mercoledì 23 aprile 2025

Sensi

"Sensi" di Adania Shibli è un'opera precedente al più noto e premiato "Un dettaglio minore", e come quest'ultimo è stato da poco riportato nelle librerie italiane da La nave di Teseo, con una interessante postfazione della traduttrice Monica Ruocco.

Si tratta di un testo molto breve, che potrete leggere in un'unica sessione, suddiviso in cinque capitoli. Ha per protagonista una ragazzina di cui non sapremo mai il nome, che vive in una località della Palestina anch'essa mai nominata; siamo all'inizio degli anni '80, ma anche questo non viene mai esplicitato, ce ne rendiamo conto quando dai notiziari si coglie il nome di Sabra e Shatila (massacro avvenuto in Libano nel 1982 con la complicità dell'esercito israeliano in un campo profughi palestinese), nonostante lei non sia in grado di interpretare la notizia.

Come in "Un dettaglio minore", si coglie già qui la ricerca linguistica della scrittrice, che fa un lavoro finissimo di costruzione del testo attraverso le percezioni: dapprima quella visiva attraverso i colori, poi quella uditiva attraverso i suoni, per poi concentrarsi sui movimenti, sul suono delle parole e il loro significato quando si trasformano in scrittura, infine sulle linee. 

Attraverso questa osservazione ogni volta da un punto di vista differente vengono narrati i fatti, privati e piccoli ma anche simbolici di un intero paese, della vita della protagonista: la sua crescita, la morte di un fratello, l'incomprensione e l'oppressione familiare, il divieto di chiamare Palestina la propria terra, gli eccidi che passano nelle notizie. 

Non sono immediati i testi di Adania Shibli, chiedono al lettore concentrazione, in così poche pagine c'è una grande densità, una stratificazione di significato, scene che appaiono e ritornano elaborate in un modo diverso. Non avevo alte aspettative nei confronti di un libro così breve, invece al suo interno ho trovato più di quanto mi aspettassi, e se avete poco tempo per dedicarvi alla lettura ma volete riservarlo a titolo significativi questo potrebbe fare al caso vostro.

Qual è l'ultimo titolo palestinese che avete letto?

L'emporio del Cielo e della Terra

Quando termino una lettura con le lacrime agli occhi, sono certa di aver scelto il libro giusto al momento giusto, e mi è successo con "L’emporio del Cielo e della Terra" di James McBride, parte della mia lista dei desideri del dicembre scorso, che sono molto felice siano stati esauditi! Pubblicato da Fazi è il titolo più recente dell’autore, che ha all’attivo altri romanzi dei quali vorrei recuperare l’esordio ma anche "Il diacono King Kong".

Di origini ebraiche per parte di madre ed afroamericane dal lato paterno, l’autore descrive una comunità e grazie alle proprie radici non si tratta di appropriazione culturale, bensì di dare voce all’America degli anni '30 dove la pluralità degli abitanti creava realtà come quella di Chicken Hill in Pennsylvania, al centro di questa narrazione.

Si inizia con i coniugi Chona e Moshe, entrambi ebrei di origini est europee; mentre lui gestisce un teatro e organizza concerti è lei ad occuparsi proprio dell’emporio del titolo, senza mai rifiutarsi di fare credito a qualcuno ed essendo un punto di riferimento per tutti gli abitanti del vicinato, ebrei o afroamericani che siano.

Proprio per aiutare due di loro, Nate e Addie, i coniugi si offrono di nascondere in casa il piccolo Dodo, sordo e rimasto orfano, che il governo vuole rinchiudere in una struttura, dove non riceverebbe alcuna cura adeguata alle sue brillanti capacità, che non gli vengono riconosciute per via della disabilità.

La prima metà del romanzo ci cala nelle atmosfere del luogo, ci fa conoscere i suoi protagonisti, in particolare Chona, Moshe, Nate e Dodo, mentre la seconda metà ha un ritmo più sostenuto, un approccio più corale e si allontana dall’approfondimento psicologico per concentrarsi sull’agire del quartiere che si coalizza per cercare di liberare il ragazzino dal luogo orribile dove si trova intrappolato.

Corredato di un’introduzione e di un epilogo assolutamente riusciti (e nel secondo caso anche molto emozionanti) che ci trasportano a quarant’anni e più di distanza da quando i fatti sono avvenuti, "L’emporio del Cielo e della Terra" è un testo dove la famiglia non è fatta di legami di sangue, dove nel vicinato e nell’amicizia si trova la salvezza ma anche la redenzione, e anche chi ha subito tanti abusi ed ingiustizie può rendersi capace di gesti coraggiosi e riparatori. 

È un romanzo che racconta la pluralità americana della prima metà del Novecento, con il razzismo e le tensioni che l’hanno contraddistinta, ma anche la ricchezza che ha generato dove non è il DNA a rendere importanti l’uno per l’altro. 

Quest’autore è stato un’ottima scoperta e sono certa che approfondirò in futuro la sua produzione!

Avete già letto qualcuno dei suoi libri?

venerdì 18 aprile 2025

Shy

"Ode alla fanciullezza, poema della fragilità" c’è scritto nel risvolto di copertina di "Shy" di Max Porter, pubblicato da Sellerio all’inizio dell’anno in corso: non è il primo romanzo dell’autore, ma è il primo che leggo, attratta dalla notizia che ne sarà tratto un film con un attore che apprezzo moltissimo, Cillian Murphy.

"Shy" è un tasto breve, dove l’autore gioca con la lingua, con lo stile, con i font e la loro grandezza, in impaginazioni irregolari che passano da una facciata all’altra, in paragrafi ariosi pieni di spazi e poi invece fittissimi, concentrati in un flusso di coscienza difficile da sbrogliare, fatto della materia dei sogni.

La trama si riassume in poche righe. Shy è un adolescente negli anni '90; è stato affidato ad una struttura per minori con difficoltà, abusa di sostanze stupefacenti, litiga con la famiglia, fatica a trovare il proprio posto nel mondo, è pieno di rabbia e di solitudine. Scappa da quell’Ultima Chance, si porta dietro uno zaino pieno di pietre e in una notte seguiamo i suoi pensieri sconnessi che si mescolano agli incubi e ai ricordi, sentendoci d'un tratto ragazzini smarriti anche noi.

Non consiglierei questa lettura agli amanti della narrazione più tradizionale, che hanno bisogno di un inizio, di una fine, di uno svolgimento -non che questi elementi siano del tutto assenti, ma non seguono un ordine prestabilito e al lettore resta il compito di trarre significato di rimettere in fila le voci che si esprimono senza essere introdotte e i pensieri frammentati come cocci di vetro che ci sono presentati attraverso il filtro del protagonista narratore, inevitabilmente influenzato dalla propria età e prospettiva.

È un testo che si legge in pochissimo tempo, ma non per questo è superficiale: per me è stato una bella scoperta, perché di rado leggo testi creativi e sperimentali e questo lo è stato, senza tuttavia eccedere al punto da non rendermi in grado di apprezzarlo.

Avete già letto questo autore inglese?

Mai stati così felici

Con nessuna lettura sono a mio agio come nei romanzi familiari: quelli in cui ti immergi generazione dopo generazione, finché alla fine te ne senti parte. Per questo sin dalla prima pagina ho sentito che "Mai stati così felici" di Claire Lombardo, pubblicato da Bompiani, mi sarebbe piaciuto moltissimo, e non mi sbagliavo.

Al centro della storia abbiamo Marilyn e David: il loro amore sboccia a vent'anni e resiste nel tempo, tenace ed esclusivo, mentre mettono al mondo quattro figlie che faticheranno a sentirsi altrettanto complete con i partner che incontreranno in futuro. 

In un'alternanza di ricordi e narrazione del presente seguiamo lo sviluppo del loro matrimonio e l'allargarsi della loro famiglia: la nascita di Wendy, poi Violet, Liza e Grace. Una volte adulte, al tempo del racconto, Wendy elabora il lutto per il marito e la perdita della loro unica bambina mai nata, Violet si scontra con il tumultuoso ritorno in famiglia di Jonah, che aveva dato in adozione giovanissima, mentre ora è madre di due bimbi e moglie soddisfatta. Liza affronta una gravidanza ma anche una separazione, e Grace non accetta il rifiuto da parte delle facoltà di legge e la sua inesperienza in amore.

È riduttivo riassumere la trama di questo libro, che è fatto soprattutto di relazioni, di incomprensioni, di rivalità tra sorelle e di segreti, di sentimenti difficili da nominare ma anche di legami indissolubili che portano con sé speranza. Lombardo tratteggia protagonisti a cui ci si affeziona immediatamente, umanissimi e pieni di fragilità e di imperfezioni, che ci troviamo a capire pagina dopo pagina -per quanto mi riguarda, i miei preferiti sono stati Wendy e Jonah, i più soli, i più incompleti, i più abbandonati e messi alla prova.

Conta quasi settecento pagine questo romanzo, ma si divorano, non se ne sente affatto il peso grazie alla scrittura fluida, diretta, dai dialoghi che non hanno mai nulla di artificioso. Mi ha conquistata da subito, e quando l'ho terminato ho sentito che porterò con me i Sorenson ancora per parecchio tempo.

Qual è l'ultimo romanzo familiare che avete letto?

martedì 8 aprile 2025

I giorni di Vetro

In tantissimi mi avevano consigliato nell'ultimo anno "I giorni di Vetro" di Nicoletta Verna, pubblicato da Einaudi, e non sbagliavano: si è rivelato infatti un romanzo pienamente nelle mie corde.

Sebbene sia una storia di invenzione, troviamo in questo libro moltissima verità: le stragi nazifasciste, la guerra di liberazione in Romagna, l'attentato fallito al Grand Hotel Terme di Castrocaro (località al centro della narrazione), gli orrori del colonialismo italiano in Etiopia -l'autrice non ci risparmia nulla, e ne ha tutte le ragioni.

Due sono le protagoniste de "I giorni di Vetro": Redenta, nata a Castrocaro con la scarogna dopo tre fratelli morti, prima di tre sorelle vive, nipote della Fafina, donna indipendente e coraggiosa circondata dai piccoli bastardi lasciati alle sue cure, figlia dell'Adalgisa, che nonostante la remissività trova la forza di ribellarsi a Primo.
E poi c'è Iris, figlia di una maestra di Tavolicci, che si unisce alla lotta partigiana al fianco di Diaz, eroe della resistenza romagnola.

Sono accomunate da due uomini: Vetro, l'agghiacciante criminale fascista tanto amico del padre di Redenta che gliela concederà in sposa, e da Diaz, partigiano per Iris, compagno d'infanzia per Redenta, che lo conosce col suo vero nome -e che ha saputo perdonargli ogni torto, che ci sarà spiegato solo alla fine.

Verna alterna i punti di vista di queste giovani donne, mescola le loro storie di vita e i loro ruoli una volta scoppiata la guerra, intreccia i fili dei loro destini fino alla fine -fino ad una scatola di cartone con dentro ciò che resta di tanti anni di orrore e di morte. 
"I giorni di Vetro" è un romanzo la cui costruzione non vacilla mai, dove i tasselli s'incastrano, dove c'è una profonda ricerca storica ma anche linguistica nella parlata mischiata con i termini dialettali di Redenta: è un testo che mi ha emozionata, fatta arrabbiare, a volte nauseata, mai lasciata indifferente.

È stato nominato tra i candidati al premio Strega di quest'anno, e se lo merita davvero!
Avete già letto questo romanzo?

Tempi eccitanti

Di Sally Rooney ho letto, per il momento, "Parlarne tra amici" e "Persone normali": in entrambi i casi, soprattutto il primo, ho provato la sensazione di non essere il target per cui il romanzo era stato scritto, di aver ormai superato quella fase della vita e di non riuscire a provare empatia per i suoi personaggi.

Mi è capitato lo stesso con "Tempi eccitanti" di Naoise Dolan, irlandese anche lei e persino amica di Rooney, pubblicata in Italia da edizioni Atlantide: un testo estremamente contemporaneo che racconta la generazione dei poco più che ventenni, con la sua protagonista Ava expat dall'Irlanda ad Hong Kong dove insegna inglese ai bambini, fatica a pagare l'affitto con il suo modesto stipendio e sembra intenzionata a dimostrare nei confronti delle relazioni un distacco che non prova davvero.

Va a convivere con Julian, giovane banchiere dalla carriera in ascesa; i due vivono momenti di intimità ma al tempo stesso non danno un nome al loro rapporto e non si sentono reciprocamente impegnati. Poi incontra Edith, o Mei Ling, che di Hong Kong è originaria sebbene abbia studiato all'estero, ragazza impegnatissima e in carriera anche lei, e inizia una relazione con lei -simbolo della fluidità sessuale di una generazione decisamente meno ingabbiata della precedente.

Cosa penso di questa lettura? Che il suo pubblico più adatto di certo non sono io. Le parti che ho trovato più interessanti (quelle sul conflitto di classe, sul ruolo dell'immigrazione ad Hong Kong in base ai diversi paesi di provenienza, sulle origini irlandesi e le acute osservazioni linguistiche) sono purtroppo marginali rispetto ai dettagliati pensieri della protagonista sulle sue relazioni sentimentali e sessuali, che mi hanno parecchio annoiata.

Come nel caso di "Parlarne tra amici" credo che ai ventenni di oggi questo testo potrebbe piacere molto di più, perciò mi sento di consigliarlo soprattutto ad un pubblico più giovane di me, che potrà identificarsi maggiormente con i pensieri di Ava e le sue indecisioni.

Avete mai la sensazione di essere troppo cresciuti per certe letture?

martedì 1 aprile 2025

La seconda venuta di Hilda Bustamante

La letteratura latinoamericana non è il mio pane quotidiano, ma "La seconda venuta di Hilda Bustamante" di Salomé Esper, pubblicato da SUR, ha esercitato su di me un fascino a cui è stato impossibile sottrarmi.

In un paesino dell'Argentina del Novecento (non viene specificato, ma viene da supporlo per la nazionalità dell'autrice e per la totale assenza di riferimenti alla tecnologia contemporanea), la settantottenne Hilda è deceduta ormai da un anno, lasciando l'amato marito Alvaro, la nipotina Amelia a cui non la lega alcuna parentela di sangue e le sue amiche del circolo di preghiera, quando si risveglia qualche metro sottoterra e come se nulla fosse infrange tutti i vetri della città per poi tornarsene a casa.

Una trama surreale, ne convengo, un realismo magico che lascia spiazzati, mentre Alvaro e Amelia non provano altro che pura gioia nell'accoglierla di nuovo, mentre le Devote interpretano l'avvenimento come una nuova messianica resurrezione, mentre Hilda stessa non sa spiegarsi quanto accaduto.

Come descrivere questo libro? Un romanzo breve e dolceamaro sull'elaborazione del lutto, sui sentimenti che accompagnano una perdita, sulla difficoltà di accettare la separazione dai nostri cari: nulla di più reale insomma, in questa chiave fantasiosa che non ha bisogno di razionalità né di spiegazioni scientifiche. 

Non riesco ad essere oggettiva nella valutazione di questo libro, perché ha toccato delle corde molto personali, ragione per cui lo ho acquistato d'impulso in libreria. In diversi passaggi mi sono commossa, in molti altri ho preso fiato proiettando alcuni dei fatti narrati nella mia esperienza, ed è stato doloroso e tenero al tempo stesso. 

Se siete alla ricerca di una storia originale ma anche quotidiana, dove i sentimenti non mancano e l'autrice li racconta in una chiave bizzarra e coinvolgente, allora questo libro che è così breve da leggerlo in poche ore fa decisamente al caso vostro.

Qual è l'ultimo titolo latinoamericano che avete letto?