domenica 17 agosto 2025

Cose che si portano in viaggio

Apprezzo, in linea generale, gli autori con il dono della sintesi: opere come quelle di McEwan o di Ernaux, dove non c'è mai una parola di troppo, sono tra quelle che preferisco. Tuttavia la lettura di "Cose che si portano in viaggio" di Aroa Moreno Duran, pubblicato da Guanda, mi ha lasciato la sensazione che qualche pagina in più non avrebbe fatto male a questo libro.

In poco più di 150 pagine infatti l'autrice ripercorre la vita di Katia dall'infanzia all'età adulta, a partire  dall'emigrazione in Germania dei genitori, esuli spagnoli comunisti sfuggiti alla dittatura franchista e trasferitisi a Berlino est poco prima che il muro tagliasse in due la città. Katia cresce nella DDR, finché da studentessa universitaria incontra Johannes, che la aiuterà a fuggire all'ovest e diventerà suo marito.

I capitoli di questo romanzo sono brevissimi, e tra l'uno e l'altro trascorrono quasi sempre diversi anni; ci sono così molti vuoti in questa narrazione, molti particolari assenti, a partire dall'ingresso di Johannes nella vita di Katia che la stravolgerà per sempre senza che apparentemente ci siano premesse sufficienti per un cambiamento tanto irreparabile. Anche il racconto del matrimonio, apatico e insoddisfacente mentre Katia solo una volta ha contatti con la sua famiglia all'est, è frettoloso, asettico. D'un tratto siamo all'epilogo di questa storia in cui il muro di Berlino è sorto, e poi è stato abbattuto; d'un tratto Katia può attraversare quella che non è più una frontiera, e trovarsi in mano una valigia in cui scoprire il collaborazionismo del padre, il suo arresto, lo spionaggio incessante della STASI. 

A partire da un argomento di mio immenso interesse, purtroppo ho tratto una certa insoddisfazione da questa lettura, che ha qualche momento coinvolgente ma per il resto del tempo è così rapida, così pronta a passare da una decade all'altra del Novecento che non si ha modo di sentirsi coinvolti. Per una volta, avrei davvero voluto avere un più corposo numero di pagine, perché la scrittura dell'autrice è efficace e diretta ma in un volume così sottile non ha avuto modo di costruire una storia che alla fine risultasse approfondita. 

Qual è l'ultima lettura che non ha fatto al caso vostro?

giovedì 7 agosto 2025

Latte di tigre

Nella mia libreria i titoli entrano e si accumulano, in attesa. A volte non c’è una vera ragione per cui rimangono lì ad aspettare; altre volte invece è dovuta al loro contenuto o alla loro ambientazione, legata a luoghi o eventi particolari in occasione dei quali mi riservo di dedicarmici.

È proprio il caso di "Latte di tigre" di Stephanie de Velasco, pubblicato da Bompiani, che avevo comprato da anni, ma che non avevo mai trovato il coraggio di aprire mentre mi prendevo una pausa da una città che ho molto amato e che contiene tra i miei ricordi più felici di sempre. Il momento è arrivato quest’estate e così anche tra queste pagine ho fatto ritorno a Berlino.

Le protagoniste di questa storia sono Nini e Jamila, due quattordicenni amiche sin dall’infanzia; la prima è tedesca mentre la seconda viene dall’Iraq, e sulla vita sua e della madre incombe costantemente la minaccia del rimpatrio forzato -colpevole quella madre di essere tornata un’unica volta in patria per il funerale della sua genitrice.

Jamila e Nini sono inseparabili e vivono le proprie giornate in un contesto fatto di trasgressioni delle quali neanche loro conoscono l’origine: calze a rete e uomini abbordati sul Kurfurstendamm come fossero giovanissime prostitute, ma anche i loro amici di una vita dalle disparate origini nazionali, le cui famiglie vivono legate ad usanze e regole che finiscono per sfociare addirittura nel delitto d’onore.

"Latte di tigre" è l’istantanea di un’estate in cui si consumano alcolici nei barattoli dello yogurt, in cui si mente per proteggere gli amici pensando di fare il meglio per loro, in cui su Berlino spesso piove e dove crescere è un’avventura capace di fare molto male.

È un romanzo poco conosciuto in Italia quello di Velasco: si tratta di un esordio che è stato piuttosto apprezzato in patria e che si legge d’un fiato, tornando ai ricordi di quando si avevano quattordici anni -in un contesto probabilmente più conservatore, ma con la stessa intensità dei legami che solo a quell’età si formano e che ci rendono una volta adulti le persone che siamo.

È stato per me un bel viaggio, molto intenso, anche se soltanto la prima tappa di questo percorso da compiere attraverso i libri e per una volta anche di persona.

Dov’è ambientato l’ultimo romanzo che avete letto?

Il cuore della foresta

Il mio secondo incontro con Amity Gaige è stato "Il cuore della foresta", sempre pubblicato da NN editore. Avevo letto per primo "La sposa del mare", un testo che avevo trovato sorprendente in quanto molto più ricco rispetto alle premesse date dalla trama.

La natura rimane un tema centrale anche in questo nuovo libro: se nel precedente era il mare, qui abbiamo il bosco e precisamente le foreste che circondano il sentiero degli Appalachi, che la protagonista Valerie sta percorrendo dall’inizio alla fine, quando purtroppo si perde.

Seguiamo dunque per giorni e giorni le ricerche e lo facciamo attraverso molteplici punti di vista: innanzitutto quello di Valerie, che scrive lettere alla madre sul suo diario e che ci aiuta a ricostruire quanto è capitato nel folto del bosco. Poi il tenente Beverly, a cui manca poco alla pensione, che sta mettendo anima e corpo in quelle ricerche, come se ne andasse della sua stessa vita. Il terzo punto di vista è quello di Lena, una donna di origine polacca che vive in una residenza per anziani, trascorre molto tempo su Internet [si accorgerà di essere stata in contatto proprio con il giovane squilibrato che ha causato lo smarrimento di Valerie nei boschi, e sarà determinante per ritrovare la donna ancora viva] e riflette sul rapporto perduto con la propria figlia Cristina.

Il romanzo è inoltre arricchito da inserimento delle trascrizioni delle telefonate che ruotano attorno alla ricerca di Valerie, che ha estrema necessità di testimonianze di coloro che per ultimi l’hanno avvistata nel bosco, il che lo rende più realistico e coinvolgente.

Come nel precedente romanzo dell’autrice che avevo letto, anche qui ho trovato un testo capace di trasmettere moltissime emozioni, e di riflettere profondamente sulla condizione di isolamento e di solitudine che non è solo quella di Valerie perduta nella natura, ma anche quella di Lena lontana dai suoi familiari e quella di Beverly, completamente assorbita dalla sua professione che non le lascia il tempo per se stessa.

Ispirato ad un fatto realmente accaduto e purtroppo dal tragico epilogo, il testo di Amity Gaige tiene il lettore incollato alle pagine, avido di sapere come questa storia andrà a finire: se i percorsi delle tre donne che impariamo a conoscere si congiungeranno in un lieto fine oppure se per qualcuna di loro la conclusione non potrà essere così rosea. In diversi passaggi mi sono emozionata; alcune frasi hanno colpito davvero nel segno e ancora una volta mi trovo a consigliarvi un titolo del catalogo di NN, che sta diventando inutile dirlo una delle mie case editrici preferite.

Avete già letto un romanzo di questa scrittrice americana?