martedì 24 maggio 2022

Il giardino di cemento

 Romanzo d'esordio dell'autore inglese, pubblicato nel 1978, "Il giardino di cemento" di Ian McEwan inaugura il periodo che gli fece meritare il soprannome di "Ian McMacabre". 


Titolo: Il giardino di cemento
Autore: Ian McEwan
Anno della prima edizione: 1978
Titolo originale: The Cement Garden
Casa editrice: Einaudi
Traduttrice: Stefania Bertola
Pagine: 156


I protagonisti sono quattro fratelli, due maschi e due femmine, tra i 17 e i 6 anni. All'inizio di questo brevissimo libro rimangono orfani del padre, un uomo non proprio amabile, che aveva progettato di trasformare il cortile di casa in una distesa di cemento -ed ecco spiegato il titolo. In breve tempo i quattro perderanno anche la madre: per timore di essere separati però decidono di non dirlo a nessuno, e quei sacchi per preparare il cemento torneranno molto utili, nella cantina di casa, per liberarsi del corpo...

Non succedono grandi cose in questo libro, che è fatto soprattutto di interazioni: quelle tra i due maggiori, Jack e Julie, la cui relazione sfocia più volte nell'ambiguità, mossa dalle curiosità dell'adolescenza e dai ruoli quasi genitoriali che soprattutto la sorella maggiore assume per via delle circostanze. C'è poi il piccolo Tom, che passa dal travestirsi da bambina al regredire allo stadio della primissima infanzia, alla ricerca di conferme e di rassicurazione. Più nell'ombra rimane Sue: forse la più consona nel proprio ruolo, si chiude a leggere nella sua stanza, come cercando di tenerne fuori l'assurdità e il degrado che la circondano.

Siamo in un sobborgo senza nome, dove casa dopo casa il quartiere sta venendo smantellato per costruire nuovi alloggi; rimaniamo sul chi vive, ad aspettare che qualcuno scopra quei quattro abbandonanti a se stessi, che siano loro stessi ad autodenunciarsi, ma McEwan non trae conclusioni. Si rimane lì, come in un'istantanea della vita di qualcun altro, con un vago senso di nausea, per gli odori degli ambienti non lavati, del cibo che marcisce in cucina, delle relazioni poco fraterne che ci sembra di spiare tra le pagine. 

È un McEwan morboso e disturbante questo, di oscurità di cantine e di bauli, di segreti e di tormenti, che racconta in prima persona in quello stile asciutto e tagliente che ne rimarrà una caratteristica. È una storia per stomaci forti, per chi non si impressiona (potrebbe piacere a chi ha amato "The Dreamers" di Bertolucci): e per me, riletto a distanza di oltre un decennio, una conferma di quanto con McEwan e il suo talento si vada sul sicuro, da sempre. 

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