa probabilmente la fine della parte più spensierata delle loro vite. In qualche modo la morte di Molly è la fine della giovinezza, o della stessa vitalità: i due infatti si promettono a vicenda che qualora capitasse loro ciò che è capitato a Molly (ovvero una lunga malattia che li rendesse incapaci di porre fine alle proprie vite) si aiuterebbero l’un l’altro a mettere fine alle reciproche sofferenze. 

Sappiamo così poco gli uni degli altri. Viviamo la nostra esistenza semisommersi, come masse di ghiaccio fluttuante, e spingiamo a galla soltanto la parte di noi presentabile, quella più bianca e compatta. Ed ecco qui invece una rara immagine scattata sotto il pelo dell’acqua, il ritratto del tormento intimo di un uomo, della sua dignità rovesciata dallo schiacciante bisogno di pura immaginazione, puro pensiero, dall’irriducibile forza umana per eccellenza: la mente.

Questa promessa sembra essere sofferta in una forte amicizia come quella tra Clive e Vernon; tuttavia in questo romanzo l’amicizia viene sezionata, fatta a pezzi dai fatti della vita, dalle scelte compiute spesso per vigliaccheria e per egoismo dai due protagonisti. Non esce certo il ritratto di due personaggi integerrimi, per i quali è facile provare empatia: anzi sin dall’inizio ho provato un forte fastidio per i due uomini, una totale distanza nei loro confronti, un disinteresse verso i loro destini, ma la maestria con la quale McEwan ne racconta le vicende è riuscita comunque a tenermi attaccata alle pagine. 

Il ritmo dalla metà del romanzo in poi si fa più incalzante, ed è chiaro che i protagonisti si trovano su un piano inclinato che non li porterà a nulla di buono. Il finale ricorda dei classici di McEwan come "Cortesie per gli ospiti" o la rivelazione contenuta in "Espiazione" ed è folgorante, inaspettato, beffardo nei confronti dei suoi stessi personaggi verso i quali l’autore non prova alcuna pietà.

All'inizio della settimana, quando Vernon lo aveva chiamato per scusarsi di avergli mandato la polizia, - sono stato un idiota, troppo lavoro, una settimana da incubo, e così via - ma soprattutto quando gli aveva proposto di raggiungerlo ad Amsterdam per una riconciliazione ufficiale, Clive era riuscito a mantenersi accettabilmente cortese, ma aveva le mani che gli tremavano dopo aver messo giù la cornetta.

Degno di nota è il titolo: "Amsterdam" è la città nella quale solo parte della conclusione è ambientata, ed il titolo ne sottolinea l’importanza. Amsterdam è descritta tra queste pagine come una città ordinata, piacevole, una città dove le esistenze di Clive e Vernon ed il rapporto tra i due arrivano al proprio culmine. Aspettiamo a lungo Amsterdam tra queste pagine e sembra non arrivare mai; quando arriva pare una boccata d’aria fresca, ma si rivela invece qualcosa di completamente diverso.

Che conforto procedere su strade attraversate da vie d'acqua. Un posto così tollerante e aperto, così maturo: le splendide rimesse in legno e mattoni trasformate in appartamenti eleganti, i piccoli ponti cari a Van Gogh, gli arredi urbani discreti, e tutti quegli olandesi dall'aria disponibile e intelligente in giro in bicicletta con i bambini seduti dietro. Persino i bottegai parevano professori, e gli spazzini, jazzisti. Non doveva essere mai esistita una città più razionale di Amsterdam.

Devo ammetterlo: "Amsterdam" non mi è piaciuto quanto altre opere dell'autore, nonostante ne riconosca il valore (è stato anche premiato con il prestigioso Booker Prize nell'anno della sua pubblicazione). Ho riletto spesso dei romanzi di McEwan, sempre con soddisfazione; temo che invece questo finirà archiviato insieme agli altri a far parte della collezione, ma dubito che lo riprenderò in mano molto presto. Sono comunque consapevole del fatto di averlo letto probabilmente nel momento sbagliato, in cui la pulizia, la precisione e quella particolare crudeltà dello scrittore non erano ciò che andavo cercando in una storia; non escludo perciò di poterne avvertire di nuovo il richiamo in futuro!

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