lunedì 3 maggio 2021

La fila

Di autori arabi ne leggo sempre volentieri, ma devo ammettere che raramente sono donne: sono stata quindi molto felice di questa novità!


Titolo: La fila
Autrice: Basma Abdel Aziz
Anno della prima edizione: 2016
Titolo originale: Al Tabuur
Casa editrice: NERO Edizioni
Traduttrice: Fernanda Fischione
Pagine: 209


LA STORIA

"La fila" è un romanzo distopico, genere che che come abbiamo imparato da capolavori come "1984" di Orwell racconta assai bene la realtà o il futuro. In questo caso ci troviamo in un paese del Nord Africa di cui non ci viene mai rivelato il nome, ma che non facciamo fatica ad immaginare come l’Egitto data la nazionalità della scrittrice. La popolazione è costretta ad ordinarsi in questa Fila del titolo, in un'interminabile attesa per poter comunicare con la Porta, misteriosa autorità alla quale è necessario chiedere ormai l’autorizzazione per qualunque cosa, dal potere ottenere un lavoro, al permesso di venire operati o acquisire un terreno. Si raccoglie così una varia umanità cittadina nella Fila, e tra di essi seguiamo in particolare le vicende di Yaya, un giovane che è stato colpito da un proiettile nel corso dei giorni rievocati come "sciagurati eventi" -anche qui, non fatichiamo ad immaginarci queste giornate come simili a quelle delle Primavere Arabe e delle rivolte contro i dittatori, Mubarak nel caso dell’Egitto.

Il proiettile però è stato sparato dalla polizia e pertanto il dottor Tarek, che dovrebbe essere incaricato di operare Yaya, non ha il permesso di farlo: estrarre il proiettile si rivelerebbe una prova schiacciante della colpevolezza delle forze dell’ordine. Così, mentre le compagnie telefoniche si specializzano nell’intercettare le comunicazioni, Yaya soffre con il suo proiettile in corpo e attende in Fila l’estenuante autorizzazione ad estrarlo.
lui, con quella pallottola, era l’unica prova vivente che non erano ancora riusciti a insabbiare.

COSA NE PENSO

Basma Abdel Aziz è una psichiatra egiziana, attivista per i diritti umani e scrittrice per numerose riviste: questo è il suo romanzo d’esordio, pubblicato per la prima volta nel 2013, a poca distanza dalle Primavere Arabe e dalla delusione che ne sarebbe seguita. Basma Abdel Aziz conosce il carcere, perché numerose volte è stata arrestata a causa del suo attivismo e da "La Fila" appare evidente la sua capacità di ritrarre in modo simbolico ma calzante la condizione ancora oggi vigente nel suo paese: dalla Fila infatti le persone spariscono senza lasciare traccia, gli arresti sono del tutto arbitrari e le pubblicazioni sui giornali controllate dalla censura. 
L’Unità Antisommossa di Difesa della Sicurezza, incaricata sin dalla sua fondazione di trattare questo tipo di insurrezioni e armata come mai prima d’allora, era riuscita ad annientare i manifestanti in poche ore e a svuotare la piazza senza grandi sforzi.
Sebbene fosse al regime di Mubarak che questo romanzo poteva fare riferimento, data l’epoca della sua pubblicazione, c’è ancora molto di somigliante nel regime di Al-Sisi, ed è per questo che "La Fila" è un romanzo estremamente interessante per tutti coloro che siano appassionati di geopolitica e Medioriente.


A me "La Fila" è piaciuto moltissimo: mi è piaciuto seguire le vicissitudini degli amici che cercano di aiutare Yaya a tutti i costi, pur sapendo quanto sia pericoloso, e come nel caso di Amani (la sua fidanzata) subendone le conseguenze in prima persona, perché da un arresto governativo non si torna indenni
Si diceva che fossero stati convocati nei sotterranei senza che facessero più ritorno. Le voci causarono una notevole tensione: furono resi pubblici i nomi dei cittadini di cui non si aveva più notizia e la data della loro scomparsa; iniziarono a girare volantini con le loro foto, e appelli affinché tornassero sani e salvi.
Ho trovato molto stimolante la rappresentazione di personaggi così diversi: i fondamentalisti religiosi, gli ipocriti, coloro che per una sola parola sbagliata si ritrovano in un meccanismo dal quale non sanno come sfuggire. 
Devo essere però completamente onesta e rivelarvi che i finali aperti non fanno per me! Se le vicissitudini del dottor Tarek erano state per me estremamente interessanti, combattuto com’era tra la sua deontologia professionale e l’intenzione quindi di operare Yaya, ma anche il timore e l’obbedienza nei confronti degli ordini ricevuti dall’alto, avrei davvero desiderato leggere una conclusione per tali eventi. Invece sul finale sono rimasta un po’ con l’amaro in bocca, sebbene ragionandoci a mente fredda trovo che data l’attualità della situazione politica abbia avuto una sua coerenza lasciare in sospeso la vicenda, tutt’altro che risolta e terminata nella realtà.

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