lunedì 2 novembre 2020

L'uomo tigre

Di autori indonesiani non ne avevo mai letti prima: ho l’impressione che pochi vengano tradotti, e ancor meno attirino l’attenzione del pubblico. Proprio la nazionalità dell’autore è stata lo stimolo che mi ha spinta ad acquistare questo titolo, parte di un’iniziativa editoriale uscita in edicola…



Titolo: L'uomo tigre
Autore: Eka Kurniawan
Anno della prima edizione: 2004
Titolo originale: Lelaki Harimau
Casa editrice: Metropoli d'Asia
Traduttrice: Monica Martignoni
Pagine: 188




LA STORIA

Margio ha ucciso Anwar Sadat. Questo lo scopriamo subito, in apertura: lo ha ucciso a morsi, azzannandolo al collo, come un animale. Ma perché un ragazzo tranquillo dovrebbe aver compiuto un gesto simile? È la motivazione che Kurniawan ricostruisce pagina dopo pagina, in un viaggio all’interno della famiglia di Margio e dell’intera comunità che la circonda.


COSA NE PENSO

Il romanzo di Kurniawan, candidato al Man Booker Prize 2016, è molto più che un romanzo noir. L’omicidio ha poco spazio nel racconto, e anche poca importanza. “L’uomo tigre” è più che altro una storia familiare, che ricostruisce la storia di Margio e dei suoi genitori, da prima ancora che si sposassero. È così che incontriamo la comunità di un villaggio sulle coste dell’Indonesia, prevalentemente rurale, dove non ci sono attrazioni turistiche né attività economiche redditizie. 
Aveva sentito spesso parlare delle prodezze di suo nonno e degli altri anziani del villaggio, per esempio di come avevano resistito agli olandesi, che rapivano i giovani migliori per mandarli ai lavori forzati nel territorio di Deli. Su di loro non avevano effetto né i proiettili dei fucili, né le spade da samurai dei giapponesi che giunsero in seguito. 

Molte famiglie si trascinano dietro le strutture delle proprie case in bambù, da un terreno all’altro; Margio e sua sorella crescono in un magazzino con il suo padre violento da lui odiato e la madre, vittima di abusi sin dai primi giorni del matrimonio. 
In Margio però c’è una tigre: una tigre bianca, appartenuta a suo nonno, una tigre che fa parte delle leggende del popolo indonesiano e che ha ereditato, pronta a balzare fuori al momento opportuno: è la tigre che prende il sopravvento, sono i sentimenti più profondi di Margio che azzannano Anwar Sadat al collo, ed il motivo lo sapremo solo all’ultima pagina del romanzo.
Sapeva che la bestia non era reale. Nei vent'anni della sua vita, era entrato e uscito dalla giungla alla periferia della città, e non aveva mai incontrato una tigre come quella. C'erano piccoli leopardi nebulosi, cinghiali, cani selvatici, ma nessuna tigre bianca di quelle dimensioni. Lo fece pensare a suo nonno, morto tanti anni prima. Gli vennero le lacrime agli occhi e lentamente allungò una mano, cercando di afferrare una zampa della tigre. 

Kurniawan ne “L’uomo tigre” è descrittivo senza mai dilungarsi, e ci trasporta davvero in Indonesia, tra fiori di magnolia e i cespugli di rose, tra miti e tradizioni locali e violenze che purtroppo non hanno nazione. Il suo è un noir atipico, che sorprende rivelandoci il colpevole sin dalle primissime pagine, ma senza annoiarci mai mentre ci inoltriamo alla scoperta delle ragioni del suo gesto. Per me è stata una piacevolissima sorpresa, e anche un vero e proprio viaggio in una destinazione lontanissima! 

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