venerdì 27 dicembre 2024

LaRose

Prima ancora di averne letto uno, avevo cominciato a fare scorta dei romanzi di Louise Erdrich, tutti pubblicati da Feltrinelli editore: sentivo che sarebbe stata un’autrice nelle mie corde. Quando ho letto “L’anno che bruciammo i fantasmi”, ho capito di non sbagliarmi, ma poi è arrivato “LaRose” e qui mi ha conquistata del tutto.

Memori di un’antica forma di giustizia tribale, quando Landreux uccide in un incidente di caccia Dusty, il figlio di Peter Ravic e di Nola, la sorellastra di sua moglie, lui ed Emmaline offrono in cambio il loro ultimo genito LaRose, che sostituisce così il figlio perduto e il fratello di Maggie.

LaRose è il quinto del suo nome nella discendenza, ha ereditato un patrimonio di tradizioni dei nativi e una particolare sensibilità che gli fa percepire il mondo degli spiriti; è un bambino diviso tra due famiglie, che ne diventa il motore e il collante, creando legami dove avrebbero potuto esserci distanze insanabili.

In questa storia ci sono famiglie, dunque, ma anche antenati: la prima LaRose e quelle che le sono seguite, la resilienza, la fede, ma anche la brutalità delle scuole convitto determinate ad assimilare i nativi all’egemonia dei bianchi. Vi è passata la prima LaRose, ma vi sono stati anche Landreux e Romeo, e quest’ultimo vi aveva trovato una casa che non ha mai perdonato all’amico di avergli fatto perdere per via del suo piano di fuga.

Ci sono anche adulti che meditano vendetta in questa storia, come Romeo e Peter nei confronti di Landreux, ma la giustizia nelle mani del bambino LaRose che ha tolto le cartucce ad un fucile ripara i torti prima che sia troppo tardi, nell'equilibrio che contraddistingue i percorsi di questi protagonisti.

Capisci che hai amato un romanzo quando ne leggi centinaia di pagine, e quando lo termini vorresti trascorrere altre ore con i suoi personaggi: proprio questo mi è successo con “LaRose, con i suoi uomini fragili e orgogliosi, con le nuove possibilità che sembrano aprirsi per le generazioni più giovani, che andranno all’università, che sanno creare reti di sorellanza e protezione, che non temono la propria identità. 

Mi sono affezionata a questo microcosmo di umani, a Nola che brucia la propria sedia verde scegliendo di vivere, a Maggie così forte e così insicura che con LaRose protegge la propria madre, a Hollis concepito da Romeo ma cresciuto da Landreux, che si innamora di Josette e non sa come dirglielo. Sono stata alle loro partite di pallavolo, nelle residenze per anziani dove gli abitanti narrano storie del passato, nella stalla di Nola e all’albero di Dusty: Erdrich racconta una storia coerente e coinvolgente, un romanzo ricco e approfondito, che mi rimarrà nel cuore a lungo, e non vedo l’ora di approfondire la sua pluripremiata produzione.

Conoscete questa autrice?

La confezionista

Ormai un paio di anni fa ho letto "Quel che si vede da qui" di Mariana Leky, un romanzo che avevo trovato delizioso, in bilico tra il realismo magico (okapi che appaiono in sogno preannunciando un imminente decesso) e sentimenti estremamente genuini e terreni. 

Sempre pubblicato da Keller editore è arrivato poi in libreria "La confezionista", che forse mi è piaciuto addirittura di più: condensate in appena duecento pagine ci sono un'improvvisa storia d'amore che si trasforma in elaborazione del tradimento e del lutto, e poi un percorso di rinascita al fianco di personaggi alquanto bizzarri, un giovane pompiere appassionato di film di karate e il fantasma di un professore di lettere classiche la cui moglie gli è stata più volte infedele.

Katja, la protagonista di questa storia, vive un momento di particolare fragilità quando sulle scale del suo palazzo incontra Blank, che sembra visibile soltanto a lei. Mentre il gigantesco fenicottero di porcellana ricevuto per le sue nozze va in frantumi, mentre la sola idea di nutrirsi e lavarsi le pare insopportabile, la presenza confortante di Blank a ricordarle come tornare a provare emozioni è un toccasana, [che le permette di aprirsi all'incontro con Armin e all'accogliere poi in sé una nuova vita.] 

Katja è un personaggio che ispira una grande tenerezza ma in cui è anche immediato riconoscersi, pensando ai propri momenti di maggiore sofferenza e difficoltà, quando ci siamo sentite abbandonate, sole, in balia di un destino mai scelto. Ho trovato "La confezionista" estremamente struggente, mentre i buchi comparivano sul corpo di Blank lasciando guardare attraverso ad un futuro faticosamente guadagnato, grazie ad un legame improbabile e salvifico, mi preparavo a quella separazione inevitabile ma non ho potuto evitare di commuovermi.

Keller editore ci regala con il suo catalogo un ennesimo titolo che arriva dritto al cuore, e che io mi terrò stretto nella mia biblioteca personale.

Qual è l'ultimo libro che vi ha emozionati?

venerdì 20 dicembre 2024

Il dio dei boschi

Tra me e Liz Moore è stato amore con "I cieli di Philadelphia": un romanzo di narrativa con un pretesto thriller. Sempre pubblicato da NN Editore anche "Il dio dei boschi" ha un avvio simile per la narrazione, e non vedevo l'ora di leggerlo dal giorno dell'uscita!

Nell'estate del 1975, al campo estivo Emerson nella riserva della facoltosa famiglia Van Laar, la tredicenne Barbara scompare. Dei Van Laar Barbara è la seconda figlia: il primo, Bear, è scomparso nello stesso luogo quattordici anni prima, senza mai essere ritrovato.

Dunque "Il dio dei boschi" ruota attorno a questo doppio caso di scomparsa, e anche all'indagine svolta dalla giovane investigatrice Judy, ma non aspettatevi soltanto un thriller: è infatti soprattutto un romanzo di conflitto di classe, tra i proprietari della tenuta e i loro ricchi amici invitati alle feste e tutte le persone che invece lavorano sul posto alle dipendenze della famiglia, come la responsabile del campo estivo, T.J., e Louise, la responsabile del gruppo di Barbara. 

È un romanzo di donne di ogni età oppresse dalle convenzioni sociali, dallo strapotere dei maschi e del denaro: Louise che spera in un matrimonio che risollevi la situazione economica per sé e per il fratello (e in nome di questo accetta la violenza e la noncuranza di John Paul), Judy che si ribella al controllo del padre che non accetta che possa vivere da sola senza essere sposata, T.J. che non si adegua agli stereotipi a cui le donne dovrebbero adeguarsi, e soprattutto Alice, sposa troppo giovane, mai abbastanza adeguata, [il cui ruolo di madre viene limitato al punto da spingerla a diventare la causa della morte del suo stesso figlio Bear, annegato in barca con lei sotto ad un diluvio, evento del quale non conserverà memoria e che tutti le nasconderanno per i decenni successivi].

Il ritmo della narrazione è incalzante, grazie ai capitoli brevi che passano dagli anni '50, al 1961 al 1975 in ordine sparso, focalizzandosi su punti di vista diversi. Nonostante le atmosfere siano principalmente cupe e inquietanti, ho apprezzato molto lo sviluppo della trama e la sua conclusione [Barbara infatti spezza il cerchio delle imposizioni familiari e con l'aiuto di T.J., che si è occupata di lei fin dalla primissima infanzia e non si è mai piegata alle consuetudini sociali e per questo viene etichettata come eccessivamente maschile, riesce a rifugiarsi nei boschi dove attenderà di crescere fino all'età dell'indipendenza], che chiude il cerchio in maniera coerente e ottimista verso il futuro delle nuove generazioni [se non c'è stata salvezza per Alice, ci sarà per Barbara].

Quali romanzi dell'autrice avete letto?

giovedì 12 dicembre 2024

La cicala dell'ottavo giorno

"La cicala dell’ottavo giorno" di Mitsuyo Kakuta, che trovate in libreria pubblicato da Neri Pozza, è un romanzo giapponese molto lontano dalle atmosfere rarefatte e delicate di romanzi più popolari, come quelli di Banana Yoshimoto o la famosa serie del caffè in cui si può viaggiare nel tempo: se dovessi trovare una similitudine mi verrebbero in mente piuttosto i titoli di Natsuo Kirino, oppure il noir "L’uomo che voleva uccidermi" -anche se qui non c’è spazio per omicidi e violenze. 

La storia infatti inizia negli anni '80, quando una giovane donna tremendamente delusa dal suo amante rapisce la figlioletta neonata dell’uomo e della moglie di lui, senza averlo per nulla pianificato. Così lei e la bambina si trovano a vivere da latitanti per diversi anni, nascondendosi dalla società dove possono, che sia la casa di un’eccentrica anziana o la residenza di una vera e propria setta.

Certo, la protagonista commette un crimine, ma leggendo questo romanzo, pagina dopo pagina, specialmente quando dopo tanti giorni raccontati nel diario di lei ci troviamo nella seconda parte in cui viene data voce alla bambina, ormai diventata donna, e le nostre convinzioni si ribaltano.

[Infatti quella coppia di genitori a cui la piccola è stata sottratta tutt’altro erano che una famiglia equilibrata e felice, capace di provvedere come avrebbero dovuto alla crescita di una minore, mentre non si può certo dire lo stesso della donna che sebbene non ne avesse diritto aveva allevato quella stessa bimba con tutte le risorse possibili, non facendola mai sentire trascurata o maltrattata.]

Dunque questo romanzo è soprattutto una riflessione sulla genitorialità, su cosa significhi essere adatti in quanto genitori e quale possa essere il significato di una famiglia, ma anche le conseguenze in società per una donna illusa da un amante, privata della possibilità di essere madre e perseguitata dalla moglie di lui.

Nonostante in alcuni punti il ritmo della narrazione rallenti, "La cicala dell'ottavo giorno" mi ha coinvolta molto e ho apprezzato il rovesciamento del punto di vista. In entrambi i casi in prima persona ci fa conoscere da vicino le protagoniste di questa vicenda e mette in discussione tutte le convinzioni sul giusto e lo sbagliato che il lettore può essersi costruito inizialmente, tinto delle atmosfere del noir. 

È un testo che si rivela soprattutto un romanzo psicologico, che accompagna diversi anni di vita delle protagoniste e per me si è rivelato una piacevole lettura: ve lo consiglio se siete alla ricerca di un romanzo giapponese lontano dai luoghi comuni.

Qual è l’ultimo romanzo asiatico che avete letto?

Bambino

 Con "Bambino", pubblicato da Einaudi, Marco Balzano torna al romanzo storico, genere che gli riesce meglio (il suo titolo che preferisco è "Resta qui"). Chiude una sorta di cerchio aperto proprio con "Resto qui" dedicato al confine orientale e si sposta a Trieste, alla zona di confine del Friuli Venezia Giulia dove prima dell'ascesa del Fascismo numerose culture e nazionalità convivevano in uno spazio d'incontro -italiani, sloveni, croati, ungheresi. Si sposta nella Trieste del Narodni Dom in fiamme, della risiera di San Sabba, dell'occupazione nazista.

Dopo i precedenti romanzi in cui i soggetti sono stati le vittime della storia, qui guardiamo il mondo attraverso gli occhi del carnefice: Mattia Gregori, soprannominato Bambino, fascista prima, delatore poi. Mattia è Bambino per il suo aspetto infantile (e dunque poco virile per le camicie nere), è Bambino per la ricerca della madre biologica mai conosciuta; per la violenza incontrollata, per l'assenza di ideologia e coscienza politica con cui arriva al fascismo, per stare dalla parte dei più forti.

Lo dico: empatia per Mattia ho faticato a provarne, troppo convinte le mie posizioni, troppo inaccettabili i suoi comportamenti. Per fortuna c'è Nanni, il padre orologiaio, un uomo integerrimo e antifascista, disposto ad accogliere, amare e proteggere Mattia ogni volta, pur conoscendone anche i lati peggiori.

Questo è un romanzo di uomini (o di bambini): i personaggi femminili sono sullo sfondo, più desiderati o rimpianti che reali. È un romanzo in cui ci si chiede quale umanità resti in chi fa del male, ed è una domanda a cui è molto difficile rispondere, anche scavando per decenni nell'anima di Mattia.

Ho trovato difficile e disturbante mettermi nei suoi panni, ma ho apprezzato molto la capacità dell'autore di farmi uscire dalla mia zona di comfort. 

Qual è l'ultimo romanzo italiano che avete letto?

venerdì 6 dicembre 2024

Il libro di Natale

"Il libro di Natale" di Selma Lagerlof, pubblicato da Iperborea, è una raccolta di otto racconti dell'autrice vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 1909, pubblicati per la prima volta tra il 1901 e il 1933.

Si tratta di testi molto brevi ma variegati, che mescolano paganesimo e cristianesimo, tradizioni e credenze popolari che affondano le radici nel medioevo norreno e pratiche religiose concrete e quotidiane, dove oggetti simbolici come le trappole per topi rappresentano l'esistenza umana e il rapporto tra Dio e le persone.

Il luogo a cui tutti questi racconti ruotano attorno è la regione svedese del Varmland, dove l'autrice è nata e cresciuta; nel primo racconto, "Il libro di Natale", si rievoca la sua casa dell'infanzia, che la famiglia fu costretta a vendere dopo la morte del padre nel 1885, ma che Selma poté riacquistare con il denaro della vittoria del Premio Nobel. È uno tra i racconti che ho preferito, che conquista il lettore con il pensiero della Vigilia di Natale trascorsa in compagnia di un nuovo libro, appena ricevuto in dono.

Tra i personaggi ci sono gli animali, come nella tradizione delle fiabe dotati di pensieri e sentimenti vicini a quelli umani: i pettirossi che si guadagnano il colore delle piume avvicinandosi al Cristo in croce, il cavallo che cerca la protezione del proprio umano il giorno di Capodanno, quando si designeranno le vittime degli animali feroci dell'anno che viene.

Vi è anche la presenza dell'infanzia, con la sua innocenza ma anche la sua prepotenza: c'è il Giuda bambino di "A Nazareth" in bilico tra l'affetto e la gelosia per Gesù, c'è la piccola viziata che arriva a credersi "La principessa di Babilonia", e anche l'autrice stessa nei suoi ricordi della Vigilia.

Selma Lagerlof ci regala una raccolta adatta a una vasta quantità di lettori, che troveranno tra i racconti i loro preferiti, a seconda della propria fede religiosa o di un'inclinazione più laica. Io ho apprezzato in particolare, oltre al già citato brano dedicato alla Vigilia di lettura, "La trappola per topi": metafora della società umana in cui un vagabondo indotto in tentazione al furto si riscatta quando viene accolto e rispettato per Natale.

Quali racconti di Natale avete letto quest'anno?

giovedì 5 dicembre 2024

La notte rossa

Difficile definire "La notte rossa" di Rebecca Godfrey, pubblicato da NN editore: senza dubbio si inscrive nel genere True Crime, ma sarebbe riduttivo definirlo una semplice cronaca di un fatto realmente accaduto.

L’autrice, infatti, che quando ha iniziato a scriverlo era soprattutto un'artista desiderosa di scavare più in profondità nella questione, ha conosciuto personalmente diversi dei protagonisti della vicenda e ha seguito in prima persona processi e dibattimenti, che riporta quindi con estrema fedeltà e accuratezza.

Ma qual è la storia vera che "La notte rossa" racconta? È il brutale omicidio della giovanissima Reena Virk, massacrata di botte e poi annegata in un’escalation di violenza conseguenza del bullismo e della perdita di controllo dei coetanei che la circondavano. Un fatto talmente incredibile per la piccola comunità canadese dove Reena viveva con la famiglia che per una settimana nessuno credette che potesse essere successo davvero e nessuno si decise a cercare il corpo nonostante la scomparsa di Reena fosse una realtà.

Ne "La notte rossa" adolescenti come tanti si trasformano in assassini in un modo incomprensibile persino a se stessi. È una fiaba nera di autodistruzione e di violenza che si svolge al di sotto di un ponte, di conseguenze per i propri gesti che non si possono fermare, di rimorsi che condizionano un’esistenza e di colpe che non potranno essere riparate -al punto che, data la loro giovanissima età, sarà inevitabile provare empatia.

Impareremo a conoscere alcuni di loro più approfonditamente di altri e in certi casi davvero ci sembrerà impossibile che si siano macchiati di un tale crimine -credo che l’esempio migliore di questo sia Warren. Seguiamo le loro vite dal 1997 per quasi vent’anni, e l’autrice è capace di descrivere così bene ogni scena che sembra di averla sotto gli occhi e il suo testo non annoia mai.

Paragonato al famoso "A sangue freddo", mia enorme lacuna letteraria, "La notte rossa" è una lettura che consiglio caldamente a tutti gli amanti del True Crime e a tutti coloro che sono interessati al fenomeno del bullismo e alle estreme conseguenze a cui esso può portare se sottovalutato.

Ero così curiosa di arrivare alla fine di questo testo che me lo sono divorato in un paio di giorni e ora sono curiosa anche di guardare la serie che ne è stata tratta, "Under the Bridge"!

Qual è l’ultimo testo del genere che avete letto?