mercoledì 27 novembre 2024

L'ospite della Vigilia

Prima delle letture a tema natalizio che ho intrapreso quest'anno, "L'ospite della Vigilia" di Erri De Luca, pubblicato da Terre di Mezzo editore, è stato proprio la coccola che cercavo.

Si tratta testo brevissimo, che non raggiunge le cinquanta pagine e contiene pochissime frasi accompagnate dalle magnifiche illustrazioni ad acquerello di Alessandro Sanna. Racconta una storia semplice e genuina, l'incontro di due solitudini causato dalla nebbia che impedisce ad un uomo di guidare oltre, e gli fa incontrare un fattore a salario che in casa tiene un solo bicchiere, ma ha apparecchiato il tavolo con due piatti. 

È una storia di castagne arrostite sul fuoco, della ricerca della fede in un potere superiore o negli uomini, della vicinanza alla natura e alla semplicità, ma anche degli strascichi del conflitto in Jugoslavia sullo sfondo: perché "Natale è una notte di pace in mezzo alla guerra". 

I protagonisti non hanno nomi, ma sembra di vederli; l'odore della loro cena l'ho avvertito nel naso, così il calore della brace, la nebbia attorno a loro ha avvolto anche me. Non avrei potuto immergermi meglio in questo periodo dell'anno, e questa breve storia piena di umanità e di poesia la consiglio anche a voi!

Avete già letto una storia di Natale quest'anno?

Non dirmi che hai paura

Qualche tempo fa, al cinema, ho visto il trailer di un film in uscita dal titolo "Non dirmi che hai paura" tratto dal romanzo omonimo di Giuseppe Catozzella, pubblicato da Feltrinelli editore. Dal momento che la trama mi è sembrata proprio nelle mie corde -la storia vera dell’atleta somala Samia Yusuf Omar, che partecipò alle olimpiadi di Pechino del 2008 nonostante le difficoltà economiche e politiche nelle quali era cresciuta, ho deciso di farmi prestare il libro e leggere quello per poi recarmi in sala e fare il confronto.

A quanto sapevo il testo è piuttosto famoso e anche proposto come lettura nelle scuole medie inferiori e superiori per l’importanza dell’argomento tratto, perciò mi ci sono avvicinata con aspettative piuttosto alte: purtroppo, sono rimasta abbastanza delusa.

Intendiamoci, il problema ovviamente non è l’argomento, e la storia di Samia merita senza dubbio di essere raccontata e conosciuta da lettori più e meno giovani per ricordarci l’importanza di un’educazione alla pace e informarci su un paese che riceve davvero poca visibilità nelle notizie.

Il problema però in questo libro c’è, ed è rappresentato dallo sguardo dell’autore, ingombrante e permeato della cultura occidentale nella quale è cresciuto, nonostante la narrazione sia in prima persona i racconti dunque dall’interno la vita, la crescita e la passione sportiva di Samia. Ciononostante troviamo imprecisioni terminologiche (ad esempio "il burqa che non copre gli occhi" e che pertanto non è un burqa, ma un niqab; le donne che professano la religione islamica definite islamiche a loro volta, quando l’aggettivo corretto per le persone è musulmano; per terminare con lo stereotipo di veli e trasparenze indossati dalle donne per l’appunto musulmane sotto gli abiti più coprenti -il punto dove mi sono arrabbiata di più). 

Non sarà il primo e non sarà l’ultimo, Catozzella, a scrivere con una certa leggerezza di argomenti importanti, nascosto dietro il messaggio significativo e all’ispirazione reale della sua storia raccontatagli per di più in prima persona dalla sorella stessa di Samia -il materiale su cui ha lavorato quindi è indiscutibile. Tuttavia, quando un testo viene messo nelle mani di un pubblico di lettori giovani, trovo ancora più importante che i suoi contenuti siano inattaccabili e non portino avanti in alcun modo stereotipi culturali da evitare.

Come avrete capito questi elementi hanno danneggiato la mia esperienza di lettura, anche perché la scrittura è estremamente semplice e nonostante rappresenti il punto di vista di una ragazza molto giovane non cresce con lei nel tempo, rimanendo quindi ad un’espressività quasi infantile. Ho apprezzato l’averne raccontata la vita, e mi è piaciuta anche la conclusione, che ha una forma un po’ più ricercata e onirica del resto del romanzo -che è ricchissimo di descrizioni della povertà che difficilmente sarebbero riportate in questo modo da una ragazza che vi è cresciuta, bensì piuttosto da un turista occidentale uscito per sbaglio dal resort di un villaggio vacanze.

Mi dispiace molto criticare così aspramente un testo che so essere molto apprezzato, ma ormai avrete capito che non mi piace mancare di sincerità nelle mie opinioni. In ogni caso credo che andrò al cinema a vedere il film che ne è stato tratto e spero di apprezzare quest’opera di più sul grande schermo.

Voi lo avete letto? Cosa ne pensate?

mercoledì 20 novembre 2024

Fiori sopra l'inferno

Si può provare un colpo di fulmine nei confronti di un libro? Per me la risposta è sì, e mi è appena successo con il primo volume di una serie di gialli, "Fiori sopra l'inferno" di Ilaria Tuti, pubblicato da Longanesi.

La protagonista è il commissario Teresa Battaglia, donna per cui è impossibile non provare empatia: in lotta con i traumi e le cicatrici di un passato di cui ci è rivelato ancora poco, ma anche con la malattia, eppure determinata, coraggiosa e tenace, e al tempo stesso capace di umanità ed empatia.

Due doti fondamentali nella risoluzione di questo caso, dove è difficile separare nettamente le vittime e i carnefici, mentre nel paesino montano di Travenì si ritrovano corpi mutilati in modo violento, ed affiorano le tracce di uno scomodo passato.

[Il colpevole infatti è soprattutto una vittima, degli esperimenti eugenetici di deprivazione affettiva dei quali era stato oggetto da neonato. Dopo anni di isolamento nei boschi, a vegliare i resti di un bambino eliminato dallo scienziato che è il vero carnefice della storia e vive sotto falsa identità come medico del luogo, Andreas si trasforma in una sorta di giustiziere. Sceso a valle per via dei lavori di un nuovo impianto sciistico, ascolta gli sfoghi di quattro bambini di Travenì, vittime della violenza degli adulti (Matthias delle botte del padre, Oliver delle angherie del bidello, Lucia della freddezza della madre e Diego di quella del padre) e ne diventa il vendicatore.]

In questa storia si affrontano molti argomenti delicati: la violenza domestica e gli abusi sui minori, gli esperimenti di eugenetica di derivazione nazista sulla selezione dei maschi Alpha, le conseguenze estreme della solitudine, ma anche la potenza salvifica dell'amicizia.

La scrittura è ricca di descrizioni ambientali e naturalistiche, con dialoghi sempre credibili, personaggi secondari ben dosati e non ingombranti, e paragrafi che ho trovato davvero poetici.

"Fiori sopra l'inferno" ha un inizio travolgente, inquietante e coinvolgente dal primo momento; si è rivelato per me un romanzo impossibile da posare prima di averlo terminato, e lo consiglio caldamente a tutti gli amanti del genere. Ho già provveduto a recuperare i volumi successivi della serie, e anche la trasposizione di questo, disponibile su RaiPlay!

Conoscete questi romanzi?

Qual è l'ultima serie di libri che avete cominciato?

L'interprete

Dopo aver letto "La zona d'interesse" di Martin Amis, "L'interprete" di Annette Hess, pubblicato da Neri Pozza, è il secondo romanzo che leggo che offre sul Nazismo e sul lager una prospettiva insolita, esterna.

Qui la protagonista è Eva, una giovane donna che lavora come interprete dal polacco, e nel 1963 a Francoforte viene assunta dal tribunale che si occupa del processo ad Auschwitz. La giovane donna, che fino ad allora ha trascorso un'esistenza tranquilla e indisturbata tra la trattoria di famiglia e il suo promesso sposo, si trova allora a scontrarsi con un orrore di cui nessuno osa mai parlare ad alta voce, anzi che spesso chi la circonda è disposto a negare dichiarandolo impossibile. 

"L'interprete" è un romanzo sulla responsabilità del popolo tedesco: di chi non ha avuto scelta, forse, ma si è schierato dalla parte dei colpevoli, autoassolvendosi in nome di quell'obbligo. È un romanzo sulle colpe mai elaborate né ammesse, che emergono poco alla volta mentre chi se ne è macchiato porta avanti indisturbato la propria vita. Lo vediamo in Eva, a cui riaffiorano alla mente ricordi d'infanzia che individuano i suoi genitori proprio come lavoratori e abitanti di quella "zona d'interesse" di cui Amis ha scritto, che non si sono macchiati le mani col sangue dei prigionieri ma hanno contribuito a far funzionare l'ingranaggio della macchina di sterminio di Auschwitz.

In questo senso "L'interprete" è un romanzo molto interessante e ben scritto, che sa essere appassionante svelando un elemento alla volta. Ha tuttavia anche dei difetti che mi hanno un po' raffreddata nel mio entusiasmo: il personaggio della sorella Annegrett, per nulla necessario nella sua sindrome di Munchausen per procura con cui mette a rischio la vita dei neonati di cui si occupa in ospedale come infermiera; l'elemento romance della relazione tra Eva e Jurgen, che appiattisce un po' il punto di vista della protagonista; alcune decisioni nella trama, come l'uscita di scena frettolosa di David prima della conclusione del processo e la notte d'amore, per nulla necessaria, tra lui ed Eva in Polonia. 

Nel complesso quindi ho trovato "L'interprete" un testo non impeccabile, ma in ogni caso stimolante e molto capace nel mostrare la normalità assoluta delle famiglie tedesche che, nel silenzio e nell'omertà generale, avevano fatto la loro parte nello sterminio nazista. 

Qual è l'ultimo romanzo di letteratura tedesca che avete letto?

Il canto del profeta

Vincitore del Booker Prize del 2023, "Il canto del profeta" di Paul Lynch, pubblicato da 66thand2nd, prende dichiaratamente ispirazione dagli orrori della guerra civile siriana, ma ambienta la sua distopia nell'Irlanda contemporanea.

La protagonista è Eilish, madre di quattro figli, il cui marito Larry insegnante e sindacalista viene arrestato nel corso di una manifestazione contro il regime antidemocratico che sta prendendo il potere, e sparisce senza lasciare traccia. Mentre non si rassegna a non averne più notizie, seguiamo Eilish alle prese con il dilagare della dittatura, che vuole arruolare e il figlio Mark ad appena diciassette anni (mentre il ragazzo sceglierà di unirsi alla resistenza [e nemmeno di lui si saprà più nulla]) e il tentativo di sopravvivere con Bailey, Molly e Ben alla fame, all'inflazione, alla guerriglia e ai bombardamenti.

In questo momento storico, di bombe sulla Palestina e non soltanto, la distopia di Lynch richiama terribilmente la realtà: la straziante domanda su quando sia il momento di lasciare le proprie case per salvarsi la vita, le file per procacciarsi acqua potabile, l'indisponibilità di ospedali perché sono stati usati come bersagli, i rotoli di banconote per i trafficanti che consentono di passare la frontiera, i propri cari di cui non si hanno più notizie da un momento all'altro.

La scrittura è impeccabile, in un crescendo di angoscia e disperazione, con dialoghi serrati e non separati dalla punteggiatura; è un testo crudo, drammatico, che trabocca di scene vivide e personaggi al loro punto di rottura [una madre che porta il figlio ragazzino in ospedale, credendo che sarà curato, dichiarandolo più adulto pur di farlo operare in una struttura non pediatrica, e lo ritrova nel sacco dell'obitorio con addosso segni di tortura], che hanno paura e non hanno più scelta.

"Il canto del profeta" si legge d'un fiato, e intanto si soffre, e intanto si riflette: perché è un'opera di fantasia, ma è fin troppo facile e frequente che invece diventi realtà.

Qual è l'ultimo vincitore del Booker Prize che avete recuperato?

giovedì 7 novembre 2024

Sangue giusto

"Sangue giusto" di Francesca Melandri, pubblicato da Rizzoli, è un titolo che mi aspettavo sarebbe stato nelle mie corde, ma ha superato di gran lunga le mie aspettative.

Con il pretesto di un nipote che si manifesta improvvisamente a Roma dall’Etiopia, rivendicando l’appartenenza alla famiglia benestante che non ha mai saputo nulla del concepimento di quel bambino nella colonia italiana, si sviluppa quella che è in realtà una storia familiare e al tempo stesso del nostro paese dall’inizio del novecento fino all’epoca del governo Berlusconi, dalla Grande guerra, all’Africa orientale italiana, ai centri di identificazione e di espulsione.

È un romanzo ambizioso, che mescola i piani temporali e dove si fatica ad identificare un vero protagonista, ma senza dubbio il personaggio di spicco è Attilio Profeti, il patriarca, quello che di figli ne ha concepiti cinque da tre donne diverse, riconoscendone quattro soltanto e intravedendo il maggiore una volta sola nella vita, poco dopo averlo liberato di prigione in un'Etiopia tutt’altro che democratica.

Francesca Melandri racconta gli orrori del colonialismo italiano, l’iprite gettata come arma chimica sulla popolazione inerme, le leggi razziali che sancivano nero su bianco la superiorità della razza italiana e rendevano illegali il meticciato e tutti coloro che i coloni italiani avevano lasciato dietro di loro, concepiti con poco più che bambine.

Costruisce Attilio molto bene, il matrimonio asettico dei suoi genitori, il padre capostazione, il fratello maggiore sempre perdente nei confronti di sua madre che invece lo idealizzava,  rendendolo così l’uomo sicuro di sé che è rimasto per tutta la vita, incurante dei cuori spezzati attorno a lui.

Meno spazio invece viene concesso a quel nipote africano che è l’espediente per iniziare il racconto, il perno attorno al quale la storia ruota ma di per sé non viene caratterizzato né approfondito -non mi sarebbe dispiaciuto se gli fosse stata dedicata qualche pagina in più.

"Sangue giusto" è un romanzo ricchissimo di documentazione storica, che si occupa di una pagina del nostro passato che non compare sui libri di storia e arriva a narrare un decennio così vicino a noi che ne ho riconosciuto ogni avvenimento, dalla nipote di Mubarak all’accoglienza di Gheddafi circondato da un vero e proprio harem.

È un testo interessante e originale, i cui contenuti non si incontrano di frequente tra le pubblicazioni nostrane e immagino ancora meno tra quelle straniere. Se siete interessati ad approfondire il periodo coloniale italiano e le sue violenze troppo spesso taciute è una lettura che senza dubbio vi consiglio, io l’ho molto apprezzata nella sua ricchezza di elementi e di personaggi e mi ha lasciata anche con la necessità di approfondire ancora meglio il tema fondamentale che tratta -e questo per me è sempre un grande pregio- e il resto della produzione di Melandri.

Avete mai letto questa autrice italiana? 

Patrimonio

Il mio primo incontro consapevole con Philip Roth è avvenuto grazie al gruppo di lettura #gliambasciatorideilibri ed è stato "Patrimonio - Una storia vera", pubblicato da Einaudi editore. 

Specifico "incontro consapevole" perché molti anni fa, all'inizio dell'università, avevo letto "L'animale morente" senza saperne nulla, e oggi ne ricordo ben poco; avevo poi iniziato "Pastorale americana", ma non ero riuscita ad andare avanti.

Oggi dunque incontro Roth con un testo forse poco rappresentativo, breve e autobiografico, dedicato alla malattia e alla perdita del proprio padre anziano, che porta con sé inevitabilmente un carico di ricordi dell'infanzia e della vita adulta dell'autore, e soprattutto il riconoscimento di quella figura genitoriale così solida che comincia ad andare in pezzi.

Roth si interroga sul patrimonio, come dice il titolo, o per meglio dire sull'eredità che il padre potrà trasmettergli, avendo lui rinunciato a quella finanziaria. Lo fa accompagnando il padre in un percorso doloroso e difficile per entrambi, nell'accettazione di ciò a cui rassegnarsi è impossibile, ma che gli consente anche di percepire la ricchezza che gli resterà, ben maggiore di quella materiale.

"Patrimonio" è un testo intimo e personale, che toccherà inevitabilmente corde molto delicate per chi ha familiarità con i temi che contiene; è un libro toccante, che mi ha anche lasciato una grande curiosità di approfondire le opere letterarie dello scrittore che qui compare soprattutto come uomo e come figlio, ed in futuro ho intenzione di recuperare altri suoi libri.

Quali opere di Roth mi consigliate di leggere?