lunedì 1 novembre 2021

I fichi rossi di Mazar-e Sharif

Una prospettiva interna dell’Afghanistan dilaniato dalla guerra è la raccolta di racconti "I fichi rossi di Mazar-e Sharif" di Mohammad-Hossein Mohammadi, pubblicata da Ponte33. L'autore la terminò nel 2004 e che risente quindi degli anni di occupazione sovietica ma anche della lotta interna tra talebani e mujaheddin fino all’11 settembre -non fa cenno però all’esercito statunitense. 


Titolo: I fichi rossi di Mazar-e Sharif
Autore: Mohammad-Hossein Mohammadi
Anno della prima edizione: 2004
Titolo originale:
Casa editrice: Ponte33
Traduttore: N. Samadi
Pagine: 137


Si tratta di una raccolta di racconti molto brevi, che danno una prospettiva sull’Afghanistan letteraria rispetto per esempio all’opera di Bitani che ho letto di recente. Qui l’intera narrazione è ambientata nella città di Mazar-e Sharif ed ed è frammentata in 14 punti di vista.

Quelli dell’autore sono racconti colmi di violenze, di omicidi soprusi e perdita dell’innocenza. I punti di vista sono sia maschili sia femminili, a volte di voci adulte e altre volte di bambini esposti alla perdita della loro infanzia, e anche la narrazione si alterna tra la prima e la terza persona singolare, con qualche incursione anche alla seconda. La lingua dell’autore infatti è piuttosto ricercata e alterna i dialoghi al monologo interiore e alla più tradizionale narrazione dei fatti. 

Molto spesso il lettore è portato ad immedesimarsi con i protagonisti dei racconti che com'è normale in una raccolta non ho trovato sempre ugualmente efficaci: alcuni infatti sono così brevi che non c’è il tempo di calarsi nella storia e si rimane un po’ disorientati, alla ricerca di un significato non sempre offerto dai finali che talvolta rimangono in sospeso. 

Assolutamente degni di nota sono però alcuni racconti dei quali voglio citarvi anche i titoli in modo che possiate più facilmente reperirli. Innanzitutto quello che dà il titolo alla raccolta e che vede protagonista una bambina che come una sorta di Cappuccetto Rosso nel mezzo della guerra vorrebbe portare un fico rosso dell’albero che cresce davanti alla casa che ho appena lasciato alla nonna, nonna che però non avrà più occasione di rivedere in vita.

Altrettanto convincente ed evocativo è il racconto "Il deserto di Leili", uno dei più lunghi della raccolta, che racconta alternando i punti di vista la prigionia di combattenti catturati nel deserto e rinchiusi in un container ad aspettare che muoiano soffocati, mentre i loro carcerieri attendono che cessino i rumori provenienti dall’interno. Mi ha ricordato l'indimenticabile "Uomini sotto il sole" di Kanafani. 

Doloroso e ben costruito è anche il racconto "E la pioggia cadeva", che racconta il dolore di una madre che ha già un figlio mutilato dalla guerra e viene messa al corrente dopo 10 anni della morte del figlio più giovane che fino a quel momento le era stata tenuta nascosta per risparmiarle una tale sofferenza. 

Ci sono uomini e donne che soffrono in questa raccolta di racconti; ci sono bambini che vedono morire i loro parenti o che rimangono orribilmente mutilati dalla guerra. Ci sono donne costrette a prostituirsi per poter dare da mangiare alla propria famiglia, ragazzine abusate e uomini esposti costantemente ai combattimenti, alla morte improvvisa, ai regolamenti di conti,  alla guerra che non risparmia nessuno. Non è certo una lettura agevole da intraprendere alla leggera questa raccolta di racconti, che sono brevi sì ma anche molto intensi e dal contenuto difficile da digerire. 

Credo che sia la più autentica tra le opere ambientate in Afghanistan che mi è capitato di leggere ed al tempo stesso un'opera letteraria di grande interesse e valore. Per questo vi suggerisco di recuperarla se siete interessati all’argomento: merita di certo più notorietà di quella che ha raggiunto e per me è stata un’esperienza di lettura intensa ed arricchente.

Qual è l'ultima raccolta di racconti che avete letto?


Il primo racconto i morti affida la narrazione proprio a coloro che sono stati uccisi di recente vittime delle continue battaglie tra zone rivali e mostra l’insensatezza di una guerra che non fa prigionieri anche quando ci rimettono la vita civili disarmati che stanno solo per raccogliere il grano.

Nel secondo il narratore passa dalla terza alla seconda persona singolare, per raccontare un padre in attesa su una soglia, che aspetta un figlio che non vede da anni, di cui sa che il ritorno comporterà la morte.

Un uomo che sente uno sparo nella notte, lo sente solo lui, e trova il cadavere di un soldato di cui nessuno si è accorto. La normalità della morte dietro casa, della neve che ricopre i cadaveri.

La voce in prima persona di un mutilato abbandonato a se stesso, che non ha alternative all’elemosina. Un racconto doloroso e crudo, dà voce a ragazzi che hanno perduto l’uso degli arti nella guerra e non hanno più alcuna possibilità: un ennesimo effetto collaterale delle battaglie.

Il ritorno a casa di una guardia del corpo che trova ad accoglierlo la notizia di un parente assassinato anche qui l’onnipresenza delle morti violente e improvvise che non risparmia nessuno.

Bambini costretti ad assistere alla morte violenta del nonno nascosti in una cantina per non essere uccisi a loro volta un altro racconto sulla perdita dell’infanzia e dell’innocenza.

Il punto di vista raccontato in prima persona di una donna spinta dalla povertà e dalla fame alla prostituzione che si trova in una situazione di estremo pericolo e ripensa agli anni dell’innocenza e al figlio e al marito che tanto ama primo racconto da una prospettiva femminile che dà voce alla condizione delle donne impossibilitate a lavorare che non hanno altre scelte se non l’accattonaggio o la vendita del proprio corpo finale che rimane in sospeso ancor di più che nei racconti precedenti.

La prospettiva di una bambina il cui padre è impegnato nei combattimenti e che assiste alla distruzione progressiva della città ad opera dei bombardamenti mentre nella mano stringe il fico rosso raccolto dall’albero della casa che ho dovuto lasciare anche qui si assiste ad una morte quella della nonna chiamava tanto i fichi rossi questo è il racconto che dà il titolo alla raccolta e ancora una volta l’infanzia fatica ad essere associata all’innocenza e alla spensieratezza prevalendo invece la paura e la sofferenza.

Il dolore di una madre che dopo aver visto un figlio rimanere invalido a causa di una pallottola Che lo ha mutilato di una gamba scopre a distanza di 10 anni che l’altro figlio è morto a sua insaputa e tutti hanno cercato di risparmiarle la sofferenza di saperlo racconto in prima persona della madre che parla direttamente con il figlio scomparso molto commovente.

Il deserto di lei uno dei racconti più lunghi della raccolta e uno dei più efficaci racconta la prigionia di un combattente catturato nel deserto e tenuto prigioniero da personaggi che presumibilmente parlano uzbeco il racconto è narrato attraverso due prospettive l’uomo afgano rinchiuso in un container insieme ad altri uomini che piano piano muoiono soffocati e i loro sequestratori che attendono placidamente il cessare dei colpi dall’interno del container per essere sicuri che tutti i prigionieri siano morti mi ha ricordato le atmosfere di uomini sotto il sole dell’autore palestinese Kanafani, Ed è un racconto molto concreto ed angosciante.

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