lunedì 19 marzo 2018

La settimana bianca

Una scomoda verità e gli incubi nel sonno e nella veglia sono gli elementi centrali di questo romanzo breve, che solo sul finale distingue la realtà dall'immaginazione del protagonista. Raramente devo sbirciare la conclusione quando sono solo alle prime pagine di lettura: in questo caso mi è successo.



Titolo: La settimana bianca
Autore: Emmanuel Carrère
Anno della prima edizione: 1995
Titolo originale: La classe de neige
Casa editrice: Adelphi
Traduttrice: Maurizia Balmelli
Pagine: 139



LA STORIA

Nicolas parte per la settimana bianca (in realtà sono previste due settimane di soggiorno) in una località sciistica sulle Alpi svizzere insieme ai suoi compagni di classe. Sono bambini che frequentano la scuola primaria, hanno ancora il timore di fare la pipì a letto e stare lontani dalle proprie famiglie, ma il più apprensivo è senza dubbio il padre di Nicolas: teme talmente per la sicurezza del figlio che si incarica lui stesso di accompagnarlo in automobile, evitandogli così il viaggio in pullman.
Nicolas è un bambino molto timoroso e timido, con numerose difficoltà di socializzazione: la vacanza sulla neve è per lui motivo di ansia, soprattutto dal momento in cui si accorge di aver dimenticato il proprio zaino nell'auto del padre, il quale non torna per restituirglielo nei giorni successivi. Nella mente di Nicolas si affollano allora immagini terrificanti, prima tra tutte quella di un incidente mortale di cui il padre sarebbe stato vittima, in parte provenienti da un libro intitolato "Storie spaventose" che aveva trafugato dalla libreria di casa e lo aveva impressionato profondamente con i suoi macabri racconti del terrore.
Gli orrori però non esistono solo nella fantasia infantile di Nicolas, ma si verificano anche nella realtà innevata che circonda lui ed i suoi coetanei impegnati nelle lezioni di sci: nei dintorni infatti scompare un bambino della loro età, ed i gendarmi avviano immediatamente le ricerche.

[foto mia, marzo 2018]

COSA NE PENSO

I veri avvenimenti si verificano al margine della storia che ci viene raccontata da Carrère, quasi fuori fuoco: in primo piano infatti vi è sempre Nicolas, con i suoi pensieri e le sue paure, il crescente senso di angoscia -l'autore stesso ha dichiarato in proposito di essere stato sempre più terrorizzato man mano che la stesura del romanzo procedeva.
Gli adulti di questa storia  sono incapaci di rassicurare Nicolas, incapaci persino di trovare le parole adeguate per spiegargli l'orrore che accade a pochi passi dallo chalet dove lui si rifugia tra divani e coperte; perfino Patrick, istruttore che più di tutti è entrato in sintonia con il bambino, non ha il coraggio di rivelargli la verità che neanche al lettore viene mai apertamente comunicata, se non tramite indizi come tessere di un puzzle che ricostruiamo da noi. 
L'inquietudine è crescente pagina dopo pagina, quasi intollerabile; Carrère rende alla perfezione il punto di vista di un protagonista bambino, innocente e spaventato, che vorrebbe sottrarsi alla ineluttabile realtà, quella che comprende dalle parole dette di nascosto da Patrick alla sua insegnante:
Ti immagini, portarsi dietro una cosa simile? Che vita potrà mai avere?
È un destino segnato quello che attende Nicolas, ed il lettore ne è consapevole, ancora pervaso com'è dall'oppressione che questa lettura, breve ma intensa, ci lascia. Quello di Carrère è un romanzo pieno di non detti, di flashback che ci svelano particolari fondamentali in un modo che pare quasi casuale ma che è invece architettato alla perfezione. Ho letto raramente un noir così ben congeniato e tuttavia insolito, dove né il mostro né la vera e propria vittima (nel senso tradizionale del termine: la vittima diretta della violenza) hanno un ruolo da protagonisti. Qui il personaggio principale è invece colui che ne subisce gli effetti collaterali, ed è senza dubbio un'ottima strategia che dà vita ad un riuscitissimo romanzo capace di tenere incollati alle pagine, divorati dal progressivo aumento della tensione. 


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