lunedì 20 gennaio 2020

Fratello grande

Il mio primo incontro con il Premio Goncourt (uno dei più prestigiosi premi letterari francesi) è stata la lettura di "Ninna nanna" di Leila Slimani, romanzo che avevo apprezzato molto un paio di anni fa. Di recente sono stata attratta dal titolo che nel 2019 si è aggiudicato il premio dedicato alle opere prime, e anche questa si è rivelata una scoperta molto interessante.



Titolo: Fratello grande
Autore: Mahir Guven
Anno della prima edizione: 2018
Titolo originale: Grand frère
Casa editrice: E/O
Traduttrice: Yasmina Melaouah
Pagine: 272



LA STORIA

Fratello grande è sulla trentina, è un autista Uber, dopo una tarda adolescenza piuttosto turbolenta si impegna a rigare dritto anche grazie ad un poliziotto che gli fa un po' da guardiano, un po' da angelo custode. La mamma, bretone, è morta da anni; il papà, siriano, è un tassista che non sopporta la concorrenza degli autisti come suo figlio, ma ci tiene ad averlo a cena ogni venerdì.
Fratello piccolo è l'altra faccia della medaglia: da anni non si sa più niente di lui, che era un bravo ragazzo, un infermiere, interessato agli aspetti più spirituali dell'esistenza. Non si sa più nulla di fratello piccolo, soltanto un'e-mail dove dichiara di essere in Mali, ma tutti sono convinti che sia andato in Siria: forse a curare i feriti, forse a combattere.
Finché una sera, mentre lavora, a fratello grande sembra di riconoscere la sagoma di fratello piccolo che scende da un pullman proveniente dalla Germania...

COSA NE PENSO

"Fratello grande" è un romanzo a due voci: i capitoli alternano i punti di vista dei due fratelli, dei quali scopriremo i nomi soltanto alla fine. Li vediamo crescere, attraverso i flashback con i quali arricchiscono il loro racconto del presente; li vediamo fianco a fianco, da alleati, rivivere un'infanzia serena.
La nostra era una famiglia normale. Il vecchio era venuto in Francia a metà degli anni Ottanta, per proseguire gli studi. La mamma studiava arabo all’Istituto di lingue orientali. Lì lui teneva dei corsi, anche se il suo francese faceva schifo. Lei era una sua allieva. E tra i due ha funzionato. Hanno trovato soluzioni per tutto. La casa, il matrimonio, e persino per la fede nuziale. Papà soldi non ne aveva, ma li hanno trovati. L’unico problema era che non aveva il dito per portarla. Gli avevano tagliato l’anulare quando era in prigione. Incollava manifesti per strada e l’hanno beccato gli uomini del padre di Bashar. E gli è andata anche bene, a lui.
Li vediamo poi ragazzi della periferia parigina. Vediamo fratello grande muoversi nella capitale provata dagli attacchi terroristici alla redazione di Charlie Hebdo e al Bataclan, la Parigi che squadra con sospetto i suoi abitanti dai lineamenti arabi, divenuti potenziali criminali. 
Tutte le settimane c’è uno che ti dice che ci saranno degli attentati o un attacco. Alla fine ce ne sono stati tre. Robe proprio brutte. La sera del Bataclan ho pensato che per noi era finita. Che dovevamo tornarcene tutti nei nostri paesi. Blindati sulle navi e negli aerei. Addio assistenza sanitaria, addio iPhone, la pensione, i centri commerciali, il calcio, la scuola, le tasse, le strade pulite, la macchina e tutto quello che ci offre questo paese. Ho tremato come nessuno nella cité, tranne quelli che come me hanno il sangue del loro sangue scappato nel deserto.
Fratello grande e fratello piccolo hanno avuto un'educazione laica da parte dei genitori: non si fa accenno alla religiosità della madre, il padre è comunista, probabilmente ateo. 
«Che Allah ci berdoni! Che Allah ci berdoni! Ma cosa ribetere tu? Cosa sabere tu di religione? Lascia stare. Siriano non è arabo. È nazionalità, non etnia. Io mezzo arabo, mezzo curdo, ma brima tutto comunista».
È stata la nonna, emigrata dalla Siria allo scoppio della guerra civile, ad aver insegnato loro a pregare; la spiritualità di fratello piccolo è sempre stata molto accentuata, ma nessuno ne avrebbe potute prevedere le conseguenze. In fratello piccolo i discorsi sull'infinito, la morte prematura della madre, gli imam del quartiere si mescolano e agiscono lentamente, in un percorso di lenta radicalizzazione che lo porta lontano dalla sua vita di sempre, a sognare altri luoghi dove portare il suo nuovo concetto di giustizia.
Perché all’epoca io volevo morire per raggiungere lei. Che se n’è andata per colpa mia. Tu non l’hai mai saputo, ma quel suono mi ha tirato fuori dal buio dove mi trovavo, perché voleva dire tutto. Da quel giorno, fratello, ho deciso che volevo salvare il mondo.
"Fratello grande" è un romanzo scritto da un giovane autore che con i suoi protagonisti condivide parte delle proprie origini (Guven infatti, classe 1986, è figlio di un padre curdo). Fino a questo potente romanzo d'esordio si è concentrato su una carriera nella finanza, che ha oggi abbandonato per dedicarsi ad altri progetti -creativi, si suppone basandosi sul successo riscosso con quest'opera.
In "Fratello grande" troviamo il percorso di due ragazzi come tanti, personaggi caratterizzati in modo assolutamente credibile a partire dal loro linguaggio, che mescola terminologie ereditate dall'arabo paterno ad uno slang giovanile delle periferie parigine. 
I due fratelli sono alla ricerca della propria identità, si sentono nel mezzo, mentre uno si dedica agli studi universitari l'altro si arruola, poi ritorna, trova un equilibrio; quello dei due che pareva il più equilibrato invece si perde. Guven ci racconta l'essere in bilico, non sentirsi né francesi né siriani, eppure sentirsi entrambi: una condizione sempre più presente al giorno d'oggi, sempre più rilevante per l'attualità e da approfondire in letteratura.
Niente colonna vertebrale: né davvero francesi, né davvero siriani, né davvero autoctoni, né davvero immigrati, né cristiani, né musulmani. Quindi stranieri per definizione, senza neanche sapere perché lo siamo.
C'è un altro aspetto del quale mi piacerebbe parlare per spiegarvi davvero quanto "Fratello grande" meriti di essere letto, ma svelerei davvero troppo del suo contenuto e vi rovinerei l'effetto sorpresa che porta con sé: quindi fidatevi, e leggete questo romanzo d'esordio fino alla fine. Sappiate che se ne trovano di rado costruiti con tanta abilità!

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