lunedì 1 novembre 2021

L'ultimo lenzuolo bianco

Dopo due testimonianze basate sull’emigrazione di ragazzi giovanissimi, addirittura bambini, dall’Afghanistan all’Italia (mi riferisco a "Nel mare ci sono i coccodrilli" di Fabio Geda e "Stanotte guardiamo le stelle" di Ali Ehsani), ho recuperato anche "L’ultimo lenzuolo bianco", opera autobiografica di Farhad Bitani, giovane ex comandante dell’esercito afgano che ora svolge il mestiere di mediatore culturale in Italia. Il libro è pubblicato da Neri Pozza.


Titolo: L'ultimo lenzuolo bianco
Autore: Farhad Bitani
Anno della prima edizione: 2014
Casa editrice: Neri Pozza
Pagine: 208

 

Questa testimonianza è molto importante, in quanto Bitani, figlio di un mujaheddin, racconta dall’interno le brutalità compiute da coloro che in Afghanistan sono stati ritenuti un potere legittimo per contrastare i talebani. Cresciuto nel mezzo delle continue guerre nel suo paese, specialmente nel contrasto tra i gruppi di mujaheddin e talebani, Bitani ha conosciuto la ricchezza e la povertà, gli eccessi che ti permettono di sprecare dollari su dollari ma anche le notti in cui si va a letto con la fame. È stato un bambino assuefatto alle brutalità a cui era costantemente esposto: le esecuzioni negli stadi, il taglio delle mani, gli stupri lungo la strada, i matrimoni forzati, le frustate e gli abusi sui minori ritenuti normali da chi voleva mantenere il suo paese in uno stato di ignoranza e sottomissione.  

Soltanto l’incontro con culture diverse grazie alla formazione avvenuta nelle accademie militari italiane, e soprattutto sua madre, donna in grado di fargli distinguere il bene dal male anche in un contesto così improbabile, hanno permesso all’autore di divenire un uomo diverso da quelli che lo avevano sempre circondato e che per questo  lo hanno giudicato un infedele e un traditore.

"L’ultimo lenzuolo bianco" è il più convincente e formativo dei libri che io abbia letto per quanto riguarda la storia dell’Afghanistan. L’autore infatti racconta in modo molto chiaro le divisioni politiche interne al Paese e come ogni fazione sia stata appoggiata da Stati esteri: il Pakistan nel caso dei talebani, l’Iran nel caso dei mujaheddin per fare due esempi. Non fa sconti inoltre nel criticare gli aiuti umanitari che tanti Stati esteri hanno concesso all’Afghanistan allo scopo di aiutare la popolazione, ed invece sono finiti nelle mani sbagliate, ad arricchire i soliti noti senza contribuire affatto al benessere dello Stato,  ed è difficile che nessuno se ne sia mai accorto finora.

Mi ha sorpresa inoltre la sua posizione a favore dell’intervento statunitense in Afghanistan in seguito all’11 settembre 2001: l’autore la trova inevitabile in uno stato come il suo, dove anche i bambini girano armati dalla più tenera età  e non vi è alcuna cultura di pace.

Si esce da questa lettura piuttosto turbati, perché le scene violente sono numerose e non sono adatte agli stomaci più sensibili. Credo che però sia uno dei ritratti più onesti e meno edulcorati che sono arrivati nelle nostre librerie; si può imparare molto da questa lettura che io sono contenta di aver affrontato e che vi consiglio se siete interessati all’argomento. Siate preparati però: vi richiederà una certa resistenza.

Qual è l’ultimo libro che avete letto e vi ha turbati?

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