Prima ancora di averne letto uno, avevo cominciato a fare scorta dei romanzi di Louise Erdrich, tutti pubblicati da Feltrinelli editore: sentivo che sarebbe stata un’autrice nelle mie corde. Quando ho letto “L’anno che bruciammo i fantasmi”, ho capito di non sbagliarmi, ma poi è arrivato “LaRose” e qui mi ha conquistata del tutto.
Memori di un’antica forma di giustizia tribale, quando Landreux uccide in un incidente di caccia Dusty, il figlio di Peter Ravic e di Nola, la sorellastra di sua moglie, lui ed Emmaline offrono in cambio il loro ultimo genito LaRose, che sostituisce così il figlio perduto e il fratello di Maggie.
LaRose è il quinto del suo nome nella discendenza, ha ereditato un patrimonio di tradizioni dei nativi e una particolare sensibilità che gli fa percepire il mondo degli spiriti; è un bambino diviso tra due famiglie, che ne diventa il motore e il collante, creando legami dove avrebbero potuto esserci distanze insanabili.
In questa storia ci sono famiglie, dunque, ma anche antenati: la prima LaRose e quelle che le sono seguite, la resilienza, la fede, ma anche la brutalità delle scuole convitto determinate ad assimilare i nativi all’egemonia dei bianchi. Vi è passata la prima LaRose, ma vi sono stati anche Landreux e Romeo, e quest’ultimo vi aveva trovato una casa che non ha mai perdonato all’amico di avergli fatto perdere per via del suo piano di fuga.
Ci sono anche adulti che meditano vendetta in questa storia, come Romeo e Peter nei confronti di Landreux, ma la giustizia nelle mani del bambino LaRose che ha tolto le cartucce ad un fucile ripara i torti prima che sia troppo tardi, nell'equilibrio che contraddistingue i percorsi di questi protagonisti.
Capisci che hai amato un romanzo quando ne leggi centinaia di pagine, e quando lo termini vorresti trascorrere altre ore con i suoi personaggi: proprio questo mi è successo con “LaRose, con i suoi uomini fragili e orgogliosi, con le nuove possibilità che sembrano aprirsi per le generazioni più giovani, che andranno all’università, che sanno creare reti di sorellanza e protezione, che non temono la propria identità.
Mi sono affezionata a questo microcosmo di umani, a Nola che brucia la propria sedia verde scegliendo di vivere, a Maggie così forte e così insicura che con LaRose protegge la propria madre, a Hollis concepito da Romeo ma cresciuto da Landreux, che si innamora di Josette e non sa come dirglielo. Sono stata alle loro partite di pallavolo, nelle residenze per anziani dove gli abitanti narrano storie del passato, nella stalla di Nola e all’albero di Dusty: Erdrich racconta una storia coerente e coinvolgente, un romanzo ricco e approfondito, che mi rimarrà nel cuore a lungo, e non vedo l’ora di approfondire la sua pluripremiata produzione.
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