giovedì 3 agosto 2023

Bambini nel tempo

 In "Bambini nel tempo", terzo romanzo di Ian McEwan pubblicato nel 1987 e portato in Italia da Einaudi editore, dopo due opere brevi, macabre e folgoranti si intravede l'autore che verrà: quello dei romanzi complessi, psicologici, introspettivi, che sviluppano un protagonista e gli creano attorno un universo, disattendendo le aspettative su quella che di primo acchito potrebbe sembrare la trama.

Stephen è uno scrittore, sposato con Julie, una violinista, e hanno una bambina di tre anni, Kate; una mattina, al supermercato, la figlia scompare nel nulla. Potrebbe nascere da qui un'indagine, una furibonda, disperata ricerca alla bambina perduta; invece seguiamo Stephen negli anni successivi nel tentativo di elaborarne l'assenza, mentre partecipa ad un progetto governativo sull'educazione, impara l'arabo, perfeziona il tennis.

L'infanzia è il cardine di questo romanzo: l'infanzia interrotta e perduta di Kate, ma anche la regressione di Charles, e la visione di Stephen a cui è sembrato di assistere al dialogo tra i propri genitori in cui si è deciso se sarebbe venuto alla luce o meno. C'è l'infanzia ma in modo tutt'altro che ingenuo, innocente e idilliaco: è un'infanzia spezzata, senza speranza, almeno fino alla conclusione del romanzo che giunge inaspettata [si scopre infatti che Julie è rimasta nuovamente incinta, ha elaborato la scomparsa di Kate e partorisce un nuovo figlio di Stephen, un nuovo inizio per la loro coppia]. 

McEwan intreccia lo scavo psicologico alle digressioni sulla politica inglese degli anni '80, a paragrafi che rievocano la seconda guerra mondiale e le missioni in Nord Africa dei membri della RAF, alle teorie sull'educazione più o meno all'avanguardia. Crea un romanzo profondo, stratificato, come al solito scritto in maniera così brillante e magnetica che se ne viene avviluppati indipendentemente dal ritmo della narrazione: già agli albori della sua carriera, un libro che non mi ha delusa per nulla.

Qual è il vostro McEwan preferito?

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