giovedì 19 aprile 2018

Carrie

Tra i primi romanzi dell'indiscusso re dell'orrore c'è Carrie: scritto in realtà dopo altri tre titoli (Ossessione, La lunga marcia e L'uomo in fuga) che però vennero pubblicati più tardi e probabilmente grazie al successo che ebbe questo breve, folgorante romanzo. Estremamente diverso per struttura e lunghezza dal corposo e complesso It (di cui ho già scritto qui), è rimasto tuttavia fino ad oggi una tra le mie letture preferite. 





Titolo: Carrie
Autore: Stephen King
Anno della prima edizione: 1974
Casa editrice: Bompiani
Traduttrice: Brunella Gasperini
Pagine: 224



LA STORIA


Carrie White frequenta il liceo di Chamberlain, una cittadina del Maine. Sua madre è una fanatica religiosa, ossessionata da ciò che ritiene sia peccaminoso ed osceno, al punto da condannare come diabolica la pubertà (peraltro tardiva) della figlia sedicenne. Con i suoi abiti fuori moda, il suo aspetto trascurato ed il suo essere del tutto estranea alla quotidianità dei suoi coetanei, Carrie è il bersaglio perfetto dei bulli della scuola; la sua aria apatica ed inoffensiva sembra tirar fuori il peggio anche da ragazze dalle quali non ce lo si aspetterebbe mai, ed addirittura da alcuni insegnanti. Carrie però è molto più di una strana ragazzina vittima di una madre con gravi disturbi: Carrie ha un potere, la telecinesi, che non riesce quasi mai a tenere sotto controllo ma si scatena nei momenti di maggiore stress per la ragazza. Goccia dopo goccia, umiliazione dopo umiliazione, il vaso della pazienza di Carrie trabocca al ballo della scuola, evento cruciale attorno al quale ruota l'intero libro, durante il quale la vera natura di Carrie non potrà evitare di manifestarsi e ribellarsi a tutti coloro che l'hanno derisa e vessata per tanto tempo.

Piper Laurie e Sissy Spacek in una scena del film
"Carrie - Lo sguardo di Satana" di B. De Palma (1976)
COSA NE PENSO

L'ispirazione per questo romanzo venne a Stephen King anni prima di scriverlo, come racconta nel suo testo "On writing", dalla lettura di un articolo sulla telecinesi e da un episodio immaginato nello spogliatoio delle ragazze all'università che suo fratello frequentava. Qui, mentre lui ed il fratello erano intenti a pulire macchie di ruggine  nelle docce per il loro lavoro estivo, immaginò una scena di ragazze in un ambiente simile privo di privacy, ed il menarca di una ragazza del tutto inconsapevole di quanto le stesse accadendo, ragazza a quel punto aggredita dalle coetanee che la deridevano lanciandole addosso assorbenti interni ed esterni. Non vi è dubbio che chiunque abbia letto Carrie troverà questa scena alquanto familiare...
Stephen King però non credette subito in questo romanzo. Di diversa opinione fu per fortuna sua moglie, che lo convinse a riconsiderare la sua posizione ed insistere nella stesura di quello che sarebbe diventato il primo di una lunga serie di successi. Nel periodo in cui iniziò a scriverlo, nel 1973, aveva un impiego come insegnate e quando gli venne alla mente la figura di Carrie questa non riuscì a coinvolgerlo sul piano emotivo, anzi provò nei suoi confronti una certa antipatia, in quanto passiva e perfetta nel ruolo della vittima di bullismo. Nonostante ciò, o anzi proprio per questo, King scrive che nessuno dei suoi personaggi è mai stato in grado di insegnargli tanto quanto Carrie White: Carrie lo spinse infatti ad indagare nelle sue memorie di liceale, per riportare alla mente due tra le compagne più isolate e prese di mira che avesse mai avuto. Ripercorrendo le loro infelici adolescenze, la crudeltà dei compagni e la spietatezza di cui il destino sa essere capace, Carrie diventò almeno in parte comprensibile ed un personaggio per cui King poteva provare compassione


Sissy Spacek e William Katt in una scena del film
"Carrie - Lo sguardo di Satana" di B. De Palma (1976)
Carrie è a mio parere IL romanzo sul bullismo. Dei tanti che ho letto negli anni, nessuno ha saputo essere incisivo quanto questo, nessuna vittima ha saputo essere convincente quanto Carrie White, nessun altro autore ha saputo come King descrivere le dinamiche interne ai gruppi di adolescenti, di cui fanno parte sì i bulli, ma anche un'ampia maggioranza complice, spesso silenziosa, talvolta parte attiva nelle vessazioni (Susan Snell ne è un esempio perfetto).
Chiunque sia stato vittima di bullismo sa di cosa parla Carrie: chiunque ricordi quel portone che si spalancava sull'abisso di un'altra interminabile giornata scolastica, i gradini da salire un giorno dopo l'altro fino all'aula dove il tempo sembrava non passare mai. Siamo stati Carrie, oppure siamo stati Susan Snell, oppure ancora siamo stati Chris, spietati ed assetati di vendetta, e non ci siamo mai sentiti colpevoli. Il più positivo dei personaggi di Carrie è Tommy Ross: le dinamiche femminili sono lontane dal suo modo di sentire, i suoi interessi sono più semplici, lo soddisfa un fugace rapporto sessuale sui sedili posteriori di un'auto, vorrebbe portare Susan al ballo. Eppure quando ne asseconda la volontà, e vi si reca invece con Carrie (Carrie, che quella sera sembra, per un attimo, avere un'occasione di riscatto -e naturalmente il lettore s'illude con lei) non è frustrato, anzi ne coglie aspetti che nessuno prima di lui era mai riuscito a far emergere in lei. 
Potrei scriverne ancora per ore, per quanto amo Carrie, per quanto queste poche pagine mi abbiano folgorata sin dalla prima volta e per tutte le occasioni in cui ho riletto, sempre volentieri, questo piccolo capolavoro. L'escalation di energia repressa che King riesce a rappresentare, unendo il racconto alle testimonianze dei superstiti, ad articoli di giornale creati ad hoc e alla ricostruzione della storia della famiglia White, è ineguagliabile e lo rende perfettamente riuscito, impossibile da abbandonare prima della conclusione. Il lettore sa che non ci sarà un lieto fine per Carrie, che il brutto anatroccolo non avrà il tempo di trasformarsi in un cigno; eppure alzi la mano chi, anche solo per un attimo, non abbia sperato che il corso degli eventi potesse cambiare. 

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